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Esame avvocato Spagna
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Da: help | 02/10/2010 10:31:55 |
buongiorno a tutti....c'è qualcuno nel forum che conosce l'avv gagliardi e/o si è laureato in spagna grazie a lui??? | |
Da: Castigo divino la vendetta | 02/10/2010 10:43:24 |
Vai sul sito e contattalo...non e' difficile....gia la domanda e' sospetta....onsei alle prime armi o una spia...quindi attento Il prossimo presidente del COA Roma lo sceglieranno gli abogados...a questo punto e' inevitabile...(conti alla mano...). | |
Da: da x tutti x Cuenca | 02/10/2010 10:43:44 |
letta pagina 153, condivido integralmente. | |
Da: da x tutti x help | 02/10/2010 10:50:17 |
In spagna nessuno si laurea grazie a lui, ma esiste meritocrazia. Help si più preciso quando sibillinamente vuoi intendere qualcosa. | |
Da: x tutti | 02/10/2010 10:58:39 |
Così, ai sensi dellâart. 328 cod. pen., è punito con la reclusione da sei mesi a due anni il pubblico ufficiale o lâincaricato di pubblico servizio che âindebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo. Fuori dei casi previsti dal primo comma, il pubblico ufficiale o lâincaricato di pubblico servizio che entro trenta giorni dalla richiesta di chi vi abbia interesse non compie lâatto del suo ufficio e non risponde per esporre le ragioni del ritardo, è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino a milletrentadue euro. Tale richiesta deve essere redatta in forma scritta e il termine di trenta giorni decorre dalla ricezione della richiesta stessa | |
Da: Castigo divino la vendetta | 02/10/2010 11:05:22 |
Se si arriva a chiedere di Gagliardi vuol dire che sono disperati. Pero vuol dire che qualcuno che e' stato convocato parla troppo e a sproposito... Capite perché si e' ribadito che l'intento delle convocazioni e' carpire notizie? Perché Barbantini sa che cosa e' il NIE? Perché chi si presenta li non si limita a rispondere al questionario ,ma argomenta ,illustra , spiega come un perfetto scemo.... Sono convinto che c'r anche chi argomenta male e in malafede. O si spiega male. E' maturato a mio avviso l'erroneo convincimento che le agenzie regalino il titolo. Magari fosse così semplice. La convinzione e' fortissima per Cepu, ma francamente non ho idea di come si possa dimostrare. | |
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Da: Castigo divino la vendetta | 02/10/2010 11:08:19 |
X tutti invero , se dovessero non iscrivere o cancellare il PM viene informato (Art.6 Comma 7 Dlgs 96/2001). Questo e' un reato perseguibile d'ufficio. Non e' che chi lo subisce possa impedire il rilevo del PM | |
Da: Dede | 02/10/2010 11:19:09 |
Qualcuno va a Murcia pùblica per la convocatoria del prossimo 8 ottobre? | |
Da: x tutti | 02/10/2010 12:02:15 |
Io comunque alla scadenza dei trenta giorni metterei in mora | |
Da: x tutti | 02/10/2010 12:03:55 |
x castigo divino nel questionario cosa chiedono | |
Da: AVV Murcia | 02/10/2010 13:19:45 |
io vado aalla pubblica | |
Da: Castigo divino la vendetta | 02/10/2010 14:05:12 |
Le domande le hanno addirittura pubblicate... Verbale di adunanza del 09 o del 16 settembre, cerca li e le trovi. Nonostante sapessero di non dover procedere- vedi conclusioni Avv.Generale e decreti Ministeri Giustizia-per difetto di norme che autorizzassero il questionario, hanno comunqe deciso di andare avanti. Vi rinvio ai commenti sopra per le possibili conseguenze se non la fanno finita. A questo punto e' sufficiente che solo uno dei convocati rifiiuti di rispondere alle domande per scatenare l'inferno. Cosa fAnno, cancellano un iscritto perché non ha risposto alla domanda " come mai ha scelto l'Italia per stabilirsi"? Si accomodino pure, alla fine siamo 300 abogados contro uno sparuto gruppetto di consiglieri, evidentemente non troppo preparati. | |
Da: Castigo divino la vendetta | 02/10/2010 14:31:44 |
Notate bene: hanno evitato di pubblicare i verbali di settembre sino all'adunanza U.S. Perché ? Perché sapevano già dagli inizi di Settembre che la loro condotta non aveva più il supporto della giurisprudenza ( almeno , nella fantasiosa interpretazione della stessa). Se ne sono stati zitti,zitti ed hanno inviato le convocazioni. Intanto qualcuno in buona fede e' andato... Ora invece ogni convocato ha la prova Che quantomeno non hanno agito in buona fede. Una curiosità : chissà se( semmai a questo punto possano realmente procedere con provvedimenti avvversi) pensano che la cancellazioni opero ex tunc o ex nunc.... No , mica per altro....abbiamo votato....! Se ex nunc ok , ma in caso contrario ( l'istruttoria vuol tendere a dire che i requisiti per l'iscrizione non ci sarebbero mai stati) i nostri voti che fine fanno? Pertanto , potrebbero solo lavorare su un difetto sopravvenuto e non genetico.....e quale...che in due mesi di iscrizione in Italia mi sono scordato la lingua.....? Ahahahahaha E questi sono avvocati.....per giunta con la pretesa di rappresentare il più grande ordine d'Italia? Complimenti | |
Da: Filippo | 02/10/2010 15:16:03 |
Mi chiedo che interesse possano avere questi consiglieri dell'ORDINE di Roma ad esporsi a tutti questi rischi e responsabilità anche di carattere personale, se fossi in loro ci penserei bene prima di continuare in questa attività palesemente illegittima..........ma chi glielo fa fare!!! | |
Da: Dede per AVV | 02/10/2010 15:20:55 |
Tu hai già sostenuto esami lì? Temari un po' lunghi ma le modalità d'eame sembrano buone.. | |
Da: Cuenca Superstar 2009 | 02/10/2010 15:35:31 |
Orgoglio di alcuni , lenta coscientizzazione del problema da parte di altri....tutto qua | |
Da: sbalordito | 02/10/2010 15:48:53 |
ma non vete ancora capito che di voi se ne sbattono il piffero a roma? cosa pensate che abbiamo paura di un procedimento amministrativo che poi dura anni? il loro intento è chiaro ed ha natura politica,, è inutile che continuiate a fare sottili considerazioni giuridiche: vogliono tagliarvi fuori! stop! e POSSONO FARLO (ne hanno il potere),,, dei ricorsi s ene sbattono,, ! il resto sono chiacchere! a livello personale ciascun singolo consigliere nn rischia assolutamente nulla,,, non farneticate,, | |
Da: Cuenca Superstar 2009 | 02/10/2010 15:58:33 |
ma , io credo che qui c'e chi abbia voglia di fare un ricorso che non si basa su sottile argomentazioni giuridiche ma di macroscopici errori. Gli stessi errori che il Ministero di Giusitiza ha riconosciuto , quindi non si veda quale autorità abbia un Coa più di un Ministero. Per il resto , se sono chiacchiere o meno lo deciderà il PM che riceve gli atti dall'Ordine in caso di diniego o cancellazione ( rinvio all'Art.6 COmma 7 del Dlgs 96/2001). Meglio che taci , dammi retta. | |
Da: sbalordito | 02/10/2010 16:02:13 |
gli errori sono macroscopici, solo perchè voi siete convinti che loro si muovano sulla base di considerazioni giuridiche. Invece no! Hanno uno scopo politico preciso: farvi fuori!!!!!! Delle conseguenze se ne sbattono altamente!!!!!! Non rischaino nulla!!!! Voglio vedere poi chi ha soldi e tempo da buttare in un procedimento amministrativo,,,,,,, | |
Da: Cuenca Superstar 2009 | 02/10/2010 16:05:44 |
Cosa vuoi che ci costi ? I bolli ... Per il resto ce lo facciamo da soli...siamo avvocati ,no...non credo che avremo bisogno di altro se non il nostro "avouè".... O sei di qeulli che credono che con la cancellazione non siamo abilitati davanti al Giudice Italiano? Se pensi questo , prima di metter le dita sulla tastiera un'altra volta guardati L.31/1982 ( attuazione Direttiva 249/77) | |
Da: Filippo x sbalordito | 02/10/2010 16:06:03 |
Tu ti stai sbagliando di grosso mia sorella è presidente di un ordine professionale (diverso per fortuna da quello degli avvocati) in una grande città e ti assicuro che m........e cosi' non ne farebbe mai , mai si esporrebbe a responsabilità personali per una carica per giunta solo onorifica...............e cosi' tutti gli altri consiglieri . | |
Da: sbalordito | 02/10/2010 16:09:39 |
xchè tua sorella è una persona per bene. Gli avv del consiglio di roma hanno un pelo tanto sullo stomaco,, dammi retta.... vantano agganci politici (per non parlare di altri,,, di natura più torbida... ). Avete a che fare col Potere vero, mica con pizza e fichi | |
Da: Cuenca Superstar 2009 | 02/10/2010 16:09:40 |
Filippo , ma non dovevamo sentirci....perchè non squilli al numero dell'associazione che poi ti richiamo ( oggi o domani). Ce no ho da dirti di cose che qua non posso scrivere....se questo qua solo le immaginasse si rimangerrebbe tutto quello che ha scritto e di corsa | |
Da: Cuenca Superstar 2009 | 02/10/2010 16:11:47 |
Certo che è potere vero , solo che le cose si devono fare nel modo giusto..errori così grossolani si rimediano ,...guarda che il potente che copre non lo fà all'infinito , specie se il coperto alla fine commette errori inaccettabili. Vedi che la politica la conosciamo bene anche noi.... | |
Da: sbalordito | 02/10/2010 16:14:33 |
Non fraintendete i miei tono cinici! SONO DALLA VS PARTE! Ma conosco abb bn l'it da potervi dire che non si fermeranno finchè non vi avranno tagliati fuori tutti. Del resto leggendo il forum si capisce come anche voi dopo un'iniziale euforia ottimistica siate passati a considerazioni di ben altra natura, stupiti dal fatto che nonostante la l. fosse dalal vs parte, il coa di roma ha continuato e sta continuando imperterrito nel suo intento criminale | |
Da: sbalordito | 02/10/2010 16:23:44 |
so per certo che le convocazioni continuano e che vengono condotte con sempre maggiore sicurezza dai consiglieri! meno male avevano paura! | |
Da: Cuenca Superstar 2009 | 02/10/2010 16:24:34 |
C'e uno sfasamento temporale del flusso di informazioni. Non è che il Coa sia un sistema chiuso , anzi...comunica con l'esterno e cerca di chiarire i propri intendimenti. Tuttavia quanto che gli è stato trasmesso di volta in volta non era mai una informativa totalmente completa ( si , perchè alcune attività di difesa intraprese non potevano essere divulgate , ne lo possono ancora ) . Sono andati avanti lo stesso senza rendersi conto bene di cosa stesse accadendo intorno. Se gioved' hannpo reso pubblico un passato " scomodo" è perchè sapevano che la situazione era peggiorata... Oggi, vi garantisco ( e forse ancora non lo sanno) che è peggio di giovedi ( da venerdì alle 11:00 grossomodo).. QUindi io capisco la tua posizione , solo ti dico , non credere che non si sia tenuto conto anche di certe logiche che tu evidenzi. Se avessimo avuto il minimo dubbio su quanto si sostiene , non saremmo certo arrivati a un possibili scontro con "certi poteri". Tutto già preventivato , non preoccuparti | |
Da: Cuenca Superstar 2009 | 02/10/2010 16:26:26 |
La sicurezza la hanno permessa quelli che se la sono fatta addosso e sono andati li in ginuflessione. Mi auguro per loro che siano stati convincenti | |
Da: potrebbe servire a chi ignora | 02/10/2010 16:44:46 |
Lâ ESERCIZIO DELLA PROFESSIONE FORENSE IN EUROPA* (pubblicata in âRassegna giuridica umbraâ n.1/2007) SOMMARIO: 1.La normativa comunitaria in materia di esercizio della professione forense in Europa. - 2. La disciplina italiana di attuazione delle direttive CE. â" 3. Segue: lâesercizio della professione legale in forma collettiva nel nostro ordinamento. â" 4. Pronunce della Corte di Giustizia in materia di esercizio della professione di avvocato e dellâattività di praticante legale allâinterno della CE. 1. Lâesercizio nellâUnione europea delle libere professioni, tra cui quella forense, può tradursi o in unâattività temporanea di libera prestazione di servizi, o in unâattività permanente in regime di stabilimento. Più precisamente si parla di libera prestazione di servizi quando, ai sensi degli artt. 49 - 55 del Trattato CE, si fa riferimento alla possibilità, da parte di un cittadino comunitario, persona fisica o giuridica, di effettuare unâattività economica o una prestazione di lavoro autonomo o professionale in un diverso Stato membro, ma solo in via temporanea ed occasionale; di libertà di stabilimento, invece, quando, ex artt. 43- 48 TCE, unâattività economica o una prestazione di lavoro autonomo o professionale sono effettuati in un diverso paese della CE in forma stabile, cioè continuativa e permanente (1). Le regole in materia di esercizio della professione di avvocato allâinterno dellâUnione europea sono dettate da varie direttive comunitarie, seguite dalle normative nazionali di recepimento (2). Prima direttiva adottata in materia è la 77/249/CEE del 22 marzo1977, intesa a facilitare lâesercizio effettivo della libera prestazione di servizi da parte degli avvocati allâinterno della CE, che è stata attuata in Italia con la legge n. 31 del 9 febbraio 1982; in secondo luogo esamineremo la direttiva 89/48 del 21 dicembre 1988, relativa ad un sistema generale di riconoscimento dei diplomi dâistruzione con formazione professionale di una durata minima di tre anni, recepita nel nostro ordinamento con il D.lgs n. 115 del 27 gennaio 1992; da ultimo analizzeremo lâimportante direttiva 98/5 del 16 febbraio 1998, volta a facilitare lâesercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui si è acquistata la qualifica, attuata in Italia con il D.lgs n. 96 del 2 febbraio 2001. Altra fonte di diritto comunitario da menzionare è la recentissima direttiva 12 dicembre 2006 n.123, la famigerata âBolksteinâ(3), approvata dopo anni di accese discussioni, tesa ad agevolare la libera prestazione di servizi allâinterno dellâUnione europea. Tale normativa è molto importante, ma in realtà non va a modificare la disciplina già prevista per lâesercizio della professione forense allâinterno della CE. Infatti espressamente lâart.3 sancisce che se disposizioni della direttiva confliggono con norme di altri atti comunitari che disciplinano lâaccesso o lâesercizio di specifiche attività professionali, le disposizioni di questi altri atti comunitari prevalgono sulla direttiva in materia di servizi. Tra queste normative rientrano sicuramente le direttive n. 249 del 1977, n. 48 del 1989 e n. 5 del 1998 citate. Inoltre il successivo art.17 prevede espressamente lâesenzione dellâattività forense dallâapplicazione dellâart.16 riguardante la libera prestazione di servizi. Tornando allâesame della normativa comunitaria specifica per lâesercizio della professione di avvocato nei paesi dellâUnione europea, in primo luogo è stata adottata dalla CEE nel 1977 la direttiva n. 249, che ha disciplinato lo svolgimento di tale attività in regime di libera prestazione di servizi(4). Secondo la direttiva gli Stati membri hanno lâobbligo di consentire ai cittadini comunitari abilitati alla professione legale nel paese dâorigine lo svolgimento temporaneo dellâattività professionale alle condizioni previste da ciascuno Stato sulla base delle indicazioni contenute nella stessa direttiva. In particolare la normativa comunitaria effettua una distinzione tra espletamento di attività stragiudiziale e giudiziale, prevedendo solo per questâultima che lâesercizio dellâattività dellâavvocato comunitario sia soggetta alle condizioni previste per i legali stabiliti nello Stato membro in cui sâintende effettuare il servizio (ad es. lâavvocato comunitario dovrà rispettare le norme legislative, professionali e deontologiche previste per i legali italiani, con esclusione dei requisiti di residenza ed iscrizione ad unâorganizzazione professionale nel paese ospitante, che per lâavvocato di un altro paese membro non è necessaria). La direttiva prevede inoltre la facoltà per gli Stati membri (e così è infatti stato stabilito il Italia nella legge 31/82 di attuazione) di richiedere agli avvocati comunitari, per quanto riguarda lâattività giudiziale, di agire di concerto con un legale del paese ospitante abilitato allâesercizio della professione innanzi allâautorità giurisdizionale adita, restando invece gli stessi liberi di esercitare lâattività di consulenza legale e lâattività stragiudiziale in genere (5). Alla direttiva del 1977 è seguita la direttiva n. 48 del 1989 (6), che esporta il principio del âmutuo riconoscimentoâ, previsto per la libera circolazioni delle merci, al settore delle âattività professionali regolamentateâ (che sono definite dalla direttiva come quelle âattività professionali per le quali lâaccesso alle medesime od il loro esercizio in uno Stato membro siano subordinati, direttamente o indirettamente, mediante disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, al possesso di un diploma o di unâabilitazione professionaleâ). In particolare, secondo la direttiva n.48 del 1989 se un cittadino comunitario è in possesso di un diploma abilitante allâesercizio di una professione in un paese della UE, ha possibilità di svolgere la medesima attività, in via occasionale (come libera prestazione di servizi) o permanente (in regime di libero stabilimento), in un qualsiasi Stato membro. Nel caso in cui la corrispondenza tra la formazione professionale acquisita dal soggetto nel proprio paese di origine rispetto alle condizioni previste nello Stato ospitante sia solo parziale, il regime di riconoscimento del diploma è subordinato a specifici meccanismi di compensazione: se ad es. nel paese ospitante è previsto un diverso contenuto delle materie oggetto delle prove di abilitazione per lâesercizio di una professione, ciascuno Stato membro potrà imporre al professionista di un altro paese della CE lâespletamento di una prova attitudinale, a seguito della quale il professionista potrà esercitare lâattività professionale fregiandosi del corrispondente titolo professionale del paese ospitante. La direttiva 89/48 sarà abrogata a far data dal 20 ottobre 2007, in quanto la nuova direttiva generale relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, n. 36 del 7 settembre 2005(7) prevede che gli Stati membri adottino le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi a tale direttiva entro tale data. Mentre la direttiva 89/48 riguarda in generale tutte le attività professionali, per lâesercizio della professione forense la direttiva più importante e specifica è sicuramente la n. 5 del 1998(8), volta a facilitare lâesercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui si è acquistata la qualifica. Ne parleremo approfonditamente in seguito, analizzando nei dettagli il D.lgs n. 96 del 2001, che ha recepito tale direttiva nel nostro ordinamento. 2. Per quanto riguarda la normativa italiana, le condizioni per lâesercizio della professione di avvocato sono contenute nel risalente Regio d.l. n. 1578 del 27 novembre 1933, convertito in legge n. 36 del 1934, normativa integrata successivamente, tra le altre norme, dalla legge n. 146 del 22 febbraio 1994, che ha disposto, ai fini dellâiscrizione allâAlbo degli Avvocati, lâequiparazione tra cittadini italiani e comunitari. Oltre alla legge n. 36 del 1934, il quadro normativo italiano è costituito anche dalle norme, di cui abbiamo accennato, che hanno recepito nel nostro ordinamento le direttive comunitarie in materia di esercizio nellâUnione europea delle professioni regolamentate, ed in particolare di quella forense(9) . Per quanto riguarda lâesercizio temporaneo ed occasionale della professione in Italia da parte di un avvocato di un altro Stato della CE, bisogna, come già accennato, far riferimento alla legge n. 31 del 1982, che ha recepito in modo fedele la direttiva CE n. 249 del 1977 in materia di libera prestazione di servizi, specificando in dettaglio lâattuazione nel nostro ordinamento delle prescrizioni generali contenute dalla direttiva. In particolare viene precisato che per lo svolgimento in via temporanea dellâattività giudiziale lâavvocato comunitario dovrà agire dâintesa con un avvocato italiano abilitato allâesercizio della professione dinanzi allâautorità giudiziale adita, mentre per lâattività di consulenza legale e lâattività stragiudiziale in genere tale intesa non sarà necessaria. Inoltre, sempre secondo la legge 31/82, prima dellâinizio delle attività professionali nel nostro territorio gli avvocati di un altro paese della UE sono tenuti a comunicare per iscritto al Presidente dellâordine degli avvocati nella cui circoscrizione di Tribunale lâattività deve essere svolta i dati anagrafici e professionali, oltre al recapito in Italia nel periodo di permanenza. In merito a tale aspetto è da segnalare la legge n. 14 del 3 febbraio 2003(10), comunitaria del 2002, che ha disposto, in attuazione di una sentenza della Corte di giustizia del 2002 (11) lâabrogazione dellâart. 2, 2° comma, della legge n. 31 del 1982. Tale norma vietava agli avvocati comunitari esercitanti la professione in via temporanea nel nostro paese, di disporre in loco di unâinfrastruttura necessaria al compimento dellâattività: quindi mentre prima il legale comunitario doveva appoggiarsi ad uno studio di un legale italiano, oggi può legittimamente disporre in Italia di un proprio ufficio, anche in via permanente, per seguire le proprie pratiche. Inoltre la stessa legge n.14 del 2003 ha aggiunto la facoltà per lâavvocato di un altro paese dellâUnione europea (come per quello italiano) di iscriversi presso il foro nel quale lo stesso ha il domicilio, che non deve necessariamente corrispondere a quello della propria residenza.. Per quanto riguarda invece la direttiva generale sul riconoscimento dei diplomi di formazione professionale n. 48 del 1989, la stessa è stata recepita in Italia con il D.lgs n. 115 del 27 gennaio 1992(12). Specificamente ai fini del riconoscimento del titolo per esercitare la professione di avvocato nel nostro paese, secondo tale decreto, oltre che ai sensi dellâapposito regolamento, definito nel decreto del Ministero di grazia e giustizia n. 191 del 2003 (13), il cittadino comunitario dovrà sostenere una prova attitudinale, che viene svolta almeno due volte allâanno dinanzi ad una apposita Commissione costituita presso il Consiglio nazionale forense. Tale prova consiste in un esame volto ad accertare le conoscenze professionali e deontologiche dellâavvocato comunitario, tenendo conto anche della sua preparazione conseguita nello Stato dâorigine(14). Una volta superata la prova, il professionista potrà iscriversi allâAlbo avvocati di una circoscrizione di Tribunale in Italia. Con il D.lgs n. 96 del 2 febbraio 2001, emanato a seguito della legge n. 526 del 1999, comunitaria per il 1999, si è infine provveduto a recepire nel nostro ordinamento la direttiva n. 5 del 1998 in materia di libertà di stabilimento degli avvocati comunitari (15). In sintesi tale decreto prevede che lâavvocato di un altro paese membro che intenda esercitare in via permanente la professione legale in Italia debba innanzitutto iscriversi in una sezione speciale dellâAlbo nella circoscrizione del Tribunale in cui ha fissato la propria residenza o domicilio, diventando così âavvocato stabilitoâ. Dopo tre anni di esercizio effettivo e continuato della professione forense nel nostro paese, lâavvocato stabilito diventerà âavvocato integratoâ, cioè potrà a tutti gli effetti utilizzare il titolo di avvocato italiano. Il D.lgs 96/2001 prevede inoltre - e ciò costituisce unâassoluta novità del nostro ordinamento- che lâattività professionale possa essere esercitata in modo collettivo, oltre che nella forma dellâassociazione professionale, già regolata dalla legge n. 1815 del 1939, anche in quella di società tra professionisti, dando la possibilità anche agli avvocati comunitari stabiliti di esserne soci; inoltre il decreto del 2001 garantisce alle società tra avvocati costituite in un altro paese della UE il diritto di svolgere lâattività professionale in Italia nel rispetto delle condizioni fissate dallo stesso decreto. Entrando più nel dettaglio delle norme del D.lgs n. 96 del 2001, abbiamo visto che in una prima fase lâavvocato di un altro paese della CE può stabilirsi in Italia e chiedere di esercitare la professione utilizzando il proprio titolo professionale dâorigine(16), iscrivendosi in una sezione speciale dellâAlbo presso la circoscrizione del Tribunale in cui ha fissato la propria residenza o domicilio. Lâavvocato che intende stabilirsi dovrà rispettare le norme legislative, professionali e deontologiche che disciplinano lâesercizio della professione legale in Italia, ha diritto di elettorato attivo ( può quindi nominare i membri dei Consigli dellâordine), ma non passivo (non può essere quindi eletto), è tenuto a frequentare i corsi di formazione previsti per gli avvocati italiani e deve sottostare al potere disciplinare del Consiglio dellâordine competente. Per quanto riguarda lâesercizio concreto dellâattività professionale, come in caso di libera prestazione di servizi, lâavvocato âstabilitoâ ha diritto di esercitare lâattività di rappresentanza, di assistenza e difesa nei giudizi civili, penali, amministrativi e disciplinari, ma in tal caso dovrà agire âdâintesa con un professionista abilitato ad esercitare la professione dinanzi alle autorità aditeâ, che deve risultare da scrittura privata autenticata o da dichiarazione scritta resa da entrambi gli avvocati dinanzi al giudice o allâautorità competente anteriormente alla costituzione della parte rappresentata, ovvero al primo atto di difesa dellâassistito (nei giudizi penali). Lâobbligo di agire âdi concertoâ non implica che lâavvocato italiano abbia egli stesso ricevuto un mandato alle liti o che sia stato nominato difensore di fiducia nellâambito della causa. Lâavvocato italiano cui si appoggia il legale comunitario stabilito serve ad assicurare i rapporti con lâautorità adita e nei confronti della medesima tale avvocato è responsabile dei doveri imposti dalla legge ai difensori. Secondo la direttiva 98/5 la finalità della concertazione dellâavvocato comunitario con quello italiano è quella di âfornire allâavvocato stabilito un supporto tecnico necessario per agire in un sistema giurisdizionale diverso da quello che gli è familiare e di garantire al giudice adito che lâavvocato stabilito disponga effettivamente e sia quindi in grado di rispettare pienamente le norme procedurali e deontologiche previste dal nostro ordinamentoâ. Per quanto riguarda il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori (es. la Corte di Cassazione) lâavvocato stabilito può assumerlo se dimostra, presentando idonea documentazione al Consiglio nazionale forense, di aver esercitato la professione di avvocato per almeno 12 anni in uno o più Stati della UE: in tal caso verrà iscritto in una sezione speciale dellâAlbo degli avvocati. Per quanto riguarda invece lâattività stragiudiziale (anche qui analogamente allâesercizio temporaneo dellâattività) non sono previste dal Dlgs 96/2001 tali limitazioni, potendo lâavvocato stabilito in particolare fornire, senza necessità dâintesa con un avvocato italiano, consulenza legale sul diritto del suo Stato dâorigine, sul diritto comunitario, internazionale, ed anche sul diritto italiano. Dopo tre anni di attività effettiva e regolare (effettuata cioè senza interruzioni) in Italia, lâavvocato stabilito potrà iscriversi nella sezione ordinaria dellâAlbo degli avvocati ed esercitare la professione con il titolo di avvocato italiano, al quale ha il diritto di aggiungere quello professionale dâorigine. Da tale momento lâavvocato comunitario (che da âstabilitoâ, diventa avvocato âintegratoâ) è equiparato a tutti gli effetti ad un professionista del nostro paese. Nel caso in cui lâavvocato stabilito abbia esercitato in Italia la professione continuativamente per tre anni, ma abbia trattato pratiche attinenti al diritto italiano per un periodo di tempo inferiore (si parla in tal caso di avvocato âsemi- integratoâ), può diventare avvocato integrato solo a seguito del superamento di un colloquio presso il Consiglio dellâordine competente, teso a verificare la preparazione e lâesperienza del legale in materia di diritto italiano. Eâ necessario coordinare la disciplina prevista dal D.lgs n. 96 del 2001 con quella del D.lgs 115/1992 in materia di riconoscimento del titolo professionale del paese di origine. Un avvocato di un altro paese della UE ai sensi di tale legge abbiamo visto possa chiedere, per poter esercitare lâattività professionale in via temporanea o in forma stabile in Italia, il riconoscimento del proprio titolo abilitante alla professione, ottenuto nel proprio paese dâorigine, sottoponendosi ad unâapposita prova attitudinale presso il Consiglio nazionale forense. Al riconoscimento del titolo converrà procedere solo quando un avvocato comunitario intenda svolgere stabilmente in Italia lâattività professionale senza attendere i tre anni di tirocinio, previsti dal D.lgs 96/2001 per ottenere la dispensa dalla prova attitudinale imposta dal D.lgs 115/1992. Qualora, infatti, lâavvocato comunitario intenda svolgere lâattività professionale solo in via temporanea, non avrà interesse ad ottenere il riconoscimento del titolo ai sensi del D.lgs 115/92, essendo in tale caso sufficiente rispettare le condizioni di cui alla legge n. 31/1982, attuativa della Dir. 249 del 1977 in materia di libera prestazione di servizi. 3. La professione forense, oltre che in forma individuale, secondo la normativa italiana può essere esercitata anche in forma collettiva. Gli avvocati, già ai sensi dellâart.1 della risalente legge n. 1815 del 1939 possono esercitare la professione in comune costituendo unâassociazione professionale. La stessa non è soggetta allâiscrizione allâAlbo, ma si iscriveranno a questâultimo gli avvocati associati, in forma individuale; inoltre lâassociazione non può assumere incarichi in proprio, ma gli stessi sono conferiti ai singoli professionisti membri dellâassociazione, che rispondono personalmente e illimitatamente per la loro esecuzione. Il D.lgs 96/2001 prevede inoltre espressamente che anche gli avvocati di un altro paese comunitario possano associarsi tra di loro o partecipare ad unâassociazione professionale tra legali italiani. Il D.lgs 96/ 2001 ha inoltre consentito per la prima volta agli avvocati, a seguito della rimozione, effettuata ex lege n. 266 del 1997, del precedente divieto previsto dallâart. 2 della legge n.1815 del 1939, di esercitare la professione in forma societaria, la c.d. Stp (Società tra professionisti), secondo le specifiche disposizioni del decreto o, in mancanza, delle norme previste per le società in nome collettivo ( salvo quelle fallimentari, essendo la Stp esclusa da tale procedura concorsuale, visto che non esercita attività imprenditoriale, ma professionale)(17). La società tra professionisti deve iscriversi in una sezione speciale dellâAlbo avvocati, può essere costituita da soli legali abilitati ed ha per oggetto esclusivo lâesercizio in comune della professione forense. La ragione sociale è costituita dal nome e dal titolo professionale di tutti i soci, o di uno di loro con la locuzione âe altriâ e lâamministrazione spetta esclusivamente ai soci, non potendo essere conferita a soggetti terzi. Lâincarico professionale è conferito alla società, ma viene svolto personalmente da uno o più soci, e di ciò deve essere espressamente informato il cliente. Il socio o i soci incaricati sono personalmente e illimitatamente responsabili per lâattività professionale svolta in esecuzione dellâincarico. Mentre la società tra professionisti è la forma societaria obbligatoria per svolgere attività di rappresentanza, assistenza e difesa in giudizio; la sola attività di consulenza legale può essere anche esercitata costituendo altri tipi di società, ad esempio da società in nome collettivo o in accomandita semplice. Anche gli avvocati di un altro paese comunitario stabiliti in Italia possono essere soci a pieno titolo in una società tra professionisti, ma per lâattività di rappresentanza, assistenza e difesa in giudizio dovranno agire di concerto con un socio della STP abilitato ad esercitare la professione dinanzi allâautorità adita, restando invece gli stessi avvocati stabiliti liberi di dare consulenze legali e di espletare attività stragiudiziale. Lâintesa con avvocati italiani per svolgere attività giudiziale è necessaria anche se si stabilisce nel nostro paese una sede secondaria con rappresentanza stabile o unâagenzia di una società tra professionisti costituita in un altro Stato dellâUnione europea; inoltre la suddetta società deve iscriversi in una sezione speciale dellâAlbo avvocati della circoscrizione del Tribunale dove ha fissato la propria sede legale. 4. Gli Stati membri dellâUnione europea hanno adottato proprie normative interne regolanti lâesercizio della professione forense, e sicuramente la maggior parte delle stesse sono state emanate in attuazione delle direttive comunitarie in materia. Non entreremo nel dettaglio delle varie leggi nazionali, ma mi sembra interessante segnalare due recenti sentenze della Corte di giustizia, grande sezione, del 19 settembre 2006, che hanno esaminato la compatibilità con la direttiva 98/5 della normativa disciplinante la professione di avvocato vigente nel Granducato di Lussemburgo(18). In una sentenza(19) è stata sottoposta alla Corte comunitaria una questione nellâambito di una controversia sorta in seguito del rifiuto, da parte del Consiglio dellâordine degli avvocati del Foro di Lussemburgo, di iscrivere allâalbo un cittadino del Regno unito, il signor Wilson. In particolare il diniego di iscrizione è stato effettuato in quanto tra i requisiti necessari per lâiscrizione allâalbo degli avvocati la legge nazionale lussemburghese del 2002, che ha recepito la direttiva CE 98/5, prevede che lâavvocato straniero abbia padronanza di almeno una delle lingue utilizzate in Lussemburgo, che sono francese, tedesco o lussemburghese. Il cittadino britannico, presentatosi al colloquio per lâammissione allâordine degli avvocati nel Granducato di Lussemburgo, ha rifiutato di sostenere il colloquio senza essere assistito da un avvocato lussemburghese che lo avrebbe aiutato a comprendere la lingua straniera. La Corte di giustizia, considerando che uno degli obiettivi della direttiva 98/5 è quello di dare possibilità agli avvocati di un altro Stato dellâUnione europea di esercitare stabilmente la professione in un altro paese membro con il loro titolo professionale di origine, ha dichiarato che la normativa regolante lâaccesso alla professione di avvocato vigente nel Granducato di Lussemburgo osta con lâart. 3 della direttiva stessa, nella parte in cui subordina lâesercizio della professione ad un previo controllo della padronanza delle lingue dello Stato ospitante. Con la seconda sentenza(20) la Grande sezione della Corte di Giustizia ha accolto il ricorso proposto dalla Commissione delle Comunità europee contro il Granducato di Lussemburgo volto ad evidenziare lâillegittimità delle previsioni della legge nazionale lussemburghese del 2002, già citata nella precedente questione, laddove essa impone allâavvocato straniero, oltre di effettuare il colloquio per ottenere lâiscrizione allâalbo in una delle lingue utilizzate nello Stato, anche di presentare ogni anno il certificato di iscrizione presso lâautorità competente dello Stato di origine. Su tale punto anche il legislatore italiano risulta in difetto: infatti lâart.10 del D.lgs 96/2001 prevede che lâavvocato stabilito sia tenuto a presentare annualmente al Consiglio dellâOrdine un attestato di iscrizione allâorganizzazione professionale di appartenenza. Ultimo argomento che tratteremo riguarda le condizioni richieste ad un praticante avvocato per ottenere lâiscrizione negli appositi registri presso gli ordini professionali di un diverso paese dellâUnione europea. La questione è stata di oggetto di una sentenza della Corte di giustizia del 13 novembre 2003, causa 313/01(21),che riguarda specificamente lâiscrizione nel Registro dei praticanti presso lâordine degli avvocati di Genova di una cittadina laureatasi in Francia e che lì aveva anche esercitato per un certo periodo attività di collaborazione presso uno studio legale, come praticante patrocinatore. Il diniego di iscrizione dellâordine di Genova, confermato dallâOrdine nazionale, si è fondato sullâart. 17 del R.d.l. n. 1578 del 1933, che subordina lâiscrizione nel Registro dei praticanti avvocati al possesso della laurea in giurisprudenza conferita o confermata in unâuniversità italiana. La Corte di giustizia - adita in via pregiudiziale dalla Corte di Cassazione, cui si era rivolta in ultima istanza la cittadina francese - dopo aver accertato che a né a livello comunitario, né italiano, siano state adottate specifiche norme per quanto riguarda lâesercizio dellâattività di âpraticante avvocatoâ nei paesi dellâUnione europea, ha ritenuto che alla stessa non possano nemmeno ritenersi applicabili per analogia le direttive n. 48 del 1989 in materia di mutuo riconoscimento dei diplomi e n. 5 del 1998, concernente il diritto di stabilimento in un altro Stato comunitario di avvocati completamente qualificati e non di persone, come i praticanti, che sono ancora in fase di formazione. Secondo la Corte di giustizia pertanto per quanto riguarda lâattività di praticantato legale può ritenersi applicabile lâart. 43 del TCE, in materia di libertà di stabilimento, in quanto il periodo di tirocinio professionale comporta lâesercizio di unâattività, che normalmente dovrebbe essere retribuita o dal cliente o dallo studio dove il praticante lavora, e che è finalizzata ad accedere ad una professione regolamentata, quella di avvocato appunto, cui si applica lâart. 43 del TCE. Se invece la retribuzione del praticante avvocato assume i contorni di un salario vero e proprio, secondo la Corte di Lussemburgo in tal caso si dovrebbero applicare gli artt. 39 e ss del Trattato CE, in materia di libera circolazione dei lavoratori dipendenti(22) Richiamandosi ad una sua precedente giurisprudenza (23), la Corte di giustizia ha riconosciuto che il diritto di stabilimento di un cittadino in un altro paese comunitario è ostacolato da norme nazionali, che si limitino a prevedere lâesistenza solo di requisiti formali, come, nel caso del nostro R.d.l n. 1578 del 1933, (oltre alla cittadinanza italiana o di un paese comunitario) il possesso di una laurea in giurisprudenza conseguita o confermata in unâuniversità italiana. Secondo la Corte di Lussemburgo lâautorità competente dello Stato cui è diretta domanda di iscrizione in un suo registro â" in tal caso il Consiglio dellâordine locale - dovrà effettuare una valutazione non solo formale della documentazione presentata (es. il diploma conseguito in un altro Stato membro), ma dovrà verificare in concreto quali siano le conoscenze attestate dal diploma rilasciato in un altro paese comunitario, oltre lâesperienza professionale effettuata in questâultimo, per determinare se, nel complesso, il richiedente possieda sostanzialmente i requisiti previsti per accedere allâattività di cui trattasi. Se emergerà una corrispondenza solo parziale rispetto alle condizioni previste dallâordinamento nazionale, le autorità competenti non dovranno rifiutare lâiscrizione, ma potranno pretendere che lâinteressato dimostri di avere comunque maturato le conoscenze e le qualifiche mancanti. Per effetto della sentenza della Corte di giustizia del 2003 citata, gli Ordini italiani saranno tenuti ad applicare il R.d.l. n. 1578 del 1933 in senso conforme al diritto comunitario (che, come sappiamo, prevale su quello nazionale), anche in mancanza di norme statali che fissino nuove regole per la procedura di valutazione: gli Ordini dovranno cioè esaminare le domande di cittadini di altri paesi membri dirette ad ottenere lâiscrizione nel Registro dei praticanti avvocati, verificando caso per caso il curriculum del candidato non solo dal punto di vista della formazione (ad es. il possesso della laurea in giurisprudenza o equiparate), ma anche dellâesperienza professionale maturata nel paese di origine. | |
Da: sbalordito | 02/10/2010 16:44:53 |
si concordo Cuenca | |
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