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Esame Avvocato 2016 - Catanzaro
43 messaggi, letto 5635 volte

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Pagina: 1, 2

Da: naomi7713/12/2016 13:38:51
Io non riesco a comunicare. .voi riuscite?
Rispondi

Da: jussina13/12/2016 13:42:08
no ovviamente
Rispondi

Da: naomi7713/12/2016 13:44:19
Ma perché? .hanno bloccato tutto..potrebbe essere una cosa provvisoria?
Rispondi

Da: kelloMar13/12/2016 13:59:30
provvisoria? Io è da stamattina che non riesco a contattare nessuno...
Rispondi

Da: lolla&&13/12/2016 14:32:56
Ragazzi ..voi state comunicando con l' esterno?
Rispondi

Da: kelloMar13/12/2016 14:37:20
lolla&& in quale istituto sei?
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Da: ma13/12/2016 15:11:44

- Messaggio eliminato -

Rispondi

Da: kelloMar13/12/2016 15:51:58
Qualcuno ???
Rispondi

Da: AAAAVVVV13/12/2016 16:27:44
Norme di riferimento
Art. 2050 c.c.

Chiunque cagiona danno ad altri nello svolgimento di un'attività pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è tenuto al risarcimento, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno

Art. 2052 c.c.

l proprietario di un animale o chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso, è responsabile dei danni [2056] cagionati dall'animale (1), sia che fosse sotto la sua custodia, sia che fosse smarrito o fuggito, salvo che provi il caso fortuito.

Art. 1229 c.c.

E' nullo qualsiasi patto che esclude o limita preventivamente la responsabilità del debitore per dolo o per colpa grave.
E' nullo altresì qualsiasi patto preventivo di esonero o di limitazione di responsabilità per i casi in cui il fatto del debitore o dei suoi ausiliari costituisca violazione di obblighi derivanti da norme di ordine pubblico

Art. 36, 2°comma, lett. a) Codice del Consumo

1. Nel contratto concluso tra il consumatore ed il professionista si considerano vessatorie le clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.
2. Si presumono vessatorie fino a prova contraria le clausole che hanno per oggetto, o per effetto, di:
a) escludere o limitare la responsabilità del professionista in caso di morte o danno alla persona del consumatore, risultante da un fatto o da un'omissione del professionista.

Art. 2236 c.c.

Se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d'opera non risponde dei danni, se non in caso di dolo o di colpa grave

Massime della giurisprudenza di riferimento
Sulla responsabilità del maneggio

Cassazione civile, 27 novembre 2015, n. 24211.

Nel caso di allievi più esperti l'attività equestre è soggetta alla presunzione di responsabilità di cui all'art. 2052 c.c. ( con la conseguenza che spetta al proprietario od all'utilizzatore dell'animale che ha causato il danno fornire non soltanto la prova della propria assenza di colpa, ma anche quella che il danno é stato causato da un evento fortuito ), il gestore del maneggio risponde viceversa quale esercente di attività pericolosa ex art, 2050 c.c. dei danni riportati dai soggetti partecipanti alle lezioni di equitazione qualora gli allievi siano come nella specie principianti, del tutto ignari dì ogni regola di equitazione, ovvero giovanissimi.

Cassazione civile, 12 gennaio - 9 aprile 2015, n. 7093.

Lo stabilire se una attività sia da reputare "pericolosa" ai sensi dell'art. 2050 c.c., al fine di sottoporre chi la esercita alla presunzione prevista da quella norma, è un accertamento di fatto, non una valutazione in diritto. "Pericolosa", ex art. 2050 c.c., è infatti l'attività potenzialmente causativa di danno non solo per la sua natura, ma anche per la natura dei mezzi adoperati. Esistono dunque attività pericolose di per sé, ed attività svolte in modo pericoloso, cioè pericolose in relazione al caso concreto: e per queste ultime l'accertamento della "pericolosità" non può che essere compiuto dal giudice di merito tenendo conto di tutte le specificità della fattispecie, con accertamento sottratto al sindacato di legittimità. La gestione d'una scuola d'equitazione può essere in concreto pericolosa, ma può anche non esserlo: tale requisito non sussiste in astratto, ma va accertato in concreto in base alle modalità con cui viene impartito l'insegnamento, alle caratteristiche degli animali impiegati ed alla qualità degli allievi.

Questa Corte ha da molto tempo suggerito, al riguardo, una massima di esperienza quale criterio orientativo per la soluzione dei casi pratici: ovvero quella consistente nel presumere che, di norma, impartire lezioni di equitazione a fanciulli o principianti comporta pericoli che non sussistono quando gli allievi sono esperti; con la conseguenza che la prima attività (impartire lezioni a principianti) sarebbe pericolosa, la seconda (impartire lezioni ad esperti) non lo sarebbe .

Deve tuttavia essere ben chiaro che quella appena indicata non è una regula iuris, ma una mera massima d'esperienza, basata sull'id quod plerumque accidit: sicché non viola l'art. 2050 c.c. il giudice di merito che, motivando, ritenesse nel caso concreto pericolosa l'attività di insegnamento dell'equitazione impartita ad allievi esperti, ovvero ritenesse non pericoloso l'insegnamento dell'equitazione a fanciulli.

(…)

La responsabilità dell'esercente attività pericolosa (art. 2050 c.c.) ha dato invece luogo a maggiori discussioni in dottrina, e ad una significativa evoluzione della giurisprudenza di questa Corte.

Secondo l'orientamento più antico, l'art. 2050 c.c. prevedrebbe una mera presunzione di colpa, con la conseguenza che l'esercente l'attività pericolosa si libera da responsabilità fornendo la prova di avere tenuto una condotta diligente, e non è necessario che fornisca anche la prova del caso fortuito. Più di recente tuttavia, si è affermato che la responsabilità di cui all'art. 2050 c.c. ha natura oggettiva: essa pertanto sussiste sulla base del solo nesso di causalità, a prescindere da qualsiasi rimprovero in termini di colpa che possa essere mosso all'esercente l'attività stessa.

All'esercente l'attività pericolosa non basta, per evitare la condanna, la prova negativa di non aver commesso alcuna violazione delle norme di legge o di comune prudenza, ma occorre quella positiva di aver impiegato ogni cura o misura atta ad impedire l'evento dannoso, di guisa che anche il fatto del danneggiato o del terzo può produrre effetti liberatori solo se per la sua incidenza e rilevanza sia tale da escludere in modo certo il nesso causale tra l'attività pericolosa e l'evento, e non già quando costituisca elemento concorrente nella produzione del danno, inserendosi in una situazione di pericolo che ne abbia reso possibile l'insorgenza a causa delle inidoneità delle misure preventive adottate. Non vi è dubbio che assegnare ad un allievo non esperto un animale potenzialmente nervoso è condotta inidonea alla prevenzione del rischio.

Cassazione civile, sez. III, 9.3.2010, n. 5664

L'attività sportiva consistente nella partecipazione ad una lezione di equitazione da parte di allievi dotati di sufficiente esperienza rientra, ai fini della responsabilità civile, nella fattispecie dell'art. 2052 cod. civ. con applicazione della relativa presunzione; spetta pertanto al gestore dell'animale (utilizzatore o proprietario) che ha causato il danno fornire non solo la prova dell'assenza della propria colpa, ma anche quella che il danno è stato cagionato dal caso fortuito, poiché ciò che rileva è la semplice relazione esistente tra il gestore e l'animale e il nesso di causalità tra il comportamento di questo e il danno (nella specie il gestore è stato ritenuto responsabile del danno causato dal calcio improvviso di un cavallo sferrato mentre il gruppo di allievi, sotto la guida dell'istruttore, procedeva in fila indiana).

Cassazione civile, 19 luglio 2008, n. 20063:

In tema di danno cagionato da animali, il proprietario o utente dell'animale (nella specie Centro ippico che utilizza il cavallo a fini di lucro) per sottrarsi alla responsabilità presunta è tenuto a fornire la prova del caso fortuito, che può consistere anche nel fatto del terzo, ma solo dopo che sia stato dimostrato in modo in equivoco la sussistenza del nesso di causalità tra il comportamento dell'animale, del suo cavaliere ed il danno causato.

Cassazione civile, 17 ottobre 2002, n. 14743:

In tema di responsabilità per danni causati da animali, perché la responsabilità del proprietario gravi su di un altro soggetto, occorre che il proprietario giuridicamente o di fatto si sia spogliato della facoltà di far uso dello stesso (intendendo tale locuzione nel senso di trarne un profitto economico), trasferendolo ad un terzo. Qualora, invece, il proprietario continui a far uso dell'animale sia pure tramite un terzo e, quindi, abbia ingerenza nel governo dello stesso, resta responsabile dei danni arretrati dallo stesso di qualunque danno.

Cassazione civile 23 novembre 1998, n. 11861

L'attività di equitazione svolta all'interno di un circolo ippico, alla presenza di un istruttore, con cavalli collaudati ed addestrati ad essere montati da persone non esperte, le quali, peraltro, in quanto allievi, vengono portate a conoscenza delle regole fondamentali della equitazione, non può, in linea di principio, proprio per tali caratteristiche, essere annoverata tra le attività pericolose di cui all'art. 2050 c.c. salvo l'accertamento, in fatto, di specifiche caratteristiche proprie del caso concreto, idonee a rendere obiettivamente pericoloso lo svolgimento dell'attività equestre ed è, pertanto, soggetta, per i danni subiti dagli allievi durante le esercitazioni, alla presunzione di responsabilità di cui all'art. 2052 c.c., prevista a carico del proprietario o di chi si serve dell'animale per il periodo in cui lo ha in uso, in relazione ai danni cagionati dallo stesso.

Cassazione civile, 19 giugno 2008 , n. 16637

La dichiarazione unilaterale dell'allievo di una scuola di equitazione, con la quale il gestore sia esonerato da ogni responsabilità per i danni patiti dagli allievi, è improduttiva di effetti nei casi di responsabilità per colpa grave, ex art. 1229 c.c. Tale colpa grave è ravvisabile nella condotta degli istruttori i quali, pur avendo notato che uno degli animali impiegati per l'esercitazione dava segni di nervosismo, non lo abbiano sostituito.

Sulla responsabilità del medico

Tribunale di Firenze, 4 settembre 2014 n. 2594

Il medico che incorre in errore professionale per essersi reso conto del distacco di un frammento della componente protesica con grave ritardo rispetto all'evento (in quanto già visibile chiaramente dalle radiografie effettuate a seguito dell'intervento), causando un dolore aggiuntivo al paziente e costringendolo ad una nuova operazione, deve risarcirlo del danno subito per la persistente sintomatologia dolorosa. Inoltre, viene riconosciuto anche il danno non patrimoniale derivato dall'omessa corretta e tempestiva informazione, che avrebbe dato modo quanto meno di anticipare nel tempo la decisione di sottoporsi a nuovo intervento chirurgico.

Tribunale di Monza, Sezione 1 Civile, Sentenza 12 aprile 2011, n. 1130



In tema di responsabilità dell'ente ospedaliero o clinico in relazione ai danni riportati dal paziente, in particolare, per una diagnosi errata o, comunque, incompleta, atteso che siffatta responsabilità deve essere ricondotta nell'ambito di quella professionale medica, deve ritenersi applicabile la disciplina di cui all'art. 2236 c.c.. L'azienda ospedaliera, in particolare, non risponde dei danni derivanti da prestazioni che comportino la soluzione di problemi di particolare difficoltà (salvo i limiti necessariamente connessi al dolo ed alla colpa grave) purché offra compiuta dimostrazione circa l'esistenza, nel caso concreto, di siffatto presupposto attenuativo. Non può, in particolare, ritenersi attenuata o attenuabile la responsabilità dell'Ente in relazione all'omessa diagnosi di una frattura delle dita del piede atteso che tale patologia risulta rilevabile con la semplice lettura dell'esame radiografico, lettura che, per consolidata esperienza medica, non risulta particolarmente difficoltosa.

Cassazione civile, 18 settembre 2008, n. 23846

In tema di danno alla persona, conseguente a responsabilità medica, integra l'esistenza di un danno risarcibile alla persona l'omissione della diagnosi di un processo morboso allorché abbia determinato la tardiva esecuzione degli opportuni interventi al fine di evitare l'evento (nella fattispecie asportazione della milza) e risulti inoltre che per effetto del ritardo, sia andata perduta dal paziente la "chance" di conservare una migliore qualità della vita nonché la "chance" di vivere per un tempo più lungo di quello poi effettivamente vissuto.
Rispondi

Da: roma7613/12/2016 16:37:50
a che ora si consegna?
Rispondi

Da: Misschianto13/12/2016 17:14:16
A che ora si consegna?
Rispondi

Da: Naomi 7713/12/2016 17:55:42
Siete riusciti ad avere contatti esterni?
Rispondi

Da: jussina14/12/2016 10:48:35
avete letto qualche indiscrezione sulle tracce?
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