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15 dicembre 2011 - Atto giudiziario - Penale
1179 messaggi, letto 51874 volte
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Da: Artù x Innominato20/12/2011 16:57:08
Vabbé basta leggere il comma 2 per capire che non è furto d'uso... non credo serva spiegare! Inoltre in nessuna sentenza la Cassazione si è spinta a lavorare così tanto di fantasia!

Da: per Avv. Prof. Fetentissimo20/12/2011 17:11:24
HAI SCRITTO:
...Un fatto è avvenuto, ma questo non contiene gli elementi costitutivi del reato, quindi IL FATTO NON COSTITUISCE REATO !!!!!

Se Caio è stato sorpreso a scaricare files, come si può affermare che nessun fatto sia avvenuto ???
Scaricare files non è forse un fatto ???????

MA GUARDA DIRE CHE "IL FATTO NON SUSSISTE" NON VUOL DIRE AFFERMARE CHE NESSUN FATTO SIA AVVENUTO.
VUOL DIRE SEMPLICEMENTE CHE NON SUSSISTE IL FATTO DI REATO PERCHè MANCA L'ELEMENTO OGGETTIVO!


Da: Innominato  Per Artù20/12/2011 17:15:41
Lo vedi che non gli e' bastato leggere....mi sono beccato l'insulto( acefalo) per aver detto che il p d'uso non c'entra nulla

Da: il fatto20/12/2011 18:35:30
nn sussiste.

Da: Art x Innominato20/12/2011 20:25:22
Si sa che nei forum c'è chi scrive civilmente e si confronta e chi invece fa altro...

Da: gregor 20/12/2011 20:48:55
ora ti fai anche le domande e ti rispondi ahahahah!

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Da: Innominato20/12/2011 21:14:17
Che vuol dire??? Forse pensi che artu' sono io?? Roba da pazzi.Ma li hai letti i post????

Da: gregor 20/12/2011 23:24:41
guarda innominato, mi dispiace. qualche parola è sfuggita prima da parte tua e dunque con l'offesa non può che rispondersi con l'offesa.
Il mio tentativo di argomentare ha un senso, il tuo no, eppure non resisti dal metterla sul piano personale che imponi. Non solo in riguardo a te, ''innominato'' riguardo a questo mi configuravo il delitto di ingiuria qui, sarebbe concepibile? ho tratto che non si può commettere ingiuria verso chi non ha un nome, ma si può essere ingiuriati da chi questo nome non ce l'ha).

Una querelle, che scevra da colpi bassi, sarebbe più utile e proficua per chi ha interesse per la ''ragione/verità giuridica'', naturalmente con i suoi ''perchè/motivazioni''. Il meccanismo logico giuridico che non è mai riducibile a termini matematici. Rammento a me stesso che il giurista è il prodotto di una facoltà umanistica e non scientifica.

So benissimo che il dado è tratto e dunque non c'è modo di scrivere qualcosa in più od in meno di quanto ormai scritto, cerco con insano entusiasmo di formarmi un parere più approfondito, se possibile in termini giuridici e con riferimenti giurisprudenziali, ma anche di esegesi della norma, sulla soluzione della traccia dell'atto di penale 2011, sulla risoluzione che, per nulla scontata, pone un intenso ed interessante conflitto giurisprudenziale, in mancanza di una ss.uu.

Lo faccio per me stesso e non per offendere il tuo atto, il tuo italiano, il tuo ruolo nella società. Per questioni simili non ti calcolo, seppur mi costringi al turpiloquio in ipotesi in cui tu lo usi.
Lo faccio per quelli che continuano a postare link di grande interesse; sulla riforma Monti i giornalisti venivano qui a cercare di capire cosa stesse esattamente accadendo e da vari, buoni e brevi confronti la perfetta interpretazione del significato della riforma è venuta fuori. Oggi scrivono e richiedono quello che era già scritto in queste pagine. Lo faccio perchè naturalmente la questione mi avvince particolarmente dunque posto link, massime, sentenze divertendomi nel confronto che nasce solo su esse e fregandomene dell'italiano.

Link, massime e sentenze, solo con essi posso confrontarmi.

http://www.controcampus.it/spip.php?article26787

''Esame Avvocati 2011: risoluzione dell'atto giudiziario di diritto penale
Seconda parte''

http://www.controcampus.it/spip.php?article26787


''Dopo esserci occupati del parere pro veritate, passiamo alla risoluzione dell'atto giudiziario di diritto penale. In questo caso, la prova si rivela più ostica per i candidati, per due motivi: da un lato perché si tratta di un documento che richiede una forma tipica rigorosa e le formule sono numerose, perciò non è facile ricordarle e scriverle correttamente in tutti i requisiti di ordine burocratico; in secondo luogo perché, come abbiamo già spiegato, la valenza di un atto giudiziario sta nella sua capacità difensiva, la cui carenza è un criterio di valutazione che gioca a sfavore degli esaminati. Per cui in questo tipo di redazione, la struttura riveste un'importanza pari a quella dei contenuti.

Anche in questa traccia ci confronteremo con un reato contro la pubblica amministrazione: un'ipotesi di peculato da "smontare"...

Caio, dipendente del comune di Beta, viene sorpreso dal sindaco mentre, per mezzo del computer dell'ufficio naviga in internet visitando siti non istituzionali dai quali scarica, su archivi personali, immagini e filmati non attinenti alla pubblica funzione. Viene denunciato e sottoposto a procedimento penale. Il computer viene sottoposto a sequestro. Nel corso delle indagini si accerta, grazie alla consulenza tecnica disposta dal pubblico ministero sul computer sequestrato, che la citata attività si è protatta per cira un anno, e che il numero dei file scaricati è di circa 10 mila. Rinviato a giudizio Caio viene condannato alla pena di 3 anni di reclusione per il reato di peculato. Il candidato assuma la veste di difensore di Caio, analizzando il caso della fattispecie giuridica, evidenziando, tra l'altro, che le indagini difensive definitivamente svolte, hanno dimostrato che l'ente gestore del servizio telefonico aveva stipulato con il comune di Beta un contratto con tariffa forfettaria denominato "tutto incluso".

Ci occupiamo qui della nota esplicativa che investe i motivi per i quali, con ricorso in Appello, il candidato, in veste del difensore, sosterrà che l'imputato doveva essere mandato assolto perché il fatto non sussiste, quindi per la non configurabilità del reato di peculato.

Iniziamo col precisare che il reato di peculato (art. 314 codice penale) incrimina la condotta del pubblico ufficiale o incaricato di un pubblico servizio che si appropria di denaro o altra cosa mobile altrui (tutto ciò che è suscettibile di valore economico, compresa l'energia), di cui abbia il possesso o la disponibilità per ragione del suo ufficio o servizio. Per la configurabilità del reato è necessario accertare il titolo del possesso della cosa o del denaro di cui l'agente si appropria, da individuarsi, appunto, nella ragione di ufficio o servizio, in mancanza del quale si avrà il delitto di appropriazione indebita. Con specifico riferimento all'oggetto materiale del reato in questione, costituito dalla cosa mobile altrui, dottrina e giurisprudenza ritengono pacificamente che questa debba possedere un valore economico oggettivamente apprezzabile e/o una qualche utilità economica, da valutarsi in relazione alla cosa in sé o all'uso che si intende farne. Ne consegue che in presenza di cose priva di valore, o di valore estremamente esiguo, il reato non può configurarsi, mancando una lesione patrimoniale apprezzabile (così Cassazione penale, sez. VI, n. 25273 del 9 maggio 2006).

In principio, secondo un orientamento tradizionale maggioritario, sia in dottrina che in giurisprudenza, era da ritenersi configurabile il reato di peculato per il dipendente pubblico che navigasse in internet per fini personali. Questo perché si è ritenuto che il peculato costituisse un esempio di reato plurioffensivo, in quanto la condotta sanzionata lede non solo il regolare funzionamento dalla P.A., ma anche gli interessi patrimoniali di quest'ultima. Corollario di tale impostazione era l'argomentazione per cui l'eventuale mancanza di un danno patrimoniale, conseguente all'appropriazione, non sarebbe valsa ad escludere il reato, considerato che la condotta dell'agente sarebbe stata comunque in contrasto con l'altro interesse protetto dalla norma, e cioè il buon andamento della P.A. (Corte di Cassazione, Sezione VI penale, sentenza 24 agosto 1993 n. 8003).

Ma in base ad un orientamento più recente, la Corte di Cassazione ha posto l'accento sulla verifica di una condotta lesiva effettivamente dell'integrità patrimoniale della P.A. (Corte di Cassazione, Sezione VI, 19 settembre 2000, n. 10797). Tale accertamento deve tener conto del concreto assetto dell'organizzazione pubblica, e più precisamente va verificata la presenza o meno di una convenzione tra la P.A. e l'ente gestore di internet che preveda un uso illimitato del servizio con tariffa fissa, proprio come nel caso in esame: il delitto di peculato non sussisterebbe per carenza di lesione dell'integrità patrimoniale della P.A., in quanto quest'ultima sarebbe comunque tenuta a corrispondere all'ente gestore di internet una determinata somma a prescindere dall'intensità dell'uso del servizio.

Tuttavia, con sentenza 20326/2008 la Corte di Cassazione penale (sez. VI) ha corretto l'interpretazione, ritenendo che il dipendente pubblico che naviga in internet per finalità personali arreca comunque un pregiudizio al buon andamento della P.A., sul rilievo che il "buon andamento" si atteggia ad interesse giuridico di fondo da tutelare, perciò non vanno esenti da pena quelle condotte che, sebbene inidonee ad arrecare un danno al patrimonio alla P.A., possono essere attratte nell'ambito di applicazione dell'abuso d'ufficio (cfr. Corte di Cassazione, Sezione VI, sentenza 14 novembre 2001, n. 1905 e n. 26595 del 6 febbraio 2009).

Insomma un contrasto giurisprudenziale molto intenso, superato, però, di recente, sempre dalla Corte di Cassazione penale sez. VI che, prima con sentenza 41709/2010 poi con sentenza 256/2011, ha stabilito che non commette peculato né abuso d'ufficio l'impiegato pubblico che utilizzi, a fini privati, ma in modo "modesto", la linea della P.A (così anche il Tribunale, sezione penale, di Lucera).

In altre parole, la cosa mobile altrui, di cui l'agente si appropria, deve avere valore apprezzabile, posto che le cose prive di valore non rivestono alcun interesse per il diritto. Per di più, nel caso in questione è da escludere che il materiale scaricato, sprovvisto di valore intrinseco, possa acquistare rilevanza economica per l'utilizzazione privata che ne ha fatto/ne farà l'agente.

Questa ricostruzione giuridica mostra come sia da assolvere Caio.

Laura Testoni''


Trovo che le conclusioni dell'autrice siano troppo affrettate e particolarmente elusive sul punto controverso come sinora trattato (la scelta nella formula di assoluzione), così vieppiù irrisolutive della ben più importante controversia: il dubbio che si parli di qualcosa di diverso dalla natura e funzione del reato previsto e punito ex comma II art. 314 c.p., c.d.''peculato d'uso''.

non ''furto d'uso''

Da: Innominato21/12/2011 00:18:40
Chi se ne frega dell'ingiuria etc.tu non puoi dire scemo e acefalo a chi sta sostenendo una tesi verosimile. Per me la questione e' chiusa. Brava Laura Testoni....io non posto sentenze e non faccio il professorino. Dico solo che non e' peculato d'uso e la formula assolutoria e' il fatto non sussiste.Le ragioni le ho spiegate nell'atto e non le vengo a spiegare ai laureati che sono in questo forum..lo sanno gia'...il diritto non e' matematica,ma, neppure fantascienza.

Da: JAGO1 X GREGOR21/12/2011 00:19:47
Condivido le tue premesse circa l'opportunità di un confronto che, tuttavia, può dirsi tale solo ove improntato a rispettosi, corretti e pacati scambi di opinioni. Ed è in questa prospettiva che mi sento di dissentire in relazione alla configurabilità del peculato d'uso ex art. 314 II co. Individuato l'oggetto materiale ricorrente nella fattispecie prospettata negli impulsi telefonici-telematici strumentali alla connessione, invero, va da sè come l'ipotesi richiamata debba essere giocoforza esclusa attesa l'impossibilità di una restituzione dei medesimi (a nulla rilevando una restitutio mediante successivo esborso del relativo prezzo). A deporre in tal senso, tra l'altro, rileva l'ulteriore particolare afferente l'entità temporale dell'utilizzazione-appropriazione la quale, protrattasi per circa un anno (se non erro), non può integrare quella momentaneità  tipizzata dalla norma nè, tantomeno, essere ascrivibile a quella temporaneità di genesi giurisprudenziale integrativa della relativa accezione.

Da: Innominato21/12/2011 00:37:59
Praticamente e' una stronzata..lo dico in modo pacato e rispettoso))))

Da: gregor 21/12/2011 01:40:47
@JAGO1
termina pure, così potrò dire la mia. Se escludi il peculato d'uso dove lo inquadri?

Da: JAGO1 X GREGOR21/12/2011 01:55:18
Nel I co. dell'art. 314....semplicemente....

Da: Avv. Prof. FETENTE21/12/2011 10:39:02
Artù, alla luce di ciò che hai ultimamente affermato, mi sapresti spiegare quanto segue ?


Esame Avv. 2010.
Atto giudiziario di dir. penale.
Soluzione proposta da "Altalex".


Traccia.

Tizio e Caio vengono tratti in arresto perché sorpresi, con 2 pistole all'interno di un'automobile parcheggiata a cento metri dall'ingresso della banca Alfa. Le pistole, armi comune da sparo, con le relative munizioni, non sono pronte per lo sparo. Nell'auto viene altresì rinvenuto e sequestrato un cappello di lana astrattamente idoneo al nascondimento del volto.
All'esito del giudizio immediato Tizio e Caio vengono condannati per il reato di tentata rapina ai danni della banca Alfa, con le circostanze aggravanti dall'uso di armi e della riunione di più più persone.
Assunta la veste di difensore di tizio il candidato rediga motivato atto di appello.



Soluzione proposta


Alla Ecc.ma Corte d'Appello di …

Atto d'appello

Il sottoscritto Avv … , difensore di fiducia giusta nomina e procura speciale in calce al presente atto, di Tizio nato a … e residente a … in via …, imputato nel procedimento penale n. … RGNR, condannato dal Tribunale di … con sentenza n. … pronunciata in data … e depositata in data …, alla pena di anni di reclusione ed euro di multa per il reato di cui al combinato disposto ex art. 56 e 628, comma 3, lett. 1), c.p.

PROPONE APPELLO

avverso la sopra indicata sentenza, in particolare su tutti i capi della stessa sui quali si basa l'affermazione della penale responsabilità dell'imputato, per i motivi che qui di seguito si va ad esporre.

Preliminarmente è opportuno ricordare alla Ecc.ma Corte, che Tizio, nel momento in cui veniva arrestato si trovava, insieme a Caio, all'interno di un'autovettura parcheggiata a cento metri dall'ingresso della banca Alfa, in possesso di due pistole con relative munizioni, ma non pronte allo sparo, e di un cappellino di lana ritenuto "astrattamente" idoneo al nascondimento del volto.

La Corte ha, quindi, ritenuto che gli elementi ora ricordati fossero sufficienti a configurare il tentativo e, a seguito di giudizio immediato, ha condannato Tizio e Caio per il reato di tentata rapina ai danni della banca Alfa, con le circostanze aggravanti dall'uso di armi e della riunione di più più persone.

Questa difesa intende, con il presente atto, evidenziare e motivare la erronea interpretazione della legge penale effettuata dal giudice di prime cure che, per affermare la penale responsabilità dell'odierno imputato, si è discostato dai principi vigenti in materia di delitto tentato.

Infatti ai sensi dell'art. 56 del c.p. risponde di delitto tentato chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto. L'individuazione del tentativo, dunque, si incentra su due requisiti che devono sussistere contemporaneamente:

idoneità degli atti; e

non equivocità degli stessi.

Per quanto riguarda l'idoneità degli atti dottrina e giurisprudenza sono concordi nel ritenere che un atto si possa ritenere idoneo quando, valutato ex ante ed in concreto (c.d. criterio della prognosi postuma), ossia tenendo conto di tutte le circostanze conosciute e conoscibili, il giudice, sulla base della comune esperienza dell'uomo medio, possa ritenere che quegli atti - - indipendentemente dall'insuccesso determinato da fattori estranei - erano tali da ledere, ove portati a compimento, il bene giuridico tutelato dalla norma violata (ex plurimis Cass. 40058/2008; Cass. 43255/2009; Cass. 27323/2008; Cass. 34242/2009). Detto assunto risulterebbe poi anche confermato dall'espressa previsione dell'art. 49, comma 2, c.p., nella parte in cui dispone la non punibilità' per l'inidoneità' dell'azione.

Piu' controversa appare, invece, la nozione di univocita' degli atti. Secondo un primo orientamento anche "l'atto preparatorio può' integrare gli estremi del tentativo punibile, quando sia idoneo e diretto in modo non equivoco alla consumazione di un reato, ossia qualora abbia la capacità, sulla base di una valutazione "ex ante" e in relazione alle circostanze del caso, di raggiungere il risultato prefisso e a tale risultato sia univocamente diretto" (Cass. 40702/2009).

Secondo altro orientamento, invece, "gli atti diretti in modo non equivoco a commettere un reato possono essere esclusivamente gli atti esecutivi, ossia gli atti tipici, corrispondenti, anche solo in minima parte, come inizio di esecuzione, alla descrizione legale di una fattispecie delittuosa a forma libera o vincolata, in quanto la univocita' degli atti indica non un parametro probatorio, ma un criterio di essenza e una caratteristica oggettiva della condotta; ne consegue che non sono punibili, a titolo di tentativo, i meri atti preparatori" (Cass. 9411/2010; Cass. 40058/2008; Cass. 36283/2003; Cass. 43406/2001).

Vi è poi una posizione intermedia la quale stabilisce che il tentativo e' punibile non solo quando l'esecuzione e' compiuta ma anche quando l'agente ha compiuto uno o piu' atti (non necessariamente esecutivi) che indichino, in modo inequivoco, la sua volonta' di voler compiere un determinato delitto. In altri termini ci si troverebbe di fronte ad un tentativo punibile in tutti quei casi in cui l'agente abbia approntato e completato il suo piano criminoso in ogni dettaglio ed abbia iniziato ad attuarlo pur non essendo ancora arrivato alla fase esecutiva vera e propria, ossia alla concreta lesione del bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice.

Piú in dettaglio, per la configurabilità del tentativo di rapina occorre che la condotta dell'agente sia potenzialmente idonea a produrre l'impossessamento della cosa mobile altrui, mediante violenza o minaccia, e che la direzione univoca degli atti, desumibile da qualsiasi elemento di prova, renda manifesta la volontà di conseguire l'intento criminoso (Cass., Sez. II, 1° febbraio 1994, Evinni, in Giust. Pen., 1994, II, 705)

In senso parzialmente contrario, si è ritenuto che, per configurare il tentativo di rapina, non è sufficiente che l'attività dell'agente sia virtualmente idonea a produrre l'impossessamento della cosa mobile altrui mediante violenza o minaccia e che la direzione degli atti sia univoca, ma è necessario, altresí, che sussista la prova manifesta della volontà di conseguire l'intento criminoso in relazione ad un fatto non astrattamente considerato, sebbene concretamente delineato con la contestazione accusatoria, pur potendo, l'intenzione criminosa, essere desunta anche da comportamenti esteriori dell'agente che non abbiano, comunque, un incerto significato (Cass., Sez. II, 1° marzo 1986, Ciaravolo, in Cass. Pen., 1988, 66).

Nel caso di specie, qualunque sia l'orientamento (anche il più restrittivo) al quale l'Ecc.ma Corte vuole aderire in ordine alla univocità degli atti richiesti per la configurabilità del tentativo, non è possibile ravvisare, nella condotta dell'opponente, il requisito richiesto. Infatti, perchè sia configurabile il tentativo di rapina, ed aderendo agli orientamenti più restrittivi, devono essere presenti i seguenti requisiti:

idoneità degli atti: la condotta dell'agente deve essere potenzialmente idonea a produrre l'impossessamento della cosa altrui mediante violenza o minaccia;

non equivocità degli stessi: gli atti devono indicare in modo non equivoco la volontà di voler compiere la rapina.

I suddetti requisiti devono potersi rilevare obiettivamente dalla condotta degli agenti. Al giudice, infatti, non è consentito conferire idoneità ed univocità di direzione ad atti che, di per se stessi, ne sono privi, basandosi semplicemente su una ``interpretazione'' dell'atteggiamento degli indagati o del luogo di sosta della loro autovettura.

Nel caso di specie l'opponente è stato arrestato mentre si trovava seduto su un autovettura parcheggiata a 100 metri dalla banca Alfa che, secondo una mera supposizione, era l'obiettivo della presunta rapina.

In altre parole nessun elemento oggettivo indica la sussistenza di un tentativo di rapina, ma solo una supposizione del giudicante.

Oltre a ciò le armi rivenute dentro l'autovettura, seppur munite di munizioni, non erano pronte allo sparo e, cosa ancor più fondante, regolarmente detenute. In ordine poi al cappellino di lana ritrovato dentro la autovettura e ritenuto "astrattamente" idoneo al nascondimento del volto non configura prova certa che fosse detenuto per quell'utilizzo (non si trattava di un passamontagna). Oltre a ciò, anche qualora si volesse ipotizzare che servisse nella rapina (ma siamo sempre nel campo delle supposizioni), non si capirebbe per quale motivo vi dovesse essere un solo cappellino, quando i presunti autori del delitto sono due.

I fatti, letti in modo obiettivo e scevri da arbitrarie interpretazioni, sono che l'opponente si trovava seduto su un autovettura parcheggiata a centro metri da una banca, in possesso di un arma regolarmente detenuta e un cappellino di lana.

La condotta degli arrestati, quindi, non può essere considerata un comportamento idoneo ed univocamente diretto a commettere una rapina nei confronti della banca Alfa, né qualunque altro reato nei confronti di un qualunque soggetto. Gli elementi indicati dal Giudice di prime cure non possono, quindi, nel loro complesso, costituire gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato di tentata rapina

In ultimo, e per mero scrupolo difensivo, è appena il caso di evidenziare come risultino infondate le aggravanti contestate in sentenza relative alla riunione di più persone e all'uso delle armi. La ratio di tali aggravanti risiede nel fatto che, grazie ad esse, si accresca la forza intimidatrice della minaccia, cosa, nel caso di specie, non avvenuta dal momento che il delitto non si è compiuto.

In conclusione, la decisione impugnata deve essere riformata in quanto si basa su un'erronea interpretazione della legge penale in materia di delitto tentato.

Per tutti i motivi sopra esposti

SI CHIEDE

che L'ecc. ma Corte d'Appello di ____, in condivisione dei motivi suesposti, voglia:

In Via Principale:

riformare la sentenza oggetto di gravame ed assolvere il Sig. Tizio dal reato a lui ascritto ex art. 530, comma 1, c.p. perché il fatto non costituisce reato;

In subordine:

riformare la sentenza oggetto di gravame ed assolvere il Sig. Tizio dal reato a lui ascritto ex art. 530, comma 2, c.p. mancando la prova che gli atti posti in essere fossero univocamente diretti a commettere un delitto.

In subordine, e nella denegata ipotesi in cui codesta Ecc.ma Corte non ritenga di condividere le motivazioni suesposte,

escludere l'applicazione delle aggravanti contestate ed, in ogni caso, previa concessione delle attenuanti generiche ex art. 62 bis c.p. e dell'attenuante prevista dall'art. 62 n. 2 c.p., rideterminare la pena e concedere ogni beneficio di legge.

NOMINA DEL DIFENSORE E CONTESTUALE PROCURA SPECIALE AD IMPUGNARE

Il sottoscritto Tizio nato a ……., il ……., residente in ……., via …….., domiciliato ai fini del presente procedimento in ….., via ……, imputato nel procedimento penale n. ……. RGNR e condannato con sentenza n. …….. del Tribunale di ……..,

nomina

difensore di fiducia l 'avv..……., del foro di………, con studio in ..., via……., conferendogli ogni più ampia facoltà di legge ed espressamente quella di impugnare la predetta sentenza, nominare sostituti processuali e farsi sostituire.

Esprime il proprio consenso al trattamento dei dati personali ai sensi della L.n.675/1996 e successive integrazioni e modificazioni.

……..,li…….

Tizio

per accettazione dell'incarico e autentica della firma

(Avv………)




Artù, perché qui è stata chiesta l'assoluzione perché il fatto non costituisce reato, quando il reato non esisteva proprio ?????

Da: Avv. Prof. FETENTE21/12/2011 10:43:39
E, visto che ti reputo una persona intelligente, ti prego di non rispondermi che anche questa soluzione è sbagliata !!!!!

Da: gregor 21/12/2011 11:26:24
@JAGO1

... dunque, se non ho capito male presupponi che in primo grado caio sia stato condannato ex art. 314 comma I? (la traccia diceva ex art. 314 senza specificare se I o II comma)

queste prime domande giusto per chiarire, perchè ti scriverò ma voglio farlo senza corre il rischio di parlare di qualcosa di diverso.

Se mi rispondi ti scriverò JAGO1, per alcuni impegni non oggi e forse neppure domani, ma lo farò senz'altro non appena possibile. un saluto

Da: Innominato21/12/2011 11:41:10
Le traccia non lo ha specificato perche' ti ha dato gli elementi per capire che si tratta del primo comma e trattandosi dell'esame per diventare avvocato,il candidato dovrebbe averne le capacita'. Pero' io sono acefalo...avvocato Fetente.....la smetti di risolvere i casi con altri casi?????? Concentrati su quello di cui si tratta e anche tu fra qualche settimana capirai....

Da: Artù per Avv. Prof. FETENTE21/12/2011 12:54:05
L'anno scorso anche io ho fatto quell'atto, in quel caso manca l'elemento soggettivo, o almeno non è dimostrato... Quindi, il fatto non costituisce reato... In banca nemmeno ci sono entrati!

Da: JAGO1 X GREGOR21/12/2011 18:59:10
Il fatto che si tratti del peculato di cui al co. I è intrinseco nelle mie precedenti osservazioni. Per mero tuziorismo, tuttavia, occorre rilevare che molto difficilmente a Caio poteva essere irrogato il massimo della pena prevista dal secondo comma attesa la riconoscibilità, a seguito di condanna, e giusta descrizione della condotta, dell'attenuante di cui all'art. 323 bis c.p. nonchè, ove applicabile, delle attenuanti generiche di cui all'art. 62 bis c.p.

Da: per Avv. Prof. Fetentissimo21/12/2011 19:36:44
mettiti il cuore in pace...

Da: Innominato21/12/2011 20:11:47
Le scuse da parte di Gregor saranno accettate senza rancore....

Da: gregor 22/12/2011 03:34:30
@innominato mi fai schifo, mi rendo conto che dovrei ignorarti eppure mi fai talmente schifo che non riesco ad ignorarti. La tua stupidità è affascinante.

@Avv. Prof. FETENTE, questo cretino sopra mi scambia addirittura con Lei. A parter questo sbaglia, lei è un civilista. Il caso che prospetta è il tentativo dunque non può parlarsi neppure di consumazione. Il tentativo è sempre un differente ipotesi reato che si conferma non nel fatto, ma negli ''... atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto'' e dunque non in un delitto.

@JAGO1 scrivi molto bene, anzi la tua espressione è assolutamente invidiabile. La logica, invece, la contesto.

La traccia descrive una condotta certa: ''Caio, dipendente del comune di Beta, viene sorpreso dal sindaco mentre, per mezzo del computer dell'ufficio naviga in internet visitando siti non istituzionali dai quali scarica, su archivi personali, immagini e filmati non attinenti alla pubblica funzione.''

le due distinte condotte di cui ai commi I e II dell'art. 314 c.p. sono:

1 (peculato proprio)
caio ''... avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di danaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria''

2 (peculato d'uso)
''quando ... (caio) ha agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa, e questa, dopo l'uso momentaneo, è stata immediatamente restituita.''

Caio, pertanto, non si è ''appropriato (...) di danaro o di altra cosa mobile altrui'' (comma I), ma ''... ha agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa, e questa, dopo l'uso momentaneo, è stata immediatamente restituita'' (comma II) perchè  ''naviga su internet...'' (...) ''...evidenziando, tra l'altro, che le indagini difensive definitivamente svolte, hanno dimostrato che l'ente gestore del servizio telefonico aveva stipulato con il comune di Beta un contratto con tariffa forfettaria denominato "tutto incluso".

Da: Avv. Prof. FETENTE22/12/2011 10:47:25
Artù, Artù, Artù, continuo a stimarti, ma, ad essere sincero, la tua risposta non mi ha soddisfatto.
Nel caso proposto l'anno scorso mancano sia l'elemento soggettivo che quello oggettivo.

Allora, perché è stata chiesta l'assoluzione perché il fatto non costituisce reato ???

Mancando completamente il fatto costitutivo del reato, non sarebbe stato più corretto chiedere l'assoluzione perché il fatto non sussiste (che, come sappiamo, è anche un'assoluzione con formula piena) ???

Da te mi aspetto una risposta più intelligente (e dettagliata) !!!!!

Da: Avv. Prof. FETENTE22/12/2011 11:00:27
Gregor, Gregor, Gregor, TU QUOQUE !!!!!!!!!... Scherzo !!!

SALUTI !!!!!

Da: Innominato22/12/2011 11:27:05
Ascolta, io ti faro' anche schifo,ma, mi rifiuto di commentare perche', hai scritto un'assurdità .

Da: Innominato22/12/2011 12:11:47
Possibile che non hai nessuno che ti possa aiutare a capire???? Parla con il tuo dominus, con i colleghi, con chi ha fatto l'esame...... Oppure sono stupidi anche loro????

Da: Artù per Avv. Prof. FETENTE22/12/2011 15:07:52
Carissimo, non mi va di rileggere tutto l'atto... ma vado ad intuito e uso il ragionamento... L'anno scorso, al limite, si sarebbe potuto parlare di tentativo... In questo caso, quando cioè ragioniamo sull'art. 56 c.p., dobbiamo adeguare il nostro modo di pensare. Di conseguenza, essendoci alcuni elementi oggettivi del reato (proiettili, pistola  o pistole - non ricordo -, cappello dal dubbio utilizzo, ecc.) potenzialmente idonei a configurare un tentativo incompiuto, mi sembra logico che si vada prima ad approfondire l'elemento soggettivo.  Quindi, ci poteva tranquillamnete stare la formula "il fatto non sussiste" anche l'anno scorso... ma, viceversa, rispetto a quest'anno, non è scorretto parlare di fatto che "non costituisce reato". Cioè, a mio modesto avviso, è la presenza dell'ipotesi regolata dall'art. 56 c.p. a fare la differenza.

Da: Art per Avv. Prof. FETENTE22/12/2011 15:14:49
Vabbè, rileggendo, mi sa di essermi spiegato malissimo. Volevo dire che la condotta poteva essere anche ritenuta pericolosa (elemento oggettivo) ma il ragionamento non poteva essere svincolato dall'elemento soggettivo e quindi dalla dimostrazione del dolo in capo ai due presunti rapinatori. Quindi, dovendo prevalere questo tipo di logica, la formula "non costituisce reato" calza meglio.

Da: per Avv. Prof. Fetentissimo22/12/2011 15:38:44
Quando la smetti...parlate di come avete sviluppato il motivo sull'insussistenza del reato piuttosto!
Avv. Prof. Fetentissimo se hai scritto il fatto non costituisce reato hai sbagliato, devi metterti il cuore in pace!non puoi fare una testa tanta a tutta l'italia!

Da: Innominato22/12/2011 15:43:23
Sono curioso...avv. Fetentissimo, anche tu hai optato per il peculato d'uso???? Perche' in tal caso a nulla vale parlare della formula assolutoria, l'atto e' tutto sbagliato

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