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Esami AVVOCATO - discussione precedente
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Da: amica di tutti17/12/2009 13:07:29
a messina ieri espulsi 3 oggi 4

Da: Onizuka17/12/2009 13:08:04
...per lo studio....stendiamo un velo pietoso...

Da: Cironicklinus17/12/2009 13:08:06
ma mettetevi a studiare lavativi. io ai miei tempi ...copiavo tutto

Da: anonimo17/12/2009 13:08:10
ma ancora niente per l'atto di civile

Da: severino boezio17/12/2009 13:08:27
noente panico ragazzi le tracce sono semplicissime,l'importante è che l'elaborato sia chiaro ed intellegibile. non usate sintassi complicate e frasi subordinate.

p.s. per quelli che si dichiarono "non del settore"
andate altrove

Da: anonimo17/12/2009 13:08:27
ma ancora niente per l'atto di civile

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Da: romeo17/12/2009 13:08:45
...come se "studiare" bastasse x avere la certezza di passare! Non è mai stato così e mai lo sarà. Purtroppo.

Da: dada17/12/2009 13:09:49
cortesia è correttezza un giorno serviranno anche a te severino

Da: Colino17/12/2009 13:11:49
Gelati al limone gelati. Aranciata gazzosa dregher Gianni Moretti. Al bar panini con le rape stufate.

Da: severino boezio17/12/2009 13:12:15
attenzione. nell'atto civile occorre mettere la relata.

Da: eva17/12/2009 13:13:38
CARISSIMO SEVERINO
sei un coglionaccio

Da: oi17/12/2009 13:13:56
ragazzi qualcuno può pubblicare la risoluzione dell'atto di civile vi pregoo :(((

Da: eva17/12/2009 13:14:04
CARISSIMO SEVERINO
sei un coglionaccio

Da: mari 8517/12/2009 13:14:58
Ecc.ma Corte di Appello
per il tramite della cancelleria
del Tribunale di Beta





Il sottoscritto avvocato in qualità di difensore di fiducia , come da nomina in atti, di Caio con il presente atto propone appello avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Beta in data..... nell'ambito del procedimento n...... con la quale Caio è stato condannato per il reato di violenza privata ai danni di Nevia alla pena di â..... ed a sostegno espone i seguenti motivi:


MOTIVO I:
ASSOLUZIONE PERCHE' IL FATTO NON SUSSISTE AI SENSI DELL'ART. 530 COMMA I C.P.P.

Occorre preliminarmente analizzare se la condotta del Dott. Caio abbia integrato la fattispecie di reato a lui contestata. In particolare giova sottolineare come il tema di indagine si fondi non tanto sul fatto che ci fosse o meno il consenso, poiché su questo aspetto la stessa parte civile ha spiegato che venne sottoscritto antecedentemente all'intervento, ma la rilevanza di maggior spessore fondata sul fatto che il Dott. Caio dovesse, nel corso dell'intervento chirurgico, poter adempiere pienamente alle proprie funzioni sanitarie al fine di scongiurare qualsiasi pericolo di vita della Sig.ra Nevia e quindi operare anche oltre il consenso espresso.
La questione penale e giuridica in generale è piuttosto chiara e le Sezioni Unite con la nota sentenza Sentenza 18 dicembre 2008 - 21 gennaio 2009, n. 2437 pongono un chiarimento definitivo sulla dicotomia giurisprudenziale che aveva caratterizzato gli ultimi vent'anni, ritenendo che non sia imputabile al medico la condotta di violenza privata qualora abbia agito nel rispetto dei protocolli ed al solo fine di tutelare la salute e la vita del paziente.
La questione che le Sezioni Unite affrontano riguarda, infatti, il quesito se abbia o meno rilevanza penale sotto il profilo della fattispecie della violenza privata, la condotta del medico che agisce senza avere chiesto al paziente un idoneo consenso al trattamento sanitario che lo stesso avrebbe dovuto manifestare.
Pietra miliare degli anni 90 in tema di giurisprudenza di legittimità, fu il âcaso Massimoâ in cui la Suprema Corte sottolineò come, in mancanza ed assenza di necessità ed urgenze terapeutiche, se il medico pone in essere un trattamento sanitario senza un adeguato consenso, commette reato di lesioni volontarie, (essendo irrilevanti, sia gli aspetti psichici che la finalità curativa della condotta del medico). Se, invece, dallâevento deriva la morte il medico risponde per il reato di omicidio preterintenzionale, (Cass. Sez. V 1992/5639).
L'orientamento giurisprudenziale che aveva segnato gli anni '90, subì una inversione con la sentenza della Suprema Corte del 2001/ 35822, che recepì la tesi civilistica della cosiddetta autolegittimazione dellâattività medica, la quale rinverrebbe il proprio fondamento, non nellâart. 50 c.p., quanto nella tutela della salute come bene costituzionalmente garantito, art. 32 Cost.
Dal divieto dei trattamenti sanitari obbligatori, salvo i casi previsti dalla legge, e dal diritto alla salute, inteso come libertà di curarsi, discenderebbe la giustificazione al trattamento sanitario che va inteso in quella scelta libera e consapevole della persona che a quel trattamento si sottopone.
Ferma restando lâilliceità, anche sotto il profilo penalistico, del medico che opera contro la volontà del paziente, a prescindere dallâesito fausto o infausto del trattamento sanitario, lâipotesi sulla quale occorre soffermarsi riguarda il caso in cui, anche se in assenza di consenso espresso allo specifico trattamento praticato, il risultato dello stesso abbia prodotto un beneficio al paziente.
Prendendo in considerazione il caso del Dott. Caio, non si ritiene possa sussistere il reato di violenza privata per mancanza dell'elemento oggettivo e soggettivo della condotta.
Infatti la condotta dell'imputato fu diligentemente rivolta a curare ed a rimuovere un male al solo fine di non cagionarne un altro.
La questione, quindi, coinvolge la nozione stessa di malattia che viene definita come qualsiasi alterazione anatomica e funzionale dellâorganismo, ancorché localizzata, di lieve entità e non influente sulle condizioni organiche generali, onde lo stato di malattia perdura fino a quando è in atto il suddetto processo di alterazione.
Pertanto, in ragione di quanto sopra esposto atteso che le conseguenze dellâintervento chirurgico e di correlativi profili di responsabilità non potranno coincidere con lâatto operatorio in sé e con le lesioni che esso ânaturalisticamenteâ comporta, il Dott. Caio non può ritenersi responsabile della condotta illecita a lui ascritta, per il solo fatto di essere intervenuto chirurgicamente sulla paziente, ma potrà rispondere per la sua condotta qualora si siano integrati dei reati, prendendo in considerazione il concetto di malattia delineato.
A definitivo chiarimento si richiama la citata sentenza delle Sezioni Unite nella parte in cui statuisce che ove il medico âsottoponga il paziente ad un trattamento chirurgico diverso da quello in relazione al quale era stato prestato il consenso informato, e tale intervento, eseguito nel rispetto dei protocolli e delle leges artis si sia concluso con esito fausto, nel senso che dallâintervento stesso è derivato un apprezzabile miglioramento delle condizioni di salute, in riferimento, anche alle eventuali alternative ipotizzabili, e senza che vi fossero indicazioni contrarie da parte del paziente medesimo, tale condotta è priva di rilevanza penale, tanto sotto il profilo della fattispecie ex art. 582 c.p., che sotto quello del reato di violenza privata di cui allâart. 610 c.p.â
Ebbene dal ragionamento giuridico effettuato dalla Corte medesima si può concludere con assoluta certezza che non si possa procedere con una condanna di tipo penale, lasciando però lo spazio per eventuali considerazioni in ambito civile, che anche lì, andranno valutate caso per caso.
Si insiste affinchè la Corte di Appello adita voglia riforma re la sentenza impugnata e per l'effetto assolvere il Dott. Caio ai sensi dell'art. 530 comma I c.p.p

MOTIVO II:
ECCESSIVITA' DELLA CONDANNNA



in via subordinata nella denegata ipotesi di conferma della responsabilità del Dott. Caio, si sottolinea come nel corpo stesso della motivazione della sentenza i Giudici abbiano dato conto della regolarità e conformità ai protocolli dell'intervento chirurgico effettuato, ciò posto appare evidente come il fatto ascritto all'imputato debba essere circoscritto adeguando la pena all'effettivo disvalore della condotta posta in essere.
Si insiste pertanto affinchè la Ecc.ma Corte di Appelo voglia accogliere il presente motivo di impugnazione, riducendo la pena comminata al prevenuto.


Beta lì,

Con ossequio
Avv......................................

Da: AMMINISTRATIVO17/12/2009 13:15:34
CHI PUò AIUTARMI?
MI DITE I MOTIVI?

Da: neoavvocato barese17/12/2009 13:16:16
Per quelli che svolgono l'atto di civile: anche l'anno scorso c'era un problema di competenza (tribunale o CdA?), quest'anno è tra GdP e Tribunale. Io la comparsa la proposi al giudice superiore e mi è andata bene. Pertanto, non avendo informazioni in merito, proponete la citazione dinanzi al tribunale. NON lasciate in bianco il giudice competente e non mettete le due alternative.

Da: fru fru17/12/2009 13:16:55
***************************ATTO PENALE [autore maricond]********************************

Ecc.ma Corte di Appello
per il tramite della cancelleria
del Tribunale di Beta

Il sottoscritto avvocato in qualità di difensore di fiducia , come da nomina in atti, di Caio con il presente atto propone appello avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Beta in dataâ.. nellâambito del procedimento nââ con la quale Caio è stato condannato per il reato di violenza privata ai danni di Nevia alla pena di ââ.. ed a sostegno espone i seguenti motivi:

MOTIVO I:
ASSOLUZIONE PERCHEâ IL FATTO NON SUSSISTE AI SENSI DELLâART. 530 COMMA I C.P.P.

Occorre preliminarmente analizzare se la condotta del Dott. Caio abbia integrato la fattispecie di reato a lui contestata. In particolare giova sottolineare come il tema di indagine si fondi non tanto sul fatto che ci fosse o meno il consenso, poiché su questo aspetto la stessa parte civile ha spiegato che venne sottoscritto antecedentemente allâintervento, ma la rilevanza di maggior spessore fondata sul fatto che il Dott. Caio dovesse, nel corso dellâintervento chirurgico, poter adempiere pienamente alle proprie funzioni sanitarie al fine di scongiurare qualsiasi pericolo di vita della Sig.ra Nevia e quindi operare anche oltre il consenso espresso.
La questione penale e giuridica in generale è piuttosto chiara e le Sezioni Unite con la nota sentenza Sentenza 18 dicembre 2008 â" 21 gennaio 2009, n. 2437 pongono un chiarimento definitivo sulla dicotomia giurisprudenziale che aveva caratterizzato gli ultimi ventâanni, ritenendo che non sia imputabile al medico la condotta di violenza privata qualora abbia agito nel rispetto dei protocolli ed al solo fine di tutelare la salute e la vita del paziente.
La questione che le Sezioni Unite affrontano riguarda, infatti, il quesito se abbia o meno rilevanza penale sotto il profilo della fattispecie della violenza privata, la condotta del medico che agisce senza avere chiesto al paziente un idoneo consenso al trattamento sanitario che lo stesso avrebbe dovuto manifestare.
Pietra miliare degli anni 90 in tema di giurisprudenza di legittimità, fu il âcaso Massimoâ in cui la Suprema Corte sottolineò come, in mancanza ed assenza di necessità ed urgenze terapeutiche, se il medico pone in essere un trattamento sanitario senza un adeguato consenso, commette reato di lesioni volontarie, (essendo irrilevanti, sia gli aspetti psichici che la finalità curativa della condotta del medico). Se, invece, dallâevento deriva la morte il medico risponde per il reato di omicidio preterintenzionale, (Cass. Sez. V 1992/5639).
Lâorientamento giurisprudenziale che aveva segnato gli anni â90, subì una inversione con la sentenza della Suprema Corte del 2001/ 35822, che recepì la tesi civilistica della cosiddetta autolegittimazione dellâattività medica, la quale rinverrebbe il proprio fondamento, non nellâart. 50 c.p., quanto nella tutela della salute come bene costituzionalmente garantito, art. 32 Cost.
Dal divieto dei trattamenti sanitari obbligatori, salvo i casi previsti dalla legge, e dal diritto alla salute, inteso come libertà di curarsi, discenderebbe la giustificazione al trattamento sanitario che va inteso in quella scelta libera e consapevole della persona che a quel trattamento si sottopone.
Ferma restando lâilliceità, anche sotto il profilo penalistico, del medico che opera contro la volontà del paziente, a prescindere dallâesito fausto o infausto del trattamento sanitario, lâipotesi sulla quale occorre soffermarsi riguarda il caso in cui, anche se in assenza di consenso espresso allo specifico trattamento praticato, il risultato dello stesso abbia prodotto un beneficio al paziente.
Prendendo in considerazione il caso del Dott. Caio, non si ritiene possa sussistere il reato di violenza privata per mancanza dellâelemento oggettivo e soggettivo della condotta.
Infatti la condotta dellâimputato fu diligentemente rivolta a curare ed a rimuovere un male al solo fine di non cagionarne un altro.
La questione, quindi, coinvolge la nozione stessa di malattia che viene definita come qualsiasi alterazione anatomica e funzionale dellâorganismo, ancorché localizzata, di lieve entità e non influente sulle condizioni organiche generali, onde lo stato di malattia perdura fino a quando è in atto il suddetto processo di alterazione.
Pertanto, in ragione di quanto sopra esposto atteso che le conseguenze dellâintervento chirurgico e di correlativi profili di responsabilità non potranno coincidere con lâatto operatorio in sé e con le lesioni che esso ânaturalisticamenteâ comporta, il Dott. Caio non può ritenersi responsabile della condotta illecita a lui ascritta, per il solo fatto di essere intervenuto chirurgicamente sulla paziente, ma potrà rispondere per la sua condotta qualora si siano integrati dei reati, prendendo in considerazione il concetto di malattia delineato.
A definitivo chiarimento si richiama la citata sentenza delle Sezioni Unite nella parte in cui statuisce che ove il medico âsottoponga il paziente ad un trattamento chirurgico diverso da quello in relazione al quale era stato prestato il consenso informato, e tale intervento, eseguito nel rispetto dei protocolli e delle leges artis si sia concluso con esito fausto, nel senso che dallâintervento stesso è derivato un apprezzabile miglioramento delle condizioni di salute, in riferimento, anche alle eventuali alternative ipotizzabili, e senza che vi fossero indicazioni contrarie da parte del paziente medesimo, tale condotta è priva di rilevanza penale, tanto sotto il profilo della fattispecie ex art. 582 c.p., che sotto quello del reato di violenza privata di cui allâart. 610 c.p.â
Ebbene dal ragionamento giuridico effettuato dalla Corte medesima si può concludere con assoluta certezza che non si possa procedere con una condanna di tipo penale, lasciando però lo spazio per eventuali considerazioni in ambito civile, che anche lì, andranno valutate caso per caso.
Si insiste affinchè la Corte di Appello adita voglia riforma re la sentenza impugnata e per lâeffetto assolvere il Dott. Caio ai sensi dellâart. 530 comma I c.p.p

MOTIVO II:
ECCESSIVITAâ DELLA CONDANNNA

in via subordinata nella denegata ipotesi di conferma della responsabilità del Dott. Caio, si sottolinea come nel corpo stesso della motivazione della sentenza i Giudici abbiano dato conto della regolarità e conformità ai protocolli dellâintervento chirurgico effettuato, ciò posto appare evidente come il fatto ascritto allâimputato debba essere circoscritto adeguando la pena allâeffettivo disvalore della condotta posta in essere.
Si insiste pertanto affinchè la Ecc.ma Corte di Appelo voglia accogliere il presente motivo di impugnazione, riducendo la pena comminata al prevenuto.

Beta lì,

Con ossequio
Avvââââââââââââ..

Da: fru fru17/12/2009 13:17:53
***************************ATTO PENALE [autore maricond]********************************

Ecc.ma Corte di Appello
per il tramite della cancelleria
del Tribunale di Beta

Il sottoscritto avvocato in qualità di difensore di fiducia , come da nomina in atti, di Caio con il presente atto propone appello avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Beta in dataâ.. nellâambito del procedimento nââ con la quale Caio è stato condannato per il reato di violenza privata ai danni di Nevia alla pena di ââ.. ed a sostegno espone i seguenti motivi:

MOTIVO I:
ASSOLUZIONE PERCHEâ IL FATTO NON SUSSISTE AI SENSI DELLâART. 530 COMMA I C.P.P.

Occorre preliminarmente analizzare se la condotta del Dott. Caio abbia integrato la fattispecie di reato a lui contestata. In particolare giova sottolineare come il tema di indagine si fondi non tanto sul fatto che ci fosse o meno il consenso, poiché su questo aspetto la stessa parte civile ha spiegato che venne sottoscritto antecedentemente allâintervento, ma la rilevanza di maggior spessore fondata sul fatto che il Dott. Caio dovesse, nel corso dellâintervento chirurgico, poter adempiere pienamente alle proprie funzioni sanitarie al fine di scongiurare qualsiasi pericolo di vita della Sig.ra Nevia e quindi operare anche oltre il consenso espresso.
La questione penale e giuridica in generale è piuttosto chiara e le Sezioni Unite con la nota sentenza Sentenza 18 dicembre 2008 â" 21 gennaio 2009, n. 2437 pongono un chiarimento definitivo sulla dicotomia giurisprudenziale che aveva caratterizzato gli ultimi ventâanni, ritenendo che non sia imputabile al medico la condotta di violenza privata qualora abbia agito nel rispetto dei protocolli ed al solo fine di tutelare la salute e la vita del paziente.
La questione che le Sezioni Unite affrontano riguarda, infatti, il quesito se abbia o meno rilevanza penale sotto il profilo della fattispecie della violenza privata, la condotta del medico che agisce senza avere chiesto al paziente un idoneo consenso al trattamento sanitario che lo stesso avrebbe dovuto manifestare.
Pietra miliare degli anni 90 in tema di giurisprudenza di legittimità, fu il âcaso Massimoâ in cui la Suprema Corte sottolineò come, in mancanza ed assenza di necessità ed urgenze terapeutiche, se il medico pone in essere un trattamento sanitario senza un adeguato consenso, commette reato di lesioni volontarie, (essendo irrilevanti, sia gli aspetti psichici che la finalità curativa della condotta del medico). Se, invece, dallâevento deriva la morte il medico risponde per il reato di omicidio preterintenzionale, (Cass. Sez. V 1992/5639).
Lâorientamento giurisprudenziale che aveva segnato gli anni â90, subì una inversione con la sentenza della Suprema Corte del 2001/ 35822, che recepì la tesi civilistica della cosiddetta autolegittimazione dellâattività medica, la quale rinverrebbe il proprio fondamento, non nellâart. 50 c.p., quanto nella tutela della salute come bene costituzionalmente garantito, art. 32 Cost.
Dal divieto dei trattamenti sanitari obbligatori, salvo i casi previsti dalla legge, e dal diritto alla salute, inteso come libertà di curarsi, discenderebbe la giustificazione al trattamento sanitario che va inteso in quella scelta libera e consapevole della persona che a quel trattamento si sottopone.
Ferma restando lâilliceità, anche sotto il profilo penalistico, del medico che opera contro la volontà del paziente, a prescindere dallâesito fausto o infausto del trattamento sanitario, lâipotesi sulla quale occorre soffermarsi riguarda il caso in cui, anche se in assenza di consenso espresso allo specifico trattamento praticato, il risultato dello stesso abbia prodotto un beneficio al paziente.
Prendendo in considerazione il caso del Dott. Caio, non si ritiene possa sussistere il reato di violenza privata per mancanza dellâelemento oggettivo e soggettivo della condotta.
Infatti la condotta dellâimputato fu diligentemente rivolta a curare ed a rimuovere un male al solo fine di non cagionarne un altro.
La questione, quindi, coinvolge la nozione stessa di malattia che viene definita come qualsiasi alterazione anatomica e funzionale dellâorganismo, ancorché localizzata, di lieve entità e non influente sulle condizioni organiche generali, onde lo stato di malattia perdura fino a quando è in atto il suddetto processo di alterazione.
Pertanto, in ragione di quanto sopra esposto atteso che le conseguenze dellâintervento chirurgico e di correlativi profili di responsabilità non potranno coincidere con lâatto operatorio in sé e con le lesioni che esso ânaturalisticamenteâ comporta, il Dott. Caio non può ritenersi responsabile della condotta illecita a lui ascritta, per il solo fatto di essere intervenuto chirurgicamente sulla paziente, ma potrà rispondere per la sua condotta qualora si siano integrati dei reati, prendendo in considerazione il concetto di malattia delineato.
A definitivo chiarimento si richiama la citata sentenza delle Sezioni Unite nella parte in cui statuisce che ove il medico âsottoponga il paziente ad un trattamento chirurgico diverso da quello in relazione al quale era stato prestato il consenso informato, e tale intervento, eseguito nel rispetto dei protocolli e delle leges artis si sia concluso con esito fausto, nel senso che dallâintervento stesso è derivato un apprezzabile miglioramento delle condizioni di salute, in riferimento, anche alle eventuali alternative ipotizzabili, e senza che vi fossero indicazioni contrarie da parte del paziente medesimo, tale condotta è priva di rilevanza penale, tanto sotto il profilo della fattispecie ex art. 582 c.p., che sotto quello del reato di violenza privata di cui allâart. 610 c.p.â
Ebbene dal ragionamento giuridico effettuato dalla Corte medesima si può concludere con assoluta certezza che non si possa procedere con una condanna di tipo penale, lasciando però lo spazio per eventuali considerazioni in ambito civile, che anche lì, andranno valutate caso per caso.
Si insiste affinchè la Corte di Appello adita voglia riforma re la sentenza impugnata e per lâeffetto assolvere il Dott. Caio ai sensi dellâart. 530 comma I c.p.p

MOTIVO II:
ECCESSIVITAâ DELLA CONDANNNA

in via subordinata nella denegata ipotesi di conferma della responsabilità del Dott. Caio, si sottolinea come nel corpo stesso della motivazione della sentenza i Giudici abbiano dato conto della regolarità e conformità ai protocolli dellâintervento chirurgico effettuato, ciò posto appare evidente come il fatto ascritto allâimputato debba essere circoscritto adeguando la pena allâeffettivo disvalore della condotta posta in essere.
Si insiste pertanto affinchè la Ecc.ma Corte di Appelo voglia accogliere il presente motivo di impugnazione, riducendo la pena comminata al prevenuto.

Beta lì,

Con ossequio
Avvââââââââââââ..

Da: rosy17/12/2009 13:20:12
scusate raga il civile

grazie mitici

Da: oi17/12/2009 13:20:38
civile vi pregoooo. graziee

Da: neoavvocato barese17/12/2009 13:20:54
Attenzione!!! La relata è un atto dell'Ufficiale Giudiziario non dell'avvocato!!! chiedete in giro e comportatevi di conseguenza, se la commissione dice di metterla mettetela, ma, ripeto, non è un atto dell'avvocato anche se, chi ha fatto pratica sa, nella prassi la redige l'avv.

Da: neoavvocatobresciano17/12/2009 13:22:42
posso capire gli aiuti .... ma postare un atto già fatto è di una gravità inaudita..... io non lo farò ma se qualcuno segnalasse il fatto alla polizia postale ...? non avete paura?????????????????????????????????????????????????

Da: lupo17/12/2009 13:23:18
per l'atto di civile, chi è l'autorità competente?

Da: DTM17/12/2009 13:24:42
neoavvocatobresciano.......ma non biri mi ta fai 'nto culu....??????

Da: neoavvocato barese17/12/2009 13:27:28
Neoavvocatobresciano sono daccordo con te!! Ecco perchè non posterei mai l'atto... anche perchè non è possibile non saper redigere un atto di citazione così semplice, chi non lo sa fare merita di essere bocciato senza pietà

Da: indice atti17/12/2009 13:27:53
pag 918 atto penale mari85
pag 918 atto penale frufru

Da: AMMINISTRATIVO17/12/2009 13:29:35
PER FAVORE, NON VI CHIEDO DI SVOLGERE L'ATTO DI AMMINISTRATIVO, MA ALMENO DITEMI QUALI SONO I MOTIVI DELLA DIFESA

Da: ciao17/12/2009 13:30:36
qualcuno mi potrebbe dare l'atto di civile  vi prego è la sesta volta che faccio quest'esame.

Da: jhonny17/12/2009 13:31:13
chi viene a pranzo dopo l'esame

Da: severino boezio "quello vero"17/12/2009 13:31:28
carissima eva, colui il quale ha postato la coglionata della relata di notificazione non sono io, ma qualche buontempone che ha usurpato il mio nick - name. la relata è un atto delll'UNEP, ma nella prassi viene redatta dal legale istante.

p.s. per il buontempone usurpatore domamda: chi era severino boezio 1) un filosofo bizantino ; 2) un giurista romano; 3) un ignorante di diritto come te?

p.s. per eva , evita epiteti ingiuriosi altrimenti Ti aggancio l'IP e sporgo querela!!!!!!!!!!!!

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