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11 dicembre 2019 - Parere PENALE
389 messaggi, letto 40972 volte

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Da: Romainside11/12/2019 11:51:11
Non é 600 ter c.p.!!
Rispondi

Da: Carlo 85 11/12/2019 11:51:11
A Roma a che ora hanno iniziato?
Rispondi

Da: Carlo 85 11/12/2019 11:53:07
E a Napoli?
Rispondi

Da: OK11/12/2019 11:54:41
Cassazione penale sez. III, 18/02/2016, n.11675
Non integra il reato di cui all'art. 600 ter comma 4 c.p. la condotta di chi ceda ad altri gli autoscatti a contenuto pornografico effettuati da un minorenne, essendo necessario per la configurabilità del reato in questione che la produzione del materiale pornografico sia riconducibile ad un soggetto diverso dal minore.
Non sussiste il delitto di cui al quarto comma dell'art. 600 ter c.p. nel caso in cui il materiale pornografico oggetto di cessione od offerta sia realizzato dallo stesso minore ivi ritratto in modo consapevole, autonomo, senza induzione o costrizione alcuna alla realizzazione dell'immagine pornografica.
In tema di offerta o cessione ad altri di materiale pornografico realizzato utilizzando minori di anni diciotto, di cui all'art. 600-ter c.p., comma 4, c.p., per l'integrazione del reato, è necessario che il produttore del materiale oggetto di cessione od offerta sia soggetto diverso dal minore raffigurato.
Ai fini della configurabilità del delitto di cui all'art. 600-ter, quarto comma, cod. pen. (offerta o cessione ad altri di materiale pornografico realizzato ai sensi del primo comma dello stesso articolo, ovvero utilizzando minori di anni diciotto), è necessario che il produttore del materiale sia persona diversa dal minore raffigurato, in quanto, nella diversa ipotesi in cui sia quest'ultimo - di propria iniziativa e senza intervento di altri - a realizzare il materiale, difetta l'elemento costitutivo dell'utilizzo del minore da parte di un soggetto terzo, di cui al predetto primo comma dell'art. 600-ter cod. pen.
Non sussiste l'ipotesi di cessione di materiale pedopornografico nella condotta di chi trasmette ad altri delle immagini riprese in autoscatto direttamente da un minorenne, senza intervento alcuno di soggetti esterni e dallo stesso cedute in modo volontario. L'art. 600 ter c.p. non disciplina, infatti, un qualsivoglia materiale pornografico minorile ma esclusivamente quel materiale formato attraverso l'utilizzo strumentale dei minori ad opera di terzi: l'impiego, l'utilizzo del minore da parte di un terzo costituisce un elemento costitutivo del reato stesso.
Rispondi

Da: Avvocato amareggiato non sa nulla 11/12/2019 11:55:08
Attenti ragazzi che vi fa sbagliare. Ragionate sulla diffusione di materiale pedopornografico in relazione al 600bis e 600 undecies.
Il consenso è valido se prestato da soggetto che ha 12 anni, altrimenti sarebbe adescamento
Rispondi

Da: ciuciu''11/12/2019 12:03:07
Con la sentenza del 21 marzo 2016 n. 11675, la terza sezione della Corte di Cassazione è intervenuta nella materia. Il caso è emblematico. Una minorenne scatta autonomamente delle foto che la ritraggono in pose pornografiche e le invia, di propria iniziativa, ad alcuni amici. Di questi, uno le tiene per sé, gli altri le condividono con altri amici. Per il primo scatta l'imputazione di detenzione di materiale pedopornografico, per gli altri la cessione di materiale pedopornografico.

La Suprema Corte conferma l'assoluzione del tribunale di primo grado condividendo la ricostruzione prospettata. Il presupposto necessario per la configurabilità della fattispecie contestate risiede nella "alterità e diversità" fra il soggetto che produce il materiale pornografico e il minore rappresentato. Nel caso specifico, invece, era la stessa minore ad essersi ritratta e ad avere inoltrato a terzi le immagini, senza pressioni o condizionamenti di alcun tipo.
La Corte pone l'accento sull'"utilizzazione" del minore, di cui al primo comma dell'articolo 600-ter, come requisito necessario per la punibilità, facendo riferimento ad una utilizzo strumentale del minore, come fosse un mezzo più che una persona. Da cui la necessità che la condotta (lo scatto delle immagini) sia posta in essere da un terzo per essere punibile. Nel caso in cui il materiale sia realizzato dallo stesso minore, in modo autonomo, consapevole, non indotto o costretto, manca un elemento costitutivo del reato. La Corte evidenzia anche come l'obiettivo del legislatore sia quello di tutelare i minori contro ogni forma di sfruttamento e violenza sessuale, a salvaguardia del loro sviluppo psicologico e morale.
Per cui i delitti di produzione, cessione, ecc...,  di materiale pedopornografico sono punibili solo quando il materiale sia stato realizzato attraverso l'utilizzo strumentale del minorenne ad opera di terzi. In sostanza sono esclusi i cosiddetti selfie dalla punibilità. Per questi motivi la Cassazione rigetta l'impugnazione della Procura Generale e assolve gli imputati.
Rispondi

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Da: nonditefrottole11/12/2019 12:03:08
SENTENZE GIUSTE TRACCIA 2
Rispondi

Da: ciuciu''11/12/2019 12:04:01

Ovviamente la casistica è variegata. Può accadere che le foto non siano autoprodotte, ma scattate da un terzo (es. il fidanzato/a) con il consenso del minore (o con la richiesta espressa del minore). In questo caso occorrerebbe valutare la validità del consenso del minore.

La Corte di Appello di Milano (sentenza del 12 marzo 2014), nell'escludere la sussistenza del reato di detenzione di materiale pedopornografico in relazione ad un soggetto che aveva ricevuto e conservato foto ritraenti una minore, ha ritenuto che per stabilire se vi sia utilizzazione del minore occorre valutarne il consenso prestato, alla luce degli elementi concreti del caso. Quindi bisogna tenere presente l'età del minore, le modalità di richiesta del consenso, il coinvolgimento di terzi, la destinazione successiva delle immagine autoprodotte, e così via.

Quindi, come per i reati sessuali, si può distinguere:
- per i soggetti minori di 14 anni si presume che il consenso non sia valido;
- per i minori tra i 14 e i 16 anni si presume il dissenso a meno che non si dimostri che il minore per la sua maturità potesse validamente disporre della propria libertà sessuale (e la scelta era libera);
- per i minori tra 16 e 18 anni si presume che il consenso sia valido salvo che si provi l'assenza di una sufficiente maturità (o che il consenso non fosse libero).
Rispondi

Da: Le soluzioni 11/12/2019 12:05:59

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PENALE
Esame d'avvocato 2012: parere n. 1 di penale
Parere motivato di diritto penale

Aggiornato il 04/06/2013
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Pubblichiamo il parere motivato relativo alla prima traccia di diritto penale dell'esame di avvocato 2012.

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Esame d'avvocato 2012: parere motivato di diritto penale

(Fonte: Altalex Esami e Concorsi - Schede di Giurisprudenza 1/2013)

Quesito penale n. 1

Nel corso di una indagine di polizia giudiziaria finalizzata alla repressione del fenomeno dello sfruttamento dei minori a fini sessuali, l'agente autorizzato ad operare sotto copertura sulla rete web con un nikname, accerta uno scambio di materiale pedopornografico tra Tizio e Caio, accertando, poi, che il nikname utilizzato da uno degli utenti è riferibile a Tizio, titolare dell'utenza telefonica usata per la connessione internet, la quale risulta ubicata in un appartamento abitato soltanto da lui. Contattandolo direttamente sempre in via telematica, l'agente acquisisce da Tizio numerose immagini pedopornografiche. Tizio viene sottoposto a procedimento penale e si procede al sequestro del computer di Tizio rinvenuto nell'appartamento. La consulenza tecnica disposta dal pubblico ministero sul computer in sequestro consente di accertare che con quel computer erano stati inviati numerosi messaggi di posta elettronica con allegati files contenenti immagini pedopornografiche, che esiste un'apposita cartella salvata sul disco rigido, contenente numerosissimi files di immagini e filmati dello stesso genere.

A questo punto, Tizio si reca da un avvocato per conoscere le possibili conseguenze penali della propria condotta.

Il candidato, assunte le vesti del difensore di Tizio, analizzi la fattispecie o le fattispecie configurabili nella condotta descritta soffermandosi in particolare sulle figure della progressione criminosa dell'antefatto e post-fatto non punibili.

Svolgimento

La progressione criminosa è una categoria controversa, di creazione dottrinale, che solo saltuariamente ha avuto riconoscimento giurisprudenziale, attraverso sporadiche pronunzie che hanno dato luogo ad una vera e propria casistica, costituendo così l'obbligato spunto di riflessione, anche a livello meramente interpretativo, da parte della dottrina.

Secondo l'orientamento prevalente, tale fattispecie prevede il passaggio contestuale da un fatto di reato meno grave ad uno più grave per effetto di risoluzioni successive, integranti aggressioni di crescente gravità nei confronti di un medesimo bene e/o interesse.

Attraverso il richiamo alla progressione criminosa, fatti costituenti autonomi reati, sono, pertanto, dalla legge fusi (in forza dei criteri di sussidiarietà e di consunzione) in un'unica figura criminosa, frutto di una intensificazione che si risolve in una attività delittuosa diversa da quella iniziale, pur se ad essa connessa.

Tali circostanze intervengono sia quando il fatto di reato meno grave risulti essere un passaggio obbligato per la realizzazione del reato più grave, sia quando la condotta successiva ad uno specifico fatto di reato risulti essere allo stesso accessoria.

Si parla in questi casi di postfatto e antefatto non punibili, in quanto, le violazioni integrate mediante gli stessi non vengono dall'ordinamento punite, essendo assorbite dalla pena relativa al reato principale, al fine di evitare di addebitare all'autore lo stesso fatto per più volte, in violazione del principio del ne bis in idem sostanziale.

Tali nozioni sono di fondamentale importanza nel caso de quo, in quanto, la condotta posta in essere da Tizio integra certamente il delitto di pornografia minorile di cui all'art. 600 ter c.p; ipotesi delittuosa nell'ambito della quale (come riconosciuto dalla giurisprudenza), in virtù dell'ampio spettro di fattispecie contemplate, può verificarsi che il soggetto agente, all'interno medesimo iter criminis, con la propria condotta progredisca in un'offesa via via crescente, nei confronti della quale il fatto meno grave può atteggiarsi ad antefatto o (a seconda dei casi) post fatto, non punibile.

Il reato di pornografia minorile può essere, infatti ricondotto ad una variegata serie di attività che vanno dalla predisposizione di una vera e propria struttura organizzativa, idonea a rispondere alle esigenze di mercato dei pedofili, alla offerta o cessione di materiale pedopornografico nell'ambito di quello che la Cassazione definisce un rapporto "one-to-one" (v. Cass. Pen., sentenza n. 24788/2009).

E' proprio quest'ultima ipotesi, contemplata dal comma quarto dell' art. 600 ter, ad essere stato oggetto di importanti pronunzie da parte della Corte di Cassazione, la quale, nel caso cessione di materiale pedopornografico, ha ravvisato la sussistenza di quel fenomeno di progressione criminosa in virtù del quale il delitto di detenzione, di cui all'art. 600 quater c.p., è assorbito nel delitto di cessione, essendo di quest'ultimo il naturale antefatto non punibile ; appare, infatti, del tutto evidente come non si possa divulgare volontariamente materiale pedopornografico se non si possegga e non si detenga consapevolmente il materiale stesso (v. Cass. Pen., sez. III, sentenza n. 11169/2008).

E' stato così escluso il concorso tra il delitto di cessione di materiale pedopornografico e quello di detenzione dello stesso materiale, tutte le volte in cui sia dato riscontrare una progressione criminosa nella quale la detenzione sia prodromica alla cessione. (v. Cass Pen., sez. III, sentenze n. 36364/2008 e n. 1814/2008)

L'art. 600 quater c.p. è, dunque, una norma di carattere residuale la cui ratio è sempre quella di fornire ai minori una tutela quanto più ampia possibile, attraverso la repressione di tutte le condotte che possono in qualche modo impedirne o alterarne il normale sviluppo sessuale, psico-fisico, morale e spirituale.

Per il tramite della suddetta norma il legislatore ha inteso punire anche coloro che detengono materiale pedopornografico senza divulgarlo o cederlo ( ultimo anello di una catena di variegate condotte antigiuridiche, di lesività decrescente) in considerazione del fatto che anche il solo procurarsi detto materiale contribuisce ad alimentare il mercato dello sfruttamento sessuale dei minori.

Il nostro ordinamento sanziona, dunque, tutti quei comportamenti idonei a mettere a repentaglio il libero sviluppo personale del minore, mediante l'immissione nel circuito perverso della pedofilia (anche non a scopo di lucro) di immagini che vedono lo stesso coinvolto in atti sessualmente espliciti (v. Cass. Pen., sentenza n. 10981/10).

Al fine di inquadrare la fattispecie posta in essere da Tizio, nell'ambito della casistica contemplata dal codice penale, sarà, pertanto, necessario analizzare le modalità concrete attraverso le quali, nel caso de quo, il reato di pornografia minorile risulti essere effettivamente integrato, in considerazione sia della destinazione del materiale pedopornografico sia del tipo di modello di comunicazione utilizzato per la sua fruizione.

Il suddetto inquadramento richiede di soffermare l'attenzione su tre punti fondamentali nella fattispecie in esame:

- le indagini svolte dalla polizia giudiziaria accertavano lo scambio di materiale pedopornografico, esclusivamente tra Tizio e Caio;

- il suddetto scambio interveniva, in un secondo momento, anche con un'agente di polizia sotto copertura che, nell'espletamento delle attività investigative, contattava di propria iniziativa Tizio;

- le immagini pedopornografiche erano contenute in files allegati a delle email indirizzate unicamente ai soggetti sopra citati e, quindi, accessibili solo agli stessi.

Quanto sopra evidenziato deve indurre a concludere che la cessione (sia tra tizio e Caio che tra Tizio e l'agente di polizia) di immagini pedopornografiche avveniva, nel caso de quo , sempre e solo a seguito di una manifestazione di volontà dichiarata nel corso di una "conversazione" privata che, in quanto tale, come chiarito dalla Cassazione, configura l'ipotesi delittuosa, meno grave, di cui al comma quarto dell'art. 600 ter c.p., norma che sanziona il comportamento di chi offre o cede ad altri, anche a titolo gratuito, materia le pedopornografico,

La trasmissione diretta tra due o più utenti di materiale pedopornografico non costituisce, infatti, divulgazione o distribuzione, in quanto, tali attività implicano la comunicazione con un numero indeterminato di persone nonché l'utilizzo, nel caso di configurazione del delitto di pornografia minorile in via telematica, di appositi programmi di "scaricamento", i cosidetti modelli di comunicazione "peer to peer" (su tutti "eMule" e "Youtube"), finalizzati all'inserimento sulla rete internet di immagini o filmati (v. Cass. pen., sentenza n. 24788/2009 e Cass. Pen., sentenza n. 23164/2006).

Per le ragioni sopra esposte, non può ritenersi sufficiente alla configurazione del delitto di diffusione, divulgazione e publicizzazione di materiale pedopornografico, ex art. 600 ter comma terzo c.p., la sola veicolazione dello stesso attraverso la rete internet per il tramite di messaggi di posta elettronica, essendo necessario a tal fine che da ciò derivi la possibilità per chiunque di accedere a detto materiale (v. Cass. Pen., sez. III, sentenza n. 5397/2002); sarà, pertanto, necessario verificare caso per caso le modalità e, quindi, il tipo di i modello di comunicazione prescelto dal soggetto agente, in quanto, per il perfezionamento del reato in oggetto la condotta dello stesso dovrà atteggiarsi in modo da implicare il concreto pericolo di diffusione del materiale pedopornografico, attraverso il suo inserimento in un sito internet accessibile a tutti, al di fuori, dunque, di un dialogo privilegiato,o l'invio ad un gruppo, o lista di discussione, che ne consenta a chiunque lo scaricamento, o la trasmissione ad indirizzi anche di persone determinate, ma tuttavia in successione, realizzando cioè una serie di conversazioni (v. Cass. Pen., sentenza n. 4900/2003).

Le analisi condotte sul computer di Tizio, a seguito del sequestro disposto sullo stesso, rilevando la sola presenza di una cartella, salvata sul disco rigido, contenente le immagini pedopornografiche oggetto di scambio nella e-mail tra Tizio e Caio (e l'agente sotto copertura), unica forma di veicolazione riscontrata, attestavano altresì l'assenza di qualsivoglia traccia circa l'utilizzo di quei modelli di comunicazione "peer to peer" idonei ad integrare le ipotesi di diffusione, divulgazione e publicizzazione di materiale pedopornografico.

Ne consegue che, nel caso de quo, a seguito dei riscontri operati dalla consulenza tecnica disposta dal PM, essendo la comunicazione Tizio e Caio ( e l'agente sotto copertura) confinata in quella che possiamo definire un dialogo privilegiato, non si configura il reato di cui al terzo comma, ma piuttosto il reato di cui al quarto comma dell'art. 600 ter c.p., che disciplina l'ipotesi più lieve della cessione; cessione che, per le ragioni sopra esposte, assorbirà in se il reato di detenzione di materiale pedopornografico (integrato astrattamente dal rinvenimento della cartella, salvata sul disco rigido, contenente le immagini illecite), di cui all'art. 600 quater c.p., data la conclamata sussistenza, in tali ipotesi, della fattispecie della progressione criminosa e dell'antefatto non punibile.

In conclusione, sulla scorta delle argomentazioni sopra svolte, è possibile affermare che la condotta posta in essere da Tizio integri la sola fattispecie della cessione di immagini pedopornografiche di cui all'art. 600 ter comma quarto c.p., con l'aggravante prevista dall'ultimo comma della suddetta norma, data l'ingente quantità di materiale pedopornografico rinvenuto nel computer dello stesso, a seguito dell'indagine effettuate dal consulente tecnico su disposizione del P.M.
Rispondi

Da: Le soluzioni) 11/12/2019 12:10:30
Chiamata a decidere della controversia, la III Sezione della Corte di Cassazione[1] rilevava che, in effetti, a partire dalla sentenza a Sezioni Unite Bove del 2000[2], esiste un consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui il reato di produzione di materiale pornografico costituisce un reato di pericolo concreto, configurabile solamente laddove sia accertata la sussistenza un concreto pericolo di diffusione del suddetto materiale. Nelle ipotesi in cui, invece, la produzione sia destinata ad una soddisfazione delle "intime pulsioni" dell'autore deve trovare applicazione il meno grave reato di detenzione di materiale pornografico. Decisiva ai fini di tale indirizzo la circostanza che il reato di produzione di materiale pornografico è volto in particolare ad impedire il rischio dell'incremento dei circuiti della pedofilia.

La sezione rimettente dichiarava tuttavia di non condividere (più) tale l'impostazione accolta dall'orientamento dominante, osservando che l'evoluzione della normativa successiva all'arresto delle Sezioni Unite ed una conseguente corretta ermeneutica dell'oggetto della tutela del reato di pornografia minorile (da identificarsi nella dignità e nello sviluppo del minore), indurrebbero ad interpretare il reato di produzione di materiale pornografico come un reato di danno che si perfeziona per il solo fatto della realizzazione delle immagini pornografiche, a prescindere dall'accertamento del pericolo della loro diffusione. Intendendo dunque discostarsi dal principio di diritto della sentenza Bove, la III Sezione rimetteva la questione alle Sezioni Unite, ai sensi del novellato art. 618 c.p.p.



3. Veniamo dunque alla pronuncia delle Sezioni Unite. In via preliminare, la Corte procede ad una approfondita ricognizione dell'evoluzione della normativa, nazionale e internazionale, e dell'interpretazione giurisprudenziale relativa al reato di pornografia minorile
Rispondi

Da: Hope 2345 11/12/2019 12:16:27
Attenzione, hanno pubblicato una soluzione di una traccia del 2012
Rispondi

Da: DAIIIIII11/12/2019 12:23:13
In tema di rapporti sessuali consenzienti, il consenso rileva solo per minori di età maggiore di 14 anni....qua si parla di foto..non credo sia paragonabile
Rispondi

Da: DAIIIIII11/12/2019 12:23:20
In tema di rapporti sessuali consenzienti, il consenso rileva solo per minori di età maggiore di 14 anni....qua si parla di foto..non credo sia paragonabile
Rispondi

Da: Le soluzioni 11/12/2019 12:23:20
Per cessione di materiale pedopornografico occorre la previa detenzione. Ne consegue che la detenzione di materiale pedopornografico assume i connotati di un antefatto non punibile e per tale ragione rimase assorbito nel delitto di cessione. In definitiva, la condotta di cui all'art. 600 quater c.p., rimarrà assorbita in quelle di cui all'art. 600 ter allorchè sussista una progressione criminosa o un assorbimento e la condotta della detenzione sia prodromica a quelle di cui all'art. 600 ter c.p.. Nella fattispecie tra la condotta di cui all'art. 600 quater c.p. e quella di cui all'art. 600 ter c.p., comma 4 esiste assorbimento e non concorso di reati o concorso apparente di norme, perchè il reo per cedere il materiale ha dovuto prima procuraselo.


                    LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                
                        SEZIONE TERZA PENALE                      
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                          
Dott. LUPO      Ernesto        - Presidente   -                  
Dott. PETTI     Ciro           - Consigliere -                  
Dott. LOMBARDI Angelo Maria   - Consigliere -                  
Dott. FRANCO    Amedeo         - Consigliere -                  
Dott. GAZZARA   Santi          - Consigliere -                  
ha pronunciato la seguente:                                       
                     sentenza                                     
sul ricorso proposto da:
difensore di          D.P.M., nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza della Corte d'appello di Lecce del 21 novembre
del 2007;
udita la relazione del Consigliere Dott. Ciro Petti;
sentito il Sostituto Procuratore Generale Dott. Giovanni D'Angelo, il
quale ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;
letti il ricorso e la sentenza denunciata.
Osserva quanto segue:
              

 
Fatto
La corte d'appello di Lecce, con sentenza del 21 novembre del 2007, confermava quella resa dal tribunale della medesima città il 26/1/2007, con cui D.P.M. era stato dichiarato colpevole dei reati di cui all'art. 81 c.p., art. 600 ter c.p., comma 4 e art. 600 quater c.p., così scissa e riqualificata l'originaria imputazione di cui all'art. 81 cpv. c.p., art. 600 ter c.p., comma 3 e, concesse le attenuanti generiche, era stato condannato alla pena, condizionalmente sospesa, di anni due di reclusione ed Euro 7.500,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali; confisca e distruzione di quanto in sequestro.
Secondo la ricostruzione fattuale contenuta nella sentenza impugnata l'ispettore C.A., su autorizzazione dell'autorità giudiziaria, aveva iniziato un'attività sotto copertura con l'utilizzo del nick-name "(OMISSIS)". In tale veste il (OMISSIS) aveva intercettato uno scambio di materiale pedopornografico tra "(OMISSIS)" e "(OMISSIS)", accertando che "(OMISSIS)" era riferibile all'utenza telefonica (OMISSIS) intestata a T.R., compagna dell'attuale ricorrente, ed attiva nell'ambito della sede del patronato ACLI di (OMISSIS) con abbonamento alla società (OMISSIS) sottoscritto da D.P. M. mentre "(OMISSIS)" corrispondeva all'utenza telefonica intestata a P.A.. L'ispettore, scambiando per quindici giorni materiale pedopornografico con gli utenti del canale, aveva individuato numerosi indirizzi di IP tra cui quello in uso al D. P..
Il predetto si era difeso sostenendo di non avere avuto la consapevolezza di detenere nel proprio computer materiale pedopornografico, anzi appena si era accorto della presenza di tale materiale aveva segnalato la circostanza ai carabinieri.
Tanto premesso in fatto, la corte a fondamento del proprio assunto osservava che il computer dove erano state rinvenute le immagini pedopornografiche era usato solo dall'imputato,che l'utente " (OMISSIS)" per scambiare materiale pedopornografico con "(OMISSIS)" si era avvalso di quel computer; che per mezzo della consulenza disposta dal pubblico ministero si era accertato che con esso erano stati inviati diversi messaggi di posta elettronica con allegati i files contenenti immagini pedopornografiche; che le immagini pedopornografiche erano state archiviate in una cartella salvata sul disco rigido e denominata "Da Masterizzare/Vietate"; che ulteriori riscontri si desumevano dall'esito positivo della perquisizione presso il patronato "Acli" nel corso della quale sull'hard disk del computer del prevenuto erano stati rinvenuti numerosi files contenenti immagini pedopornografiche nonchè dalla perquisizione nell'abitazione patema dove era stato trovato materiale pornografico.
Osservava infine che la denuncia sporta ai carabinieri, con cui peraltro il prevenuto si era limitato a segnalare l'invio di materiale pubblicitario, rappresentava un tentativo di salvataggio posto in essere quando le indagini erano state già da tempo avviate ed era stato individuata la persona che usava il nick name " (OMISSIS)", certamente in contatto con il D.P..
Ricorre per cassazione il prevenuto per mezzo del proprio difensore deducendo:
la nullità della sentenza per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione: il ricorrente dopo avere premesso che dalle indagini non era emersa la sussistenza di una condotta divulgativa, ma la mera cessione a terzi in una singola occasione di materiale pedopornografico, assume che la corte non aveva preso in considerazione il dato certo costituito dalla denuncia da lui sporta ai carabinieri in epoca non sospetta nonchè la circostanza che il computer si trovava in un luogo aperto al pubblico per cui chiunque avrebbe potuto usarlo; precisa altresì che il rinvenimento del materiale pornografico lecito nell'abitazione paterna non poteva costituire riscontro alla consapevole detenzione di foto pedopornografiche; la violazione delle norme incriminatici nonchè mancanza di motivazione sul punto, per avere i giudici del merito ritenuto, senza adeguata motivazione, configurabile il concorso tra il delitto di cui all'art. 600 ter c.p., comma 4 e quello di cui all'art. 600 quater c.p..
Diritto
Il primo motivo è inammissibile perchè sotto l'apparente deduzione del vizio d'illogicità e contraddittorietà della motivazione in realtà si censura l'apprezzamento delle prove da parte dei giudici del merito, la cui motivazione non presenta alcuna illogicità o contraddizione. Anzitutto non è vero che i giudici del merito non abbiano valutato la segnalazione da lui fatta ai carabinieri, ma al contrario l'hanno ritenuta ininfluente perchè costituiva una manovra difensiva posta in essere dall'indagato quando aveva avuto il sospetto di essere stato individuato. Non è altresì vero che ai fini dell'affermazione della responsabilità si sia attribuita decisiva rilevanza al rinvenimento di materiale pornografico, non vietato, nell'abitazione patema. La responsabilità è stata affermata sulla base di altri elementi di inequivoco valore indiziante ed in particolare sulle seguenti circostanze: a) il computer utilizzato per la cessione era di sua proprietà; b) il contratto per il collegamento attivato attraverso il provider "(OMISSIS)" utilizzato per la navigazione in internet e per lo scambio di immagini era a lui intestato, c) l'indirizzo di posta elettronica utilizzato era a lui intestato; d) sul disco rigido del suo computer erano state rinvenute alcune cartelle dove erano state archiviate le immagini pedopornografiche; e) al momento della perquisizione il ricorrente aveva dimostrato di essere a conoscenza della detenzione del materiale pedopornografico, tanto è vero che aveva offerto agli inquirenti un CD contenente immagini vietate.
Il secondo motivo è invece fondato.
Il pubblico ministero aveva contestato al prevenuto il reato di cui all'art. 81 c.p., art. 600 ter c.p., comma 3 perchè, in concorso con T.R., poi prosciolta, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, anche in tempi diversi, per via telematica aveva distribuito e divulgato materiale pornografico realizzato mediante lo sfruttamento di minori nonchè per avere divulgato notizie e informazioni finalizzate all'adescamento o sfruttamento sessuale dei minori di anni 18.
Il tribunale ha escluso la divulgazione e scindendo l'originaria imputazione ha ritenuto configurabile il reato di cessione di cui al cit. art. comma 4 in concorso con la detenzione di cui all'art. 600 quater c.p. relativamente ai files archiviati sul disco rigido ed a quelli rinvenuti sul CD. Non risulta se i files salvati ed archiviati siano gli stessi in precedenza ceduti perchè la circostanza non è stata chiarita dal tribunale e peraltro non ha decisiva importanza ai fini della questione ora in esame ossia ai fini della configurabilità del concorso tra i due reati perchè si è comunque accertato che il prevenuto non si limitava a detenere le immagini pedopornografiche che si era procurato ma era anche solito cederle.
Orbene, la presenza di una clausola di riserva espressa risolve il problema del concorso tra i due reati anzidetti in favore della tendenziale configurabilità del solo reato di cui all'art. 600 ter c.p.: nel caso in esame a favore dell'ipotesi di cui all'art. 600 ter c.p., comma 4. Ciò vale ovviamente per i casi in cui si possa riscontrare un identità di fatto tipizzato tale da determinare un conflitto apparente di norme risolvibile appunto in base alla clausola di riserva. Se i fatti sono diversi operano invece le regole del concorso, salvo le ipotesi di assorbimento. Per semplificare, la condotta di cui all'art. 600 quater c.p. (detenzione di materiale pedopornografico) può concorrere con quella di divulgazione di notizie finalizzate allo sfruttamento dei minori di cui all'art. 600 ter c.p., comma 3, trattandosi di condotte completamente diverse anche se offendono lo stesso bene giuridico e, appunto perchè non sovrapponigli non possono dare luogo ad un conflitto apparente di norme, ma ad un concorso di reati. Nella fattispecie però la condotta della divulgazione di notizie o informazioni finalizzate allo sfruttamento dei minori, originariamente contestata, è stata esclusa dal tribunale il quale ha ravvisato l'ipotesi della cessione di materiale pedopornografico di cui all'art. 600 ter c.p., comma 4.
Orbene, per cedere il materiale (che è cosa diversa dall'informazione), bisogna prima detenerlo. In tale situazione la detenzione di materiale pedopornografico assume i connotati di un antefatto non punibile e per tale ragione rimase assorbito nel delitto di cessione. In definitiva, la condotta di cui all'art. 600 quater c.p., rimarrà assorbita in quelle di cui all'art. 600 ter allorchè sussista una progressione criminosa o un assorbimento e la condotta della detenzione sia prodromica a quelle di cui all'art. 600 ter c.p.. Nella fattispecie tra la condotta di cui all'art. 600 quater c.p. e quella di cui all'art. 600 ter c.p., comma 4 esiste assorbimento e non concorso di reati o concorso apparente di norme, perchè il reo per cedere il materiale ha dovuto prima procuraselo.
Pertanto il prevenuto deve essere assolto da tale reato perchè il fatto non sussiste, in quanto autonomamente non configuratole perchè assorbito nella cessione. La relativa pena deve essere quindi eliminata. A tale operazione deve provvedere il giudice del merito perchè il tribunale ha ritenuto più grave proprio il reato di cui all'art. 600 quater c.p..
P.Q.M
LA CORTE Letto l'art. 623 c.p.p. annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla condanna per il reato di cui all'art. 600 quater c.p. perchè il fatto non sussiste. Rinvia per la determinazione della pena ad altra sezione della corte d'appello di Lecce. Rigetta il ricorso nel resto.
Così deciso in Roma, il 10 luglio del 2008.
Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2008


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Da: Avv deluso 11/12/2019 12:27:40


La corretta soluzione del quesito proposto, necessita della preventiva disamina di alcuni istituti che vanno applicati nel caso di specie e una valutazione distinta delle condotte tenute da Tizia e Caia.

Per quanto riguarda Tizia, la condotta della donna integra chiaramente la fattispecie astratta di reato prevista dall'art. 591 c.p. che punisce chiunque abbandona una persona minore o incapace, per qualsiasi causa, di provvedere a se stessa; le pene previste sono aggravate se dal fatto dell'abbandono deriva la lesione personale o la morte del soggetto abbandonato, ed un ulteriore aumento di pena sussiste se a commettere l'abbandono sono il genitore, il figlio, il tutore, il coniuge, l'adottante o l'adottato. La ragione di tale aggravio sta nel fatto che la condotta del soggetto agente deve essere valutata con severità maggiore ogniqualvolta lo stesso sia legato al soggetto che si vuole abbandonare da un rapporto familiare o comunque d'affetti molto intenso.

La norma di cui sopra, tutela il valore etico - sociale della sicurezza della persona fisica contro determinate situazioni di pericolo: costituisce abbandono ai sensi dell'art. 591 c.p., ogni azione o omissione che contrasti con gli obblighi della custodia e della cura e da cui derivi un pericolo, seppur potenziale, per la vita o per l'incolumità del minore o dell'incapace. Per la configurazione del detto reato, non occorre l'esistenza di un preesistente obbligo giuridico dell'agente di curare o custodire la persona minore o incapace, perché l'inciso contenuto nella norma - della quale abbia la cura o debba avere cura - si riferisce a tutti i soggetti che sono materialmente incapaci, per le più variegate ragioni, di provvedere a sé stessi, mentre per gli infra quattordicenni, tale incapacità di provvedere a sé stessi e ai propri bisogni è presunta dalla legge, e quindi il dovere di assistenza è imposto a tutti coloro che vengano a trovarsi anche per un rapporto di mero fatto, in una posizione che ponga il minore a sua disposizione.

Il reato di cui all'art. 591 c.p. si consuma con la semplice esposizione al pericolo del minore o dell'incapace, anche se si tratta di un pericolo meramente potenziale, ed è un reato a condotta permanente perché la condotta si protrae fino a che i soggetti agenti non facciano cessare la situazione di abbandono consentendo quindi la cura o la dovuta assistenza del soggetto minore o incapace. Per quanto riguarda l'elemento psicologico del reato di abbandono, è richiesta la consapevolezza di abbandonare il soggetto passivo che non abbia la capacità di provvedere a se stesso, in una situazione di pericolo di cui si abbia l'esatta percezione. In tal senso anche la costante giurisprudenza che afferma " l'elemento psicologico del reato di abbandono di persone minori o incapaci consiste nella coscienza di abbandonare il soggetto passivo, che non ha la capacità di provvedere a sé stesso in una situazione di pericolo per la sua integrità fisica, senza che occorre un particolare malanimo da parte del reo" (cass. Pen. Sez V, 74/128371). Nel caso di specie, la condotta concretamente tenuta da Tizia integra perfettamente la fattispecie aggravata di cui all'art. 591 c.p: la donna infatti, turbata dalla nascita di un figlio frutto di una relazione illegittima, decide di abbandonarlo lasciandolo nelle ore notturne in strada dentro la sua carrozzina. A causa delle condizioni precarie di salute del neonato e del freddo invernale, il bambino moriva aggravando ancora di più la posizione della madre. La donna, non aveva certamente la volontà di uccidere il neonato, infatti non lo occultava come negli odiosi episodi di infanti lasciati a morire in secchi della spazzatura, ma lo lasciava ben in vista in una strada pubblica e all'interno di un passeggino, sperando che qualcuno lo notasse e lo affidasse alle cure dell'assistenza all'infanzia, pubblica o privata. Tuttavia Tizia era a conoscenza delle precarie condizioni di salute del bambino e dei rigori dell'inverno e quindi la sua condotta va punita ai sensi dell'art. 591 c.p. aggravato dalla circostanze previste agli ultimi due commi. Diversa sarebbe stata la posizione della donna, se avesse lasciato il suo bambino in altro luogo, ad esempio una chiesa o un ospedale: in queste circostanze il neonato sarebbe stato al sicuro e immediatamente sottoposto alle cure del caso e ad un'assistenza adeguata. In tal senso la giurisprudenza costante che afferma " l'esposizione di un neonato può essere o non essere secondo le circostanze, un mezzo di abbandono punibile a norma dell'art. 591 c.p.; non sussiste abbandono solo quando il neonato sia lasciato in condizioni di venire certamente ed immediatamente raccolto dalla pubblica o privata assistenza, con esclusione di ogni pericolo per la vita e l'incolumità personale" (cass. Pen. Sez V, 70/115145).

Per quanto concerne la condotta di Caia, è innanzitutto doveroso escludere per la stessa un'ipotesi di concorso ex art. 110 c.p. nel reato di abbandono ex art. 591 c.p., in quanto per poter affermare la responsabilità di un soggetto a titolo di concorso in reato è necessario che lo stesso abbia apportato un contributo di ordine materiale o psicologico idoneo, mediante un giudizio di prognosi postuma, alla realizzazione anche di una sola fase di ideazione, organizzazione o esecuzione dell'azione criminosa posta in essere da altri soggetti, con la coscienza e volontà di concorrere con loro alla realizzazione di una condotta criminosa. In tal caso la giurisprudenza ( vedi cass.pen. sez, VI, 91/188929) considera il reato "di ciascuno e di tutti quelli che vi presero parte, perché il risultato della comune cooperazione materiale e morale, onde la solidarietà del delitto, importa la solidarietà della pena". Come affermato il concorso al reato può essere materiale o morale: ricorre il primo caso quando la condotta del soggetto è indispensabile per la commissione del reato oppure tende ad agevolare o facilitare la commissione dello stesso; si rientra invece nella seconda ipotesi ogniqualvolta la partecipazione psichica del compartecipe consiste nell'aver provocato o rafforzato l'altrui proposito criminoso. La condotta di Caia, non rientra in nessuna delle due diverse ipotesi di concorso previste, neppure a titolo di concorso morale, in quanto la donna non ha realizzato alcun "rafforzamento della volontà criminosa", anzi ha cercato di dissuadere fino all'ultimo momento la sorella dal compimento dell'insano gesto. La condotta di Caia è dunque di semplice connivenza (ove per connivenza, si intende la scienza che altri sta per commettere o commetta un reato) e di mera presenza sul luogo del delitto: secondo la giurisprudenza "la presenza sul luogo dell'esecuzione del reato, può essere sufficiente ad integrare gli estremi della partecipazione criminosa quando, palesando chiara adesione alla condotta dell'autore del fatto, sia servita a fornirgli stimolo all'azione e un maggior senso di sicurezza" (cass. Pen. Sez I, 97/207582) mentre invece "la semplice presenza inattiva o anche la semplice connivenza o non aver impedito la consumazione del reato non costituiscono concorso morale, di cui all'art. 110 c.p., poiché questo richiede almeno il "volontario rafforzamento, il contributo ideologico o, quanto meno, un incidenza nel determinismo psicologico dell'autore del reato" (cass. Pen. Sez. I, 85/171668). La distinzione tra connivenza non punibile e concorso nel delitto sta dunque nel fatto che mentre nella connivenza il comportamento del soggetto è meramente passivo, la condotta che integra il concorso nel reato deve essere tale da arrecare un contributo alla realizzazione del delitto, sia pure semplicemente attraverso il rafforzamento del proposito criminoso degli altri compartecipi.

Ciò non significa che Caia vada esente da ogni responsabilità: la sua condotta integra infatti, la fattispecie di reato prevista dal primo comma dell'articolo 593 c.p. che disciplina l'omissione di soccorso. Per la configurabilità del reato, dal punto di vista oggettivo non è sufficiente la notizia che un soggetto si trovi in pericolo, secondo le modalità previste dal codice, ma come la giurisprudenza concorde insegna " occorre che sussista un contatto materiale diretto attraverso gli organi sensoriali dell'agente, con la persona oggetto del ritrovamento" (cass. Pen. Sez.V, 02/221916). La semplice notizia che un soggetto si trovi in pericolo in un luogo sottratto alla percezione visiva del soggetto agente non è idonea a far si che si prospetti il reato di omissione di soccorso. Ovviamente l'espressione "trovando", utilizzata dalla legge, non è da intendersi in senso letterale: sono soggetti attivi del reato di cui all'art. 593 c.p., anche coloro che si siano trovati presenti prima che l'evento si verificasse e che hanno assistito al fatto.

Nel caso di specie Caia assisteva all'abbandono del nipote e veniva materialmente a diretto contatto con il neonato e pur non incoraggiando la sorella al compimento del gesto criminoso, tentando anzi di dissuaderla, ometteva di avvisare immediatamente le autorità competenti dell'abbandono.

In conclusione: Tizia è responsabile del reato di cui all'articolo 591 c.p. aggravato ai sensi del comma 3 dell'articolo suddetto e con l'aumento di pena prevista dal comma n. 4. Caia invece è responsabile ai sensi dell'art. 593 (1) c.p., in quanto non è configurabile un ipotesi di concorso ex art. 110 c.p. con la sorella Tizia.

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Da: postyprea 11/12/2019 12:28:31
sentenze tracce n. 1?
Rispondi

Da: Posryprea 11/12/2019 12:30:49
Da un occhiata a Cass 22458/2015 oppure Cass 6980/2017
Rispondi

Da: Rosyros909311/12/2019 12:32:25
Sentenze risolutiva traccia 2?
Rispondi

Da: Caietto 2019201911/12/2019 12:33:12
Per me, la difesa  di Caio nella fattispecie in danno di Sempronio va incentrata sulla circostanza che le foto sono state inviate da Mevia (di cui Caio non conosceva per certo l'età perché non l'aveva mai incontrata). Questo esclude il 600 quater cp (cassazione del 2016 lo esclude chiaramente).
Nei confronti di Sempronio non vi è reato perché Caio non ha diffuso materiale sessualmente esplicito, ma delle foto senza il consenso (neanche diffamatorie, a mio pare) ma che ledono il decoro e l'onore di Sempronio. Pertanto, quest'ultimo potrebbe proporre un'azione civilistica tesa al risarcimento del danno.
Rispondi

Da: tizioalfa11/12/2019 12:33:48
Ciao a Tutti,
sentenze di riferimento traccia 1?
Rispondi

Da: ROMApenale11/12/2019 12:36:02
RAGAZZI A CHE ORA HANNO INIZIATO A ROMA? grazie
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Da: Lieve85-Napoli 11/12/2019 12:37:33
@caietto 20192019 lo so chi sei le nostre soluzioni sbandierate a tutti ahahahh ;)
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Da: Caietto 2019201911/12/2019 12:38:43
Per me, la difesa  di Caio nella fattispecie in danno di Mevia va incentrata sulla circostanza che le foto sono state inviate dalla stessa di cui Caio non conosceva, per certo, l'età visto che non l'aveva mai incontrata (è una difesa per un eventuale 609 undicies). Dunque viene escluso il 600 quater cp (cassazione del 2016).
Nei confronti di Sempronio non vi è reato perché Caio non ha diffuso materiale sessualmente esplicito, ma, semplicemente, una foto (in slip) senza il consenso (neanche diffamatorie, a mio parere) ma che eventualmente andrebbero ledono il decoro e l'onore di Sempronio. Pertanto, quest'ultimo può proporre un'azione civilistica tesa al risarcimento del danno. Questo è....
Rispondi

Da: La soluzione giusta 11/12/2019 12:44:07
Che sappia o non sappia l età poteva informarsi chiedendo l esibizione del documento di identità.
Per integrare la fattispecie ex 600 quater ciò è sufficiente ed il fatto che sto Tizio avesse materiale pornografico della ragazza è indice sintomatico che la fattispecie è aggravata e costituisce concorso di persone nel reato (del dentore delle foto e della madre)
Rispondi

Da: infonapoli 11/12/2019 12:45:37
ragazzi a napoli a che ora consegneranno?
Rispondi

Da: A napoli 11/12/2019 12:46:44
Sola immondizia
Rispondi

Da: Avv.Fiore 1  - 11/12/2019 12:47:10
Traccia 1: legittima difesa putativa? Eventualmente, eccesso colposo?
si potrebbe configurare secondo voi, oltre all'omicidio, una rapina, atteso che dopo la colluttazione e lo sparo il soggetto è fuggito portando con sè la pendrive?
Rispondi

Da: Caietto 2019201911/12/2019 12:47:44
Se avesse incontrato Mevia avrebbe sicuramente dedotto la minore età. Il fatto che non l'ha mai vista, è una circostanza che, da difensore, in un giudizio, farei emergere. Poi ognuno fa quello che ritiene opportuno...
Rispondi

Da: Caietto per 11/12/2019 12:51:03
Sto solamente prendendo in giro questo branco di disperati che si riduce a copiare dal sito di mininterno la loro carriera professionale.
Ad maiora.
Rispondi

Da: Ospite1 11/12/2019 12:55:44
Anche oggi ha dimenticato di prendere le medicine...
Rispondi

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