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15 dicembre 2015 - Parere CIVILE
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Da: mammarompi15/12/2015 13:40:50
siete giovani e capaci ed invece di trovare una forma di protesta intelligente per un concorso di abiliatazione che ritenete, a ragione, iniquo state qui ad asseverare il fatto che solo ai piu' furbi (quelli che entrano con il cel nascosto) e non ai piu' meritevoli sarà data l oppurtunita di passare gli scritti....che tristezza
Rispondi

Da: juliet8215/12/2015 13:42:53
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 25 giugno - 3 ottobre 2013, n. 22632

Svolgimento del processo

Con sentenza non definitiva dell'11-7-1987 il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, decidendo sulle domande di reintegrazione nelle quote di legittima e di divisione proposte, con riferimento alla successione "mortis causa" di Lu..Ro. , dalle figlie R.L. e F..R. nei confronti della vedova E..M. , degli altri figli R.G. ed A..R. , del nipote "ex filio" Ro.Lu. , dichiarava la validità delle donazioni immobiliari del "de cuius" del 2-10-1963 e del 29-5-1969 in favore di G..R. , dichiarava inammissibile l'azione di riduzione proposta nei confronti di Lu..Ro. per non essere stata l'eredità accettata con beneficio di inventario dalle attrici, e dichiarava queste ultime tenute all'imputazione di donazioni di denaro che avevano ricevuto dal padre.
Con successiva sentenza non definitiva del 28-2-1997 il suddetto Tribunale condannava G..R. a pagare a R.F. e L..R. rispettivamente L. 57.675.667 e L. 57.475.667 con rivalutazione monetaria ed interessi, a reintegrazione delle loro quote di legittima (in denaro, come Ro.Lu. aveva disposto con testamento olografo pubblicato l'11-7-1987), dichiarava inefficaci nei confronti di E..M. - la quale in corso di causa aveva a sua volta proposto domanda di reintegrazione - sia la disposizione testamentaria del 14-9-1971 con cui Ro.Lu. aveva lasciato a G..R. i mobili della casa colonica a lui donati, sia la donazione del 5-7-1969 di due immobili del "de cuius" ad A..R. , sia la donazione del 29-5-1969 di un immobile in favore di G..R. limitatamente ad una porzione del valore di L. 56.000.000, da individuarsi in prosieguo di causa, attribuiva ad E..M. i beni mobili lasciati per testamento a G..R. e gli immobili donati ad R.A. , e condannava quest'ultimo a corrispondere ad M.E. gli interessi sulla somma di L. 78.000.000.
Durante la successiva fase istruttoria, deceduta M.E. , il giudice istruttore, previo sorteggio, assegnava ai suoi eredi una porzione dell'immobile oggetto della donazione del 1969 in favore di G..R. .
Con sentenza definitiva del 2-10-2003 il Tribunale provvedeva sulle spese di giudizio.
A seguito di impugnazione di questa sentenza e della seconda delle sopra menzionate sentenze non definitive da parte di R.G. , A..R. , L..R. e R.F. la Corte di Appello di Napoli con sentenza non definitiva dell'8-9-2006 ha revocato la condanna alla reintegrazione ed al pagamento dei frutti pronunciata in favore di M.E. , e per essa dei suoi eredi, revocava l'intero progetto di reintegra con le relative attribuzioni ed il sorteggio dichiarando privo di effetto il relativo verbale, ferme restando le valutazioni dei cespiti effettuate dal CTU e fatte proprie dal Tribunale con la sola esclusione dell'incidenza dell'usufrutto uxorio, e ferma restando la rivalutazione delle eventuali somme da determinare per la reintegrazione in favore di L..R. e R.F. , con la maggiorazione del 5% globale a titolo di frutti.
Con sentenza definitiva del 13-2-2009 la Corte di Appello di Napoli ha estromesso definitivamente dal giudizio Ro.Lu. , ha dichiarato lese le quote di riserva spettanti ad R.A. , a F..R. ed a L..R. , rispettivamente nella misura di lire 10.595.000, di lire 70.049.000 e di lire 69.849.000 per effetto della donazione del 29-5-1969 di Ro.Lu. in favore di G..R. , ha ridotto la donazione suddetta mediante distacco a carico di quest'ultimo ed a favore di R.A. della superficie di mq. 1.765,83 dalla maggiore estensione della particella 5002 del fondo oggetto della donazione medesima, ha attribuito a G..R. la scelta tra la restituzione della superficie distaccata del fondo oggetto della donazione suddetta, ed il pagamento di Euro 12.084,00 con gli interessi dalla decisione, ed ha ridotto la donazione del 29-5-1969 ponendo a carico di R.G. il pagamento di Euro 79.893,92 oltre ad Euro 3.994,00 a titolo di frutti ed interessi in favore di R.F. , e di Euro 79.665,81 oltre ad Euro 3.983,00 a titolo di frutti ed interessi in favore di L..R. .
Per la cassazione delle due sentenze della Corte di Appello di Napoli sopra menzionate G..R. ha proposto un ricorso articolato in tre motivi cui hanno resistito con separati controricorsi da un lato A..R. a dall'altro R.L. e F..R. che hanno introdotto altresì un ricorso incidentale basato su due motivi.
Questa Corte con ordinanza del 27-7-2012, ai fini della valutazione sull'ammissibilità del ricorso incidentale proposto contro la suddetta sentenza non definitiva della Corte territoriale, ha disposto a cura della cancelleria l'acquisizione presso la Corte di Appello di Napoli del fascicolo d'ufficio ed ha rinviato la causa a nuovo ruolo.

Motivi della decisione

Venendo quindi all'esame del ricorso principale, si rileva che con il primo motivo G..R. , denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 564-554 e 553 co., assume che erroneamente la Corte territoriale, sulla premessa che l'azione di reintegrazione nei confronti di L..R. era stata dichiarata inammissibile per non avere L..R. e F..R. accettato l'eredità paterna con beneficio di inventario, cosicché non era stato possibile recuperare presso L..R. una parte della quota riservata ai legittimari, ha riconosciuto alle attrici ed al coerede A..R. l'intera quota di legittima, pari a lire 88.595.000 ciascuno, ed in fase di riduzione ha sottratto l'intera somma di lire 119.310.000 (non recuperabile nei confronti di Ro.Lu. ), esclusivamente all'esponente; invece le conseguenze sfavorevoli conseguenti all'applicazione dell'art. 564 c.c. avrebbero dovuto ricadere soltanto nei confronti di R.L. e F..R. che, non avendo accettato l'eredità con beneficio di inventario, avevano precluso la possibilità di ridurre la donazione di cui aveva beneficiato il nipote del "de cuius" L..R. .
La censura è fondata.
Premesso come dato pacifico in causa che R.L. e F..R. non avevano accettato con beneficio di inventario l'eredità del loro padre Lu..Ro. , cosicché era stata dichiarata inammissibile la domanda da esse proposta nei confronti del nipote del "de cuius" e non coerede Ro.Lu. di riduzione della donazione a suo tempo effettuata in favore di quest'ultimo, devono essere valutate le conseguenze di tale inammissibilità riguardo alla possibilità per le suddette parti di conseguire comunque la reintegra delle proprie quote di legittima.
La sentenza non definitiva della Corte di Appello di Napoli sopra richiamata, rilevato che il Tribunale aveva correttamente calcolato il coacervo teorico della reintegra in lire 300.720.000, ha disatteso l'assunto del giudice di primo grado, che aveva ridotto proporzionalmente la riserva di tutti i legittimari dimenticando che per ciascuno di essi la riserva di legge è intangibile, tanto più per quelli che non hanno colpa nella mancata accettazione beneficiata nei confronti di Lu. ; pertanto la detrazione dell'importo che si sarebbe potuto recuperare da Lu..Ro. in lire 140.000.000 doveva essere operato sulla disponibile, la quale era ridotta a lire 37.190.000, cosicché soltanto in tali limiti potevano essere soddisfatti i diritti di L..R. e R.F. ; in definitiva, quindi, la reintegra per R.F. , teoricamente spettante in lire 69.849.000, doveva essere determinata in lire 18.568.967, e la reintegra per R.L. , teoricamente spettante in lire 70.049.000, doveva essere determinata in lire 18.621.033; il giudice di appello ha quindi per tali ragioni ritenuto superato il progetto divisionale, ed ha disposto con separata ordinanza per il prosieguo del giudizio ai fini della formazione di un nuovo progetto divisionale.
La sentenza definitiva della Corte territoriale, poi, rilevato che l'ammontare utile della disponibile era stato fissato in lire 37.190.000 in relazione al relitto e senza tener conto delle assegnazioni fatte da Lu..Ro. in vita in favore di R.A. e G..R. , e che la sentenza non definitiva aveva mirato alla ricostruzione dell'intero patrimonio e delle partite in discussione, ha determinato in Euro 79.893,92 il valore delle reintegra in favore di F..R. ed in Euro 79.665,81 il valore della reintegra in favore di R.L. , così rivalutate le somme rispettivamente di lire 70.049.000 e di lire 69.849.000 calcolate con riferimento al 1985.
Tale convincimento non può essere condiviso.
Premesso che si verte in materia di riduzione delle donazioni con conseguente applicazione dell'art. 559 c.c., una volta dichiarata inammissibile per mancata accettazione dell'eredità paterna l'azione di riduzione della donazione effettuata da Lu..Ro. in favore dell'omonimo nipote proposta da F..R. e da L..R. , si pone il problema di stabilire se ed in quali limiti, ai fini della reintegrazione delle rispettive quote di legittima di costoro, possano essere ridotte le donazioni anteriori.
Al riguardo non è persuasiva la tesi che ritiene ammissibili ridurre dette donazioni fino alla completa reintegra delle quote di legittima non tenendo conto delle ragioni dell'inammissibilità dell'azione di riduzione nei confronti della donazioni più recente, atteso che in tal modo le conseguenze negative del mancato espletamento dell'onere di accettazione dell'eredità con beneficio di inventario per poter proporre tale azione nei confronti di un donatario non coerede ai sensi dell'art. 564 c.c. vengono ingiustificatamente fatte ricadere su dei soggetti estranei all'assolvimento di detto onere; pertanto si ritiene di dover aderire ad un orientamento già espresso da questa Corte secondo cui, qualora il legittimario non possa aggredire la donazione di data più recente effettuata a favore di un donatario non coerede per aver accettato l'eredità senza far ricorso al beneficio di inventario, egli non può più aggredire la donazione meno recente a favore del coerede, se non nei limiti in cui risulti dimostrata l'insufficienza della donazione più recente a reintegrare la quota di riserva (Cass. 22-10-1975 n. 3500); nella fattispecie, quindi, la reintegrazione delle quote di legittima di F..R. e di L..R. è possibile per l'eccedenza dalla disponibile, ma detratto il valore della donazione effettuata in favore di Ro.Lu. .
Con il secondo motivo il ricorrente principale, deducendo violazione a falsa applicazione dell'art. 726 c.c., assume che la sentenza definitiva della Corte territoriale ha ritenuto che a R.F. ed a L. fossero state assegnate rispettivamente lire 18.546.000 e ire 18.746.000 facendo riferimento al valore della nuda proprietà, dimenticando così che all'atto della sentenza l'usufrutto uxorio - pari al 30% - si era già da tempo consolidato alla nuda proprietà con la morte del coniuge superstite M.E. , avvenuta il 17-3-2000, come del resto rilevato dalla sentenza non definitiva della stessa Corte di Appello.
La censura è fondata.
Il giudice di appello con la sentenza definitiva ha affermato che a F..R. e L..R. erano state assegnate le somme suddette determinando la stima dei beni ad esse donati con riferimento al valore della nuda proprietà, nonostante che la sentenza non definitiva dell'8-9-2006 avesse rilevato che doveva escludersi dai valori dei cespiti donati a L..R. e F..R. la decurtazione del 30% dell'usufrutto uxorio non spettante e consolidatosi alla piena proprietà (vedi in tal senso a pag. 9), statuizione quest'ultima conforme al principio che il valore dei beni da dividere deve essere determinato con riferimento al tempo della divisione stessa, cosicché nella fattispecie si deve tener conto dell'estinzione del suddetto usufrutto per il sopravvenuto decesso nel corso del processo di M.E. , e quindi dell'acquisizione in piena proprietà dei suddetti immobili da parte di L..R. e di F..R. .
Con il terzo motivo G..R. , denunciando violazione degli artt. 112 e 345 c.p.c., rileva che la Corte territoriale ha disposto la reintegra della quota di legittima di R.A. senza che quest'ultimo avesse mai avanzato alcuna domanda in tal senso.
Il motivo è infondato.
Invero dall'esame diretto degli atti processuali (consentito a questa Corte dalla natura processuale del vizio denunciato) risulta che A..R. nella comparsa di costituzione del 25-3-1988 dinanzi al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere aveva richiesto l'integrazione della sua quota di legittima nell'ipotesi che il valore della seconda donazione del 5-7-1969 operata in suo favore da Lu..Ro. fosse inferiore al valore della quota stessa; pertanto non sussiste la denunciata violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
Venendo ora all'esame del ricorso incidentale, premesso che esso è ammissibile in quanto risulta essere stata effettuata ritualmente riserva di ricorso per cassazione avverso la sentenza non definitiva della Corte di Appello di Napoli all'udienza del 28-9-2006, si rileva che con il primo motivo L..R. e F..R. , denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 277 secondo comma e 279 secondo comma c.p.c., assumono che erroneamente la sentenza non definitiva della Corte territoriale ha revocato la condanna alla reintegra in favore della M. sulla base dell'argomentazione della sentenza definitiva del Tribunale n. 2148/2003, che avrebbe riconosciuto abbandonata dagli eredi della M. tale domanda, e del fatto che questa affermazione non sarebbe stata impugnata da nessuna parte; invero il Tribunale non aveva trasfuso la suddetta statuizione nel dispositivo, e comunque il giudice di appello avrebbe dovuto rilevare anche d'ufficio l'insanabile contrasto tra la richiamata sentenza del Tribunale e la precedente sentenza dello stesso Tribunale n. 699/1997, che aveva rinviato al prosieguo del giudizio l'attribuzione delle sole rendite dovute alla M. dal figlio G. , ma non delle rendite dovute dal figlio Andrea, che invero erano state liquidate al punto 4 del dispositivo.
La censura è fondata.
La Corte territoriale con la sentenza dell'8-9-2006, avendo ritenuto che occorreva procedere ad un nuovo progetto divisionale che tenesse conto delle vicende sopravvenute relative al decesso della M. con accrescimento delle relative quote agli eredi e la rinuncia da parte di questi ultimi all'azione di riduzione proposta dalla loro madre, come affermato dal Tribunale senza impugnazione al riguardo, ha dichiarato caducata la condanna alla reintegra ed ai frutti in favore della M. e dei suoi eredi.
In effetti la sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere del 2-10-2003, dopo aver dato atto che "La richiesta avanzata dalla difesa attorea di attribuzione agli eredi di M.E. della quota per la quale è stato operato il sorteggio appare superata dalla formale assegnazione operata dal G.I. all'esito delle operazioni di sorteggio e consacrata nel relativo verbale", nondimeno ha ritenuto che la domanda della M. di reintegrazione della quota di legittima unitamente alle rendite maturate doveva ritenersi implicitamente abbandonata in quanto non reiterata dai suoi eredi, pur costituitisi in giudizio a seguito della dichiarazione di morte della M. ; orbene tale statuizione si pone in insanabile contrasto con la sentenza non definitiva dello stesso Tribunale del 28-2-1997 che aveva disposto, a reintegrazione della sua quota di legittima, l'attribuzione alla M. dei beni descritti nelle lettere a) e b) del dispositivo stesso, aveva condannato R.A. a corrispondere alla M. , a titolo di frutti, gli interessi legali maturati sulla somma di lire 78.000.000 dal 30-11-1989 alla data della sentenza, ed aveva disposto con separata ordinanza per il prosieguo del giudizio ai fini della concreta attribuzione alla M. della porzione di casamento di cui alla lettera e) necessaria per integrare la sua quota di legittima, nonché per l'attribuzione alla stessa dei frutti dovuti da R.G. ; orbene la statuizione sopra enunciata della sentenza definitiva del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere è erronea in quanto, in caso di sentenza non definitiva, il giudice si spoglia della "potestas iudicandi" relativa alle questioni decise, delle quali gli resta precluso il riesame - sia in ordine alle questioni decise che in ordine a quelle dipendenti - salvo che detta sentenza non venga riformata con pronuncia passata in giudicato, a seguito di impugnazione immediata; ne consegue che tale giudice non può risolvere le medesime questioni in senso diverso con la sentenza definitiva e, ove lo faccia, il giudice del gravame può rilevare d'ufficio la violazione del giudicato interno originante dalla sentenza non definitiva, a nulla rilevando che la violazione non abbia costituito oggetto di specifica impugnazione (Cass. 11-5-2006 n. 10889; Cass. 31-8-2009 n. 18898); pertanto nella fattispecie il giudice di appello avrebbe dovuto rilevare anche d'ufficio la violazione del giudicato interno derivante dalla sentenza non definitiva del 28-2-1997 del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere da parte della sentenza definitiva dello stesso Tribunale, invece che dare seguito alla statuizione relativa alla asserita rinuncia da parte degli eredi della M. alla domanda di reintegrazione nella quota di legittima.
Con il secondo motivo le ricorrenti incidentali, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 467-523-674 e 677 c.c., nell'ipotesi di mancato accoglimento del primo motivo, lamentano la mancata applicazione dell'istituto della rappresentazione o, in mancanza, dell'accrescimento.
Tale motivo resta assorbito all'esito dell'accoglimento del primo motivo di ricorso.
In definitiva le sentenze impugnate devono essere cassate in relazione all'accoglimento dei primi due motivi del ricorso principale e del primo motivo del ricorso incidentale, e la causa deve essere rinviata per un nuovo esame ad altra sezione della Corte di Appello di Napoli anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie i primi due motivi del ricorso principale ed il primo motivo del ricorso incidentale, rigetta il terzo motivo del ricorso principale e dichiara assorbito il secondo motivo del ricorso incidentale; cassa le sentenze impugnate in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Napoli.
Rispondi

Da: salernoesame201515/12/2015 13:43:03
Sapete Salerno a che ora deve consegnare?
Rispondi

Da: MIA15/12/2015 13:43:33
ragazzi cambiate le parole altrimenti si rischia l'annullamento del compito...
Rispondi

Da: abilitazione avvocato 15/12/2015 13:43:37
Esito del ricorso:

Cassa con rinvio, Corte di Appello di Roma, sentenza 31 luglio 2007, n. 3417

Riferimenti normativi:

Cod. Civ. artt. 1322, 1362, 1917

I precedenti giurisprudenziali:

Cass. Civ., Sez. III, 22 marzo 2013, n. 7273 (rv. 625900)

Cass. Civ., Sez. III, 15 marzo 2005, n. 5624 (rv. 581723)
Rispondi

Da: NezPerces 15/12/2015 13:44:57
ragionamento su traccia 1:
il patrimonio totale del de cuius ammonta a 400.000 euro.
Decesso ab intestato - Successione ab intestato.
Dei 400.000 euro 1/4 va al coniuge pari a 100.000 euro e 2/4 vanno ai figli (100.000 a testa come quota legittima); i restanti 100.000, il de cui può disporne come vuole.
Con l'apertura della successione ab intestato, l'immobile va in comunione nella misura di 1/3 a testa.
Consegue che Mevio, per raggiungere la sua quota di euro 100.00 (dalla comunione ne ricava 30.000 - l'appartamento vale 90, in comunione x 3) dovrà agire con l'azione di riduzione (arte. 554 - 565 c.c.), partendo dalla più recente alla meno recente, quindi nei confronti dell'amico la cui donazione dovrà essere ridotta completamente. Dovrà poi agire nei confronti del fratello Caio con azione di riduzione del valore di euro 10.000.
Non ho verificato riferimenti giurisprudenziali
Rispondi

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Da: BB8415/12/2015 13:46:53
si... gentilmente cambiate le parole visto che quello di Mia è preso pari pari dal mio...rischiate l'annullamento
Rispondi

Da: IngenereAiutoAvvocato15/12/2015 13:46:57
PER MIA
Se leggi il mio compito ( che giro a Napoli), sembra proprio un altro :P
Rispondi

Da: IngenereAiutoAvvocato15/12/2015 13:47:06
PER MIA
Se leggi il mio compito ( che giro a Napoli), sembra proprio un altro :P
Grazieeeeeeee
Rispondi

Da: mammarompi15/12/2015 13:47:39
EFF dici a me ?
Rispondi

Da: MIA15/12/2015 13:48:02
anche il mio va a Napoli
Rispondi

Da: RossyRò15/12/2015 13:48:41
BB84 hai preso la soluzione dall'articolo di LeggiOggi? Anche io l'ho presa da lì ma ho rielaborato il parere completamente (troppi riferimenti precisi ;) )
Rispondi

Da: asdfasdfasdf15/12/2015 13:49:07
Pretermissione significa che non ha avuto nulla, in questo caso ha avuto di meno ma cmq ha avuto un terzo di un appartamento
Rispondi

Da: Buonanotteall''italia15/12/2015 13:50:56
Ritengo sia gravissimo passare le soluzioni a qualcuno che si trova dentro la sede dell'esame.
In ogni caso sappiate che si accorgono quando lo sviluppo proposto dal candidato è cosi dettagliato.
Vi auguro buone feste ma non di passare l'esame in questo modo.
Rispondi

Da: jus15/12/2015 13:52:00
a che ora consegnano a CZ?
Rispondi

Da: kaky86 15/12/2015 13:52:41
ragazzi pubblicate soluzioni traccia 1 il tempo scorre
Rispondi

Da: BB8415/12/2015 13:53:08
Rossyrò non ricordo dove l'ho preso, era la descrizione di una causa con identico oggetto, ma ho preso solo i riferimenti delle sentenze ricavandone la massima, senza spiegare il caso nel dettaglio, in quanto i codici di solito riportano le riportano così.
Rispondi

Da: juliet8215/12/2015 13:54:14
Massima

Ove il legittimario non possa aggredire la donazione più recente eseguita in favore di un donatario non coerede, mancando la condizione di esercizio dell'azione quale quella di aver accettato l'eredità con beneficio d'inventario, egli non potrà aggredire la donazione meno recente eseguita in favore del coerede, se non nei limiti in cui risulti dimostrata l'insufficienza della donazione più recente a reintegrare la sua quota di riserva. Pertanto, la reintegrazione delle quote di legittima deve tener conto dell'eccedenza disponibile ricevuta dal legittimario contro cui è stata proposta l'azione di riduzione, detratto il valore della donazione effettuata in favore del donatario non coerede. (Fonte: Diritto e Giustizia)
Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, Sentenza 3 ottobre 2013, n. 22632
Rispondi

Da: aiutiamoliiii 15/12/2015 13:54:24
grazie a bb84 e Mia..!!!
Rispondi

Da: abilitazione avvocato 15/12/2015 13:55:07
BB84

Corte di Cassazione, sez. III, 17 febbraio 2014, n. 3622 - Pres. Russo - Rel. Lanzillo
Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato il 9 novembre 1999 la s.r.l. Immobiliare Stella Alpina ha convenuto
davanti al Tribunale di Roma Ia.Mi. e M. , in proprio e nella qualità di soci dello studio associato I. ,
chiedendone la condanna al risarcimento dei danni per l'importo di L. 182.907.000, imputando agli
stessi â dottori commercialisti â errori e inadempimenti nella compilazione delle dichiarazioni IVA
relative agli anni 1990 â 1991, in conseguenza dei quali la società ha perso un credito IVA di
importo pari alla somma di cui sopra.
I convenuti hanno resistito alla domanda ed hanno chiesto ed ottenuto di chiamare in causa la s.a.
Zurigo Assicurazioni, per esserne garantiti.
Quest'ultima si è costituita ed ha resistito alla domanda.
Esaurita l'istruttoria, il Tribunale ha condannato I.M. a pagare la somma di £ 182.907.000, oltre
interessi e spese di lite, in favore dell'Immobiliare Stella Alpina; ha respinto la domanda attrice nei
confronti di I.M. e la domanda di garanzia proposta dai convenuti nei confronti della compagnia
assicuratrice.
Proposto appello da I.M. , a cui hanno resistito la Immobiliare Stella Alpina e la Zurigo, con
sentenza 21 giugno â31 luglio 2007 n. 3417 la Corte di appello di Roma ha confermato la sentenza
di primo grado. I.M. propone due motivi di ricorso per cassazione.
Resiste con controricorso la s.a. Zurich Insurance Company, nuova denominazione della Zurigo
Assicurazioni.
Rispondi

Da: Drugo 15/12/2015 13:56:29
Ragazzi perfavore la traccia 1
Rispondi

Da: abilitazione avvocato 15/12/2015 13:57:14
BB4 E MIA

Motivi della decisione
1.â La Corte di appello ha motivato la sua decisione in base al rilievo che l'illecito addebitato
all'assicurato risale agli anni 1990 e 1991, cioè a data anteriore a quella del 30 dicembre 1994, da
cui decorre l'efficacia della polizza di assicurazione. Ha ritenuto irrilevante la clausola n. 4 del
contratto medesimo, secondo cui "La garanzia vale per le richieste di risarcimento presentate per
la prima volta all'assicurato nel periodo di assicurazione" e la circostanza che la domanda
risarcitoria sia stata inoltrata il 19.4 1999, nel corso del periodo assicurativo 15.10.1996 â 
15.10.1999, con la motivazione che l'alea coperta dalla garanzia deve riguardare un evento futuro
ed incerto; non un evento già verificatosi prima della conclusione del contratto, e che nella specie
non risulta essere stata pattuita alcuna deroga al principio di cui all'art. 1917 cod. civ..
2.â Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione degli art. 1362 e 1322 cod. civ., e con il
secondo motivo contraddittorietà ed insufficienza della motivazione, sul rilievo che la Corte di
appello ha illegittimamente disatteso l'efficacia della clausola n. 4 - c.d. clausola claim made,
largamente praticata nei contratti di assicurazione della responsabilità professionale â la quale
garantisce all'assicurato la copertura assicurativa in tutti i casi in cui la domanda di risarcimento
dei danni sia proposta contro l'assicurato nel periodo di validitàâefficacia della polizza, pur se il
comportamento illecito da cui deriva la responsabilità si sia verificato prima della stipulazione del
contratto. Assume che la Corte di appello ha interpretato la clausola contro il suo testo letterale;
ha disatteso il principio per cui le parti, nell'esercizio della loro autonomia contrattuale, possono
derogare alle caratteristiche del tipo negoziale e richiama la giurisprudenza di questa Corte, che ha
ritenuto valide le clausole claim made, enunciando il principio per cui i contratti di assicurazione
che le contengono non rientrano nella fattispecie tipica di cui all'art. 1917 cod. civ., ma
configurano contratti atipici, meritevoli di tutela ai sensi dell'art. 1322 cod. civ. (Cass. civ. Sez. 3, 25
marzo 2005 n. 5624).
Soggiunge che la compagnia assicuratrice è tanto consapevole di quanto sopra che neppure ha
eccepito, nel giudizio di primo grado, l'inoperatività della garanzia, affidando la sua difesa a diverse
eccezioni ed argomentazioni.
3.â I due motivi, che vanno congiuntamente esaminati perché connessi, sono fondati.
La clausola claim made prevede il possibile sfasamento fra prestazione dell'assicuratore (obbligo di
indennizzo in relazione all'alea del verificarsi di determinati eventi) e controprestazione
dell'assicurato (pagamento del premio), nel senso che possono risultare coperti da assicurazione
comportamenti dell'assicurato anteriori alla data della conclusione del contratto, qualora la
domanda di risarcimento del danno sia per la prima volta proposta dopo tale data, come nel caso
in esame; e possono risultare viceversa sforniti di garanzia comportamenti tenuti dall'assicurato
nel corso della piena validità ed efficacia della polizza, qualora la domanda di risarcimento dei
danni sia proposta successivamente alla cessazione degli effetti del contratto.
Va premesso che il problema dell'efficacia della clausola claim made viene qui esaminato e deciso
con esclusivo riferimento al caso oggetto di esame, cioè al caso in cui la copertura assicurativa sia
estesa ai comportamenti anteriori alla stipulazione del contratto.
La Corte di appello ha ritenuto inefficace la clausola sulla base del presupposto (non chiaramente
espresso, ma intuibile dalla motivazione) che l'alea è elemento essenziale del contratto di
assicurazione, la cui mancanza determina la nullità del contratto medesimo (cfr. art. 1895, 1904
cod. civ., nonché le varie disposizioni che prevedono la modifica degli effetti del contratto nei casi
di variazione dei rischi: art. 1892, 1893, 1896, 1897, 1898 ed altri, cod. civ., fra cui lo stesso art.
1917 cod. civ., là dove esclude la responsabilità dell'assicuratore per fatti dolosi dell'assicurato, in
quanto il dolo altera in base a fattori del tutto irrazionali le possibilità di previsione e preventiva
valutazione del rischio assicurato).
La sentenza impugnata ha però ingiustificatamente equiparato il caso in esame a quello di
inesistenza del rischio, mentre in realtà nel caso in esame un'alea esiste, pur se di natura e
consistenza diverse da quella avente ad oggetto i comportamenti colposi del professionista.
Ha poi ha trascurato di considerare che l'estensione della copertura ai comportamenti anteriori
alla stipulazione della polizza è frutto di una precisa scelta dell'assicuratore, che di sua iniziativa
inserisce la clausola fra le condizioni generali di contratto (presumibilmente a fini promozionali),
sulla base di una consapevole valutazione dei rischi, che peraltro vengono sapientemente
circoscritti tramite altre disposizioni.
Quanto all'alea, essa concerne non la possibilità che l'assicurato tenga comportamenti colposi, ma
che li abbia commessi in passato, pur non essendo ancora a conoscenza della loro illiceità o
idoneità a produrre danno. È incongrua quindi la motivazione della Corte di appello, là dove ha
ritenuto di dover escludere la sussistenza dell'alea con riferimento ad eventi già verificatisi.
L'alea non concerne i comportamenti passati nella loro materialità, ma la consapevolezza da parte
dell'assicurato del loro carattere colposo e della loro idoneità ad arrecare danno a terzi.
In secondo luogo, non è detto che qualunque comportamento colposo induca il danneggiato a
proporre domanda di risarcimento dei danni.
Sotto entrambi i profili l'assicurazione copre eventi incerti e peculiari tipi di rischi, contrariamente
a quanto affermato dalla Corte di appello.
In secondo luogo, i contratti contenenti la clausola claim made normalmente delimitano la
garanzia a non più di due o tre anni prima della sottoscrizione della polizza, nonché ai casi in cui
l'assicurato non sia a conoscenza dell'illecito pregresso, dei relativi effetti dannosi e dell'intenzione
del danneggiato di agire in risarcimento, serbando intatta, in mancanza, la possibilità di opporre
all'assicurato la responsabilità e gli effetti delle dichiarazioni inesatte o reticenti, ai sensi degli art.
1892 e 1893 cod. civ. (cfr., proprio con riferimento ad una clausola claim made, Cass. civ. Sez. 3, 22
marzo 2013 n. 7273). Sotto alcun aspetto pertanto appare giustificato, nel caso in esame, il diniego
di efficacia alla clausola claim made, poiché la domanda risarcitoria è stata proposta contro
l'assicurato in corso di validità della polizza; non risulta che questi fosse consapevole degli illeciti
commessi, né dell'intenzione del cliente di agire in responsabilità nei suoi confronti, alla data della
sottoscrizione della polizza. Va soggiunto che le clausole claim made sono predisposte dallo stesso
assicuratore, nelle condizioni generali di contratto; che pertanto è da ritenere che, nella parte in
cui prevedono effetti vantaggiosi per l'assicurato, siano frutto di scelte meditate e consapevoli,
nonché di un'attenta valutazione dei rischi e della remuneratività del corrispettivo convenuto
come premio, pur in relazione ai sinistri verificatisi in data anteriore. Trattasi poi di clausole che,
nei casi simili a quello in esame, sono favorevoli per l'assicurato, sicché non viene in
considerazione il divieto di deroghe alla disciplina ordinaria di cui all'art. 1932 cod. civ..
Non è rilevante né significativa, invece, la giurisprudenza citata dal ricorrente a supporto delle sue
argomentazioni, perché relativa a fattispecie del tutto diverse da quella in oggetto, in cui la
clausola claim made è stata invocata per escludere la copertura assicurativa, pur essendosi il
sinistro realizzato nel pieno vigore del contratto di assicurazione, in quanto la domanda risarcitoria
è stata per la prima volta proposta dopo lo scioglimento del contratto medesimo (cfr. Cass. civ.
Sez. 3, 15 marzo 2005 n. 5624).
In questo secondo caso la clausola potrebbe effettivamente porre problemi di validità, venendo a
mancare, in danno dell'assicurato, il rapporto di corrispettività fra il pagamento del premio e il
diritto all'indennizzo, per il solo fatto che la domanda risarcitoria viene proposta dopo lo
scioglimento del contratto (come frequentemente avviene â ben più che nel caso opposto e qui
considerato â in tema di responsabilità professionale).
Ma trattasi di questione che qui non si pone, sulla quale quindi non vi è luogo a pronunciare.
4.â In accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata deve essere annullata, con rinvio della
causa alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, affinché decida la controversia
uniformandosi ai principi sopra indicati, con congrua e logica motivazione.
5.â La Corte di rinvio deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte di cassazione accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di
appello di Roma, in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del giudizio di
cassazione
Rispondi

Da: gd15/12/2015 13:58:13
mettete la massima del 2015 please?
Rispondi

Da: mammarompi15/12/2015 14:01:18
concordo! che tristezza!
Rispondi

Da: Celeste16 15/12/2015 14:02:18
Ragazzi qual'è la soluzione giusta alla prima traccia?
Rispondi

Da: BB8415/12/2015 14:02:45
abilitazione avvocato io ho semplicemente scritto i motivi per i quali la cassazione ha accolto il ricorso, poi va da sè che la causa per stabilire  il risarcimento sia tornata alla corte d appello datosi che la cassazione è solo giudice d legittimità.
Rispondi

Da: ladybeard15/12/2015 14:03:11
Scusate ma tra le questioni sottese al caso nel parere 1, in particolare nella parte generale trattereste la tematica della lesione della legittima.
Rispondi

Da: tieken15/12/2015 14:08:43

- Messaggio eliminato -

Rispondi

Da: persona seria15/12/2015 14:11:11
buon pomeriggio a tutti, lo svolgimento della seconda traccia fatto da MIA è completo e attendibile? perchè ho bisogno di girarlo, ovviamente personalizzandolo. grazie
Rispondi

Da: jus15/12/2015 14:18:40
sapete a che ora consegnano a CZ?
Rispondi

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