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ESAMI AVVOCATO
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Da: ANTONELLA.9116/12/2010 10:19:25
ragzzi quali sono le tracce?

Da: wlater16/12/2010 10:19:55
quella sulla successione

Da: rudi16/12/2010 10:26:00
sapete le tracce?

Da: vanity 16/12/2010 10:33:29
a lecce stanno dettando

Da: rebecca16/12/2010 10:57:26
se hai già la traccia  per favore la metti a disposizione

Da: pepia 16/12/2010 10:59:33

CIVILE
Il socio tizio di srl ha tenuto secondo l'amministratore della medesima società, un comportamento infedele che giustifica l'attivazione della procedura di esclusione del socio per giusta causa prevista dalle norme statutarie. inoltre, proprio in considerazione della suddetta situazione la soc alfa, a mezzo del suo amministratore, perviene alla determinazione di opporre il proprio rifiuto alla richiesta del socio tizio formulata a mezzo lett racc, di accedere ad alcuni documenti sociali.
La soc alfa, pertanto, tenuto conto delle circostanze sopra precisate, introduce dinanzi al tribunale di zeta una domanda cautelare, ai sensi dell'art 700 cpc, con la quale chiede:
a) una pronuncia in via d'urgenza dell'esclusione del socio tizio dalla società
b) una pronuncia diretta ad inibire al socio tizio l'accesso ai documenti sociali.
Nel contesto del ricorso la società alfa, a mezzo del suo amministratore, precisa che la domanda di merito avrà ad oggetto un'azione di cognizione diretta una pronuncia costitutiva dichiarativa che escluda per giusta causa il socio tizio dalla suddetta società, nonchè una pronuncia di accertamento della legittimità del rifiuto opposto dall'amministratore alla consegna dei documenti.
Il candidato assunte le vesti del legale di tizio rediga una memoria di costituzione nell'instaurato procedimento cautelare dinanzi al tribunale di zeta nella quale vengano specificamente analizzati i profili di ammissibilità della domanda cautelare proposta


PENALE
Tizio e caio vengono tratti in arresto perché sorpresi, con 2 pistole all'interno di un'automobile parcheggiata a cento metri dall'ingresso della banca alfa. Le pistole, armi comune da sparo, con ke relative munizioni, non sono pronte per lo sparo. Nell'atto viene altresì rinvenuto e sequestrato un cappello di lana astrattamente idoneo al nascondimento del volto. All'esito del giudizio immediato tizio e caio vengono condannati per il reato di tentata rapina ai danni della banca alfa, con le circostanze aggravanti dall'uso di armi e della riunione di più più persone. Assunta la veste di difensore di tizio il candidato rediga motivato atto di appello.


AMMINISTRATIVO
Caio, proprietario di un appartamento sito in uno stabile nel comune di Gamma, presenta in data 30 ottobre 1986 domanda di rilascio di concessione edilizia in sanatoria in relazione all'avvenuto cambio di destinazione di uso, da lavatoio ad abitazione, dei locali posti al soprastante il IV piano del fabbricato, affermando di esserne comproprietario.
Il comune di Gamma, con determinazione dirigenziale n° 10/2004, fondata sul presupposto della intervenuta formazione sulla domanda di condono, del silenzio-assenzo a norma dell'art. 35 della legge n° 47/85, rilasciava provvedimento di concessione in sanatoria.
Con successiva determinazione dirigenziale n° 11/2004 irrogava altresì a Caio una sanzione pecuniaria di euro  516,00 per i lavori eseguiti comunque abusivamente nei locali sopra citati.
I condomini del fabbricato in questione Tizio e Sempronio, lamentando la violazione del loro diritto di comproprietari del locale lavanderia, impugnavano i citati provvedimenti, notificando il ricorso a Caio quale contro interessato.
Il candidato, assunte le vesti del legale di Caio, rediga l'atto ritenuto più idoneo alla tutela delle ragioni del proprio assistito, illustrando gli istituti e le problematiche (sottesi?) alla fattispecie in esame.

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Da: Ale16/12/2010 11:29:04
Ci sono notizie sulla sentenza di riferimento per l'atto di civile????

Da: vanity 16/12/2010 11:34:24
APPELLO TENTATA RAPINA
SENT. 7070/2077

Da: lidiabanzai 16/12/2010 11:35:25
Ragazzi, qualcuno riesce a trovare questo: Simone 2010 a pag 339 atto di penale?

Da: amministrativo16/12/2010 11:36:00
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

PER L'EMILIA ROMAGNA

BOLOGNA

SEZIONE SECONDA




15-04-2010


Composto dai Signori:

Dott. Luigi Papiano Presidente

Dott. Giancarlo Mozzarelli Consigliere

Dott. Lydia Ada Orsola Spiezia Consigliere rel.est.

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Sul ricorso RG.n. 87/2002 proposto da:

S. S. S.S. Snc in persona del legale rappresentante pt., rappresentata e difesa dall'avv. Giancarlo Mengoli ed elettivamente domiciliata in Bologna Via Carbonesi 5;

contro

COMUNE DI IMOLA in persona del Sindaco pt., rappresentato e difeso dall'avv. Silva Gotti ed elettivamente domiciliato in Bologna Via S. Stefano 43;

nonchè

l'arch. Daini Moreno, dirigente del Servizio Gestione urbanistica del Comune di Imola, non costituito;

per l'annullamento previa sospensione,

della determinazione 14.11.2001 n. 53508 con cui il Dirigente del Servizio Gestione Urbanistica del Comune di Imola ha negato alla ricorrente il rilascio di una concessione edilizia in sanatoria ex art. 13 L.n. 47/85 richiesta in data 26.4.2001 con riferimento a variazione in difformità del progetto già approvato concessione edilizia n. 388 del 6.12.1997 (relativa alla costruzione di un fabbricato ad uso vivaio con annessa abitazione custode su area sita in Via Emilia Levante), nonché dell'ordinanza 21.11.2001 n. 1133 con cui lo stesso Responsabile del Servizio Urbanistico ha disposto nei confronti della ricorrente la demolizione delle opere abusive già indicate nel verbale di accertamento 28.12.2000 n. 601, unitamente a tutti gli atti connessi compreso il relativo verbale

nonché per la condanna

del Comune di Imola e del Dirigente del Servizio Gestione Urbanistica, in via alternativa o solidale fra loro, di risarcimento dei danni patiti e patendi a favore della ricorrente nella misura da pagarsi in corso di causa, oltre interessi legali e svalutazione monetaria.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione dell'Amministrazione intimata;

Vista l'ordinanza cautelare 7.2.2002 n. 112 con cui questa Sezione ha accolto l'istanza cautelare limitatamente all'ordinanza di demolizione;

Viste le ordinanze istruttorie n. 49 del 21.5.2002 e n. 4 del 10.1.2003 con cui sono stati disposti incombenti istruttori regolarmente adempiuti;

Viste le memorie difensive presentate da ciascuna delle parti;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore designato il Cons. dott. Lydia Ada Orsola Spiezia;

Udito, alla pubblica udienza del 20.3.2003, i difensori presenti per le parti, secondo quanto risulta dal relativo verbale;

Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

1.- Con concessione edilizia 6.12.1997 n. 388 il Comune di Imola approvò il progetto presentato dalla S. S.Snc, con sede in Imola, per la realizzazione di un fabbricato a vivaio con annessa abitazione del custode su un'area di proprietà della ditta medesima in Via Emilia Levante, distinta in Catasto al foglio 157 mappale 6 - 8 - 106 e 129.

Nel corso dei lavori, però, l'Ufficio tecnico comunale con atto di constatazione del 28.12.2000 n. 601 riscontrò l'esecuzione di alcune opere in difformità dalla concessione edilizia n. 388/97 con particolare riguardo alla realizzazione di un piano seminterrato di mq. 230 circa (corrispondente all'intera superficie dell'abitazione) al posto dell'interrato di mq. 46 concessionato e con 14 finestre - aperture a quota superiore al piano di campagna, la realizzazione di due vani sottostanti la struttura di collegamento tra i servizi e l'abitazione con 18 aperture verso l'esterno, nonché l'ampliamento del sottotetto con realizzazione di due terrazzi in falda ed, infine, per il fabbricato ad uso servizio, la realizzazione di pilastri in cemento armato difformi dai disegni del progetto che li rappresentava in profilato metallico.

L'interessato, quindi, a seguito di un primo ordine di demolizione del 23.1.2001 presenta in data 26.4.2001 istanza di concessione in sanatoria ai sensi dell'art. 13 della L.n. 47/85 che, però, fu respinta con determinazione dirigenziale 14.11.2001 n. 53508 per contrasto con l'art. 30 delle N.T.A. del vigente P.R.G. per i locali seminterrati ad uso autorimessa, nonché dell'art. 13 delle N.T.A. della variante generale al P.R.G. adottata con delibera consiliare dell'aprile 1999 che, da un lato, coscrive la possibilità di ampliamento ai soli edifici già esistenti e, dall'altro, non consente la realizzazione di serre in quell'area, inserita dalla variante generale in "zona agricola di tutela dei caratteri del paesaggio collinare".

Successivamente con ordinanza dirigenziale 21.11.2001 n. 1133 fu, altresì, disposta la demolizione delle opere difformi e l'eliminazione degli abusi realizzati in contrasto con la concessione edilizia n. 388/97.

1.1 - Avverso entrambi i provvedimenti la ditta proprietaria ha proposto il ricorso in epigrafe (notificato in data 8.1.2002), chiedendone, previa sospensione, l'annullamento per i seguenti motivi:

a) quanto al diniego di sanatoria:

Violazione di legge ed eccesso di potere per errore di fatto ed illogicità sotto diversi profili.

b) quanto all'ordine di demolizione:

vizi di illegittimità derivata, nonché violazione degli artt. 12 e 15 della L.n. 47/85 e dell'art. 6 lettera b), della L.n. 241/90, nonché eccesso di potere per errore e travisamento di fatto ed illogicità ed ingiustizia manifesta.

La ricorrente, inoltre, chiede il risarcimento del danno derivante dai provvedimenti impugnati, nella misura da provarsi in corso di causa, oltre interessi e svalutazione monetaria e consistenti - fin dalla proposizione del ricorso -nel deterioramento delle opere già eseguite e prive di protezione e nelle pretese avanzate dall'impresa appaltatrice dei lavori, previa - ove necessaria - una consulenza tecnica che quantifichi i danni subiti dalla ricorrente.

Si è costituito in giudizio il Comune di Imola che, puntualmente contestando le avverse censure, ha chiesto il rigetto del ricorso.

1.2 - Con ordinanza cautelare 7.2.2002 n. 112 questa Sezione ha accolto l'istanza di sospensione limitatamente alla disposta demolizione ed eliminazione delle difformità.

Quindi, con ordinanza n. 49 adottata nella camera di consiglio del 11.4.2002, il Collegio ha disposto l'acquisizione di documentazione nonché una verificazione delle opere oggetto del diniego di accertamento di conformità, incaricandone il dirigente del Servizio urbanistico del Comune di Cesena con facoltà di delega ad altro funzionario del suo ufficio; acquisita nel luglio 2002 la relazione illustrativa ("perizia tecnica", (corredata da una nota spese predisposta dall'incaricato) degli esiti della verificazione effettuata dal funzionario del Comune di Cesena, ing. Luigi Scorza, delegato dal Dirigente del Settore Programmazione Urbanistica, nonché successivamente la documentazione relativa alla pratica della concessione edilizia del 1997, con ordinanza n. 4/2003 questa Sezione ha chiesto ulteriori chiarimenti nella relazione tecnica al verificatore che ha provveduto nel febbraio 2003 con un supplemento di "perizia tecnica", allegandovi anche altra nota per il compenso.

Parte ricorrente, inoltre, nel febbraio 2003 ha esibito la consulenza tecnica d'ufficio effettuata nel corso del procedimento penale (R.G. 733/2001) instaurato davanti al giudice penale del Tribunale penale di Bologna, Sezione di Imola, nonché la corrispondente perizia tecnica di parte.

Con svariate memorie difensive ciascuna delle parti ha illustrato con ulteriore argomentazione la propria posizione anche con riferimento alle conclusioni tratte nella relazione tecnica redatta a seguito della verificazione effettuata sul luogo dell'abuso edilizio.

Parte ricorrente ha, altresì, chiesto l'esperimento di una consulenza tecnica d'ufficio al fine di far accertare la conformità delle opere alla precedente concessione ed agli strumenti urbanistici vigenti, nonché danni patiti dalla medesima.

I difensori di entrambe le parti hanno presentato la nota delle spese di lite.

Alla pubblica udienza del 20.3.2003, uditi i difensori presenti per ciascuna delle parti costituite secondo quanto risulta dal relativo verbale, la causa è passata in decisione.

2. - Quanto sopra premesso in fatto, in diritto la controversia concerne - in sostanza - la legittimità o meno della valutazione di non sanabilità delle opere edilizie eseguite dalla ricorrente in difformità dal progetto già approvato con concessione edilizia n. 388/97; infatti, l'ordine di demolizione impugnato rappresenta la conseguenza necessaria del diniego di accertamento di conformità di tali opere. Precisamente si tratta - secondo quanto si rileva sia dall'impugnato diniego sia dalla stessa istanza ex art. 13 L.n. 47/85 - di ampliamenti realizzati:

1) nel piano "interrato", esteso a tutta la pianta della porzione abitativa per mq. 230 circa - destinato a ricovero veicoli - contro i mq. 46, già autorizzati, nonché anche all'area sottostante i portici di collegamento tra il fabbricato di servizio e l'abitazione (dove sono state previste la centrale termica e quella di raffreddamento);

2) nel piano sottotetto dove è stato rilevato un aumento di superficie edilizia totale a seguito della realizzazione di due terrazze in falda;

nonché della modifica nel sistema di costruzione dei capannoni adibiti a "serra", che sono stati realizzati con pilastri in cemento armato, mentre nel progetto approvato erano previsti in profilato metallico con tetto in struttura leggera.

Per maggior chiarezza dei termini della controversia va precisato che gli ampliamenti sono stati ritenuti dal Comune di Imola non sanabili in quanto in contrasto con l'art. 30 delle N.T.A. annesse al P.R.G. vigente in tema di volumi tecnici e di autorimesse seminterrate e con l'art. 13 delle N.T.A. della variante generale al P.R.G. adottata (all'epoca dell'abuso e poi approvata nel 2002), che individuava gli interventi ammessi nell'area in questione, trasformata la zona agricola E1 in zona Eb - agricola di tutela dei caratteri del paesaggio collinare, nonché con la definizione da piano interrato introdotta dalla detta variante nell'ambito della definizione di elementi e parametri edilizi.

Va, inoltre, ricordato che il progetto approvato con la concessione edilizia n. 388/97 consentiva alla ricorrente di realizzare un capannone destinato a deposito piante in zolla ed un altro destinato a deposito macchine agricole, con annessa abitazione per il custode, costituita da un piano interrato di mq. 46 con uso autorimessa, senza finestre, di un piano terra e di un sottotetto non abitabile e con utilizzazione della superficie massima consentita dagli strumenti urbanistici vigenti all'epoca del rilascio della concessione stessa.

2.1 - Fatta questa premessa circa le caratteristiche dell'intervento urbanistico in controversia, il Collegio, alla luce di tutti i documenti di causa ed, in particolare, della relazione tecnica redatta a seguito della verificazione dei luoghi (affidata al Servizio di gestione urbanistica del Comune di Cesena), nonché della relazione tecnica di parte, trasmessa da parte ricorrente (a firma dell'arch. Monducci) in occasione dell'espletamento delle operazioni del funzionario incaricato della verificazione, ritiene di poter condividere in larga parte le conclusioni di non conformità delle opere edilizie in questione alle prescrizioni urbanistiche vigenti (ed a quelle adottate), esposte nel provvedimento impugnato.

Infatti, in primo luogo, nel corso della verificazione si è constatato che il nuovo intervento, realizzato al di sotto dell'edificio destinato ad abitazione del custode, presenta una serie di finestre di altezza di circa cm. 96 a partire dal piano di campagna circostante; da ciò la conseguenza che la quota dell'intradosso del soffitto del piano sottostante di necessità non viene a trovarsi ad una altezza pari o inferiore a cm. 90 copra il livello del terreno circostante, ma diversamente, a quasi cm. + 100, in conformità - fra l'altro - a quanto indicato nello stesso progetto presentato per la sanatoria ex art. 13 dalla ditta proprietaria, attuale ricorrente; pertanto l'ampliamento del locale, in origine ad uso autorimessa dell'abitazione e portato da mq. 46 a mq. 230 circa, non poteva più configurare un piano "interrato" in base alle definizioni degli elementi edilizi introdotte dalla variante al P.R.G., adottata nel 1999, che in questo caso richiedeva che l'intradosso del soffitto fosse quotato in ogni punto ad un'altezza uguale o inferiore a cm. 90 rispetto al livello del terreno circostante, escluso ovviamente ogni intervento modificativo del livello di campagna preordinato all'elusione di tali misure, quali - ad esempio - i rincalzi di terreno riportato.

2.2 - Né, in punto di fatto, giova alla ricorrente replicare che la dimensione delle finestre, di altezza pari a cm. 96, come rilevata in sede di verificazione, a lavori ultimati sarebbe risultata nei prescritti limiti di cm. 90, in quanto, da un lato, come si è detto nella stessa pianta presentata per la concessione in sanatoria le finestre in questione sono riportate nella misura di cm. 100 di altezza (per cui - al limite - risulta anche contraddittorio che, invece, nel disegno del fabbricato le stesse siano riportate di cm. 90), mentre, dall'altro, le stesse rifiniture in mattoni e la disposizione degli stessi in corrispondenza dell'architrave superiore rendono poco realistica l'ipotesi prospettata che la prevista dimensione finale di tali aperture fosse limitata ad un'altezza non superiore a cm. 90 e, quindi, consentisse di contenere l'altezza dell'intradosso del soffitto alla quota limite di cm. 90 da livello del terreno circostante.

Inoltre, una volta escluso che si tratti di piano interrato, la relativa superficie - a differenza di quanto prospettato nella relazione tecnica allegata all'istanza di sanatoria ex art. 13 L.n. 47/85 - va computata ai fini della misura della superficie edilizia totale (parametro introdotto dalla variante adottata nel 1999) e/o della superficie utile (ai sensi dell'art. 30 N.T.A. vigente all'epoca), parametro già completamente utilizzato per l'abitazione del custode secondo i calcoli riportati sul progetto approvato con la concessione edilizia n. 388/97.

Né l'ampliamento del preteso piano interrato risulta conforme all'art. 13 delle N.T.A. adottate, che nella zona Eb - agricola di tutela dei caratteri del paesaggio collinare - all'evidente fine di preservare il più possibile le tradizionali caratteristiche geo - antropiche dell'ambiente - consente gli ampliamenti solo per gli edifici esistenti, situazione in cui non rientra l'intervento edilizio in controversia.

2.3 - Né tanto meno, quanto alla destinazione di tale piano a deposito automezzi, appare condivisibile l'assunto della ricorrente secondo cui, premesso che si tratterebbe di un ricovero per veicoli agricoli, la "nuova costruzione" sarebbe, da un lato, compatibile con gli indici di utilizzazione edilizia dell'intera area destinata all'attività vivaistica e, dall'altro, non rientrerebbe nell'ambito delle limitazioni imposte agli interventi sugli edifici "esistenti" dall'art. 13 delle N.T.A. adottate: infatti, in primo luogo, la realizzazione del piano c.d. interrato nel corso dei lavori di costruzione dell'intero complesso approvato e la sua stessa allocazione all'interno dell'edificio destinato ad abitazione del custode costituiscono di per sé elementi idonei a far escludere che l'intervento configuri una "nuova costruzione", e non un ampliamento della autorimessa di servizio dell'abitazione, di mq. 46, contemplata nella concessione edilizia del 1997, mentre, dall'altro, la stessa connessione funzionale con l'abitazione impedisce di considerare per ragioni oggettive l'area in questione a servizio dell'attività produttiva per le cui specifiche esigenze è stato realizzato un apposito capannone destinato espressamente a deposito attrezzi agricoli; quindi a sostegno di una diversa destinazione risulta insufficiente il richiamo alla dichiarazione resa dal progettista nell'ottobre 2001 in ordine all'utilizzazione del piano c.d. interrato per ricovero di "automezzi ed attrezzature dell'attività".

2.3.1 - D'altra parte neanche l'ipotesi subordinata formulata dalla ricorrente può essere accolta: infatti, ove il locale fosse considerato autorimessa a servizio dell'abitazione, non sarebbe conforme al disposto dell'art. 30, lett. d), delle N.T.A. del P.R.G. vigente, in quanto, trattandosi di una superficie che eccede 1 mq. per ogni 10 ml. di costruzione, è prescritto che l'autorimessa debba essere completamente interrata, mentre - come si è visto - l'intervento edilizio in questione non ha le caratteristiche prescritte per il "piano interrato".

2.4 - Quanto poi ai locali sotterranei previsti per la collocazione degli impianti di riscaldamento e raffreddamento è evidente che, poiché la loro superficie (superiore complessivamente ai mq. 100) sopravanza la quota del 25% della s.u. dell'edificio destinato ad abitazione del custode, è evidente che tale ampliamento non può risultare conforme non solo all'art. 13 delle N.T.A. adottate già citato, ma neanche all'art. 30 delle N.T.A. del P.R.G. vigente che limita alla riportata percentuale la superficie non computabile ai fini del calcolo della "superficie utile"; inoltre la mancata allegazione all'istanza di concessione ex art. 13 della tavola relativa agli impianti tecnici costituisce un'incompletezza documentale che, se da un lato ha avallato una valutazione di non conformità delle opere in questione, dall'altro non può costituire il fondamento di una censura di violazione dell'art. 3 L.n. 241/90 in quanto è onere del richiedente fornire gli elementi conoscitivi necessari suffragare l'effettività della situazione rappresentata e, nel caso di specie, dell'effettiva destinazione d'uso delle opere di cui si richiede la sanatoria e ciò al fine di consentire al Comune l'applicazione corretta delle prescrizioni urbanistiche, evitando travisamenti di fatto che potrebbero risolversi in un illegittimo vantaggio per il richiedente, autore delle opere.

2.5 - Quanto, poi, al vano sottotetto ed alla "falda con copertura piana" (locuzione usata dalla ricorrente nella memoria del marzo 2003), dai riscontri fotografici eseguiti durante la verificazione e dagli elementi forniti dal verificatore stesso appare al Collegio ragionevole la conclusione negativa tratta dal Comune di Imola in ordine alla non sanabilità di tali opere: si tratta, infatti, di due terrazze in falda accessibili da corrispondente apertura, per cui danno luogo ad un aumento di superficie edilizia totale - SET non ammessa - come ha stabilito il Comune nel diniego di concessione all'esame - dall'art. 13 delle N.T.A. della variante al P.R.G. adottata.

D'altra parte, al fine di suffragare la propria tesi che non si tratta di terrazze in falda accessibili, non appare sufficiente che la ricorrente faccia presente nell'istanza di sanatoria ex art. 13 che è prevista "l'eliminazione dell'ampliamento presente" e che le "presenti terrazze saranno ultimate come coperture piane non accessibili", ove solo si consideri che l'accertamento di conformità per le opere già eseguite in assenza di concessione edilizia fa riferimento allo stato effettivo dell'intervento senza titolo, e non deve certo avere riguardo all'impegno di completare lavori in corso con determinate caratteristiche che n'assicurino un risultato finale di osservanza delle prescrizioni urbanistiche.

2.6. - Appaiono invece, fondate le censure di violazione dell'art. 12 L.n. 47/85 e di eccesso di potere per errore di fatto, dedotte con il sesto motivo con riguardo alla pretesa insanabilità delle modifiche dei materiali utilizzati per la costruzione dei due capannoni ad uso servizio, realizzati con pilastri in cemento armato, mentre - ad avviso del Comune - il progetto approvato presentava un'impostazione qualitativamente diversa, caratterizzata da una struttura portante in profilato metallico con tetto in struttura leggera.

Invero il Collegio ritiene determinante il richiamo alla relazione tecnica annessa al progetto approvato nel 1997, che per i due capannoni a servizio dell'attività vivaistica indicava una struttura portante in cemento armato, tamponata in laterizio e con finiture definite nel progetto architettonico: portante, fermo restando che le dimensioni delle costruzioni in questione sono - comunque - rimaste invariate, la modifica del tipo di materiale impiegato per la realizzazione delle due strutture ad uso servizi risulta irrilevante in ordine alla valutazione di conformità di tali opere edilizie con le prescrizioni urbanistiche.

D'altra parte, esaminati gli atti del giudizio e le risultanze della verificazione, è emerso che il Comune non ha tenuto in alcun conto la circostanza che la relazione tecnica annessa al progetto approvato con la concessione n. 388/97 faceva espresso riferimento ad una struttura portante in cemento armato, tamponata in laterizio; pertanto, in mancanza di qualunque esplicito riferimento (nei documenti presentati dalla committente all'epoca del rilascio della concessione) a strutture di sostegno e coperture in altro materiale, l'affermazione contenuta nel diniego di sanatoria non appare adeguatamente suffragata nella sua esattezza, atteso che - a differenza di quanto affermato dalla difesa dell'Amministrazione - pur in presenza di una rappresentazione non chiara di alcuni aspetti di un intervento edilizio, non è ragionevole dare la prevalenza all'interpretazione del disegno del progetto, al fine di individuare i materiali previsti per le strutture portanti, quando al riguardo la relazione tecnica fornisce elementi chiari e determinanti.

In conseguenza, poiché non si tratta di un intervento edilizio "nuovo"rispetto a quello già approvato, illegittimamente il Comune ha negato la concessione ex art. 13 L.n. 47/85 per la parte di strutture già eseguite, ritenendo erroneamente che alla sanatoria fosse di ostacolo la previsione restrittiva dell'art. 13 delle N.T.A. adottate (più volte richiamato) che nella zona non ammetteva più la realizzazione di serre, vivai ed altri simili interventi.

2.7 - Inoltre il diniego di sanatoria appare viziato da violazione dell'art. 3 della L.n. 241/90 e da eccesso di potere per errore di fatto anche con riguardo alle scale che nell'edificio per il custode collegano il piano terra a quello seminterrato.

Infatti, da un lato, non viene indicata la prescrizione urbanistica violata, mentre, dall'altro, si fa riferimento a valutazione di "funzionalità tecnica" non pertinente, nonché ad incongruenze di rappresentazione grafica che, seppur esistenti, sarebbero comunque irrilevanti sotto il profilo della conformità urbanistica ed avrebbero richiesto, al più, chiarimenti tempestivamente acquisibili.

3. - Quanto, poi, all'ordinanza di demolizione emessa a seguito del diniego di accertamento di conformità prima esaminato ed oggetto di censure di illegittimità derivata ed autonoma per vizi propri, in primo luogo il Collegio non può che prendere atto della illegittimità dell'ordinanza in questione limitatamente alla parte relativa alla porzione di fabbricato ad uso servizi, nonché alle due scale del seminterrato in corrispondenza alla fondatezza delle censure dedotte avverso il relativo diniego di accertamento di conformità sopra esaminato, mentre per le restanti opere le censure in via derivata vanno disattese per infondatezza di quelle avverso il relativo diniego di sanatoria.

3.1 - Vanno, invece, respinte le censure di violazione dell'art. 12 L.n. 47/85 per pretesa inesistenza dell'abuso da sanzionare, poiché la circostanza che le opere difformi dalla concessione edilizia non siano state portate a termine è ovviamente irrilevante trattandosi di interventi edilizi in avanzato stato di realizzazione e, quindi, di caratteristiche sufficientemente definite per valutarne la conformità o meno al progetto approvato.

Inammissibile risulta, poi, la censura di violazione dell'art. 15 L.n. 47/85, in quanto l'ordinanza di demolizione delle opere difformi è atto consequenziale ed esecutivo rispetto al diniego di accertamento di conformità, che ha qualificato le opere come abusive e, quindi, soggette alla corrispondente sanzione.

Non sussiste, infine, la violazione dell'obbligo di istruttoria ai sensi dell'art. 6 L.n. 241/90, dedotta con l'ottavo ed ultimo motivo di ricorso, in quanto l'ordinanza di demolizione fa riferimento non solo all'atto di constatazione redatto nel dicembre 2000, ma, ovviamente, anche e soprattutto all'esito della procedura di sanatoria conclusasi pochi giorni innanzi e che aveva consentito un'aggiornata ricognizione dello stato di esecuzione dell'intervento edilizio in controversia.

4. - Infine va dichiarata inammissibile la domanda di risarcimento dei danni che la ricorrente asserisce provocati dalla pretesa illegittimità dei provvedimenti impugnati: infatti, premesso che il diniego di accertamento di conformità risulta illegittimo solo in parte qua (limitatamente ai due capannoni ad uso servizi ed alle scale), e che la dichiarazione di illegittimità del provvedimento amministrativo, che ha cagionato la lesione dell'interesse protetto, costituisce il presupposto per la domanda di risarcimento dei danni corrispondenti a tale lesione, ne consegue che la ricorrente non ha offerto neanche un principio di prova circa la sussistenza di pregiudizi economici derivati dall'illegittimo diniego di sanatoria delle opere edilizie relative ai due capannoni, limitandosi ad una richiesta sostanzialmente generica e rinviandone ogni prova e precisazione ad un momento successivo e chiedendo, infine, un'eventuale consulenza tecnica d'ufficio ("che accerti e quantifichi i danni subiti dalla ricorrente"); incombente che questo Collegio non ritiene di disporre proprio per l'assenza di qualsiasi principio di prova circa la concreta sussistenza del pregiudizio lamentato; mentre, per altro verso, l'inammissibilità della domanda deriva dall'infondatezza delle censure di illegittimità dedotte avverso il diniego di sanatoria (e l'ordine di demolizione connesso) relativamente alle altre opere realizzate in difformità dalla concessione edilizia già rilasciata.

5. - Riepilogando, quindi, il ricorso, con riguardo alla domanda d'annullamento di provvedimenti impugnati, va accolto nei limiti sopraesposti, mentre va rigettato per la restante parte con il venir meno per la parte corrispondente degli effetti dell'ordinanza cautelare; va, inoltre, dichiarato inammissibile nei sensi sopra illustrati con riguardo alla domanda di risarcimento dei danni.

Qunato, poi, alle complessive spese di lite, gli oneri di difesa sono integralmente compensati tra le parti tenuto conto della reciproca soccombenza, mentre, gli oneri derivanti dall'espletamento della verificazione delle opere edilizie in controversia vanno, comunque, posti a carico della parte ricorrente, in ragione delll'esito complessivo della controversia in cui la ricorrente è rimasta prevalente soccombente, nell'importo che verrà comunicato al difensore della ricorrente direttamente dal Dirigente del settore Gestione Urbanistica del Comune di Cesena, che liquiderà a favore del funzionario delegato, Ing. L. S., il trattamento di missione spettante al medesimo per il sopralluogo effettuato il giorno 21.6.2002 ad Imola, nonché il corrispettivo per lavoro straordinario ove il verificatore abbia provveduto a redigere la relazione e gli annessi chiarimenti fuori dell'orario di servizio, oltre al rimborso delle spese di viaggio.

Inoltre il Collegio, vista l'introduzine della relazione, recante l'intestazione "perizia tecnica", ritiene opportuno precisare che l'espletamento dell'incarico suddetto non aveva né la sostanza né le modalità procedurali della consulenza tecnica d'ufficio, essendo stata disposta solo una verificazione al più circoscritto scopo di acquisire elementi conoscitivi non di parte circa "le caratteristiche dell'intervento edilizio oggetto di contestazioni da parte della ricorrente" (v. ord. istruttoria); per tale ragione, pur prendendo atto che - invece - l'incaricato ha predisposto una vera e propria perizia tecnica completa di valutazioni sulla difformità delle opere, nonché sul regime urbanistico applicabile, il Collegio non può tenere conto delle note di liquidazione del compenso predisposte dal detto verificatore in applicazione della normativa vigente per gli emolumenti dei periti e consulenti tecnici ed allegate alla "perizia tecnica" del luglio 2002 ed al supplemento del febbraio 2003, considerato che - come si è già detto - nel caso di specie si tratta di un mezzo istruttorio il cui espletamento, ai sensi degli artt. 26 e 29 del R.D. n. 642/1907, è stato affidato ad un dipendente pubblico proprio in ragione della specifica attività di servizio esercitata presso altro ente pubblico nello stesso settore in cui rientrano i provvedimenti impugnati e, quindi, non configura una libera prestazione professionale avente contenuto di perizia tecnica.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna - Bologna, Sezione Seconda, quanto alla domanda di annullamento, ACCOGLIE il ricorso nei limiti di cui in motivazione e, per l'effetto, annulla in parte qua i provvedimenti impugnati, RIGETTANDOLO per la restante parte con il conseguente venir meno degli effetti dell'ordinanza di sospensione in parte qua, mentre lo dichiara INAMMISSIBILE, nei sensi di cui in motivazione, quanto alla domanda di risarcimento del danno.

Compensa tra le parti gli oneri di difesa, mentre pone a carico della ricorrente le spese per la verificazione liquidate nell'importo che sarà calcolato dal Dirigente del Settore gestione urbanistica del Comune di Cesena con i criteri e secondo le modalità indicate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Bologna nella Camera di Consiglio del 20.3.2003.

Presidente f.to L. Papiano

Cons.rel.est. f.to L.A.O. Spiezia

Depositata in Segreteria in data 29.1.2004

Bologna, lì 29.1.2004

Il Segretario

f.to Livia Monari

Da: sarinaav16/12/2010 11:49:35
Qual è la disciplina prevista per l'esclusione del socio nelle s.r.l.?
In particolare, qual è la procedura da seguire per l'esclusione e le modalità di rimborso della quota del socio escluso?
La disciplina dell'esclusione del socio nelle s.r.l. è principalmente contenuta negli artt. 2473bis e 2466 cod. civ. L'art. 2473bis cod. civ. dispone che "L'atto costitutivo può prevedere specifiche ipotesi di esclusione per giusta causa del socio. In tal caso si applicano le disposizioni del precedente articolo, esclusa la possibilità del rimborso della partecipazione mediante riduzione del capitale sociale". L'art. 2466 cod. civ., rubricato "Mancata esecuzione dei conferimenti", al comma 3 prevede che in caso di impossibilità della vendita della partecipazione del socio moroso, "gli amministratori escludono il socio, trattenendo le somme riscosse. Il capitale deve essere ridotto in misura corrispondente".
Dal combinato disposto dei due articoli si evince che:
- è data massima libertà all'autonomia statutaria dei soci (salvo i limiti delineati in seguito) di introdurre eventuali clausole di esclusione nell'atto costitutivo;
- l'esclusione del socio è prevista ex lege solo nel caso in cui il socio sia moroso nell'effettuazione dei conferimenti, ai sensi dell'art. 2466 cod. civ.
Ipotesi di esclusione
Nella redazione di clausole di esclusione, i soci trovano un limite alla loro autonomia statutaria nell'art. 2473bis cod. civ., laddove la norma prevede che le ipotesi suddette devono essere:
- specifiche;
- per giusta causa.
Una ipotesi di esclusione che non sia specifica è dunque da ritenersi invalida; per esempio, una clausola statutaria che faccia riferimento generico all'interesse della società ("determina l'esclusione del socio ogni comportamento che ostacoli lo svolgimento dell'attività sociale") è sicuramente contra legem. Sono da ritenersi altrettanto invalide clausole del tutto arbitrarie e ingiustificate, perché "senza giusta causa", ravvisabili, invece, laddove l'esclusione sia prevista in caso di:
- inadempimento ai doveri sociali (per esempio, violazione del divieto di non concorrenza);
- sopravvenuta impossibilità di adempiere ai doveri sociali (per esempio, sopravvenuta inidoneità del socio ad eseguire la prestazione d'opera oggetto del conferimento).
Sono legittime e, anzi, si ritiene opportuno inserirle negli atti costitutivi di s.r.l., apposite clausole che legittimino la possibilità di valutare l'esclusione del socio a seguito di intervenuta dichiarazione di fallimento, interdizione e inabilitazione; ciò al fine di evitare l'entrata nella compagine sociale di soggetti estranei (curatore, tutore).
LA NORMATIVA VIGENTE
Codice civile
art. 2473bis - Esclusione del socio
L'atto costitutivo può prevedere specifiche ipotesi di esclusione per giusta causa del socio. In tal caso si applicano le disposizioni del precedente articolo (art. 2473 -Recesso del socio), esclusa la possibilità del rimborso della partecipazione mediante riduzione del capitale sociale.
art. 2466, comma 3 - Mancata esclusione dei conferimenti
Se la vendita (della partecipazione del socio moroso) non può avere luogo per mancanza di compratori, gli amministratori escludono il socio, trattenendo le somme riscosse. Il capitale deve essere ridotto in misura corrispondente.

Mancata esecuzione dei conferimenti
L'illustrazione di tale delicata problematica richiederebbe una trattazione separata. In questa sede, vale sottolineare che il novellato art. 2466 cod. civ. è più "cogente" rispetto alla precedente formulazione la quale disponeva che, a seguito dell'impossibilità della vendita della partecipazione del socio moroso, gli amministratori "possono escludere il socio". Ora l'art. 2466 prevede che in caso di mancata vendita della quota del socio in mora nell'esecuzione dei conferimenti, gli "amministratori escludono il socio". Quella che prima era una "possibilità" rimessa al giudizio dell'organo amministrativo, ora è un'imposizione normativa.
La procedura di esclusione
Il Codice civile nel disciplinare l'esclusione fa richiamo all'art. 2473 cod. civ. -recesso del socio- per indicare le modalità di rimborso della quota al socio escluso; nulla dice e, quindi, neanche impone in tema di procedura di esclusione. Sono allora i soci che, in sede di redazione dell'atto costitutivo, dovrebbero provvedere a disciplinare la procedura di esclusione.
Nel definire la procedura di esclusione, innanzi tutto, è opportuno individuare il soggetto che può provocare l'inizio del procedimento di esclusione: per esempio, per disposizione statutaria si potrebbe individuare in ogni socio colui il quale abbia facoltà di richiedere all'organo preposto una decisione in merito alla sussistenza, in capo ad un altro socio, di un'ipotesi di esclusione.
L'aspetto è assai delicato, in quanto previsioni eccessivamente flessibili potrebbero dare luogo a fenomeni di instabilità dell'assetto societario. In secondo luogo, deve essere indicato nell'atto costitutivo l'organo che deve decidere in merito alla sussistenza di una causa di esclusione del socio, nonché la maggioranza con la quale la decisione deve essere assunta. Poiché la presenza di una causa di esclusione è un fatto che influisce direttamente sui rapporti tra i soci, l'organo sicuramente atto a prendere una decisione in merito è l'assemblea dei soci; naturalmente non può concorrere alla formazione delle maggioranze il voto del socio oggetto della procedura di esclusione.
Al fine di evitare il conflitto in una s.r.l. composta da due soci, qualora uno dei due intendesse escludere l'altro, potrebbe essere utile richiamare nell'atto costitutivo l'art. 2287 cod. civ., che per le società di persone dispone che se la società "si compone di due soci, l'esclusione di uno di essi è pronunciata dal tribunale, su domanda dell'altro". Quale organo preposto a questa decisione può altresì essere designato quello amministrativo; in tal modo si può ottenere una procedura più rapida rispetto al ricorso all'organo assembleare e si possono evitare manovre della maggioranza ai danni dei soci di minoranza e manovre della minoranza ai danni dei soci di maggioranza, dal momento che le decisioni assembleari in merito all'esclusione vengono assunte, come si è detto, senza il voto del socio oggetto della decisione stessa. Dovrà astenersi dal voto l'eventuale socio-amministratore qualora si discuta della sua esclusione, per palese conflitto di interessi.
Infine, la decisione di esclusione può essere attribuita, anziché all'assemblea o all'organo amministrativo, anche al collegio sindacale o ad un apposito collegio di probiviri.
Altro aspetto di assoluta rilevanza è quello di stabilire le modalità di comunicazione al socio della decisione della sua esclusione (per esempio, lettera, raccomandata, telegramma, ufficiale giudiziario). Per quanto concerne l'effetto, è opportuno indicare un congruo termine che, prendendo spunto dalla disciplina delle società di persone, potrebbe essere di 30 giorni dalla comunicazione, ed è al riguardo consigliabile prevedere esplicitamente che entro lo stesso termine il socio possa fare opposizione contro la decisione della sua esclusione al tribunale o al collegio arbitrale (qualora previsto da apposita clausola compromissoria).
IPOTESI DI ESCLUSIONE PREVEDIBILI NELL'ATTO COSTITUTIVO
- Impossibilità di eseguire la specifica prestazione di servizi per il socio d'opera
- Mancata partecipazione del socio alla vita sociale (per esempio, assenze consecutive ad un determinato numero di decisioni o a riunioni assembleari dei soci)
- Dichiarazione di interdizione o di inabilitazione
- Fallimento del socio
- Violazione del divieto di concorrenza

Rimborso della quota al socio escluso
Il legislatore disciplina il rimborso della quota al socio escluso, facendo un mero richiamo alla disciplina sul recesso.
La quota deve essere valutata in proporzione al patrimonio sociale, tenendo conto del valore di mercato, al momento della decisione di esclusione, e deve essere rimborsata al socio entro 180 giorni dall'esclusione. In caso di disaccordo, il valore della partecipazione è determinato da un esperto, nominato dal tribunale su istanza della parte più diligente, che è tenuto ad una relazione giurata di stima.
Determinato il valore della quota, il rimborso:
a) deve avvenire tramite acquisto da parte degli altri soci oppure da parte di un terzo concordemente individuato dai soci medesimi;
b) se ciò non si concretizza, il rimborso è effettuato utilizzando riserve disponibili. Qualora non sia realizzabile neanche questa possibilità, la società deve essere messa in liquidazione. Diversamente che per la fattispecie del recesso, è esclusa dalla normativa la possibilità di rimborsare la quota al socio escluso, mediante la riduzione del capitale sociale; conseguentemente, qualora la quota non sia acquistata né dai soci né dai terzi e non ci siano riserve sufficienti, per la società non ci sono altre possibilità che la messa in liquidazione.
Probabilmente, l'intenzione del legislatore che sottostà all'impedimento di ridurre il capitale sociale per il rimborso del socio escluso va ricercata nella volontà di evitare esclusioni facili: i soci, qualora non sussistano le riserve necessarie per rimborsare il socio escluso, di fronte quindi alla possibilità della liquidazione della società, saranno indotti a cercare soluzioni alternative all'esclusione. Per evitare l'estrema conseguenza suesposta (liquidazione e scioglimento della società) si ritiene possibile introdurre nell'atto costitutivo una clausola che renda inefficace gli effetti dell'esclusione qualora, per effetto del rimborso della quota al socio escluso e in mancanza dei fondi necessari, si debba procedere alla messa in liquidazione della società.
LIQUIDAZIONE DELLA QUOTA DEL SOCIO ESCLUSO
- Rimborso mediante acquisto da parte degli altri soci proporzionalmente alla loro partecipazioni, oppure, da parte di un terzo concordemente individuato dai soci medesimi
- Rimborso utilizzando riserve disponibili
- Liquidazione della società

Considerazioni conclusive
L'introduzione della possibilità di prevedere specifiche clausole di esclusione è un esempio di come l'ampia autonomia statutaria lasciata ai soci nell'attuale s.r.l. debba essere usata con cautela e ben ponderata, al fine di trovare un giusto equilibrio tra gli interessi dei singoli soci e l'interesse sociale alla continuità della vita societaria.

Da: PETRONIO16/12/2010 12:36:54
CHIUNQUE TROVI LA SENTENZA 18/03/20009 TRIB. VERONA LA INSERISCA POICHE' HO SOLO AL MASSIMA

Da: vic16/12/2010 13:12:18
qualcuno ha svolto il compito di pen o di civ

Da: FIRENZE16/12/2010 13:17:55
A che ora consegna firenze?

Da: sarinaav16/12/2010 14:18:17
TRIBUNALE CIVILE DI ZETA
MEMORIA DI COSTITUZIONE E RISPOSTA NEL
PROCEDIMENTO ANTE CAUSAM EX ART. 700 C.P.C.
R.G.___________
udienza del_________

Il Si.g Tizio, nella sua qualità di socio della società S.r.l Alfa, nato a_______, il__________, residente a________, Via__________, n.___, c.f.________ rappresentato e difeso giusta procura speciale in calce al presente atto dalll'Avv.to_________,del Foro di______,_ed elettivamente domiciliato presso il suo studio di__________, via__________, n______________il quale dichiara di voler ricevere le comunicazioni tutte relative al presente procedimento al numero di fax____________
- resistente -


contro
Società Alfa, in persona del suo legale rappresentante pro-tempore, con sede legale in_________, via_____, n.___, rappresentata e difesa dall Avv.___- del Foro di Zeta
Presso il cui studio è eletttivamente domiciliata

*************************************


L'atto va impostato così.
Comparsa di costituzione e risposta
etc.....
1. Si racconta il fatto;
2. si costituisce nel presente giudizio il sig..........contestando inf atto e diritto tutto quanto ex adverso esposto e dedotto e rilevando quanto segue
.3. INammissibilità della domanda di esclusione
Spiegare il perchè in base alla sentenza del trib di verona 18/03/2009
In sostanza il potere di escludere il socio non spetta agli organi sociali
Argomentare ex art. 2473 bis
4. Insussistenza dei presuposti ex art. 700 c.p.c.
- non c'è periculum perchè nessun danno deriva alla società dalla permanenza del socio che non svolge funzioni di amminstratore;
- non c'è fumus perchè la domanda è in ogni caso inammissibile;
- in ogni caso vi è difeto di interesse ad agire per le medesime ragioni che escludono il periculum
5. Inammissiblità della domanda di inibizione dell'accesso ai documento sociali
Non si può limitare il diritto del socio non amministratore di prendere visione dei documenti e dei libri della società e ciò anche al fine di esercitare il dovuto controllo sull'attività amminsitrativa della società
Sul punto vedi trib di verona 18/03/2009
"Il socio non amministratore di società a responsabilità limitata al quale sia precluso dagli amministratori l'esercizio del diritto di controllo mediante l' accesso ai documenti relativi all'amministrazione può ottenere dal giudice provvedimento cautelare che autorizzi l' accesso diretto o tramite professionista di propria fiducia a tutti i libri sociali incluse le scritture contabili. Il diritto di controllo del socio non amministratore, equiparabile in base al disposto dell'art. 2476 c.c. a quello del socio di società di persone, soddisfa l'esigenza di acquisizione di informazioni utili in merito alle modalità di effettivo svolgimento della funzione gestoria da parte degli amministratori ed è funzionale altresì all'esperimento dell'azione sociale di responsabilità promuovibile in via surrogatoria da ciascun socio . Il tribunale che sia adito in via cautelare può integrare la misura cautelare originariamente disposta precisando le modalità di consultazione delle scritture contabili senza che possa opporsi da parte degli amministratori il diritto alla riservatezza dei dati commerciali della società."
6. Ulteriore Inammissibilità della domanda
- il 700 è inammissibile perchè diretto ad ottenere una pronuncia costituiva mentre la tutela d'urgenza presuppone la esistenza del diritto di cui si chiede la tutela
PQM
il sig. .....chiede che il Tribunale voglia
- in via preliminare, dichiarare inammissibli la domadna non sussistendo i presupposti del periculum e del fumus;
- nel merito respingeresi le domande;
- in ogni caso vittoria di spese ed onorari

Da: sarinaav16/12/2010 14:49:39
TRIBUNALE DI ZETA

MEMORIA DI COSTITUZIONE E RISPOSTA


nel procedimento d'urgenza n. .... R.G.

promosso dalla società Alfa, rapp.ta e difesa dall'Avv.

RICORRENTE
contro
il sig. Tizio, codice fiscale n. ...., nato a , res.te in ...., via ...., n. .... , ai fini del presente atto elett.te dom.to in ...., via ...., n. ...., presso e nello studio dell'Avv. ...., codice fiscale n. ...., che lo rappresenta e difende, giusta procura in calce al presente atto


RESISTENTE
* * *

Premesso che

1. con ricorso del , depositato in dataâ . e notificato in data ., unitamente al decreto di fissazione dell'udienza del .,, la società alfa, adiva l'intestato Tribunale, al fine di ottenere una pronuncia in via d'urgenza diretta all'esclusione del socio Tizio, odierno comparente, dalla società medesima, nonché ulteriore pronuncia volta ad inibire al socio Tizio, l'accesso ai documenti societari;
2. in particolare, nel contesto del ricorso, la società alfa, precisava che la domanda di merito avrebbe avuto ad oggetto un'azione diretta ad ottenere una pronuncia dichiarativa - costitutiva di esclusione per giusta causa del socio Tizio, nonché una pronuncia di accertamento della legittimità del rifiuto opposto dall'amministratore alla consegna dei documenti sociali;
Tanto premesso, il sig. Tizio ut supra meglio generalizzato, rapp.to, difeso e dom.to, nel costituirsi in giudizio impugna estensivamente il ricorso su menzionato in quanto inammissibile per i seguenti motivi di

Diritto


1. Carenza dell'interesse ad agire ex art. 100 c.p.c.
- Relativamente alla richiesta relativa alla documentazione:
Presupposto per l'esercizio di un'azione di accertamento è la sussistenza di un'incertezza in ordine ad un diritto o ad una situazione giuridica dedotta nel processo. Ebbene, nel caso di specie, difetta la suddetta situazione di incertezza, in quanto la società alfa, ben avrebbe potuto opporre un rifiuto alla richiesta di accesso del socio tizio ai documenti. E solo, in caso di reazione del socio, avrebbe potuto agire perché venisse accertata l'inesistenza del diritto di tizio a prenderne visione. Fino a tale momento, e non essendo seriamente messo in discussione il diritto della società ad opporre un rifiuto alla richiesta, in capo alla società non può ravvisarsi alcun interesse ad agire. In altri termini, viene richiesta una pronuncia di accertamento in ordine ad una circostanza sulla quale non esiste in concreto alcuna controversia in atto.
Come è ovvio, la mancanza di tale requisito renderebbe inammissibile anche la domanda ordinaria, e quindi a maggior ragione rende inammissibile la domanda cautelare.
D'altra parte, giova sottolineare che il provvedimento cautelare di accoglimento della domanda recherebbe degli effetti non eliminabili con una sentenza di merito, posto che la documentazione sarebbe già entrata nella sfera di conoscenza dell'interessato.
- Relativamente alla richiesta di esclusione del socio:
La carenza di interesse ad agire è ravvisabile laddove si consideri che il diritto che la società alfa pretende di tutelare in via d'urgenza, non è connotato dal carattere dell'attualità, potendo venire ad esistenza solo a seguito di una pronuncia giurisdizionale di carattere costitutivo.

2. Assenza delle condizioni ex art. 700 c.p.c.
In via subordinata, giova precisare che, quand'anche si volesse ritenere sussistente un interesse ad agire in capo alla società alfa, certamente difetterebbero i requisiti ex art. 700 c.p.c.. In effetti, il provvedimento è cautelare, o assolve a funzioni cautelari, quelle volte in cui, insuscettibile esso stesso di apprestare una regolamentazione definitiva al contendere, miri più semplicemente ad assicurare gli effetti di una sentenza di merito che probabilmente riconoscerà la fondatezza delle ragioni del ricorrente (fumus boni iuris), e la cui attesa probabilmente causerebbe dei danni allo stesso ricorrente (periculum in mora). Ciò posto, la richiesta volta ad ottenere una pronuncia diretta alla esclusione del socio, difetta il requisito del periculum in mora, ovverosia del pregiudizio imminente ed irreparabile che deriverebbe dal decorrere del tempo necessario per una pronuncia di merito. In effetti, appare inverosimile la sussistenza del pericolo di pregiudizio nel ritardo, dal momento che questo avrebbe dovuto trarsi dalla sola persistenza della qualifica di socio, in capo al sig. Tizio. In effetti, poiché il comparente, è privo di qualunque potere gestionale ed avendo quale sua unica facoltà quella di chiedere di prendere visione delle informazioni sociali, cui la società ben può - come su detto - opporre rifiuto, non vi è alcuno spazio per ritenere incombente sulla società un pericolo tale da legittimare l' esclusione cautelare del socio.
Tutto quanto sopra premesso in fatto e considerato in diritto, il sig. Tizio, ut supra meglio generalizzato, rapp.to, difeso e dom.to rassegna le seguenti
Conclusioni
"Voglia l'Il.mo Tribunale Zeta, contrariis reiectis,
preliminarmente, accertata la carenza dell'interesse ad agire in capo alla società alfa, nonché l'insussitenza delle condizioni d cui all'art. 700 c.p.c., dichiarare inammissibile il ricorso ex art. 700 c.p.c. proposto dalla società alfa.
Nel merito,
Con vittoria di spese, diritti ed onorari del presente giudizio, con attribuzione al procuratore antistatario"
In via istruttoria,
Si producono i seguenti documenti:
1. originale della copia notificata del ricorso introduttivo;

Con espressa riserva di ulteriormente dedurre, produrre, capitolare, chiedere ammissione di prova per testi ed indicarne il nome, depositare documenti e provare per detti, instare per CTU e per ogni altra attività istruttoria, diversamente concludere.
Salvis iuribus.
...., lì ....

Avv


posso inviare questo? qualcuno competente e serio me lo può confermare

Da: finalmente16/12/2010 16:56:24
avete notizie su napoli?

Da: LILLA16/12/2010 16:59:08
mm perchè spari cavolate............................gli espulsi ci sono stati ovunque

Da: marta8216/12/2010 17:37:31
notizie di lecce?

Da: kin16/12/2010 21:08:41
chi corregge catanzaro?

Da: stanca16/12/2010 21:29:13
avete tutti fatto l appello??

Da: x stanca16/12/2010 21:32:56
ma vai a fare in culo pure tu

Da: stanca16/12/2010 21:36:41
perchè?? Ma sei imbecille???

Da: stanca16/12/2010 21:37:25
se ti è andato male l esame non è colpa mia

Da: aiuto16/12/2010 21:45:43
ragazzi scusate: io non ho messo il mandato è grave???

Da: il corvo16/12/2010 21:46:13
allora corregge milano?

Da: amy16/12/2010 23:01:11
no. l'anno scorso Genova ha corretto Reggio Calabria. Ancona ha corretto nel 2004

Da: per I Romani16/12/2010 23:14:48

Da: per I Romani16/12/2010 23:14:48

Da: per I Romani16/12/2010 23:15:35

Chi sa dirmi Roma da chi verrà corretta?

Grazie rispondete con notizie attendibili.

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