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CONCORSO INPS - 30 INFORMATICI
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Da: Rory | 23/05/2010 19:05:28 |
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Da: @gi | 23/05/2010 20:16:38 |
Eccezionale!!! Questo si chiama dono della sintesi!!! ....Ora però devi proprio dirci cosa ti ha fatto... | |
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Da: Rory | 23/05/2010 20:34:09 |
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Da: Rory | 23/05/2010 20:35:17 |
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Da: Garfield | 23/05/2010 20:36:46 |
Rory, permetti? Ti do una mano.. ;-) ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' | |
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Da: Rory | 23/05/2010 20:37:48 |
Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura ché la diritta via era smarrita. Ahi quanto a dir qual era è cosa dura 5 esta selva selvaggia e aspra e forte che nel pensier rinova la paura! Tant'è amara che poco è più morte; ma per trattar del ben ch'i' vi trovai, dirò de l'altre cose ch'i' v'ho scorte. 10 Io non so ben ridir com'i' v'intrai, tant'era pien di sonno a quel punto che la verace via abbandonai. Ma poi ch'i' fui al piè d'un colle giunto, là dove terminava quella valle 15 che m'avea di paura il cor compunto, guardai in alto, e vidi le sue spalle vestite già de' raggi del pianeta che mena dritto altrui per ogne calle. Allor fu la paura un poco queta 20 che nel lago del cor m'era durata la notte ch'i' passai con tanta pieta. E come quei che con lena affannata uscito fuor del pelago a la riva si volge a l'acqua perigliosa e guata, 25 così l'animo mio, ch'ancor fuggiva, si volse a retro a rimirar lo passo che non lasciò già mai persona viva. Poi ch'èi posato un poco il corpo lasso, ripresi via per la piaggia diserta, 30 sì che 'l piè fermo sempre era 'l più basso. Ed ecco, quasi al cominciar de l'erta, una lonza leggera e presta molto, che di pel macolato era coverta; e non mi si partia dinanzi al volto, 35 anzi 'mpediva tanto il mio cammino, ch'i' fui per ritornar più volte vòlto. Temp'era dal principio del mattino, e 'l sol montava 'n sù con quelle stelle ch'eran con lui quando l'amor divino 40 mosse di prima quelle cose belle; sì ch'a bene sperar m'era cagione di quella fiera a la gaetta pelle l'ora del tempo e la dolce stagione; ma non sì che paura non mi desse 45 la vista che m'apparve d'un leone. Questi parea che contra me venisse con la test'alta e con rabbiosa fame, sì che parea che l'aere ne tremesse. Ed una lupa, che di tutte brame 50 sembiava carca ne la sua magrezza, e molte genti fé già viver grame, questa mi porse tanto di gravezza con la paura ch'uscia di sua vista, ch'io perdei la speranza de l'altezza. 55 E qual è quei che volontieri acquista, e giugne 'l tempo che perder lo face, che 'n tutt'i suoi pensier piange e s'attrista; tal mi fece la bestia sanza pace, che, venendomi 'ncontro, a poco a poco 60 mi ripigneva là dove 'l sol tace. Mentre ch'i' rovinava in basso loco, dinanzi a li occhi mi si fu offerto chi per lungo silenzio parea fioco. Quando vidi costui nel gran diserto, 65 «Miserere di me», gridai a lui, «qual che tu sii, od ombra od omo certo!». Rispuosemi: «Non omo, omo già fui, e li parenti miei furon lombardi, mantoani per patria ambedui. 70 Nacqui sub Iulio, ancor che fosse tardi, e vissi a Roma sotto 'l buono Augusto nel tempo de li dèi falsi e bugiardi. Poeta fui, e cantai di quel giusto figliuol d'Anchise che venne di Troia, 75 poi che 'l superbo Ilión fu combusto. Ma tu perché ritorni a tanta noia? perché non sali il dilettoso monte ch'è principio e cagion di tutta gioia?». «Or se' tu quel Virgilio e quella fonte 80 che spandi di parlar sì largo fiume?», rispuos'io lui con vergognosa fronte. «O de li altri poeti onore e lume vagliami 'l lungo studio e 'l grande amore che m'ha fatto cercar lo tuo volume. 85 Tu se' lo mio maestro e 'l mio autore; tu se' solo colui da cu' io tolsi lo bello stilo che m'ha fatto onore. Vedi la bestia per cu' io mi volsi: aiutami da lei, famoso saggio, 90 ch'ella mi fa tremar le vene e i polsi». «A te convien tenere altro viaggio», rispuose poi che lagrimar mi vide, «se vuo' campar d'esto loco selvaggio: ché questa bestia, per la qual tu gride, 95 non lascia altrui passar per la sua via, ma tanto lo 'mpedisce che l'uccide; e ha natura sì malvagia e ria, che mai non empie la bramosa voglia, e dopo 'l pasto ha più fame che pria. 100 Molti son li animali a cui s'ammoglia, e più saranno ancora, infin che 'l veltro verrà, che la farà morir con doglia. Questi non ciberà terra né peltro, ma sapienza, amore e virtute, 105 e sua nazion sarà tra feltro e feltro. Di quella umile Italia fia salute per cui morì la vergine Cammilla, Eurialo e Turno e Niso di ferute. Questi la caccerà per ogne villa, 110 fin che l'avrà rimessa ne lo 'nferno, là onde 'nvidia prima dipartilla. Ond'io per lo tuo me' penso e discerno che tu mi segui, e io sarò tua guida, e trarrotti di qui per loco etterno, 115 ove udirai le disperate strida, vedrai li antichi spiriti dolenti, ch'a la seconda morte ciascun grida; e vederai color che son contenti nel foco, perché speran di venire 120 quando che sia a le beate genti. A le quai poi se tu vorrai salire, anima fia a ciò più di me degna: con lei ti lascerò nel mio partire; ché quello imperador che là sù regna, 125 perch'i' fu' ribellante a la sua legge, non vuol che 'n sua città per me si vegna. In tutte parti impera e quivi regge; quivi è la sua città e l'alto seggio: oh felice colui cu' ivi elegge!». 130 E io a lui: «Poeta, io ti richeggio per quello Dio che tu non conoscesti, acciò ch'io fugga questo male e peggio, che tu mi meni là dov'or dicesti, sì ch'io veggia la porta di san Pietro 135 e color cui tu fai cotanto mesti». Allor si mosse, e io li tenni dietro. | |
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Da: Garfield | 23/05/2010 20:41:39 |
Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nellâammassare senza fine beni terreni. Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dellâindice Dow-Jones, né i successi del paese sulla base del prodotto nazionale lordo (PIL). Il PIL comprende anche lâinquinamento dellâaria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana. Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari, comprende anche la ricerca per migliorare la disseminazione della peste bubbonica, si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte, e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari. Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, lâintelligenza del nostro dibattere o lâonestà dei nostri pubblici dipendenti. Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali, né dellâequità nei rapporti fra di noi. Il Pil non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta. Può dirci tutto sullâAmerica, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere Americani (J.F.K.) | |
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Da: Rory | 23/05/2010 20:46:07 |
Il tuo sorriso Toglimi il pane, se vuoi, toglimi l'aria, ma non togliermi il tuo sorriso. Non togliermi la rosa, la lancia che sgrani, l'acqua che d'improvviso scoppia nella tua gioia, la repentina onda d'argento che ti nasce. Dura è la mia lotta e torno con gli occhi stanchi, a volte, d'aver visto la terra che non cambia, ma entrando il tuo sorriso sale al cielo cercandomi ed apre per me tutte le porte della vita. Amor mio, nell'ora più oscura sgrana il tuo sorriso, e se d'improvviso vedi che il mio sangue macchia le pietre della strada, ridi, perché il tuo riso sarà per le mie mani come una spada fresca. Vicino al mare, d'autunno, il tuo riso deve innalzare la sua cascata di spuma, e in primavera, amore, voglio il tuo riso come il fiore che attendevo, il fiore azzurro, la rosa della mia patria sonora. Riditela della notte, del giorno, della luna, riditela delle strade contorte dell'isola, riditela di questo rozzo ragazzo che ti ama, ma quando apro gli occhi e quando li richiudo, quando i miei passi vanno, quando tornano i miei passi, negami il pane, l'aria, la luce, la primavera, ma il tuo sorriso mai, perché io ne morrei. - Pablo Neruda | |
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Da: Nessuno | 23/05/2010 20:48:43 |
Ma che ne pensate del blocco assunzioni previsto dalla Finanziaria 2010? Ci interessa? | |
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Da: Garfield | 23/05/2010 20:49:08 |
Questa è meravigliosa! :) | |
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Da: Rory | 23/05/2010 20:52:20 |
âBestemmiare la virtù divina, significa bestemmiare la vitaâ. La vita è âLUCEâ. Eâ contrapposta a quel âbuioâ che ci prende, che prende ogni uomo... a quel sentirsi soli dinanzi alle difficoltà , a quel sentirsi così insicuri, avvertire quel âvuoto dentroâ che incombe quando non riusciamo ad avere risposte alle nostre domande, quando abbiamo paura, quando ci sentiamo piccoli piccoli, quando non riusciamo ad âaccettareâ, quando i nostri pensieri si scontranoâe inevitabilmente ci facciamo più duri. Così avvertiamo il âpeso dellâoscurità, del doloreâ. âPer andare in paradiso, bisogna passare per lâinferno, bisogna affrontarlo. Da una sconfitta vissuta, nasce sempre una vittoriaâ Mai voltare le spalle, mai abbattersi, piuttosto soffermiamoci ad apprezzare le bellezze delle cose. âGuardiamo il cielo, facciamolo più spessoâ â Abbiamo bisogno di essere educati alle nostre emotività, profondità.. E bisogna educare i ragazzi a queste cose straordinarie, si deve far presto. Non dobbiamo desertificare lâemozione che abbiamo dentroâ Lâamore è anche questo, è emozione. Lâ AMORE è unâ eredità che ognuno di noi possiede, e che nessuno ci può togliere, unâ eredità che torna sempre utile. âSe si prova amore verso qualcuno o qualcosa, questo amore ci verrà restituito, quindi non esiste amore sprecato perché, se lo diamo, lo riceveremo di nuovo. | |
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Da: Rory | 23/05/2010 20:57:27 |
Non t'amo come se fossi rosa di sale, topazio o freccia di garofani che propagano il fuoco: t'amo come si amano certe cose oscure, segretamente, tra l'ombra e l'anima. T'amo come la pianta che non fiorisce e reca dentro di sé, nascosta, la luce di quei fiori; grazie al tuo amore vive oscuro nel mio corpo il concentrato aroma che ascese dalla terra. T'amo senza sapere come, né quando, né da dove, t'amo direttamente senza problemi né orgoglio: così ti amo perché non so amare altrimenti che così, in questo modo in cui non sono e non sei, così vicino che la tua mano sul mio petto è mia, così vicino che si chiudono i tuoi occhi col mio sonno. | |
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Da: Garfield | 23/05/2010 20:58:21 |
Io non mi preoccuperei per il blocco delle assunzioni... | |
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Da: Rory | 23/05/2010 21:00:00 |
Lo giorno se n'andava, e l'aere bruno toglieva li animai che sono in terra da le fatiche loro; e io sol uno m'apparecchiava a sostener la guerra sì del cammino e sì de la pietate, che ritrarrà la mente che non erra. O muse, o alto ingegno, or m'aiutate; o mente che scrivesti ciò ch'io vidi, qui si parrà la tua nobilitate. Io cominciai: "Poeta che mi guidi, guarda la mia virtù s'ell'è possente, prima ch'a l'alto passo tu mi fidi. Tu dici che di Silvïo il parente, corruttibile ancora, ad immortale secolo andò, e fu sensibilmente. Però, se l'avversario d'ogne male cortese i fu, pensando l'alto effetto ch'uscir dovea di lui, e 'l chi e 'l quale non pare indegno ad omo d'intelletto; ch'e' fu de l'alma Roma e di suo impero ne l'empireo ciel per padre eletto: la quale e 'l quale, a voler dir lo vero, fu stabilita per lo loco santo u' siede il successor del maggior Piero. Per quest'andata onde li dai tu vanto, intese cose che furon cagione di sua vittoria e del papale ammanto. Andovvi poi lo Vas d'elezïone, per recarne conforto a quella fede ch'è principio a la via di salvazione. Ma io, perché venirvi? o chi 'l concede? Io non En«a, io non Paulo sono; me degno a ciò né io né altri 'l crede. Per che, se del venire io m'abbandono, temo che la venuta non sia folle. Se' savio; intendi me' ch'i' non ragiono". E qual è quei che disvuol ciò che volle e per novi pensier cangia proposta, sì che dal cominciar tutto si tolle, tal mi fec'ïo 'n quella oscura costa, perché, pensando, consumai la 'mpresa che fu nel cominciar cotanto tosta. "S'i' ho ben la parola tua intesa", rispuose del magnanimo quell'ombra, "l'anima tua è da viltade offesa; la qual molte fïate l'omo ingombra sì che d'onrata impresa lo rivolve, come falso veder bestia quand'ombra. Da questa tema acciò che tu ti solve, dirotti perch'io venni e quel ch'io 'ntesi nel primo punto che di te mi dolve. Io era tra color che son sospesi, e donna mi chiamò beata e bella, tal che di comandare io la richiesi. Lucevan li occhi suoi più che la stella; e cominciommi a dir soave e piana, con angelica voce, in sua favella: "O anima cortese mantoana, di cui la fama ancor nel mondo dura, e durerà quanto 'l mondo lontana, l'amico mio, e non de la ventura, ne la diserta piaggia è impedito sì nel cammin, che vòlt'è per paura; e temo che non sia già sì smarrito, ch'io mi sia tardi al soccorso levata, per quel ch'i' ho di lui nel cielo udito. Or movi, e con la tua parola ornata e con ciò c' ha mestieri al suo campare, l'aiuta sì ch'i' ne sia consolata. I' son Beatrice che ti faccio andare; vegno del loco ove tornar disio; amor mi mosse, che mi fa parlare. Quando sarò dinanzi al segnor mio, di te mi loderò sovente a lui". Tacette allora, e poi comincia' io: "O donna di virtù sola per cui l'umana spezie eccede ogne contento di quel ciel c' ha minor li cerchi sui, tanto m'aggrada il tuo comandamento, che l'ubidir, se già fosse, m'è tardi; più non t'è uo' ch'aprirmi il tuo talento. Ma dimmi la cagion che non ti guardi de lo scender qua giuso in questo centro de l'ampio loco ove tornar tu ardi". "Da che tu vuo' saver cotanto a dentro, dirotti brievemente", mi rispuose, "perch'i' non temo di venir qua entro. Temer si dee di sole quelle cose c' hanno potenza di fare altrui male; de l'altre no, ché non son paurose. I' son fatta da Dio, sua mercé, tale, che la vostra miseria non mi tange, né fiamma d'esto 'ncendio non m'assale. Donna è gentil nel ciel che si compiange di questo 'mpedimento ov'io ti mando, sì che duro giudicio là sù frange. Questa chiese Lucia in suo dimando e disse: - Or ha bisogno il tuo fedele di te, e io a te lo raccomando -. Lucia, nimica di ciascun crudele, si mosse, e venne al loco dov'i' era, che mi sedea con l'antica Rachele. Disse: - Beatrice, loda di Dio vera, ché non soccorri quei che t'amò tanto, ch'uscì per te de la volgare schiera? Non odi tu la pieta del suo pianto, non vedi tu la morte che 'l combatte su la fiumana ove 'l mar non ha vanto? Al mondo non fur mai persone ratte a far lor pro o a fuggir lor danno, com'io, dopo cotai parole fatte, venni qua giù del mio beato scanno, fidandomi del tuo parlare onesto, ch'onora te e quei ch'udito l' hanno". Poscia che m'ebbe ragionato questo, li occhi lucenti lagrimando volse, per che mi fece del venir più presto. E venni a te così com'ella volse: d'inanzi a quella fiera ti levai che del bel monte il corto andar ti tolse. Dunque: che è perché, perché restai, perché tanta viltà nel core allette, perché ardire e franchezza non hai, poscia che tai tre donne benedette curan di te ne la corte del cielo, e 'l mio parlar tanto ben ti promette?". Quali fioretti dal notturno gelo chinati e chiusi, poi che 'l sol li 'mbianca, si drizzan tutti aperti in loro stelo, tal mi fec'io di mia virtude stanca, e tanto buono ardire al cor mi corse, ch'i' cominciai come persona franca: "Oh pietosa colei che mi soccorse! e te cortese ch'ubidisti tosto a le vere parole che ti porse! Tu m' hai con disiderio il cor disposto sì al venir con le parole tue, ch'i' son tornato nel primo proposto. Or va, ch'un sol volere è d'ambedue: tu duca, tu segnore e tu maestro". Così li dissi; e poi che mosso fue, intrai per lo cammino alto e silvestre. | |
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Da: Rory | 23/05/2010 21:04:46 |
Inferno: Canto III Per me si va ne la città dolente, per me si va ne l'etterno dolore, per me si va tra la perduta gente. Giustizia mosse il mio alto fattore: fecemi la divina podestate, la somma sapienza e 'l primo amore. Dinanzi a me non fuor cose create se non etterne, e io etterno duro. Lasciate ogne speranza, voi ch'intrate". Queste parole di colore oscuro vid'io scritte al sommo d'una porta; per ch'io: "Maestro, il senso lor m'è duro". Ed elli a me, come persona accorta: "Qui si convien lasciare ogne sospetto; ogne viltà convien che qui sia morta. Noi siam venuti al loco ov'i' t'ho detto che tu vedrai le genti dolorose c'hanno perduto il ben de l'intelletto". E poi che la sua mano a la mia puose con lieto volto, ond'io mi confortai, mi mise dentro a le segrete cose. Quivi sospiri, pianti e alti guai risonavan per l'aere sanza stelle, per ch'io al cominciar ne lagrimai. Diverse lingue, orribili favelle, parole di dolore, accenti d'ira, voci alte e fioche, e suon di man con elle facevano un tumulto, il qual s'aggira sempre in quell'aura sanza tempo tinta, come la rena quando turbo spira. E io ch'avea d'error la testa cinta, dissi: "Maestro, che è quel ch'i' odo? e che gent'è che par nel duol sì vinta?". Ed elli a me: "Questo misero modo tegnon l'anime triste di coloro che visser sanza 'nfamia e sanza lodo. Mischiate sono a quel cattivo coro de li angeli che non furon ribelli né fur fedeli a Dio, ma per sé fuoro. Caccianli i ciel per non esser men belli, né lo profondo inferno li riceve, ch'alcuna gloria i rei avrebber d'elli". E io: "Maestro, che è tanto greve a lor, che lamentar li fa sì forte?". Rispuose: "Dicerolti molto breve. Questi non hanno speranza di morte e la lor cieca vita è tanto bassa, che 'nvidiosi son d'ogne altra sorte. Fama di loro il mondo esser non lassa; misericordia e giustizia li sdegna: non ragioniam di lor, ma guarda e passa". E io, che riguardai, vidi una 'nsegna che girando correva tanto ratta, che d'ogne posa mi parea indegna; e dietro le venìa sì lunga tratta di gente, ch'i' non averei creduto che morte tanta n'avesse disfatta. Poscia ch'io v'ebbi alcun riconosciuto, vidi e conobbi l'ombra di colui che fece per viltade il gran rifiuto. Incontanente intesi e certo fui che questa era la setta d'i cattivi, a Dio spiacenti e a' nemici sui. Questi sciaurati, che mai non fur vivi, erano ignudi e stimolati molto da mosconi e da vespe ch'eran ivi. Elle rigavan lor di sangue il volto, che, mischiato di lagrime, a' lor piedi da fastidiosi vermi era ricolto. E poi ch'a riguardar oltre mi diedi, vidi genti a la riva d'un gran fiume; per ch'io dissi: "Maestro, or mi concedi ch'i' sappia quali sono, e qual costume le fa di trapassar parer sì pronte, com'io discerno per lo fioco lume". Ed elli a me: "Le cose ti fier conte quando noi fermerem li nostri passi su la trista riviera d'Acheronte". Allor con li occhi vergognosi e bassi, temendo no 'l mio dir li fosse grave, infino al fiume del parlar mi trassi. Ed ecco verso noi venir per nave un vecchio, bianco per antico pelo, gridando: "Guai a voi, anime prave! Non isperate mai veder lo cielo: i' vegno per menarvi a l'altra riva ne le tenebre etterne, in caldo e 'n gelo. E tu che se' costì, anima viva, pàrtiti da cotesti che son morti". Ma poi che vide ch'io non mi partiva, disse: "Per altra via, per altri porti verrai a piaggia, non qui, per passare: più lieve legno convien che ti porti". E 'l duca lui: "Caron, non ti crucciare: vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare". Quinci fuor quete le lanose gote al nocchier de la livida palude, che 'ntorno a li occhi avea di fiamme rote. Ma quell'anime, ch'eran lasse e nude, cangiar colore e dibattero i denti, ratto che 'nteser le parole crude. Bestemmiavano Dio e lor parenti, l'umana spezie e 'l loco e 'l tempo e 'l seme di lor semenza e di lor nascimenti. Poi si ritrasser tutte quante insieme, forte piangendo, a la riva malvagia ch'attende ciascun uom che Dio non teme. Caron dimonio, con occhi di bragia, loro accennando, tutte le raccoglie; batte col remo qualunque s'adagia. Come d'autunno si levan le foglie l'una appresso de l'altra, fin che 'l ramo vede a la terra tutte le sue spoglie, similemente il mal seme d'Adamo gittansi di quel lito ad una ad una, per cenni come augel per suo richiamo. Così sen vanno su per l'onda bruna, e avanti che sien di là discese, anche di qua nuova schiera s'auna. "Figliuol mio", disse 'l maestro cortese, "quelli che muoion ne l'ira di Dio tutti convegnon qui d'ogne paese: e pronti sono a trapassar lo rio, ché la divina giustizia li sprona, sì che la tema si volve in disio. Quinci non passa mai anima buona; e però, se Caron di te si lagna, ben puoi sapere omai che 'l suo dir suona". Finito questo, la buia campagna tremò sì forte, che de lo spavento la mente di sudore ancor mi bagna. La terra lagrimosa diede vento, che balenò una luce vermiglia la qual mi vinse ciascun sentimento; e caddi come l'uom cui sonno piglia. | |
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Da: già finito? | 23/05/2010 21:21:27 |
:( | |
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Da: Basta odio | 23/05/2010 21:41:52 |
Cantami, o Diva, del Pelìde Achille l'ira funesta che infiniti addusse lutti agli Achei, molte anzi tempo all'Orco generose travolse alme d'eroi, e di cani e d'augelli orrido pasto lor salme abbandonò (così di Giove l'alto consiglio s'adempìa), da quando primamente disgiunse aspra contesa il re de' prodi Atride e il divo Achille. E qual de' numi inimicolli? Il figlio di Latona e di Giove. Irato al Sire destò quel Dio nel campo un feral morbo, e la gente perìa: colpa d'Atride che fece a Crise sacerdote oltraggio. Degli Achivi era Crise alle veloci prore venuto a riscattar la figlia con molto prezzo. In man le bende avea, e l'aureo scettro dell'arciero Apollo: e agli Achei tutti supplicando, e in prima ai due supremi condottieri Atridi: O Atridi, ei disse, o coturnati Achei, gl'immortali del cielo abitatori concedanvi espugnar la Prïameia cittade, e salvi al patrio suol tornarvi. Deh mi sciogliete la diletta figlia, ricevetene il prezzo, e il saettante figlio di Giove rispettate. - Al prego tutti acclamâr: doversi il sacerdote riverire, e accettar le ricche offerte. Ma la proposta al cor d'Agamennóne non talentando, in guise aspre il superbo accommiatollo, e minaccioso aggiunse: Vecchio, non far che presso a queste navi ned or né poscia più ti colga io mai; ché forse nulla ti varrà lo scettro né l'infula del Dio. Franca non fia costei, se lungi dalla patria, in Argo, nella nostra magion pria non la sfiori vecchiezza, all'opra delle spole intenta, e a parte assunta del regal mio letto. Or va, né m'irritar, se salvo ir brami. Impaurissi il vecchio, ed al comando obbedì. Taciturno incamminossi del risonante mar lungo la riva; e in disparte venuto, al santo Apollo di Latona figliuol, fe' questo prego: Dio dall'arco d'argento, o tu che Crisa proteggi e l'alma Cilla, e sei di Tènedo possente imperador, Smintèo, deh m'odi. Se di serti devoti unqua il leggiadro tuo delubro adornai, se di giovenchi e di caprette io t'arsi i fianchi opimi, questo voto m'adempi; il pianto mio paghino i Greci per le tue saette. Sì disse orando. L'udì Febo, e scese dalle cime d'Olimpo in gran disdegno coll'arco su le spalle, e la faretra tutta chiusa. Mettean le frecce orrendo su gli omeri all'irato un tintinnìo al mutar de' gran passi; ed ei simìle a fosca notte giù venìa. Piantossi delle navi al cospetto: indi uno strale liberò dalla corda, ed un ronzìo terribile mandò l'arco d'argento. Prima i giumenti e i presti veltri assalse, poi le schiere a ferir prese, vibrando le mortifere punte; onde per tutto degli esanimi corpi ardean le pire. Nove giorni volâr pel campo acheo le divine quadrella. A parlamento nel decimo chiamò le turbe Achille; ché gli pose nel cor questo consiglio Giuno la diva dalle bianche braccia, de' moribondi Achei fatta pietosa. Come fur giunti e in un raccolti, in mezzo levossi Achille piè-veloce, e disse: Atride, or sì cred'io volta daremo nuovamente errabondi al patrio lido, se pur morte fuggir ne fia concesso; ché guerra e peste ad un medesmo tempo ne struggono. Ma via; qualche indovino interroghiamo, o sacerdote, o pure interprete di sogni (ché da Giove anche il sogno procede), onde ne dica perché tanta con noi d'Apollo è l'ira: se di preci o di vittime neglette il Dio n'incolpa, e se d'agnelli e scelte capre accettando l'odoroso fumo, il crudel morbo allontanar gli piaccia. Così detto, s'assise. In piedi allora di Testore il figliuol Calcante alzossi, de' veggenti il più saggio, a cui le cose eran conte che fur, sono e saranno; e per quella, che dono era d'Apollo, profetica virtù, de' Greci a Troia avea scorte le navi. Ei dunque in mezzo pien di senno parlò queste parole: Amor di Giove, generoso Achille, vuoi tu che dell'arcier sovrano Apollo ti riveli lo sdegno? Io t'obbedisco. Ma del braccio l'aita e della voce a me tu pria, signor, prometti e giura: perché tal che qui grande ha su gli Argivi tutti possanza, e a cui l'Acheo s'inchina, n'andrà, per mio pensar, molto sdegnoso. | |
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Da: Draghetto | 23/05/2010 21:54:29 |
Ragazzi ma che siete tutti ubriachi? :-D | |
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Da: x gi | 23/05/2010 22:32:06 |
Piccoli troll crescono! Adesso sai usare pure le parole dei grandi... Tieni, questo è tutto per te: http://www.youtube.com/watch?v=gkrnK0igAP0 Almeno forse impari a farle, le pernacchie. Per la vigliaccheria, beh per quella non ti possiamo aiutare | |
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Da: Alpha | 23/05/2010 22:35:03 |
Chatbot ! sai che mi sei mancato, ho rimpianto i tuoi interventi. il che è tutto dire :o| | |
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Da: Draghetto | 23/05/2010 22:40:08 |
Ciao Alpha :-) beh che dirti, la tecnologia è necessaria...d'altronde siamo informatici... | |
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Da: Alpha | 23/05/2010 22:40:52 |
oh Chatbot scherzo eh ! :o) | |
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Da: Alpha | 23/05/2010 22:45:14 |
non ti offendi se ti chiamo chatbot ? | |
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Da: Draghetto | 23/05/2010 22:45:47 |
Tranquillo ho un elevato senso dell'ironia :-) Non prendo mai troppo seriamente tutto...sarebbe una tortura... | |
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Da: Draghetto | 23/05/2010 22:46:19 |
No...anzi è divertente :-) | |
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Da: Alpha | 23/05/2010 22:50:49 |
non so se andarmi a comprare le sigarette e poi inps CAP3° par 6 | |
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Da: Draghetto | 23/05/2010 22:53:19 |
Ehi Alpha stai studiando dal compendio della simone attribuzioni e contribuzioni INPS? | |
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Da: Alpha | 23/05/2010 22:56:41 |
sì, come tutti credo. studiando... ci sto sopra, se lo mangiassi apprenderei di più | |
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Da: Draghetto | 23/05/2010 22:58:35 |
Eh si, anche io...ostichetto il ragazzo...bello tosto! Il terzo ho finito proprio ieri di ripassarlo...dovrebbe essere la gestione dei fondi... | |
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Da: Alpha | 23/05/2010 23:02:16 |
esatto, i fondi di solidarietà istituiti presso l'INPS :o) avrei preferito una prova di sopportazione del dolore, tipo gli astronauti, che st'esame. vado a comprare le sigarette. buonanotte :o) | |
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