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CHIEDIAMO ALL'EUROPA DI INTERVENIRE SULLE LIBERALIZZAZIONI DELLE PROFESSIONI
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Da: GIULIA | 15/07/2011 09:02:02 |
ANZICHè CRITICARCI FRA DI NOI INVIAMO QUESTA CAZZO DI E-MAIL ALLE ISTITUZIONI EUROPEE DENUNCIAMO LA SITUAZIONE DI SCHIAVITù ALLA QUALE SIAMO SOTTOPOSTI | |
Da: GIULIA | 15/07/2011 09:52:10 |
La Commissione europea chiede l'abolizione delle restrizioni ingiustificate della concorrenza Mer, 07/12/2005 - 16:15 da odg Servizi professionali. La Commissione europea chiede l'abolizione delle restrizioni ingiustificate della concorrenza Bruxelles, 9 febbraio 2004. La Commissione europea chiede agli Stati membri, ai liberi professionisti e agli ordini professionali di riformare o eliminare la fissazione dei prezzi e le altre restrizioni che impediscono la concorrenza, in particolare per categorie professionali quali gli avvocati e gli architetti, ad eccezione di quando esse siano chiaramente giustificate da motivi di interesse pubblico. Il commissario Mario Monti ha dichiarato: "Il settore dei servizi è il principale motore di crescita dell'Unione europea e i servizi professionali forniscono un importante contributo a tale settore. L'alleggerimento della regolamentazione permetterebbe di offrire servizi più competitivi alle imprese e ai consumatori e quindi contribuirebbe a far crescere la competitività dell'Europa in linea con l'agenda di Lisbona". In una relazione sulla concorrenza nei servizi professionali adottata oggi la Commissione ha concluso che per la maggior parte delle restrizioni è opportuno intervenire a livello nazionale poiché la loro portata è per lo più nazionale. Tale approccio è anche in linea con l'applicazione decentrata delle regole di concorrenza prevista a partire dal 1° maggio. Attraverso la rete europea della concorrenza la Commissione vigilerà sul lavoro delle autorità nazionali garanti della concorrenza ma continuerà ad intervenire per le violazioni che non possono essere trattate a livello nazionale. Attraverso vaste ricerche sulla situazione della concorrenza nelle professioni degli avvocati, notai, contabili, architetti, ingegneri e farmacisti (1) la Commissione europea è giunta alla conclusione che l'esistenza di restrizioni dei prezzi e della pubblicità e di limitazioni di altro genere impedisce che l'economia e i consumatori in particolare beneficino dei vantaggi della concorrenza. Dato che tali restrizioni hanno soprattutto portata nazionale, la relazione adottata oggi dalla Commissione (2) chiede ai governi nazionali, alle autorità di concorrenza e alle stesse organizzazioni professionali di sottoporre a riforma tali restrizioni o di eliminarle se non sono debitamente giustificate. Tale approccio è in linea con l'entrata in vigore, prevista per il mese di maggio, di nuove regole che decentralizzano l'applicazione delle norme antitrust dell'UE, attribuendo alle autorità nazionali garanti della concorrenza e agli organi giurisdizionali nazionali un ruolo più importante nella valutazione delle norme e delle regole delle professioni (regolamento n. 1/2003 concernente l'applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato). La Commissione continuerà a svolgere un ruolo essenziale del nuovo sistema garantendo l'applicazione coerente della normativa di concorrenza nella rete europea della concorrenza e svolgendo quando necessario le proprie indagini su scala più ampia. I servizi costituiscono il principale motore di crescita dell'UE e rappresentano il 54% del PIL e il 67% dell'occupazione, secondo dati forniti da Eurostat. Le libere professioni svolgono un ruolo importante in tale settore e il permanere di restrizioni rallenta la produttività e la crescita(3). Le restrizioni sono ancora numerose Da un accurato esame svolto dalla Commissione lo scorso anno è emerso che le restrizioni sono ancora numerose e spesso non hanno giustificazioni oggettive. In Italia e Germania continuano ad esistere prezzi minimi per le attività di architetti, ingegneri e avvocati, accompagnati in alcuni casi da prezzi massimi. L'esperienza dei paesi che hanno eliminato la regolamentazione dei prezzi, la Francia per quanto riguarda i servizi legali e il Regno Unito per i servizi di registrazione dei passaggi di proprietà e per i servizi offerti dagli architetti, ha dimostrato che il controllo dei prezzi non è uno strumento essenziale per garantire standard qualitativi elevati. Alcuni paesi inoltre continuano a proibire ai liberi professionisti di pubblicizzare i loro servizi cosicché per i consumatori la ricerca della qualità e dei prezzi più adatti alle loro esigenze diventa più difficile e più costosa. È il caso dei revisori dei conti (Francia, Lussemburgo Spagna e Portogallo) o dei notai (Francia, Italia, Spagna e Grecia). Queste ed altre professioni sono anche soggette a notevoli limitazioni per quanto riguarda la pubblicità in altri paesi. Altre restrizioni meno visibili riguardano l'accesso alle professioni stesse e si presentano sotto forma di regolamentazioni eccessive per quanto riguarda le licenze o di limitazioni basate su criteri demografici e geografici imposte ad esempio per i farmacisti e i notai in alcuni paesi. Alcuni rappresentanti delle professioni sostengono talvolta che la regolamentazione restrittiva protegge i consumatori. La Commissione teme che il solo effetto sia di proteggere le professioni stesse da una salutare concorrenza e intende studiare insieme alle associazioni di consumatori quali siano le maniere alternative per aiutare i consumatori a trovare i servizi che desiderano e a valutarne la qualità . La Commissione riconosce che una regolamentazione può essere necessaria, ad esempio per impedire la pubblicità ingannevole, la costruzione di edifici di cattiva qualità o una revisione contabile non accurata. Le restrizioni, tuttavia, devono essere esaminate con molta attenzione per valutare se un obiettivo legittimo di interesse pubblico non possa essere conseguito con mezzi meno restrittivi della concorrenza. La discussione è aperta L'esercizio avviato dalla Commissione nel gennaio 2003 con la pubblicazione di uno studio commissionato all'Istituto per gli studi superiori di Vienna ha già avviato un dibattito in Germania ed Italia. Le autorità garanti della concorrenza di Danimarca, Irlanda, Paesi Bassi, Finlandia e Regno Unito hanno inoltre già adottato o stanno adottando un programma generale di azione per riformare il settore. Quasi tutte le autorità garanti della concorrenza hanno ricevuto notificazioni o denunce. La giurisprudenza recente della Corte di giustizia europea ha inoltre fornito un orientamento per quanto riguarda la compatibilità di alcune pratiche con le regole di concorrenza europee. In particolare in una causa che vedeva l'autorità italiana garante della concorrenza opposta al consorzio italiano di imprese produttrici di fiammiferi la Corte europea ha stabilito che le autorità di concorrenza nazionali hanno l'obbligo di porre termine a una condotta contraria alla concorrenza anche se tale condotta è prescritta o facilitata da misure o leggi dello Stato. La Commissione presenterà una relazione nel 2005 sui progressi conseguiti nell'eliminazione di regole restrittive e ingiustificate nelle libere professioni. Nel frattempo essa continuerà a svolgere un ruolo attivo(4) opponendosi a tali restrizioni quando sarà necessario, verificando le opinioni dei liberi professionisti e dei consumatori, collaborando con le autorità nazionali ed estendendo la sua attività di promozione della concorrenza e di accertamento dei fatti ai 10 nuovi Stati membri. (1) Fino ad ora sono state esaminate solo queste professioni ed è stata esclusa la professione medica. (2) Si veda il testo integrale della relazione allindirizzo. HYPERLINK "http://europa.eu.int/comm/competition/antitrust/legislation/#liberal" http://europa.eu.int/comm/competition/antitrust/legislation/#liberal (3) Lautorità garante della concorrenza italiana ha calcolato che in Italia mediamente il 6% delle spese delle imprese esportatrici sia imputabile ai servizi professionali. (4) La Commissione ha adottato tre decisioni i cui principi di fondo sono stati confermati dagli organi giurisdizionali europei. Le decisioni riguardavano le tariffe degli spedizionieri doganali in Italia, le tariffe dei consulenti in materia di brevetti in Spagna e il codice di condotta dei consulenti in materia di brevetti dellUfficio europeo dei brevetti. Nel novembre 2003 la Commissione ha inoltre informato l'associazione belga degli architetti di avere concluso in via preliminare che il tariffario minimo raccomandato dall'associazione costituiva una violazione dell'articolo 81 del trattato per la quale poteva essere imposta un'ammenda. Approfondimento All'interno della Relazione sulla concorrenza, al capitolo 4, adottato dalla Commissione europea, vengono esaminate cinque categorie principali di restrizioni riguardanti i servizi professionali. Il MNLF richiama l'attenzione sul IV capitolo riguardanti i requisiti di accesso e i diritti esclusivi. Questo il testo 4.4 RESTRIZIONI ALL'ACCESSO ALLA PROFESSIONE E ATTIVITA' RISERVATE 48. L'accesso alle professioni è soggetto a restrizioni qualitative nella maggior parte degli stati membri. Tali restrizioni possono consistere in periodi minimi di formazione, esami professionali e periodi minimi di esperienza professionale. In molti casi le restrizioni di accesso vanno di pari passo con i diritti esclusivi di prestazioni di taluni servizi. In taluni stati membri farmacisti e notai sono persino soggetti a restrizioni di accesso quantitativi basate su criteri demografici e geografici. 49. Le restrizioni di accesso qualitative, abbinate ai diritti esclusivi, garantiscono che solo i professionisti dotati di qualifiche e competenze appropriate possano svolgere talune attività . Esse contribuiscono pertanto in maniera significativa ad assicurare la qualità dei servizi professionali. 50. Tuttavia è probabile che una regolamentazione eccessiva in materia di autorizzazione all'esercizio della professione riduca il numero di prestatori di servizi, con conseguenze negative per la concorrenza e la qualità dei servizi. Studi empirici hanno indicato che in alcuni casi restrizioni eccessive in materia di autorizzazione hanno determinato un aumento dei prezzi senza garantire una migliore qualità . In una relazione del 1990, per esempio, la Federal trade commission Usa (Ftc) ha esaminato una serie di studi empirici sulle restrizioni di autorizzazione. In esito a tale esame la Ftc ha rilevato che per quanto alcuni studi indicassero che le restrizioni all'esercizio della professione hanno comportato un miglioramento della qualità , nella maggior parte degli studi risulta che la qualità non è influenzata dalle restrizioni in materia di autorizzazione o di esercizio professionale connesse all'autorizzazione. In talune circostanze le restrizioni di autorizzazione hanno addirittura esercitato un effetto negativo sulla qualità . 51. per contro, in alcuni paesi l'ammorbidimento delle restrizioni in talune professioni ha determinato una riduzione dei prezzi, senza detrimento apparente per la qualità . In Australia, per esempio, la soppressione dei diritti esclusivi degli avvocati di fornire servizi di trasferimento della proprietà e del monopolio della rappresentanza in giudizio per i barrister ha contribuito a una diminuzione dei costi legali complessivi pari al 12%. Anche nel Regno Unito la riduzione dei diritti esclusivi di fornire servizi di trasferimento della proprietà negli anni 80 ha prodotto un calo dei prezzi. Nei Paesi Bassi l'abolizione delle restrizioni di accesso per gli agenti immobiliari alla fine degli anni 90 ha provocato un aumento degli accessi alla professione, una riduzione dei costi per le operazioni immobiliari e maggiore flessibilità nella prestazione dei servizi. 52. Queste esperienze suggeriscono che in taluni casi le regolamentazioni in materia di autorizzazione sono eccessivamente restrittive e che i consumatori potrebbero trarre beneficio da un allentamento delle regole esistenti. 53. In primo luogo potrebbero esistere margini per ridurre i requisiti di accesso quando appaiono sproporzionati rispetto alla complessità delle funzioni professionali. 54. In secondo luogo, potrebbe esservi spazio per restringere le attività esclusive di una professione. In talune circostanze professioni altamente qualificate, oltre a svolgere le loro attività di base, detengono diritti esclusivi di prestare altri servizi meno complessi. In alcuni stati membri, per esempio, avvocati o notai hanno il diritto esclusivo di fornire servizi di trasferimento della proprietà e di autenticazione nonché il diritto esclusivo di prestare consulenza giuridica. In tali casi un gruppo più ampio di prestatori di servizi potrebbe essere in grado di eseguire i compiti meno complessi. 55. In terzo luogo potrebbero esservi margini per sopprimere i diritti esclusivi nei casi in cui vi siano meccanismi meno restrittivi per garantire la qualità . In alcuni mercati si potrebbero per esempio garantire la qualità anche attraverso la certificazione o controlli di qualità indipendenti. In tali mercati i consumatori sarebbero liberi di scegliere se desiderano utilizzare un prestatore di servizi qualificato o certificato. 56. Le restrizioni quantitative in materia di accesso riducono il numero di prestatori di servizi e pertanto la scelta dei consumatori. Inoltre in taluni casi le restrizioni quantitative possono creare monopoli locali. 57. E' stato argomentato che le restrizioni quantitative basate su criteri demografici sono necessari per salvaguardare l'accesso a servizi importanti. In primo luogo si è suggerito che le restrizioni quantitative aumentano la redditività proteggendo la resa dei punti vendita in aree scarsamente popolate. In secondo luogo si è sostenuto che le restrizioni quantitative arrestano la redistribuzione dei servizi verso le aree scarsamente popolate (per esempio, nel caso di farmacisti e notai). 58. Dati gli effetti potenzialmente negativi si dovrebbe tuttavia esaminare se vi siano mezzi meno restrittivi e più trasparenti (per esempio, compensazioni per servizio pubblico) per garantire la prestazione di tali servizi in aree scarsamente popolate. In ogni caso le restrizioni quantitative di accesso non sembrano giustificate per aree che non sono scarsamente popolate e dove pertanto non vi è il pericolo di offerta insufficiente di prestazioni ------------------ IL MERCATO EUROPEO DELLE PROFESSIONI Articolo pubblicato sul GDC di giugno 2005 e da Knos del 7.12.2005 Il Parlamento europeo ha finalmente approvato il nuovo testo della direttiva sul riconoscimento delle qualifiche professionali in tutta l'Unione europea. La direttiva detta le regole per "la libera prestazione di servizi e la libertà di stabilimento" di tutti i professionisti europei attuando una sorta di riconoscimento automatico delle professioni in tutta l'Ue, riducendo la burocrazia e prevedendo procedure più snelle che consentono ai professionisti degli Stati membri di circolare liberamente in tutto il territorio comunitario. Gli Stati membri, qualora lo ritengano opportuno, potranno comunque richiedere al professionista ospite requisiti specifici sulla base della legislazione nazionale, rendendo, quindi, impossibile il riconoscimento di professioni che non sono in linea con le regole Ue e con le norme del paese nel quale si vuole avere accesso. Nessun vincolo per le associazioni che, al pari degli Ordini e Collegi, potranno essere riconosciute come autorità competenti in materia dallo Stato membro. A questo punto dovremo attendere la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e poi scatterà il periodo transitorio di due anni entro i quali gli Stati membri dovranno adeguare la propria legislazione. E qui iniziano le dolenti note!! Per quanto attiene il mondo accademico la direttiva prevede cinque livelli di qualifiche normative alle quali devono corrispondere altrettante competenze professionali. Saranno, di conseguenza, riconosciute automaticamente dallo stato ospitante tutte quelle professioni che presentano lo stesso livello di qualificazione, mentre, in caso di differenze sostanziali, lo Stato ospitante potrà chiedere un'integrazione dei titoli o chiedere al professionista di frequentare un tirocinio. Il problema è che non tutte le lauree triennali e quinquennali istituite in Italia sono conformi al modello europeo, secondo il quale ad un titolo di studio deve, di riflesso, corrispondere automaticamente una qualifica professionale. C'è da chiedersi cosa ne sarà delle migliaia di lauree triennali italiane. Per quanto attiene il mondo delle professioni occorre sottolineare che in Italia non c'è alcun riconoscimento delle associazioni, a differenza di quanto accade in gran parte degli altri Stati membri. Occorre forse operare un distinguo terminologico: le associazioni di cui parla la Direttiva assomigliano in tutto e per tutto ai nostri Ordini professionali e non sono in nessun caso assimilabili alle nostre associazioni non regolamentate che fanno parte di un sistema duale che, ovviamente, non ha eguali in tutta Europa. La nuova normativa compie un'importante passo in avanti per lo sviluppo del sistema professionale europeo. Per la prima volta l'Europa ha fatto chiarezza sulla differenza che passa tra un libero professionista ed un'azienda, evidenziando che, pur essendo strutturalmente un'entità economica paragonabile all'impresa, il libero professionista risponde anche ad altre logiche, in primis quella deontologica. Appare, ormai, non più procrastinabile il varo della riforma delle professioni naufragata miseramente nel "decreto competitività ", e visti i tempi parlamentari non rimane che attendere la nuova legislatura. La riforma del mercato delle professioni, oggi non più competitivo, necessita di un confronto aperto con il mondo delle professioni stesso, delle imprese, dei sindacati, dei consumatori. Sorgono spontanee delle domande ma quale è il limite di sostenibilità dello sviluppo? Quali sono i veri vincoli allo sviluppo ed alla libera competitività ? Sono forse le tariffe dei professionisti? Sono l'obbligo di rispettare le regole fissate da norme deontologiche? Sinceramente non ci sembra, non ci sembra davvero. Ed è questo il dubbio che si deve sciogliere subito ed una volta per tutte. Occorre sgombrare il campo da troppi pregiudizi, i tempi sono cambiati. Non è possibile paragonare le libere professioni alle caste, infatti, tranne casi specifici (notai, medici ed avvocati) non esistono esclusive vincolanti. Sicuramente il sistema delle professioni va riformato, ma conservando e mantenendo le positività . I capisaldi delle professioni sono e devono rimanere il rispetto del codice deontologico, l'indipendenza e la presenza di standard qualitativi di formazione garantiti. È ovvio che, ldei tempi impone una riflessione sul sistema delle tariffe professionali e sui percorsi d'accesso agli albi. In entrambi i casi il mantenimento di norme di riferimento non deve essere visto come il mantenimento di gabelle medievali o di barriere all'accesso, ma piuttosto come la necessità di avere certezze. Si dovranno poi affrontare una volta per tutte questioni delicate quali il riconoscimento delle professioni non regolamentate a condizione che non svolgano attività riservate agli Ordini esistenti, l'introduzione delle società tra professionisti, il superamento delle tariffe minime (da non leggere in antitesi con il mantenimento di regole per determinare gli onorari), la pubblicità . La condizione posta per il riconoscimento delle professioni non regolamentate non deve essere interpretata come una politica di retroguardia atta alla mera conservazione dei propri "orticelli" come ama dire qualcuno, ma quanto l'affermazione del diritto ad evidenziare e riconoscere il percorso formativo che il professionista ha compiuto. In un sistema dove proliferano le certificazioni (di processo, di prodotto, di tutela ambientale, di rispetto dei lavoratori, ecc…), non si comprende come possa essere così poco considerato il mondo dei servizi professionali. Per loro natura le prestazioni sono intangibili e scarsamente valutabili da parte del consumatore/utente, per cui avere un sistema di controllo / garanzia che vigili su quanti vogliono operare nel mercato è assolutamente necessario, a condizione che il controllo sia reale. Come sempre noi giovani dottori commercialisti siamo pronti ad essere attori protagonisti e non comprimari del processo di rinnovamento, purchè ci venga data l'opportunità di partecipare alla formazione del pensiero innovatore. Francesco Fiscella Giunta UNGDC ----------------------- Qualifiche professionali pubblicata direttiva UE Riconoscimento dei titoli mediante il confronto dei livelli di formazione -------------------------------------------------------------------------------- 07/10/2005 - È stata pubblicata sulla Gazzetta dell'Unione Europea del 30 settembre scorso la direttiva 2005/36/Ce relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, per facilitare la libera circolazione dei professionisti nell'Unione Europea. La direttiva armonizza e accorpa quindici direttive settoriali per professioni regolamentate (tra cui architetti, medici e dentisti) stabilendo regole omogenee per svolgere nella Ue la professione per la quale si è studiato nel Paese d'origine. Il riconoscimento dei titoli avverrà secondo parametri minimi di formazione: sono fissati cinque livelli di riferimento che corrispondono ad altrettanti cicli di formazione nei diversi Stati membri. Questo sistema consentirà di mettere a confronto le qualifiche dei professionisti che provengono da Paesi diversi. Nell'ambito delle autonomie nazionali ogni governo decide quali sono i livelli di cultura e di formazione minima per l'accesso alle singole professioni e chi deve autorizzarne l'esercizio e controllarne lo svolgimento. Ai fini del reciproco riconoscimento, lo Stato membro ospitante autorizza il professionista che ne ha fatto richiesta sulla base di un attestato di competenza o di un titolo di formazione con livello di qualifica almeno immediatamente anteriore a quello richiesto nel suo Stato di origine. Lo Stato ospitante può, inoltre, richiedere provvedimenti di compensazione, come tirocini o prove, nel caso in cui non ci sia perfetta corrispondenza tra la qualifica conseguita e quella richiesta per la professione. Accordi tra gli Stati potranno far sì che determinate professioni saranno riconosciute in maniera automatica. Relativamente alle prestazioni temporanee, si prevede che il professionista sarà soggetto, nella gran parte dei casi, alla normativa vigente nel Paese nel quale presterà il servizio. Gli Stati membri hanno ora due anni di tempo (fino a settembre 2007) per adeguarsi alla nuova normativa. Relativamente alla situazione italiana, la nuova direttiva si inserisce nella discussione in atto in questi mesi sulla riforma delle professioni: la direttiva europea individua le autorità competenti ad espletare le procedure di riconoscimento delle qualifiche, confermando il ruolo di ordini e collegi ma rendendo necessaria la regolamentazione delle associazioni per quelle professioni oggi non organizzate --- L'Europa mette Ordine -------------------------------------------------------------------------------- da Panorama di Anna Maria Angalone 19/10/2005 Su quasi 2 milioni fra avvocati, notai, ingegneri e dentisti pende la scure di Bruxelles, intenzionata a liberalizzare il mercato dei servizi. A meno che l'Italia... Forse non avverrà subito, magari neppure tutto in una volta, ma la sorte degli ordini professionali in Italia sembra ormai segnata. Ad assestare il primo colpo destinato a smantellare le longeve e potenti «caste» dei liberi professionisti potrebbero essere la Commissione europea e la Corte di giustizia di Lussemburgo. O lo stesso governo italiano, qualora decidesse di far suo quanto proposto dal ministro alle Politiche comunitarie, Giorgio La Malfa. Che, in questi giorni, è tornato a parlare di liberalizzare i servizi. Un provvedimento che avrebbe un impatto anche sui professionisti. L'intenzione di cambiare le regole su accesso, tariffe e pubblicità delle libere professioni c'è da tempo. Di eliminare le reti di protezione delle categorie professionali, e aprirle così alla piena concorrenza, si discute da più di un decennio. Ma l'impegno a una riforma, inserita nell'agenda di governo, era divenuto capitolo morto qualche mese fa, quando il guardasigilli Roberto Castelli, responsabile della riforma, aveva lasciato cadere la questione per mancanza di «condizioni politiche». A remare contro sono in parecchi. Tra avvocati, dentisti, notai, architetti, ingegneri, in Italia si contano 27 ordini per quasi 2 milioni di persone. Vanno aggiunti gli aspiranti (circa 700 mila giovani, iscritti come praticanti ogni anno nei vari albi). Se l'Italia ha preso tempo, nonostante i richiami dell'Antitrust, l'Europa va diritta per la sua strada. A luglio, il commissario europeo al Mercato interno Charlie McCreevy ha inviato all'Italia due «lettere di messa in mora», primo passo per avviare una procedura d'infrazione. Il punto contestato riguarda i tariffari fissati dagli albi nazionali di avvocati, ingegneri e architetti, giudicati incompatibili con le norme Ue, improntate alla libera concorrenza e al mercato. L'Italia ha replicato a Bruxelles a metà settembre, inviando le sue osservazioni, ora aspetta il verdetto. Se le prove di discolpa saranno insufficienti, si procederà con il secondo atto e il contenzioso andrà avanti. Altrimenti, la questione decadrà . Ma solo per il momento. Davanti ai giudici di Lussemburgo sull'Italia pendono infatti diversi casi riguardanti singoli cittadini e due, in particolare, hanno al centro proprio gli onorari degli avvocati. L'udienza è fissata il 25 ottobre e le sentenze potrebbero portare qualche novità in materia di tariffari e consulenze. Non basta. Un'indagine di Bruxelles svolta su sei professioni (avvocati, notai, ingegneri, architetti, farmacisti, commercialisti-contabili-consulenti fiscali), in base a cinque tipi di restrizioni della concorrenza, ha rilevato che alcuni paesi sono ancora troppo regolamentati. E l'Italia è fra questi. La classifica sull'apertura delle libere professioni la vede al penultimo posto, davanti alla Grecia. Secondo Bruxelles, l'importanza dei servizi professionali (nell'Ue il settore rappresenta 12 milioni di posti di lavoro, pari al 3 per cento del pil) impone interventi rapidi e decisi per la salute dell'economia e la competitività . Ma anche per le tasche dei consumatori: nei paesi meno «chiusi», infatti, le parcelle sono sensibilmente diminuite. Non solo. Pochi sanno che ogni anno, almeno mille professionisti si spostano da altri paesi europei per stabilirsi in Italia. Ma, per loro, esercitare l'attività è ancora un percorso a ostacoli. | |
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