Quello che dice Renzi: Sono trascorsi ormai dieci giorni dai tragici fatti di Parigi. Eppure nelle discussioni quotidiane, in famiglia, sul lavoro, tra gli amici siamo in tanti a riflettere sul senso profondo di ciò che è accaduto. E su come noi italiani, noi europei, vogliamo e dobbiamo rispondere. Ho scelto di essere qui, oggi. Per dire chiaramente cosa pensa il Governo ma soprattutto cosa sta facendo e farà il Governo. In questo luogo storico per la città di Roma. Ma divenuto un simbolo per l'Italia e l'Europa intera nel momento in cui si scelse, cinquantotto anni fa, di firmare qui i trattati istitutivi della Comunità Europea. Qui è nata l'Europa. Qui si è siglato il suo certificato di nascita. E questo dunque è il posto giusto per chiedersi come vogliamo risvegliare il significato più autentico della sfida europea: oggi le istituzioni comunitarie rischiano di essere percepite soprattutto come un complicato strumento burocratico, mentre l'Europa è - e rimane - la più grande conquista di pace e libertà mai fatta da popoli e nazioni diverse. L'Italia non cambia la propria posizione ma al contrario vede confermate le proprie priorità, a cominciare dalla centralità strategica per l'intero pianeta del Mediterraneo, dei Balcani e del Medio Oriente. L'Italia si riconosce nella coalizione internazionale più ampia possibile, in cui il ruolo degli Stati Uniti d'America è cruciale, per sconfiggere il fanatismo, l'estremismo, il terrorismo. L'Italia onora le proprie responsabilità internazionali. Che sono particolarmente evidenti in Afghanistan, in Somalia, in Libia, in Libano, in Kosovo, in Iraq e in molti altri scenari di tensione. L'Italia si mantiene fedele al principio per il quale una coalizione internazionale necessita del rispetto delle regole del diritto internazionale e di una visione strategica per il futuro dei territori in cui si interviene. Senza una chiara strategia per il dopo, qualsiasi adesso diventa meno forte e meno credibile. L'Italia partecipa a tutti i tavoli diplomatici, a cominciare da quello di Vienna, con determinazione e protagonismo. E abbiamo dato la disponibilità a ospitare occasioni di dialogo e confronto particolarmente centrati sulle questioni aperte nel Mediterraneo. Ma l'Italia sa anche che gli attentati di Parigi hanno segnato un salto di qualità nella battaglia culturale. Sono stati scelti obiettivi comuni, luoghi della vita di tutti i giorni, simboli di una generazione che ha sempre conosciuto i valori profondi della pace e della libertà. Il terrorista si pone l'obiettivo di ucciderci. Ma, in alternativa, si accontenta di una soluzione di ripiego: farci vivere nella paura. Chiuderci a chiave l'anima nel buio del terrore. Vuole impedirci di sperare, di sognare, di amare, di vivere. Siamo spaventati dalle immagini di guerra o di morte, giusto. Ma dovrebbero spaventarci altrettanto i video che si vedono sulla rete in cui un cattivo maestro, un imam estremista e fondamentalista educa un giovane a odiare la musica. Noi non accetteremo mai di odiare la musica, che è bellezza, incanto, profondità e leggerezza allo stesso tempo: l'Italia è la patria della musica, non dell'Odio. Distruggono le statue, noi vogliamo i caschi blu della cultura. Bruciano i libri, noi apriamo le biblioteche. In un film africano, Timbuktu, c'è una scena che mostra un gruppo di ragazzi giocare a calcio in un paese in mano ai fondamentalisti, con tanto di porte e di reti. Ma non c'è il pallone perché gli integralisti odiano anche quello. Odiano persino il calcio. La risposta che l'Italia deve dare a costoro è molto semplice: noi non cambieremo mai il nostro modo di vivere. Noi non rinunceremo ai nostri valori. Noi non ci rassegneremo al terrore. Si arrenderanno prima loro. Perché ci sono secoli di storia in questa sala, in questo palazzo, fuori in questa città, in questo Paese, ci sono secoli di storia che gridano forte che la cultura è più forte dell'ignoranza. Che l'umanità è più forte del terrore. Che la bellezza è più forte della barbarie. Può sembrare il giorno sbagliato per dire questo. Perché proprio oggi l'Italia piange una sua figlia, Valeria Solesin, morta mentre andava a un concerto, uccisa in un teatro con altri ragazzi della generazione Bataclan. Giovani donne, giovani uomini hanno perso la vita, come Valeria, per mano terrorista. Erano persone normali, cittadini nel senso più nobile e bello della parola, laici martiri del nostro tempo. Ma non è il giorno sbagliato, questo. Perché proprio oggi noi dobbiamo promettere a noi stessi che l'unico modo per ricordare Valeria e i caduti del terrorismo è quello di continuare a vivere, a testa alta, senza paura, mai rassegnati. Se smettessimo di essere noi stessi, se ci chiudessimo in casa, sarebbe come far vincere i terroristi una volta di più. Non possiamo consentirlo. Non lo faremo. Ma occorre una risposta che non sia soltanto emotiva. Chi crede che le lacrime siano inutili è un robot, non un uomo. Noi abbiamo il dovere di restare umani. Ma asciugate le lacrime, è tempo di reagire. Tenendo in evidenza la specificità italiana. Il pensiero dell'Italia è questo. Per ogni euro in più investito in sicurezza, ci deve essere un euro in più investito in cultura. Non può esistere una risposta solo securitaria. Perché non saremmo più liberi se ci chiudessimo nel buio sottoscala delle nostre paure. Occorre investire in sicurezza, certo. Ma contemporaneamente ricordarci chi siamo e dunque investire altrettanto in innovazione, cultura, sport. Per ogni intervento sulla cybersecurity, deve crescere una startup. Per ogni telecamera nuova che viene installata, ci deve essere un videomaker o un regista teatrale che sperimenta. Per ogni investimento in polizia, ci deve essere uno sforzo maggiore di pulizia delle nostre periferie. Per ogni caserma ristrutturata vogliamo un museo più accogliente. Per ogni mezzo blindato in più, un campo da calcetto. Per ogni arma, un canestro per le strade. Ogni denaro speso in sicurezza diventerà un investimento se ci ricordiamo cosa stiamo difendendo: la nostra identità, fatta di pluralismo e di dialogo, di tolleranza e di confronto, di radici e valori. L'Italia ha margini di bilancio resi molto stringenti dal patto di stabilità. Intendiamo rispettare le regole europee, anche quando non le condividiamo, perché pensiamo che rispettare le regole è il primo modo per essere credibili. L'espressione "Pacta sunt servanda" è stata coniata qui, a Roma: un motivo ci sarà. Resteremo nei limiti delle regole ma pensiamo che occorra rispettare il patto di umanità, non solo il patto di stabilità. Ho firmato un decreto per andare a riprendere le salme di chi è morto nel Mediterraneo, chiuso a chiave nella stiva da scafisti senza cuore. Ci è costato del denaro. Ma noi italiani pensiamo che ci sono dei valori umani che sono più importanti dei valori economici. Allo stesso modo oggi dico, qui, che l'Europa deve ritrovare un senso di umanità in ciò che fa. Non può essere solo un insieme di regole astruse e astratte. Ha bisogno di ritrovare se stessa. E per questo lavoreremo, senza tregua, consapevoli della responsabilità che deriva da essere italiani. Sposteremo al 2017 la diminuzione dell'Ires. E impiegheremo due miliardi di euro per dare risposte concrete ai professionisti della sicurezza e ai professionisti dell'educazione umana. Il miliardo sulla sicurezza sarà impiegato su quattro linee guida: 1) un investimento di 150 milioni di euro sulla cyber security. Nel rispetto della privacy possiamo e dobbiamo fare di più per verificare e controllare potenziali sospetti. 2) L'estensione del bonus 80 euro - misura già approvata un anno e mezzo fa dal Governo per chi guadagna meno di 1.500 euro - a tutte le donne e gli uomini che lavorano per le forze dell'ordine a cominciare da chi sta sulla strada. 3) Un investimento di 50 milioni di euro per rinnovare la strumentazione delle forze dell'ordine a fronte di un processo di riorganizzazione (abbiamo cinque forze di polizia. Sono troppe. Devono diventare quattro. Entro l'anno la Forestale entrerà nei carabinieri. Abbiamo troppa gente negli uffici dei palazzi romani. Chiederò con forza ai comandanti di aumentare la presenza in strada diminuendo quella in ufficio. Abbiamo troppo patrimonio pubblico. Ci sono caserme abbandonate o semi occupate che vanno restituite rapidamente alle comunità territoriali, anche con processi di valorizzazione urbanistica). 4) Cinquecento milioni per la difesa italiana, con investimenti efficaci finalizzati a dare una risposta immediata alle esigenze organizzative e di rilancio. Siamo orgogliosi dei nostri militari, non faremo mancare loro il nostro sostegno. Ma fedele al principio italiano per cui ogni centesimo sulla sicurezza chiama un centesimo sulla cultura impegneremo un altro miliardo sull'identità italiana su queste linee guida. 1) 500 milioni alle città metropolitane per progetti di intervento sulle periferie con interventi di riqualificazione e "rammendo" per usare le parole del maestro Renzo Piano. Questi progetti dovranno essere presentati entro la fine dell'anno e dovranno essere spesi entro il 2016. 2) 300 milioni di euro per i diciottenni cui verrà estesa la Carta già predisposta per i professori e che potrà essere spesa per consumi culturali. Teatri, musei, concerti, libri. Un bonus per chi diventa maggiorenne perché abbia anche simbolicamente la consapevolezza di cosa significhi diventare maggiorenne in Italia: protagonista e coerede del più grande patrimonio culturale del mondo. 3) 50 milioni di euro per il diritto allo studio e le borse di studio degli studenti universitari meritevoli di studiare ma non in condizione di farlo per questioni di reddito. 4) 150 milioni di euro per donare a tutti i cittadini la possibilità di dedicare il due per mille a un'associazione culturale. Già oggi i cittadini possono dare il due per mille ai partiti. Ma non possono darlo al Teatro della Scala o alla scuola di musica di periferia. Al teatro sperimentale cittadino o all'associazione culturale. Ciò che è possibile per i partiti, dovrà essere possibile anche per le realtà della cultura. Abbiamo bisogno di ritrovarci. E di riconoscerci. Sono venuto qui, in questa sala, per ricordare a me stesso qual è il compito dell'Europa. L'Europa è nata qui, in questa sala così bella. L'Europa si riunisce a Bruxelles nei palazzi delle istituzioni. Ma l'Europa si smarrisce quando si dimentica per cosa è nata. A tre chilometri in linea d'aria dai palazzi delle istituzioni c'è il quartiere Molenbeek. Dove l'intolleranza prende il posto dell'integrazione, lì l'Europa perde. Dove un dibattito burocratico prende il posto della politica, lì l'Europa perde. Dove la reazione prende il posto della strategia, lì l'Europa perde. Qualcuno sta in queste ore cercando di equiparare gli immigrati e i rifugiati ai terroristi. Vuole farci credere che il nemico viene da fuori e non è cresciuto dentro le nostre periferie. Vuole dirci che basterebbe controllare le frontiere e tutto sarebbe risolto. È una mediocre illusione. Sarebbe facile replicare che i killer di queste ore sono cittadini europei, cresciuti nelle nostre città, diventati uomini in grado di odiare senza che facessimo in tempo ad accorgercene. Ma non è questo il punto. Il punto è che voglio dire con chiarezza e decisione che la questione immigrazione va affrontata, gestita e risolta, innanzitutto ponendo fine alla guerra civile che insanguina alcuni paesi del Medio Oriente e dell'Africa. Nessuno sottovaluta la gravità della questione migratoria. Ma la verità dei fatti esige rispetto: la stragrande maggioranza di quelle persone che fugge sta scappando dalla guerra, dai tagliatori di testa, dalla violenza, dalla fame. Stanno fuggendo dai nostri stessi nemici. Questo non significa che non siano necessarie regole, chiare, forti, europee. Ma se queste donne e questi uomini stanno scappando, lo fanno per restare in vita, non per fare una gita turistica. Le donne di tutto il mondo vedono nell'Europa il luogo del riscatto. Io voglio che mia figlia possa sognare di fare l'astronauta o la direttrice del principale istituto di ricerca europeo come è accaduto a Samantha, come è accaduto a Fabiola, due donne italiane di cui andiamo orgogliosi. Ma qualunque sia la vita che l'aspetta, soprattutto voglio che mia figlia possa essere una donna libera, senza paura. I ragazzi di tutto il mondo vedono nell'Europa come il luogo della opportunità. Io voglio che i miei figli si emozionino davanti a una partita di Champions o a un concerto di musica andando allo stadio o al teatro con i loro valori. E qualunque sia la vita che li aspetta, voglio che siano degli uomini liberi, senza paura. Quando qui firmarono l'atto di nascita, gli statisti europei di allora furono visionari. Oggi l'Europa ha bisogno di ricordarsi per cosa è nata. Tenere insieme sicurezza e identità, polizia e cultura è la proposta che l'Italia avanza con determinazione. Perché tutto intorno a noi, anche questa sala, ci dice che la bellezza è più forte della barbarie. La sfida è difficile. E noi dobbiamo esserne all'altezza. Lo saremo, ne sono certo, se ci ricorderemo che noi - tutti insieme - siamo l'Italia. |