AAA cercasi 700 mila informatici. L'invito all'occupazione arriva dall'Università della Svizzera italiana (sedi a Lugano e Mendrisio). "Per un futuro assicurato, studia informatica", è scritto sugli annunci pubblicati su quotidiani e periodici italiani.
Di questi tempi 700 mila posti di lavoro quasi assicurati (36 mila in Svizzera, gli altri 664 mila spalmati in tutta Europa) sono una notizia: a prescindere. Se poi a offrirli è la stessa Confederazione cantonale che, da una parte seleziona all'estero i professionisti di domani, e dall'altra fa la guerra ai lavoratori che vengono da fuori - italiani ma non solo -, rei di "lasciare gli svizzeri in mutande", allora la notizia è doppia. E' il paradosso perfetto. E' la contraddizione di un Paese che si avvia verso l'addio al segreto bancario e che, per quanto riguarda l'occupazione, gioca talmente in chiaro da danzare su un disequilibrio perfetto. "Qui per gli informatici è facile trovare lavoro - dice Mauro Pezze', preside della facoltà di Scienze informatiche - Il settore informatico è il quinto più importante dell'economia svizzera. E informatica non vuol dire solo Google o Microsoft. Ci sono tante altre aziende". Non solo orologi a cucù e cioccolata, insomma. La proposta dell'Università svizzera si basa su uno studio della Commissione Ue: nel 2015 in tutta Europa ci saranno 700 mila posti vacanti nel settore dell'Information and Communication Technology; 36 mila nella sola Svizzera, da dove infatti parte la "campagna acquisti". Nel Paese degli ex emigranti spazzacamino l'occupazione giovanile non si allontana da un mirabolante 3% (da noi è al 38%). E gli stipendi sono imparagonabili. E arrivano in fretta.
Dice Remo Lemma, 24 anni, neolaureato: "Trovare lavoro? Ci ho messo 3-4 mesi. Sono appena stato assunto da una banca di Zurigo. Guadagnerò sopra gli 80 mila franchi". Niente male. Se pensi che nella busta paga di Lemma finiranno ogni mese quasi 7 mila franchi svizzeri - 5 mila e 600 euro al cambio attuale -, e se aggiungi che 38 giovani italiani su 100 sono senza lavoro, ti chiedi se davvero è qui l'officina che asciuga la disoccupazione europea. Quasi 3mila iscritti, insegnamento informatico in lingua inglese, dalle aule di Lugano e Mendrisio escono e usciranno, promettono i formatori, professionisti a reddito sicuro. Gente che, stipendio alla mano, ribalterà il luogo comune che vuole l'informatico lavoratore grigio e frustrato. "E' un'immagine sbagliata - ragiona ancora il preside Mauro Pezzè - Invece oggi l'informatico è la figura professionale che ha più possibilità di trovare lavoro". Ci sono storie esemplari. Storie di italiani che con il software si sono fatti largo in Canton Ticino. Come Sebastiano Cobianco, imprenditore bolognese, in Svizzera nel 2005. Laurea in Fisica, clienti come Assicurazioni Generali, VolareGratis, Poste Svizzere. "Qui c'è un'economia sana e una burocrazia leggera. Si può costruire impresa in un pomeriggio. Ho 25 dipendenti e cerchiamo continuamente nuovi talenti. Ogni due mesi ne assumo uno". Analisti e programmatori avranno anche avuto uno scarso appeal, in questi anni, ma la musica è cambiata. I dati che fotografano il settore - una ricerca di "e-Skills" in Europa dice che solo il 18% dei laureati ha scelto Scienze informatiche - sono destinati a mutare se è vero che il Vecchio Continente, da qui a tre anni, avrà bisogno di 700 mila "cervelloni". Il punto, semmai, è un altro. Perché proprio la Svizzera cerca lavoratori (anche e soprattutto) stranieri per le proprie aziende? La Confederazione che offre un'opportunità a 36 mila informatici forestieri è lo stesso Paese allergico agli stranieri usurpatori di posti di lavoro. L'ultima conferma è arrivata dalle elezioni amministrative a Lugano: con una vittoria schiacciante (35,5% , +8% rispetto al 2008) la Lega dei Ticinesi - il movimento ultra svizzero e anti italiano - ha fatto capire l'aria che tira. Italiani? no grazie. Anzi: a casa.
"O mettiamo un freno alla manodopera straniera o la crisi italiana ci contagerà", dice Lorenzo Quadri, giovane deputato leghista a Berna. Il problema numero uno, per gli arci-svizzeri, è il dumping salariale provocato dagli italiani che accettano stipendi inferiori rispetto a quelli corrisposti agli svizzeri. Sul banco degli imputati sono soprattutto i frontalieri, i quasi 60 mila addetti (il 25% della manodopera nazionale) che ogni mattina arrivano in Canton Ticino dalla Lombardia e rientrano la sera. Erosione dei salari o convenienza reciproca (lavoratori italiani e economia elvetica)? La verità sta nel mezzo, o forse sotto la sabbia. E qualcuno, anzi molti, ci marciano. Sta di fatto che se la Lega Ticinese è il primo partito e se negli ultimi due anni le campagne contro gli italiani hanno raggiunto livelli di razzismo strisciante, qualcosa, da queste parti, sta succedendo. Nel 2012, e a molti svizzeri non ha fatto piacere, gli italiani emigrati nei cantoni sono stati 8.035, il 50% in più rispetto al 2011. Non tutti hanno fatto gli informatici. Forse se ne sono già pentiti |