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Esami AVVOCATO - discussione precedente
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Da: avvocato del reame di vallo17/12/2009 17:23:29
concordo con l'avvocato di napoli....sere!!

Da: contento17/12/2009 17:24:03
la dovete smettere di inviare cavolate o meno ai somari con il palmare.

Da: Delitto Garlasco17/12/2009 17:24:25
ALBERTO STASI ASSOLTO PER NON AVER COMMESSO IL FATTO.

Da: napoli17/12/2009 17:24:35
NAPOLI COSA SUCCEDEEEEEEEEEEEEEE ?

Da: avvocato del reame di vallo17/12/2009 17:25:17
x DAM.............per noi cassazionisti non capisci niente....vate ietta a mare

Da: LUNA17/12/2009 17:26:17
Possibile svolgimento per traccia Penale

Ecc.ma Corte d’Appello - sez. penale -
di …
ATTO DI IMPUGNAZIONE EX ARTT. 571-581 585 c.p.p., con contestuali motivi, proposto dall’avv. …, del Foro di …, nell’interesse e difensore del Sig. …, come da procura speciale in calce al presente atto, avverso la sentenza del Tribunale di … in composizione monocratica, dott. …, emessa in data …, n. …, depositata in cancelleria il …, con la quale il predetto Sig. Caio è stato ritenuto responsabile del reato di violenza privata, in ordine al quale ultimo veniva ritenuto colpevole e per l’effetto condannato.

MOTIVI
I
ERRATA CONFIGUARAZIONE DELL’IPOTESI DI REATO DI VIOLENZA PRIVATA, EX ART. 610 c.p..
Il Sig. Caio, in particolare, è stato chiamato a rispondere del reato di violenza privata consistente nell’aver effettuato un intervento di laparoscopia operativa e, senza soluzione di continuità, di salpingectomia che determinò l’asportazione della tuba sinistra della Sig.ra Nevia, secondo le modalità esecutive nel capo di imputazione specificate.
Quanto al merito della vicenda processuale, l’istruzione dibattimentale ha consentito di accertare quanto segue.
Innanzitutto la sentenza impugnata è lacunosa e incompleta poiché il Tribunale non ha chiarito come l'attività ipoteticamente svolta, ossia l’intervento demolitorio posto in essere dal Sig. Caio, possa configurare o comunque sussumersi nella fattispecie p. e p. ex art. 610 c.p.
In particolare, a questa difesa preme evidenziare che nella fattispecie de qua non può configurarsi un’ipotesi di violenza privata di cui all’art. 610 c.p., limitando a ritenere semplicisticamente che l’esecuzione di un trattamento sanitario senza il consenso sia una condotta lesiva dell’interesse alla libertà morale del paziente.
Bisogna necessariamente effettuare qualche breve cenno sulla violenza privata per meglio comprendere ove si sostanzia l’errore del Giudice di primo grado. Il concetto di violenza privata si configura nella condotta di chi, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa, con ciò si afferma che nell’ipotesi di cui all’art. 610 c.p. la violenza penalmente rilevante è quella consistente in un mezzo strumentale alla costrizione dell’altrui volontà a tollerare, a fare od omettere la cosa voluta dall’agente.
Ergo, ne deriva che il concetto di costrizione implica una effettiva contrapposizione tra la volontà del soggetto attivo e quella del soggetto passivo che è implicita nella nozione stessa di coazione.
Applichiamo tali nozioni alla fattispecie de qua, ossia ad un’operazione chirurgica, in relazione al paziente anestetizzato che subisca l’operazione si potrà, casomai, affermare che il medico che attui un intervento diverso da quello preventivato si “approfitti” di uno stato di incapacità, ma mai si potrà asserire che vi sia stata la costrizione dell’altrui volontà.
Logica conseguenza è la non applicabilità della disciplina oggetto di contestazione al caso in esame, non configurandosi nella condotta posta in essere da Caio alcuno degli elementi costitutivi del reato di violenza privata ex art. 610 c.p. .
L’assoluta non responsabilità del Sig. Caio, si evince, a parere di questa difesa, in modo incontrovertibile dall’assenza dell’elemento psicologico, ossia del dolo, che si sostanzierebbe nella volontà e nella coscienza di costringere altri, mediante violenza e minaccia, a fare, tollerare od omettere qualcosa.
Alla luce di quanto su esposto voglia l’Ecc.ma Corte di Appello in accoglimento della presente impugnazione ed in riforma della sentenza impugnata, pronunciare sentenza di assoluzione ex art. 530, I comma, c. p.p. poiché il fatto non costituisce reato.
II
ASSOLUZIONE PER NON AVER COMMESSO IL FATTO.

Questa difesa, infine, sottolinea l'inadeguatezza della sentenza impugnata quanto alla riferibilitĂ  della condotta contestata all'imputato.
In diritto deve in proposito rilevarsi la necessità che il medico acquisisca il consenso informato nell’ambito dei trattamenti sanitari obbligatori trova il suo riconoscimento in numerose fonti nazionali ed internazionali.
In questa sede non ci si può esimere dalla considerazione che le conseguenze immediate connesse all’intervento chirurgico poste in essere da Caio sono state esclusivamente strumentali all’eliminazione di una patologia della paziente e, dunque, si configurano necessarie per raggiungere l’obiettivo primario di qualsivoglia attività medica: il complessivo miglioramento delle condizioni di salute. L’esito fausto della vicenda operatoria della Sig.ra Nevia è la prova incontrovertibile di quanto appena sostenuto!
La problematica del consenso informato ha visto la stessa giurisprudenza “oscillar” intorno al valore giuridico della volontà del paziente e al suo rapporto con l’agire medico, passando da posizioni estreme agli inizi degli anni ’90 (ricordiamo la famosa “sentenza Massimo” che ha ritenuto la finalità pur sempre curativa della condotta medica in assenza di consenso irrilevante sotto il profilo psichico del reato di lesioni personali) a posizioni decisamente lontane da queste circa 10 anni dopo (sentenza Volterrani ove tra l’altro si legge che “sarebbe ravvisabile uno stato di necessità ontologicamente intrinseco alla attività terapeutica, con la conseguenza che quando il giudice del merito riconosca in concreto il concorso di tutti i requisiti occorrenti per ritenere l’intervento chirurgico eseguito con la completa e puntuale osservanza delle regole proprie della scienza e della tecnica medica, deve, solo per questa ragione, anche senza fare ricorso a specifiche cause di liceità codificate, escludere comunque ogni responsabilità penale dell’imputato, cui sia stato addebitato il fallimento della sua opera”).
La questione della rilevanza penale, della condotta del medico che agisca, pur nel rispetto dei protocolli e delle leges artis, in mancanza di valido consenso informato e con esito fausto è pertanto certamente problematica antica, e ambiguamente sviluppata, anche perchĂ© implicante una gamma di questioni ad essa intimamente correlate, quali: il fondamento giuridico e di legittimazione della attivitĂ  medico-chirurgica;il concetto giuridico di malattia che in relazione ad essa deve venire in rilievo; il valore che, nel sistema, occorre riconoscere al consenso informato del paziente. L’attivitĂ  sanitaria, proprio perchè strumentale a realizzare in concreto il diritto fondamentale di ciascuno alla salute, ed attuare â€" in tal modo â€" la prescrizione, non meramente enunciativa, dettata dall’art. 2 della Carta, viene pertanto ad avere base di legittimazione direttamente nelle norme costituzionali, che, appunto, tratteggiano il bene della salute come diritto fondamentale dell’individuo fino a potersene evocare il carattere di attivitĂ , la cui previsione legislativa, deve intendersi come “costituzionalmente imposta”.
Pertanto, ove l’intervento chirurgico sia stato eseguito lege artis , e cioè come indicato in sede scientifica per contrastare una patologia ed abbia raggiunto positivamente tale effetto, dall’atto così eseguito non potrĂ  dirsi derivata una malattia, giacchè l’atto, pur se “anatomicamente” lesivo, non soltanto non ha provocato â€" nel quadro generale della “salute” del paziente â€" una diminuzione funzionale, ma è valso a risolvere la patologia da cui lo stesso era affetto. Per concludere, nell’ipotesi che ricorre nella specie, l’eventuale mancato consenso del paziente al diverso tipo di intervento praticato dal chirurgo, rispetto a quello originariamente assentito, non potrĂ  assumere alcuna rilevanza sul piano penale perchĂ© dall’intervento è derivato un apprezzabile miglioramento delle condizioni di salute, e perchĂ© non vi erano indicazioni contrarie da parte del paziente medesimo.
Alla luce di quanto su esposto voglia l’Ecc.ma Corte di Appello in accoglimento della presente impugnazione ed in riforma della sentenza impugnata, pronunciare sentenza di assoluzione ex art. 530, II comma, c. p.p. per insufficienza e contraddittorietà della prova con tutte le conseguenze di legge.
III
MINIMO DELLA PENA.
In estremo subordine, per mero scrupolo difensivo, qualora non dovessero trovare accoglimento i motivi precedentemente illustrati si chiede, in riforma della sentenza impugnata, la riduzione della pena applicata al minimo, con tutti i benefici di legge.
Con osservanza.
…, lì…
IL DIFENSORE
(avv. …)
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Da: Botoxxx17/12/2009 17:27:00
X Contento.

Un conto è dire cavolate senza senso, così per stemperare gli animi(comme faccio io).

Altro conto è dire di non copiare (come fai tu).

Perkè tra lo stato e gli abilitanti sono molto + onesti gli abilitanti...di gran lunga.

Da: FORZA NAPOLI17/12/2009 17:27:21
in effetti a ben vedere, tizio e caia non si sa se fossero sposati o meno, ma a prescindere da tale circostanza, nella traccia è scritto che Caia vuole agire per l'intera somma. Ora, non essendo richiesto un parere pro veritate, è chiaro che il difensore di Caia per tutelare al meglio la propria assistista agirà per la restitutuzione dell'intero

Da: avvocato del reame di vallo17/12/2009 17:27:45
x CONTENTO.....................
ma perchè sei contento...visto che noi stiamo sudando nell'aula per superare in modo dignitoso l'esame, senza palmare!!!????????????

Da: Aldo Biscardi17/12/2009 17:28:07
Mi raccomando i congiuntivi...e che cazzo!

Da: sere!!!17/12/2009 17:28:24
e come vi divertite....domani "SERA" vi aspetto

Da: trlli17/12/2009 17:30:08
è vero che a palermo hanno espulso molti ragazzi?

Da: LUNA17/12/2009 17:30:20
II possibile svolgimento traccia penale

Ecc.ma Corte di Appello
per il tramite della cancelleria
del Tribunale di Beta





Il sottoscritto avvocato in qualità di difensore di fiducia , come da nomina in atti, di Caio con il presente atto propone appello avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Beta in data..... nell'ambito del procedimento n...... con la quale Caio è stato condannato per il reato di violenza privata ai danni di Nevia alla pena di …..... ed a sostegno espone i seguenti motivi:


MOTIVO I:
ASSOLUZIONE PERCHE' IL FATTO NON SUSSISTE AI SENSI DELL'ART. 530 COMMA I C.P.P.

Occorre preliminarmente analizzare se la condotta del Dott. Caio abbia integrato la fattispecie di reato a lui contestata. In particolare giova sottolineare come il tema di indagine si fondi non tanto sul fatto che ci fosse o meno il consenso, poiché su questo aspetto la stessa parte civile ha spiegato che venne sottoscritto antecedentemente all'intervento, ma la rilevanza di maggior spessore fondata sul fatto che il Dott. Caio dovesse, nel corso dell'intervento chirurgico, poter adempiere pienamente alle proprie funzioni sanitarie al fine di scongiurare qualsiasi pericolo di vita della Sig.ra Nevia e quindi operare anche oltre il consenso espresso.
La questione penale e giuridica in generale è piuttosto chiara e le Sezioni Unite con la nota sentenza Sentenza 18 dicembre 2008 - 21 gennaio 2009, n. 2437 pongono un chiarimento definitivo sulla dicotomia giurisprudenziale che aveva caratterizzato gli ultimi vent'anni, ritenendo che non sia imputabile al medico la condotta di violenza privata qualora abbia agito nel rispetto dei protocolli ed al solo fine di tutelare la salute e la vita del paziente.
La questione che le Sezioni Unite affrontano riguarda, infatti, il quesito se abbia o meno rilevanza penale sotto il profilo della fattispecie della violenza privata, la condotta del medico che agisce senza avere chiesto al paziente un idoneo consenso al trattamento sanitario che lo stesso avrebbe dovuto manifestare.
Pietra miliare degli anni 90 in tema di giurisprudenza di legittimità, fu il “caso Massimo” in cui la Suprema Corte sottolineò come, in mancanza ed assenza di necessità ed urgenze terapeutiche, se il medico pone in essere un trattamento sanitario senza un adeguato consenso, commette reato di lesioni volontarie, (essendo irrilevanti, sia gli aspetti psichici che la finalità curativa della condotta del medico). Se, invece, dall’evento deriva la morte il medico risponde per il reato di omicidio preterintenzionale, (Cass. Sez. V 1992/5639).
L'orientamento giurisprudenziale che aveva segnato gli anni '90, subì una inversione con la sentenza della Suprema Corte del 2001/ 35822, che recepì la tesi civilistica della cosiddetta autolegittimazione dell’attività medica, la quale rinverrebbe il proprio fondamento, non nell’art. 50 c.p., quanto nella tutela della salute come bene costituzionalmente garantito, art. 32 Cost.
Dal divieto dei trattamenti sanitari obbligatori, salvo i casi previsti dalla legge, e dal diritto alla salute, inteso come libertĂ  di curarsi, discenderebbe la giustificazione al trattamento sanitario che va inteso in quella scelta libera e consapevole della persona che a quel trattamento si sottopone.
Ferma restando l’illiceità, anche sotto il profilo penalistico, del medico che opera contro la volontà del paziente, a prescindere dall’esito fausto o infausto del trattamento sanitario, l’ipotesi sulla quale occorre soffermarsi riguarda il caso in cui, anche se in assenza di consenso espresso allo specifico trattamento praticato, il risultato dello stesso abbia prodotto un beneficio al paziente.
Prendendo in considerazione il caso del Dott. Caio, non si ritiene possa sussistere il reato di violenza privata per mancanza dell'elemento oggettivo e soggettivo della condotta.
Infatti la condotta dell'imputato fu diligentemente rivolta a curare ed a rimuovere un male al solo fine di non cagionarne un altro.
La questione, quindi, coinvolge la nozione stessa di malattia che viene definita come qualsiasi alterazione anatomica e funzionale dell’organismo, ancorché localizzata, di lieve entità e non influente sulle condizioni organiche generali, onde lo stato di malattia perdura fino a quando è in atto il suddetto processo di alterazione.
Pertanto, in ragione di quanto sopra esposto atteso che le conseguenze dell’intervento chirurgico e di correlativi profili di responsabilità non potranno coincidere con l’atto operatorio in sé e con le lesioni che esso “naturalisticamente” comporta, il Dott. Caio non può ritenersi responsabile della condotta illecita a lui ascritta, per il solo fatto di essere intervenuto chirurgicamente sulla paziente, ma potrà rispondere per la sua condotta qualora si siano integrati dei reati, prendendo in considerazione il concetto di malattia delineato.
A definitivo chiarimento si richiama la citata sentenza delle Sezioni Unite nella parte in cui statuisce che ove il medico “sottoponga il paziente ad un trattamento chirurgico diverso da quello in relazione al quale era stato prestato il consenso informato, e tale intervento, eseguito nel rispetto dei protocolli e delle leges artis si sia concluso con esito fausto, nel senso che dall’intervento stesso è derivato un apprezzabile miglioramento delle condizioni di salute, in riferimento, anche alle eventuali alternative ipotizzabili, e senza che vi fossero indicazioni contrarie da parte del paziente medesimo, tale condotta è priva di rilevanza penale, tanto sotto il profilo della fattispecie ex art. 582 c.p., che sotto quello del reato di violenza privata di cui all’art. 610 c.p.”
Ebbene dal ragionamento giuridico effettuato dalla Corte medesima si può concludere con assoluta certezza che non si possa procedere con una condanna di tipo penale, lasciando però lo spazio per eventuali considerazioni in ambito civile, che anche lì, andranno valutate caso per caso.
Si insiste affinchè la Corte di Appello adita voglia riforma re la sentenza impugnata e per l'effetto assolvere il Dott. Caio ai sensi dell'art. 530 comma I c.p.p

MOTIVO II:
ECCESSIVITA' DELLA CONDANNNA



in via subordinata nella denegata ipotesi di conferma della responsabilità del Dott. Caio, si sottolinea come nel corpo stesso della motivazione della sentenza i Giudici abbiano dato conto della regolarità e conformità ai protocolli dell'intervento chirurgico effettuato, ciò posto appare evidente come il fatto ascritto all'imputato debba essere circoscritto adeguando la pena all'effettivo disvalore della condotta posta in essere.
Si insiste pertanto affinchè la Ecc.ma Corte di Appelo voglia accogliere il presente motivo di impugnazione, riducendo la pena comminata al prevenuto.


Beta lì,

Con ossequio
Avv......................................

Da: UNO ACTO17/12/2009 17:30:49
domani sera .............................FESTA!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Da: X DAM17/12/2009 17:31:07
ma se tizia e caio hanno stipulato insieme il contratto sono creditori in solido nei confronti dell'albergatore. se tizia avesse chiesto solo la parte di caio allora, al massimo, si poteve porre un problema di legittimzione attiva

Da: UNO ACTO17/12/2009 17:32:04
x DAM........................SI NA GENIA

Da: trlli17/12/2009 17:32:34
ragazzi, dai se sapete notizie di palermo datemele perfavore!!!!!!!!!

Da: Botoxxx17/12/2009 17:33:15
Lo diceva anke Benigni: se vai a Palermo non mangiare le banane.

Infatti 2 espulsi.

Da: napoli17/12/2009 17:34:15
A CHE ORA FINISCE NAPOLI?????

Da: dam17/12/2009 17:35:05
X IL CASSAZIONISTA AVV DEL REAME DI VALLO
Penso che il tuo non sia un reame, nè un ducato (al massimo 1.700 TD sbuddato) e tantomeno una contea...
penso piuttosto che dovresti abusare maggiormente degli stupefacenti (non in quantitĂ  per te consone) e magari associarle all'alcool. qualcuno ci riesce.
è solo uno spassionato consiglio. 

Da: contento17/12/2009 17:36:23
Lo Stato rispecchia la società. Se la società non cambia, anzi si ripara dietro le colpe dello Stato, si andrà avanti così sino all'infinito.
Contenti voi! Io sono contento solo se vi beccano.

Da: Botoxxx17/12/2009 17:38:04
A Napoli doveva essere già finita, però al 90° erano sul 2-2 e quindi sono ai supplementari.

Speriamo bene.

Da: x i salernitani17/12/2009 17:38:22
peggio non poteva capitare.....l'aquila è tostissima...percentuali.....bassissime....20 max 30 %......

Da: trlli17/12/2009 17:39:11
sapete le percentuali di lecce?

Da: avvocato del reame vallo17/12/2009 17:39:31
x DAM    vuoi partecipare pure tu....facciamo un festino!!tu porta le canne, visto che ne fai uso..........evidentemente

Da: LUNA17/12/2009 17:40:17
Possibile soluzione Citazione - Civile

TRIBUNALE CIVILE DI …………….
ATTO DI CITAZIONE
Nell’interesse di Caia, nata a ………….., il…………….., c.f…………………….., residente in……………, alla via……………………, elettivamente domiciliata in………….., via………………., presso lo studio dell’avv………………., del Foro di……………, che la rappresenta e difende giusta procura rilasciata in calce al presente atto

contro
Hotel Delle Rose, in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in ___, alla via__, n. __;

Premessa

1) Tizio e Caia stipulavano un contratto di soggiorno per due persone presso l’Hotel delle Rose in località Bella vista dal 20 settembre al 29 settembre 2009 (all. doc. 1).
2) Al momento della stipula del predetto contratto versavano l’intero importo pattuito (all. doc. 2).
3) Tuttavia, il giorno precedente l’inizio del soggiorno, Tizio decedeva improvvisamente (all. doc. 3).
4) Caia, a mezzo del sottoscritto procuratore richiedeva al legale rappresentante dell’Hotel delle Rose la restituzione dell’importo interamente corrisposto a titolo di pagamento del soggiorno prenotato (all. doc. 4).
5) Il legale rappresentante dell’Hotel delle Rose, in riscontro alla richiesta di cui sopra, pur rammaricandosi dell’evento infausto, dichiarava la non disponibilità alla restituzione della somma richiesta, asserendo che da parte sua la prestazione era comunque certamente eseguibile (all. doc. 5).

DIRITTO
Alla luce di quanto sopra esposto è di tutta evidenza il diritto dell’odierna deducente ad ottenere il rimborso della somma corrisposta per il soggiorno prenotato presso l’Hotel Delle Rose.
Nel caso di specie, infatti, trova applicazione la risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta della prestazione, con la conseguente possibilità di attivare i rimedi restitutori, ai sensi dell’art. 1463 c.c..
La risoluzione può essere invocata da entrambe le parti del rapporto obbligatorio sinallagmatico, e cioè sia dalla parte la cui prestazione sia divenuta impossibile sia da quella la cui prestazione sia rimasta possibile.
L’impossibilità sopravvenuta della prestazione si ha non solo, nel caso in cui sia divenuta impossibile l’esecuzione della prestazione del debitore, ma anche nel caso in cui sia divenuta impossibile l’utilizzazione della prestazione della controparte.
Se questa impossibilità non è imputabile al creditore e il suo interesse a riceverla sia venuto meno, si concretizza una sopravvenuta irrealizzabilità della finalità essenziale in cui consiste la causa concreta del contratto e la conseguente estinzione dell’obbligazione.
Nella fattispecie, abbiamo un contratto di soggiorno alberghiero prenotato da due persone uno dei quali era deceduto improvvisamente il giorno precedente l’inizio del soggiorno e, di conseguenza, l’aspetto che preliminarmente va analizzato è quella dell'impossibilità sopravvenuta della prestazione.
Va in premessa ricordato come vengano individuati, in dottrina, tre diverse ipotesi di impossibilitĂ , la prima consistente nel perimento della cosa, la seconda integrante il caso della sua incommerciabilitĂ , la terza nei casi di obbligazioni di fare, con particolare riguardo a fattispecie di impedimenti di carattere personale.
In quest’ultima ipotesi, al fine della liberazione del debitore, viene comunemente sottolineato il necessario carattere di assolutezza e di obiettività della impossibilità stessa, concetto che, come sovente evidenziato ancora in dottrina, pare certamente applicabile ai casi di perdita delle facoltà fisiche necessarie per l'adempimento.
La nostra analisi si sposta, così, sul piano degli effetti dell'impossibilità sopravvenuta. L’art. 1463 c.c., infatti recita: “nei contratti con prestazioni corrispettive, la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità delle prestazione dovuta non può chiedere la controprestazione e deve restituire quella che abbia già ricevuta secondo le norme relative alla ripetizione dell’indebito”
Mentre, pacificamente, di questa disposizione viene esclusa l’ applicabilità in caso di impossibilità imputabile al debitore, fortemente controversa risulta la conseguenza della impossibilità imputabile al creditore: la dottrina è, in proposito, divisa tra chi ritiene che i relativi effetti sarebbero del pari disciplinati dalla norma in parola, e chi, al contrario, ne opina la riconducibilità all'art. 1453, in quanto prodotti dall'inadempimento del creditore agli obblighi di cooperazione con il debitore nell'adempimento della prestazione di quest'ultimo.
Ciò comporta, quale definitivo approdo dell'esegesi del testo normativo, che la risoluzione de qua possa legittimamente essere invocata da entrambe le parti: da quella, cioè, la cui prestazione rimane possibile, così come da colui la cui prestazione sia divenuta impossibile.
Non avrebbe altrimenti senso prevedere un rimedio restitutorio da indebito se non sulla premessa per cui la parte che abbia eseguito la propria prestazione possa del tutto legittimamente richiedere alla controparte la restituzione a seguito dell'impossibilitĂ  sopravvenuta della prestazione di controparte stessa.
Il concetto di causa concreta non può, peraltro, non attenere altresì all'aspetto funzionale del predetto essentiale negotii.
Alla stregua del concetto di "causa negoziale concreta" va allora affermato che non soltanto la totale impossibilità sopravvenuta della prestazione integra una fattispecie di automatica estinzione dell'obbligazione e risoluzione del contratto che ne costituisce la fonte ai sensi dell'art. 1463 c.c., e art. 1256 c.c., comma 1, ma che lo stesso effetto consegue altresì alla impossibilità di utilizzazione della prestazione da parte del creditore.
La sopravvenuta impossibilità di utilizzazione della prestazione deve dunque distinguersi dalla sopravvenuta impossibilità della esecuzione della prestazione di cui agli artt. 1463 e 1464 c.c. Il venire oggettivamente meno dell'interesse creditorio (nella specie, per la morte del soggetto) non può, difatti, che determinare l'estinzione del rapporto obbligatorio, in ragione del sopravvenuto difetto del suo elemento funzionale (art. 1174 c.c.): e se, come nella specie, tale rapporto obbligatorio trovi fonte in un contratto, il venir meno del predetto interesse si risolve in una sopravvenuta irrealizzabilità della causa concreta del contratto stesso.
Una impossibilità tale da vanificare o rendere irrealizzabile la “finalità turistica”. Così, pur essendo la prestazione in astratto ancora eseguibile, deve ritenersi che il venir meno della possibilità che essa realizzi lo scopo dalle parti perseguito con la stipulazione del contratto implica il venir meno dell'interesse creditorio .
Superando le perplessità in passato avvertite, in argomento, la Suprema Corte di Cassazione con sentenza n. 26958 del 2007 ha statuito che «la sopravvenuta impossibilità di utilizzazione della prestazione» vada distinta dalla «sopravvenuta impossibilità della esecuzione della prestazione di cui agli artt. 1463 e 1464 c.c., ma (…) soltanto sul piano concettuale, e non anche su quello degli effetti». Nel senso, cioè, che il «venire oggettivamente meno dell'interesse creditorio (nella specie, per la morte del soggetto) non può (…) che determinare l'estinzione del rapporto obbligatorio, in ragione del sopravvenuto difetto del suo elemento funzionale (art. 1174 c.c.): e se, come nella specie, tale rapporto obbligatorio trovi fonte in un contratto, il venir meno del predetto interesse si risolve in una sopravvenuta irrealizzabilità della causa concreta del contratto stesso, assumendo conseguentemente rilievo quale autonoma causa della relativa estinzione».
Da tutto ciò è tratto il principio secondo cui l’impossibilitĂ  di utilizzazione della prestazione da parte del creditore, pur se normativamente non disciplinata in modo espresso, costituisce â€" analogamente all'impossibilitĂ  di esecuzione della prestazione â€" autonoma causa di estinzione dell'obbligazione: essendo la prestazione divenuta inidonea a soddisfare l'interesse creditorio, la conseguente estinzione del rapporto obbligatorio scaturente dal contratto per sopravvenuta irrealizzabilitĂ  della sua causa concreta comporta l'esonero delle parti dalle rispettive obbligazioni: il debitore non è piĂą tenuto ad eseguirla, il creditore non ha l'onere di accettarla.
Tutto ciò premesso l'istante come sopra rapp.ta e dom.ta

CITA
L’Hotel delle Rose, in persona del suo legale rappresentante, con sede in ………………………, via …………………..,
a comparire il mattino del ……… davanti al Tribunale di Napoli, sezione, giudice, aula ed ora come da regolamento, con invito alla convenuta di costituirsi nei termine di 20 giorni dell’udienza indicata ai sensi e nelle forme stabilite dall’art.166 c.p.c. ovvero dieci giorni prima in caso di abbreviazione dei termini a comparire, nell’udienza indicata dinanzi al Giudice designato ai sensi dell’art.168 bis con l’avvertimento che la costituzione oltre i suddetti termini comporta la preclusione e le decadenze di cui agli art. 38 e 167 c.p.c., ed in caso di mancata costituzione si procederà in contumacia della stessa, per sentirsi accogliere le seguenti

CONCLUSIONI
Voglia l’Ecc.mo Tribunale adito, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione:
- Ritenere e dichiarare giusto tutto quanto dedotto in narrativa, la risoluzione per impossibilità sopravvenuta ex art. 1463 c.c., del contratto di soggiorno stipulato con l’Hotel delle Rose in località Bella vista, relativamente al periodo che va dal 20 settembre al 29 settembre 2009.
- Condannare, conseguentemente con sentenza esecutiva come per legge, il convenuto l’Hotel delle Rose in persona del suo legale rappresentante alla restituzione in favore di Caia dell’intera somma pattuita e corrisposta al momento della stipula del contratto di soggiorno;
-Con vittoria di spese e competenze di causa a favore del sottoscritto procuratore anticipatario.
In via istruttoria ammettere tutti i mezzi istruttori che si renderanno necessari e conducenti ai fini di causa.
Con riserva di meglio specificare, documentare, controdedurre, modificare e formulare ulteriori richieste istruttorie in relazione al comportamento processuale di controparte.
Salvo ogni altro diritto

Si allegano:
1) contratto di soggiorno;
2) ricevute avvenuto pagamento;
3) certificato di morte;
4) lettera messa in mora;
5) lettera risposta di controparte.

Ai sensi e per gli effetti di cui al D.P.R. n. 115/2002 e successive modifiche, il sottoscritto procuratore dichiara che il presente giudizio ha valore di euro ………………., per cui il contributo unificato è pari ad euro ………….
Il sottoscritto procuratore dichiara, a norma degli artt. 133 c. III, 134 c. III, 170 ultm. c., 176 II c. e 183 ult. c. c.p.c. di voler ricevere gli avvisi e le comunicazioni presso il numero di fax……………… o indirizzo di posta elettronica……………
……………, lì …………
Avv. …………………..




PROCURA ALLE LITI

Delego a rappresentarmi e difendermi nel presente atto ed in ogni fase, stato e grado del presente giudizio, anche nelle eventuali fasi di esecuzione e opposizione, l’Avv…………………., conferendo allo stesso gli tutti i poteri e le facoltà di legge, ivi comprese la facoltà di conciliare, transigere, rinunciare ed accettare rinunce a domande ed atti e giudizi, riscuotere, quietanzare, ritirare atti documenti e titoli in ogni sede giudiziaria nel mio interesse e in mio nome e conto.
Inoltre, preso atto della informativa di cui al D.Lgs. 196/03 conferisco autorizzazione e consenso al trattamento dei miei dati personali ai soli fini del presente incarico.
Prendo, altresì, atto che il trattamento dei dati personali avverrà mediante strumenti manuali, informatici e telematici con logiche strettamente correlate alle finalità dell’incarico.
Si autorizza il trattamento dei dati personali ai sensi del Dlgs 196/2003 ed aver avuto l’informativa ai sensi dell’art.13 T.U. ed essere stato informato delle finalità e modalità del trattamento dei dati di cui lo studio entri in possesso e dell’eventuale comunicazione necessaria dei dati stessi ai collaboratori nonché dei dipendenti ex art. 7 del T.U. 196/2003.

Eleggo domicilio presso il suo studio sito in …………, via…………………..

Sig.ra Caia

Vera la firma

Avv…………..

Da: kanzio17/12/2009 17:40:32
qualcuno sa nulla da catanzaro??

Da: trlli17/12/2009 17:42:14
ragazzi, le percentuali di lecce?

Da: uhdsudh17/12/2009 17:42:32
buone percentuali lecce...tra 40 e 50%
catanzaro è la patria dei promossi....media 70% alcune volte 75

Da: contento per Kanzio17/12/2009 17:43:02
A catanzaro ne hanno espulsi 30 con il palmare.

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