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RETRIBUZIONE DIRIGENTI PUBBLICI
48 messaggi, letto 4443 volte
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Da: bisogna discutere23/03/2013 08:56:16
delle criticità per superarle.
Riguardano tutte le aree, nessuna esclusa.
Entrata da poco nella pa, resto abbastanza sconvolta da certe dinamiche. Sono un funzionario ed in ogni caso non invidio i dirigenti, nonostante la loro più alta retribuzione.
Psicologia delle organizzazioni....sarebbe molto utile a qualunque area. Solo così si capirebbe qualcosa dei rapporti tra le diverse aree.
:-) Visto che la contrattazione è ferma alla preistoria ...

Da: minkiopolis23/03/2013 10:51:16
retribuzione esagerata.

Da: VOMITO23/03/2013 19:15:12
Vista dall'interno la PA provoca conati di vomito.
Comincio a pensare che tutti i fannulloni che ho conosciuto FACEVANO BENISSIMO a fare i fannulloni...

Da: bung bung23/03/2013 19:18:40
assolutamente esagerata.

Da: serra san bosco24/03/2013 12:41:45
assolutamente esagerata, abominevolmente enorme.

Da: per25/03/2013 14:31:39
retribuzione dirigenti 23/03/2013 8.21.08

_______________________________

Alla faccia della trasaprenza!
Meglio che la polvere rimanga sotto al tappeto; non denunciamo, cosìcchè i parassiti che allignano in detta polvere possano ingrassare non solo pasciuti e raccomandati ma anche indisturbati dai rumors della trasparenza "internautica".

Tanto Brunetta docet: facciamo in modo che "trasparenza" voglia dire solo gettare fumo negli occhi dei cittadini (magari con una valanga inutile di nomi e cognomi e dati angarafici...) per "distrarre" dalla sostanza, dalle corruttele e dall'uso privatistico delle risorse pubbliche !!!!!!

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Da: x "troppo alta"25/03/2013 14:47:23
..contornarsi di una buona squadra ?

Forse il buon dirigente-pubblico è colui che sa gestire ed organizzare tutte le risorse a sua disposizione, comprese le risorse umane, senza pretendere di fare dell'ufficio ciò che sarebbe autorizzato a fare se stesse gestendo un'impresa propria!

Forse i dirigenti che si "conrtornano" di qualcuno" non si contornano certo di una buona squadra in senso "scietnifico" che consenta di raggiungere gli obiettivi, quanto piuttosto di una squadra di lacchè che gli consentano di far carriera-facile a dispetto delle professionalità di chichessìa e gli consentano di badare bene ai fatti propri su suolo  pubblico  a dispetto dell'esigenze della pubblica amministrazione.

Da: per x  troppo alta25/03/2013 14:57:25
E' vero, però questa dinamica riguarda credo di più gli alti livelli direttivi, quelli che scelgono dirigenti di livello inferiore e li posizionano, magari senza concorso come notavamo più sopra, più che i piccoli dirigenti stessi, che non credo scelgano la squadra, almeno credo,

Da: badare bene ai fatti propri..25/03/2013 15:08:02
Tradizionalmente si mettono determinate persone in determianti posti... meno capiscono e meglio è... più sono manovrabili e meglio è... dote necessaria (e spesso anche sufficiente) è che sappiano dire sempre si e non abbiano mal di schiena a stare sempre piegati.
Ma questo non solo in Italia... i film e telefilm che vediamo in tv ci raccontano le stesse dinamiche di altri paesi avanzati e non.

Da: --mah..25/03/2013 15:18:29
Ogni punto di vista ha la sua validità, anche quello, credo, di designare comunque le persone più inclini per certi ruoli, o le prsone che abbiano esperienza ecc.

Mi incuriosisce la "psicologia delle organizzazioni"? C'è un libro in proposito?

Da: multilinks25/03/2013 18:04:01
se la ridimensionassero, adeguandola alle effettive capacità, non sarebbe male.
effettivamente è un tanto esagerata come retribuzione.
nemmeno fossero tutti geni e novelli o vecchi einstein.
ma forse è ciò che vuole il popolo italico.

Da: print25/03/2013 18:38:01
Non le regalerebbero a chi vogliono loro, determinate poltrone sottratte alla competizione concorsuale, se non fossero lautamente retribuite. Al contrario: ci metterebbero i capaci  e i meritevoli, a lavorare per la collettività .... e a guadagnare pochissimo.

Da: multilinks25/03/2013 18:49:30
ma allora è destino che gli intelligenti siano sempre sfruttati dai furbastri?
che sgomento e che schifo.
u nonnu bene diciva: a vita esti na stortia.

Da: X chiunque può25/03/2013 21:36:11
fate sapere ai 5stelle che ben nascosta nella pubblica amministrazione c'è la casta dirigenziale...una casta ad vitam ben più privilegiata di quella politica che bene o male un "concorso" elettorale ogni cinque anni deve pur farlo.

Da: ---libri26/03/2013 10:47:47
ad es."La psicologia delle organizzazioni" di Argentero-Cortese-Piccardo,

Da: italialavoro26/03/2013 13:42:59
una società del min delle finanze, ha 400 dipendenti e ben "740" contrattualizzati tra consulenti e dirigenti, per i quali spende 30 milioni di euro all'anno,tutti senza concorso e tutti COOPTATI per "meriti" familistici-ereditari- favoritismi-ecc !!!!!!!!
Questo succede in epoca di cosiddetta Spendig Review !!! E in un contesto, quello italiano, di "scarsa mobilità sociale".. che forse se fossero fatti i concorsi non sarebbe così tanto scarsa !
O no?

Da: CUD26/03/2013 19:19:17
Arrivati i CUD in questi giorni...
I CUD dei funzionari sono LEGGERMENTE SUPERIORI a quelli degli uscieri..
Quelli dei dirigenti invece...

Da: CONCORSO PUBBLICO per avere merito e INDIPENDENZA10/09/2013 10:23:40
Merito e classe dirigente nella pubblica amministrazione:
selezione per concorso pubblico o cooptazione per nomina fiduciaria?
                                     -----------------

La classe dirigente della pubblica amministrazione vira in maniera quasi ostentata verso le nomine dirette, cosiddette fiduciarie, senza far passare determinati soggetti  per la difficile e stretta cruna del concorso pubblico con la giustificazione di superare in questo modo le carenze in velocità e in efficienza della burocrazia. Il fenomeno è completamente strutturato e consolidato nelle innumerevoli SpA a partecipazione pubblica tanto a livello centrale quanto a livello delle numerose partecipate degli enti locali: tutte ormai designano dirigenti e collaboratori solo senza concorso nominando ovviamente rampolli e raccomandati sempre della stessa risma.

La disamina di quali siano i motivi dell'idiosincrasia verso il metodo selettivo del concorso pubblico e la verifica  se davvero questa idiosincrasia porti a maggiore efficienza o addirittura assicuri maggiore merito nella pubblica amministrazione e nelle aziende partecipate porterebbe a constatare che le nomine a chiamata diretta by-passando il concorso pubblico hanno già  ampiamente dimostrato di non essere, in un paese come l'Italia, lo strumento idoneo per attivare un processo virtuoso né per  l'evoluzione dei burocrati a manager né per l'evoluzione in senso meritocratico (o meritofìlico) del lavoro nelle pubbliche amministrazioni. Il concorso pubblico, quando non è pilotato o mistificato, è lo strumento fondamentale ed affidabile per selezionare i migliori e più preparati dipendenti di tutti i livelli, compresi i dirigenti. Il concorso pubblico è  strumento selettivo e certificativo, che assicura il reclutamento dei più preparati, e, al contempo, democratico, connotazione, questa, indispensabile per garantire l'uguaglianza nelle posizioni di partenza, prodròmo a sua volta della mobilità sociale e quindi della crescita e dell'evoluzione di una società nella sua interezza.

Le peculiarità del concorso pubblico:

1) risponde ad una logica di gara democratica aperta  a tutti coloro che posseggono determinati titoli e requisiti,  e di  fare ricognizione di quanta maggiore preparazione c'è tra coloro che vi partecipano  e che sono tenuti a ristudiare importanti materie di cui sono già a conoscenza; quella dello studio è un' importantissima fase visto che non si può prescindere dai saperi generali  oltre che specialistici; più grande è il bacino di utenza a cui sono aperte le selezioni, maggiore è la quantità e migliore è la qualità delle competenze meritevoli tra cui attingere;

2) consente di superare l'odioso meccanismo clientelare-nepotista per il quale il requisito principale è "chi" si conosce prima ancora che "cosa" si conosce, per cui è ovvio che a prescindere dalla specializzazione e dalla competenza ad essere determinante è la conoscenza del potente in grado di assumere a chiamata diretta;  non risolve la questione l'affermazione secondo la quale nessuno designerà un non bravo in quanto poi ne pagherebbe anche lui le conseguenze, poiché  la vera questione è la validità nonché l'equità dell'esercizio di un potere pubblico ai fini di dare incarichi dirigenziali senza selezione obiettiva, generalizzata, resa conoscibile all'intera collettività, consegnata alla potenziale fruibilità da parte di chiunque nella collettività possa essere interessato laddove dotato dei requisiti opportuni;

3) consente maggiore rispetto del principio di indipendenza e altresì di superare il conflitto tra competenza e indipendenza al contrario delle nomine poichè "io nominato a chiamata diretta" sarò pure competente ma ciò che dovrò fare meglio sarà sempre e comunque servire il potente che mi ha scelto (utilizzando peraltro risorse non mie ma pubbliche!) e compiacere lui ed altri potenti di contorno per ottenere la riconferma del contratto e/o essere dirottato a migliori poltrone; questo appare ancora più evidente qualora i nominati a contratto di fiducia siano soggetti del tutto esterni all'amministrazione, in quanto non hanno mai superato alcun concorso che li veda inseriti in un ruolo del personale;

4) il concorso pubblico sottopone gli aspiranti civil servants  a dei  parametri qualitativi ben precisi, richiedendo oltre che l'expertise e la preparazione in  materie  specialistiche e tecniche per il ruolo specifico, anche conoscenze di base molto generali ma imprescindibili per i lavoratori della PA (si pensi ad esempio al diritto ammnistrativo o alla contabilità pubblica nei ministeri);

5) il concorso pubblico impedisce il "carrierismo vampiresco", in base al quale una volta cominciato con un incarico dirigenziale "da manager non burocratico senza concorso", il primo ruolo ricoperto costituisce trampolino di lancio da una poltrona all'altra senza sosta e con il (mal)costume tutto italico secondo cui detronizzato da un posto non si può cadere nel vuoto, anche se non si fosse affatto meritevoli, ma bisogna, per diritto quesito e legittima spettanza, avere un'altra poltrona, più remunerativa della precedente, quindi più onerosa per la collettività, e così via come perennemente adagiati su una rete di salvezza che oscilla di nomina in nomina sempre sotto l'ombrello "pubblico",  inevitabilmente prescindendo dai reali risultati conseguiti e dalla valutazione dei benefici apportati alla collettività; si fa collezione di nomine importanti per cui il curriculum è sempre più ricco e diventa l'elemento, autoreferenziale, di pretese sempre maggiori: si ha diritto a maggiori compensi e più prestigiose poltrone non perché si abbia raggiunto dei risultati  o si abbia risanato un settore in sofferenza, bensì perché si ha  il cosiddetto "curriculum di tutto rispetto". La designazione di dirigenti attraverso concorsi pubblici e pubbliche selezioni può invece favorire un carrierismo che potremmo definire "di servizio", ovviamente alla collettività e non a sé stessi o ai detentori del potere.

Infine potremmo aggiungere anche che il concorso pubblico impedisce l'atteggiamento di SUDDITANZA interessata da parte dei lavoratori dipendenti una parte dei quali sono portati a rifarsi al principio "chi ha ottenuto senza concorso il contratto per sé lo potrà ottenere anche per i suoi lacchè": dunque ci si comporta in maniera professionale e seria con dirigenti assunti per concorso ma in maniera assolutamente poco elegante con i cooptati di cui si cerca in tutti i modi di assicurarsi la benevolenza per convincerli a intercedere a favore di propri congiunti  che naturalmente  sperano a loro volta nelle scorciatoie dei favoritismi senza dover affrontare la via tortuosa, difficile e meritocratica del concorso.

Sono dunque davvero in compliance con la ricerca del merito nella pubblica amministrazione la facoltà e l'abitudine di calare dall'alto i dirigenti? Quali sono i parametri certificativi? Ovviamente non esistono: il conferimento dell'incarico è completamente lasciato alla discrezionalità di chi è nella posizione di stabilire che è impossibile reperire determinate speciali professionalità all'interno della dirigenza di ruolo. Si dovrebbe quindi quantomeno studiare e approntare uno strumento che affianchi il concorso (e, in determinati casi, lo alterni, qualora ad esempio, non si possa procedere nell'immediato ad effettuare un concorso e solo fino al successivo tempestivo concorso pubblico e solo se non esiste già una graduatoria di vincitori di precedenti concorsi in attesa e solo se non esistono dirigenti assunti e regolarmente stipendiati ma lasciati a spasso perché le poltrone sono occupate dai "fiduciari") ricalcandone l'ufficialità e stabilendo a priori parametri e criteri a cui attenersi scrupolosamente nel procedere alla cernita tra vari curriculum, che dovrebbero quindi essere pubblici e conoscibili a priori da tutti i cittadini, tenuti  in  uno speciale elenco che risponda a criteri obiettivi ben precisi e preventivi, ai fini di scegliere e nominare qualcuno. Si avrebbe così una sorta di programma di employee referral sulla base di piani di reclutamento trasparenti, accessibili, pubblici, accuratamente definiti.

In realtà è vero esattamente il contrario: di molti dirigenti nominati dall'alto non esiste un curriculum antecedente la nomina, pubblico ed ufficiale e "certificato" in riferimento a parametri prestabiliti. Spesso esistono in giro per il web auto-dichiarazioni di expertise. Nulla di ufficialmente affidabile come invece lo è un concorso pubblico,  che sia ovviamente  condotto e svolto in modo serio e  non edulcorato da corrotti e corruttori. Si assiste a casi di dirigenti  a chiamata diretta di cui nessuno conosce  il curriculum, né prima della nomina e spesso per lungo tempo non è possibile visionarlo neanche dopo la nomina, nonostante le sezioni dedicate dei siti istituzionali. Inoltre  un curriculum è comunque frutto di auto-determinazione e quindi con valore meramente conoscitivo e non  certificativo, non può essere  tale da sostituire il concorso. E' come se ai potenti di turno, concedendogli il potere di nominare chi essi desiderano, gli venga risparmiata la fatica di "truccare" lo svolgimento di un concorso. Così, è ovvio, la pubblica amministrazione risparmia preziose risorse finanziarie (!).

L'importanza del concorso pubblico, pur non dovendosi esso ritenere metodo di recruiting infallibile e pur non dovendo essere sigillo di non valutabilità continua o di ideologica non licenziabilità degli assunti,  appare ancora più evidente laddove si consideri che determinati soggetti, del tutto esterni alla pubblica amministrazione a cui viene conferito l'incarico dirigenziale senza che  ne abbiano la qualifica formale, nel partecipare a concorsi, anche per normali funzionari-impiegati, si arenano, peraltro in modo particolarmente pietoso, persino già alla prova preselettiva. Ciò favorisce un meccanismo distorsivo in base al quale i "nominati"  sono indotti  a privilegiare  a loro volta contratti a chiamata diretta a discapito delle selezioni concorsuali, che ovviamente temono in prima persona, come a voler rendere customizzato il sistema delle nomine a tutti i livelli. Questa sembrerebbe la vera causa dell'idiosincrasia per i concorsi pubblici, dunque.

Sembra ovvio che le cooptazioni  a chiamata diretta - come ad esempio quelle "art. 19 comma 6" di  cui al DLgs 165/2001- non garantiscono nessun parametro obiettivo, il potente di turno stabilisce che io sono competente sulla base del suo potere e del suo desiderio di favorirmi, magari costituisce un ufficio ad hoc modellato sul mio profilo professionale e sul mio titolo di studio, con assoluta salvaguardia della relativa poltrona a dispetto di qualsiasi esigenza di austerity e politica di spending review. E' come se l'oste  stabilisse da solo che il vino non è annacquato promuovendolo come in assoluto il più degno di un posto in prima fila sottraendosi ad un sistema di verifica preventivo, di analisi e test certificativi del prodotto prima che si possa essere in condizioni obiettive per decidere di comprarlo.
Fuor di metafora, prima che la collettività, che tutta pagherà materialmente lo stipendio ai nominati da parte di pochi detentori di "potere assunzionale", possa capire e sapere chi è colui a cui viene conferito l'incarico : "compralo e basta perché io, avendo il potere di farlo, stabilisco così, sulla base della possibilità offertami dalle specifiche previsioni normative ad hoc,  se poi è un buon prodotto o non lo è ... lo vedrai sul campo, in ogni caso dopo averlo lautamente pagato".  A spese dei contribuenti,  a detrimento di una vera e piena logica di merito e di selezione, a corroboro dei soliti nepotismo, clientelismo, conoscenze, favoritismo e privilegio.

Una diffusa obiezione è che le chiamate dirette consentono di dare flessibilità e accrescere l'efficienza delle amministrazioni pubbliche. In realtà la vera ed unica efficienza della macchina pubblica, e in generale il cost efficiency, sta nell' "assenza di sprechi". Dare contratti e poltrone agli amici dei potenti esterni al ruolo dei dirigenti già non sembra essere "merito" ma di sicuro non è assenza o riduzione di sprechi.

Allo stesso modo non può darsi valore sostanziale e decisivo al fatto che  poi il nominato sul campo si possa  rivelare anche competente "con capacità organizzative e decisionali": non è questo il punto.  Merito vuol certamente dire competenza, ma vuol dire anche competizione: non si può certo dire che si attivi la competizione  tra tutti coloro che sono bravi in tutti gli strati della società se si usa lo strumento della chiamata diretta per  obbligo di casta o per amicizia o spirito  familistico o altri spiriti a cui è superfluo ma purtroppo pertinente fare riferimento, da parte dei detentori del potere a favore di chi essi conoscono per vie dirette  o per fortuita vicinanza fisica e geografica. Al contrario questo costituisce  un sistema basato sulle prerogative ereditarie con inconfondibili risvolti clientelari e innegabili derive classiste. Insomma in ogni caso, e ciò vale ancor di più in un Paese come l'Italia, bisognerebbe ricordare meglio e più spesso che il concetto di merito è vero e pieno solo se non si prescinde dall'assicurare, a partire dal metodo di selezione,  l'«uguaglianza nelle posizioni di partenza». Questo permette di avere un bacino di competenze molto ampio da cui attingere i meritevoli attraverso  la selezione concorsuale, e non il bacino ristrettissimo della chiamata diretta. L'ampiezza del bacino di competenti tra cui selezionare è condicio sine qua non per attivare la mobilità sociale, strettamente connessa alle logiche di meritofilìa, cioé riconoscimento delle capacità acquisite con sacrificio, disciplina, etica dello studio e dell' apprendimento, etica del lavoro e della conquista, etica della responsabilità e della competizione leale, e palesemente lontana dalla pratica delle cooptazioni per nomina. E' questo che non mancherà di assicurare alla Pubblica Amministrazione la migliore selezione di lavoratori e di manager, selezione vera, avulsa dall' imprinting personalistico e relazionale, cioè delle "conoscenze fortunate",  o dall'uso privatistico dei pubblici poteri e delle risorse della collettività.
    
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