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Quanti di voi sono avvocati ma hanno lasciato per un concorso pubblico?
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Da: nessun bisogno di avvocati24/09/2014 08:31:44
I POSTI VACANTI IN ITALIA
230.000
INFORMATICI

60.000
INFERMIERI

50.000
SETTORE AGRICOLO

6.000
PIZZAIOLI

5.000
COMMESSI

2.400
CAMERIERI

1.900
PARRUCCHIERI

1.270
CONTABILI

1.350
ELETTRICISTI

1.250
MECCANICI AUTO

1.100
TECNICI DI VENDITA

1.100
IDRAULICI

1.000
BARISTI
Rispondi

Da: nessun bisogno di avvocati24/09/2014 08:35:03
Per rimettere in moto l'econo-
mia del Paese la priorità non è rendere
più facili i licenziamenti modificando
l'articolo 18, ma semplificare le assun-
zioni. Lo sostiene l'Ordine nazionale dei
consulenti del lavoro, che lo scorso ago-
sto ha completato un'indagine fra tutti
gli iscritti. Sono 400mila le figure profes-
sionali che le imprese clienti non rie-
scono a reperire sul mercato del lavoro
italiano perché istruzione, formazione e
competenze dei candidati sono inade-
guate o perché le complesse regole sui
contratti rendono arduo impiegare un
soggetto. La presidente nazionale della
categoria, Marina Calderone, lo spie-
gherà venerdì ai presidenti delle com-
missioni Lavoro di Camera e Senato, Ce-
sare Damiano e Maurizio Sacconi, invita-
ti a "Erice mare" (Pizzolungo, ndr) dai
consulenti del lavoro a discutere insieme
le integrazioni al Jobs Act del governo
Renzi in discussione in Parlamento
I numeri emersi sono eloquenti. In
Italia ci sono 3 milioni e 150mila disoc-
cupati (12,3%), di cui i giovani senza lavo-
ro sono 701mila (43,7%) a fronte di
903mila occupati fra i 15 e i 24 anni. I
giovani disoccupati sono cresciuti di
52mila unità (+8%) rispetto ad agosto
2013. Gli inattivi che non cercano lavoro
sono il 73,2%. Sembra che sia impossibi-
le trovare un'occupazione a questa mas-
sa di soggetti, considerato che lo stru-
mento clou della più recente normativa,
il nuovo apprendistato, non ha avviato
all'impiego più di 400mila giovani.
Eppure, secondo l'indagine condotta
dalla Fondazione studi dei consulenti
del lavoro, in Italia ci sono settori nei
quali non si trovano figure professiona-
li preparate a soddisfare le esigenze del-
le aziende o la loro assunzione è scorag-
giata da una giungla di norme e balzelli.
Sorprende, ad esempio, che nell'econo-
mia 2.0, quella che dovrebbe assicurare
il rilancio dell'industria e dell'innova-
zione per la competizione del Made in
Italy nel mondo, mancano 230mila spe-
cialisti in informatica, Tlc e professioni
dell'e-business. Nel 2015, calcolano i
consulenti del lavoro, la domanda di la-
voratori specializzati nel settore salirà a
440mila e a 900mila in Europa. È un pa-
radosso che decine di migliaia di lau-
reati non riescano a inserirsi in un setto-
re con una così elevata offerta di lavoro.
Inoltre, il 36% delle imprese
italiane ha difficoltà a reperire
figure qualificate in campo in-
gegneristico, amministrativo,
finanziario e commerciale.
E ancora, nel settore sanita-
rio operano 390mila infermie-
ri, ma ne servono altri 60mila;
il fabbisogno salirà a 250mila
entro il 2020.
Agricoltura e agroalimen-
tare hanno 50mila posti da co-
prire. Se crescono del 2% le aziende gui-
date da giovani ed emergono nuove figu-
re come il sommelier, il birrario a chilo-
metri zero, l'affinatore di formaggi, il
food blogger, l'idrogeologo e il climatolo-
go o altre legate alla green economy,
dall'altro lato restano vacanti il 40% di
posti per raccoglitori stagionali di frutta
e ortaggi e il 35% per trebbiatori. Fra i la-
vori manuali, c'è difficoltà a trovare 2mi-
la dipendenti per gelaterie e pasticcerie
e 6mila pizzaioli. In generale, nel primo
trimestre 2014 fra le cause della manca-
ta ripresa c'è stata anche l'impossibilità
di coprire 35mila posti in tutti i settori.
I consulenti del lavoro, guidati da Ma-
rina Calderone, venerdì a "Erice mare"
proporranno a Damiano e Sacconi di in-
serire nella delega al governo un sistema
che sblocchi l'occupazione tramite la
semplificazione dei contratti e del mer-
cato del lavoro, un legame reale tra for-
mazione, apprendistato ed esigenze del-
le aziende, la riqualificazione dei sogget-
ti in ammortizzatore sociale facilitan-
done il reinserimento e un rapporto di-
retto tra domanda e offerta di lavoro che
funzioni grazie ad una sinergia tra i ser-
vizi pubblici per l'impiego (riorganizza-
ti) e i consulenti del lavoro. Poi - conclu-
dono i professionisti - si può pensare al-
la riforma dell'art. 18, e in tal senso il
contratto unico a tutele crescenti può es-
sere una buona base di partenza.
Rispondi

Da: ...05/10/2014 09:59:45

ROMA
«Il ministero della Gioventù si ripropone di preparare una guida semplice e facilmente consultabile da fornire ai ragazzi che finiscono la scuola. Una guida che spieghi quali lavori hanno mercato e anche stile pamphlet che abbiamo intitolato "Buon lavoro", già accessibile al sito www.ipotesidilavoro.it». Lo ha annunciato, in una nota, il ministro della Gioventù, Giorgia Meloni, in occasione della presentazione del primo Rapporto sul mercato italiano dell'orientamento presentato oggi dal

gruppo di rappresentanza Servizi per l'orientamento di Assoknowledge.

«Questo libro - spiega - è dedicato ai giovani che si affacciano per la prima volta nel mondo del lavoro. Un vademecum, una guida facile e veloce per conoscere tutto quello che avreste voluto sapere sul lavoro ma nessuno vi ha mai detto».

«C'è tutto - continua - dai tirocini all'apprendistato, dal lavoro in cooperativa alla libera professione: tutti i diritti e tutti i doveri dei giovani lavoratori. Sembra una banalità, ma pochissimi conoscono tutte le sfaccettature dei diversi tipi di offerta che possono ricevere da un datore di lavoro e rarissimamente conoscono i pro o i contro di ogni tipo di contratto».

«Il Rapporto - sostiene il ministro Meloni - racconta un corto circuito che sperimentiamo tutti i giorni: quello che separa in maniera drammatica il mondo della scuola da quello dell'università e del lavoro. Il mondo del lavoro "come i ragazzi pensano che sia" è totalmente diverso dal "mondo del lavoro come effettivamente è". Questo corto circuito produce effetti deleteri. E fa sì che i ragazzi troppo spesso compiano al buio le scelte più rilevanti per il proprio futuro lavorativo».

«Tra tanti - avverte - un dato del rapporto mi preoccupa anche se purtroppo non mi stupisce: quello che dice che quasi 8 ragazzi su 10 non hanno mai utilizzato servizi di orientamento agli studi e al lavoro. Le poche persone "orientato" hanno ricevuto suggerimenti dalla famiglia e solo marginalmente dalla scuola e da strutture specializzate».

«Eppure - rimarca - se i ragazzi fossero meglio preparati e orientati all'accesso alle facoltà universitarie, saprebbero che, oggi, a un anno dal conseguimento della laurea di secondo livello, il tasso di disoccupazione è del 33% per gli avvocati, e chi lavora ha uno stipendio medio netto di 958 euro contro un tasso di disoccupazione pari a zero per infermieri e ostetriche che già il primo anno di lavoro vantano uno stipendio medio netto di 1.637 euro».

«Questo tipo di informazioni - ricorda il ministro della Gioventù - e il governo nel suo insieme sta lavorando per colmare questa lacuna. Il ministro Sacconi ad esempio si è dedicato all'orientamento prevedendo fino al 2012 uno stanziamento di 4,5 milioni di euro, dei quali 2 milioni già erogati, per ristrutturare il sistema informativo Excelsior di Unioncamere».

«Si tratta di un monitoraggio - afferma - molto accurato che investigando sulla richiesta di lavoro che viene dalle aziende elabora degli studi che possono essere utili sia ai ragazzi per l'orientamento, sia alle istituzioni per aggiustare il tiro nell'offerta formativa e dare impulso a quelle scuole che offrono maggiori prospettive di lavoro».

«Contrastando così il divario tra formazione e lavoro - precisa Giorgia Meloni - si tratta di un progetto molto complesso che per identificare le principali tendenze dei movimenti occupazionali intervisterà ogni anno circa 250mila imprese».


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Da: relazione Cepej11/10/2014 17:21:20
Ma i problemi della giustizia italiana non dipendono di sicuro dalla mancanza di risorse economiche. Nel 2012 il nostro Paese era all'11° posto su 47 per spesa pro-capite per tribunali e procure (74 euro per cittadino) e il Cepej inserisce l'Italia tra gli Stati in cui i governi negli anni hanno continuato a prestare una particolare attenzione alla giustizia, mantenendo questa voce tra le priorità nel bilancio. Secondo la commissione la situazione dell'Italia, definita «preoccupante» sul fronte del penale, dipenderebbe piuttosto da una non ottimale utilizzazione delle risorse, «come dimostrano i tribunali che funzionano bene», dalla complessità delle procedure e in parte dal numero molto alto di avvocati «che induce nelle persone una sorta di consumismo di giustizia». Non tutto però va male. Il Cepej ha stabilito che il nostro Paese ha raggiunto un livello di eccellenza nell'uso dell'informatica nei tribunali e ha migliorato il proprio punteggio rispetto alla precedente valutazione.
Rispondi

Da: congresso12/10/2014 17:32:10
Cassa forense - In fumo dal 2008 al 2013 circa il 12% dei guadagni degli avvocati italiani. E nel 2013 (con una contrazione del 3,1% rispetto all'anno prima), mediamente un professionista ha dichiarato 45.465 euro, mentre nel 2008 arrivava a 50.351 euro. Nunzio Luciano, presidente della Cassa nazionale di previdenza forense, diffonde le prime cifre sui redditi (le comunicazioni tramite modello 5/2014 sono state rese in via telematica entro il 30 settembre), al congresso nazionale della categoria, a Venezia. Luciano ha ricordato il progresso nelle iscrizioni: nel 1994 i colleghi che figuravano negli elenchi dell'ente pensionistico erano 52.645, nel 2004 erano cresciuti fino a 111.873 unità, quest'anno si parte da una base di 178.758 avvocati, cui si aggiungeranno presto, "entro novembre", almeno 50.000 colleghi, la cui entrata diventa obbligatoria, perché legata alla loro presenza negli albi professionali (a stabilirlo è l'art. 21 della riforma della professione forense, legge 247/2012).
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Da: europrogettazione sociale16/10/2014 08:17:57
Per tutte le organizzazioni, la ricerca e la gestione delle risorse finanziarie costituisce una delle più importanti funzioni, in ordine allo sviluppo, ma talvolta anche per la stessa sopravvivenza. Diventa perciò necessario disporre di figure competenti in grado di intercettare tutti i fondi possibili che provengono da Unione Europea, Ministeri, Regioni, Enti pubblici e privati, Fondazioni bancarie e Imprese profit. Essere in grado di redigere dei buoni progetti e di organizzare campagne di raccolta fondi potrebbe anche rappresentare un'opportunità di lavoro, dal momento che a fronte di una notevole richiesta, esistono poche figure competenti nel settore Progettazione sociale, l' Europrogettazione e raccolta fondi.
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Da: studente deluso18/10/2014 08:19:48
La vera sfida odierna è risanare la classe politica dirigente, il cui comportamento ha spudoratamente inquinato il costume civile di questo Paese; la vera sfida è recuperare la fiducia dei giovani che vivono tempi di precarietà concettuali esasperanti; che si sentono senza futuro in una Patria senza padri; la vera sfida è dare buoni esempi di correttezza e di onestà agli adolescenti che ci guardano. Su questo bisogna puntare, e interrogarsi: non sulla precarietà della classe docente, ma sulla precarietà esistenziale delle persone, sulla corruzione endemica e strutturale che attraversa in verticale e orizzontale la maggior parte della nostra società. Da qui bisogna (ri) partire, se vogliamo sperare in una buona, onesta, sana, e bella scuola. "La buona scuola siamo noi". Così, su uno striscione di studenti in polemica col potere!
Rispondi

Da: sapere universitario produttivo24/10/2014 07:37:51
L'università pubblica italiana, lo sanno anche i sassi, non funziona per i nostri ragazzi ma è in funzione di chi ci insegna e la amministra, per lo stipendio pubblico cioè dei docenti e del personale amministrativo. La nostra università pubblica è diventata un nugolo che si contraddistingue per baronato, autoreferenzialità, pessima amministrazione delle risorse, clientelismo, ruberie varie, cioè mali incancreniti nel tempo e figli della errata interpretazione di un diritto allo studio con il risultato di averla imbrigliata in un gorgo di burocratizzazione e di totale inefficienza.

Il sistema universitario pubblico produce ogni anno in Italia un numero di laureati molto inferiore rispetto alla media europea per il drammatico calo delle iscrizioni e per l'aumento degli abbandoni. Solo negli ultimi dieci anni ci sono stati ben quarantamila iscritti in meno. La maggior parte dei nostri laureati, alla fine degli studi nelle università pubbliche, non ha competenze in grado di soddisfare le richieste del mercato del lavoro, e soffre drammaticamente la concorrenza non solo dei colleghi anglosassoni ed europei ma anche di quelli dei Paesi emergenti, innanzitutto di India e Cina.

Se l'università italiana vuole sopravvivere alle nuove sfide dell'odierna realtà economica c'è bisogno di un profondo cambiamento. Un sistema in grado di funzionare per i giovani italiani non può prescindere da una costante e adeguata iniezione di risorse finanziarie a sostegno della ricerca e da un'organizzazione che privilegi il merito e non lasci spazio a demerito e agli sprechi. Lo Stato italiano ha dimostrato di non essere in grado, da solo, di garantire tutto ciò. L'università deve quindi aprirsi alle imprese, deve anzi diventare essa stessa impresa, finanziata e amministrata in ragione di criteri di competitività e innovazione in modo da non temere il dinamismo del mercato globalizzato ma, al contrario, trarre vantaggio dallo stesso.

Liberare gli atenei pubblici dalla gestione monopolistica dello Stato e garantire loro vera autonomia economica e gestionale, è questa la via maestra per risollevare le sorti del sistema pubblico universitario dell'Italia. Solo così l'università potrà tornare ad essere il luogo di valorizzazione della creatività e dello spirito imprenditoriale verso cui devono indirizzarsi i giovani e, in un futuro vicino, una delle poche cose che potranno spendere nel mondo globalizzato. Orientare l'università pubblica italiana al liberalismo e al liberismo, cancellare l'idea malsana che lo Stato debba essere la magna mater che accudisce ciascuno, riuscendo così a fare sopravvivere il godimento dei diritti fondamentali.

Per sostenere un apparato che possa da solo permettere ai cittadini il reale godimento di tali diritti, lo Stato dovrebbe avere abbondanti risorse da investire e mettersi così nella condizione di offrire un servizio efficiente in cambio delle tasse chieste ai cittadini. Lo Stato italiano, però, ha sempre più scarse risorse, le spende male e aumenta la tassazione dei propri cittadini non potendo assicurare loro né lavoro né tantomeno servizi. L'emblema di questa realtà è l'università pubblica incapace di formare giovani in grado di esaudire le richieste del nuovo mercato del lavoro globalizzato.

La cura è semplice e lineare: occorre che l'università si apra alle imprese, anzi, diventi essa stessa impresa, finanziata e amministrata autonomamente, come un'azienda libera dalla longa manus dello Stato. Un'università cioè capace di reperire dai privati risorse per la ricerca (da promuovere e valorizzare in chiave eminentemente economica) e di selezionare i docenti migliori a livello internazionale, riuscendo in tal modo ad essere competitiva a livello globale. Solo un'università alla quale sia garantita reale e completa autonomia può seguire l'ottica produttiva del sapere, contro l'ottica del sapere fine a se stesso.

La soluzione per spingere le università pubbliche ad aprirsi al mercato globale è togliere il valore legale del titolo di studio, cosa che costringerà gli atenei a diventare davvero autonomi e a chiamare chi vorranno senza concorsi accettandone le conseguenze. Aprire l'università pubblica ai contributi privati e darle un'organizzazione societaria. Se andranno male non riceveranno più finanziamenti statali che verranno erogati sino a scemare del tutto nell'arco di una quindicina di anni.

Si tratta cioè di rendere autonome le università pubbliche orientandole, più che sui docenti e sul personale amministrativo, verso il lavoro futuro dei propri studenti. Presto questi stileranno essi stessi una classifica delle più meritevoli e migliori per l'inserimento nel mondo del lavoro. Bisogna avere coraggio nel cambiamento, rimanendo fermi, l'università pubblica italiana annega insieme a ogni suo dipendente, frequentatore o fruitor
Rispondi

Da: sapere universitario produttivo24/10/2014 07:50:58

(Teleborsa) - La disoccupazione continua a preoccupare il mondo intero, che attende con ansia una ripresa dell'occupazione per sperare poi nella ripresa economica.

Buone notizie giungono oggi per l'area OCSE, dove il tasso di disoccupazione ad agosto è sceso leggermente, portandosi al 7,3% dal 7,4% del mese precedente.
Le persone senza lavoro sono 44,4 milioni, 5,5 milioni in meno rispetto al picco dell'aprile 2010, ma ancora sopra di 9,8 milioni rispetto al dato del luglio 2008.

Lo comunica la stessa Organizzazione, segnalando che il tasso di disoccupazione dell'Area Euro è rimasto stabile all'11,5%, con un significativo declino osservato in Italia, di 0,3 punti percentuali al 12,3%. Decisamente male la disoccupazione giovanile nel Bel Paese, al 44,2%, dietro solo a Grecia (51,5%), Spagna (53,7%) e Portogallo (35,6%).

Negli Stati Uniti il tasso è diminuito al 6,1% dal 6,2% mentre in Canada è rimasto stabile al 7%. In calo anche la disoccupazione in Giappone al 3,5% dal 3,8%.
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Da: thetruth24/10/2014 09:53:06
Guarda caso tutti i posti dichiarati come vacanti sono coperti a nero. Una statistica fasulla...
Rispondi

Da: lavoratori introvabili25/10/2014 10:26:11
Lavoro, 900mila posti nel digitale

    24/10/2014 - Incredibile ma vero: nell'Europa della crisi economica e occupazionale, non si riescono a trovare 900mila lavoratori per la mancanza di competenze digitali. E' quanto sostiene la Commissione Europea, con un dato che trova conferma anche in altri numeri: nel 2015 si prevedono 500mila assunzioni nell'Ict, mentre nel 2020 potrebbero esserci oltre un milione di posti liberi in questo settore. Una tendenza che si riscontra anche in Italia: nel nostro paese, secondo uno studio di Modis, ben il 22% dei posti di lavoro vacanti non è collocato per l'assenza di candidati con le competenze necessarie. E nonostante ciò, in tutta Europa si registra un calo delle iscrizioni alle facoltà tecnologiche.
Sono questi gli argomenti che verranno affrontati il prossimo 30 ottobre all'evento conclusivo della campagna europea eSkills for Jobs 2014 - Making a career with Digital Technologies: tra i partecipanti è previsto anche il ministro Stefania Giannini. L'incontro servirà a fare un quadro completo dell'attuale situazione del mondo del lavoro: si parlerà delle competenze digitali necessarie per entrare nel mercato del lavoro e di come questo potrà cambiare con l'introduzione delle tecnologie digitali
Rispondi

Da: Ispettore del lavoro 25/10/2014 11:14:46
Io prendo 1500 euro dal 2006. Viveteci voi a Milano con 1500 per 10 anni da soli!
Rispondi

Da: avvocati disoccupati01/11/2014 14:09:47
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-10-08/con-laurea-legge-non-si-trova-piu-lavoro-boschi-piu-selezione-e-pagare-praticanti-153552.shtml?uuid=ABhLNH1B

La laurea in legge come passepartout per il mondo del lavoro? Non più, visto che occorrono almeno 21 mesi per trovare la prima occupazione e nel 30% dei casi neanche si utilizza quanto si è studiato. E così dopo il boom del passato, quando tutti sognavano di fare il magistrato, oggi si assiste a un crollo delle immatricolazioni (-22%). Nasce da questa sconfortante fotografia sull'attuale scarso appeal della laurea in giurisprudenza la giornata di studio sulle professioni legali promossa dall'Associazione giovani avvocati (Aiga) insieme ai giovani notai (Aign) che ha riunito a Roma politici, addetti ai lavori e imprenditori per costruire iter formativi capaci di rispondere alle reali esigenze del mercato.

Il ministro Boschi: «Più selezione e praticanti da pagare»
Ad aprire la giornata questa mattina nell'aula Giulio Cesare del Campidoglio è stato il ministro per le Riforme, Maria Elena Boschi, che ha assicuratodi voler tornare a fare l'avvocato dopo l'esperienza al Governo: «Per me è un ritorno a casa perché sono avvocato anche io e in futuro tornerò ad esercitare questa professione che amo molto». Boschi ha parlato delle criticità che colpiscono i giovani professionisti usando sempre il "noi" e puntando il dito contro il numero eccessivo di avvocati in Italia: «Siamo troppi, anche se questa non è una novità, ma un dato di fatto». Per il ministro «è essenziale che già in fase di formazione, ci sia una selezione. Un libero accesso all'Università è un valore, mentre servirebbe poi un premio maggiore del merito». Insomma le Università dovrebbero aiutare a capire «se l'avvocatura, il notariato o la magistratura sono professioni che fanno per noi». Stessa problematica, ha sottolineato Boschi, c'è nel praticantato, con i giovani che lavorano nei grandi studi senza essere pagati: «Da praticanti non siamo stati remunerati - ha sottolineato - quando passiamo dall'altra parte non dobbiamo fare altrettanto. Riconoscere una giusta retribuzione ai praticanti è non solo una questione di equità, ma anche uno strumento di selezione, perché premia chi ha i numeri per andare avanti».
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    Per i nuovi avvocati va ridisegnata l'offerta formativa

Orlando: per futuri avvocati affiancamento ai giudici
Il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha invitato invece gli avvocati a «cogliere al meglio le esigenze dell'innovazione, evitando approcci corporativi», nei quali a rimanere schiacciati sono i giovani. Per il ministro «la riforma della giustizia non può prescindere da quella della professione, senza la quale rimarrebbe zoppa». Per risolvere il problema dell'alto numero di cause Orlando è invece convinto che «bisogna costruire delle forme che aiutino la giustizia ordinaria. Serve un professionista diverso dall'avvocato che arrivi prima del processo». «Stiamo anche lavorando - aggiunge il ministro - a una specializzazione della giustizia civile sul fronte dell'aiuto alle imprese e alle famiglie». Infine sulla formazione dei futuri avvocati e magistrati Orlando è convinto che sia utile «che una parte del percorso di avvocati e magistrati sia un affiancamento del giudice ordinario, mentre per i magistrati è essenziale la formazione comune europea per superare le diffidenze fra stati».

Rivedere la formazione in base alle esigenze del mercato
La giornata di oggi a Roma dovrebbe fare da battistrada a un percorso di revisione della formazione nelle professioni legali. «Il nostro obiettivo - spiega la presidente dell'Aiga, Nicoletta Giorgi - è chiedere alle imprese di quali competenze legali hanno più bisogno e alle Università se sono pronti a formarle». E le prime risposte dal mondo produttivo sono arrivate proprio questa mattina. A cominciare dall'ad di Finmeccanica Mauro Moretti: «Il vecchio studio legale è ormai superato e obsoleto, oggi abbiamo bisogno di avvocati che risolvano problemi complessi anticipandoli e non intervendo solo in tribunale. E poi serve sempre più uno sguardo internazionale». Sulla stessa scia l'ad di Poste italiane Francesco Caio: «Abbiamo bisogno di studi legali che diventino nostri compagni di strada e che ci aiutino a batterci sui mercati». Per Caio nella professione oggi servono «velocità e capacità di anticipare i problemi».
Rispondi

Da: le parole della Boschi02/11/2014 12:42:45
in tema di formazione e merito sono autorevoli come quelle di Berlusconi sulla legalità e la morigeratezza sessuale...
Rispondi

Da: avvocati disoccupati03/11/2014 08:06:10
http://www.quifinanza.it/8909/lavoro/universita-lavoro-ecco-lauree-che-creano-piu-disoccupati.html#1

Quali sono le facoltà universitarie che portano a precarietà e disoccupazione? Quali invece creano laureati che molto probabilmente  troveranno lavoro entro un anno dal diploma, con un reddito accettabile? L'ultima fotografia del mondo del lavoro giovanile di Alma Laurea evidenzia una situazione in parte prevedibile ma che sfata alcuni luoghi comuni. Non poche sono infatti le sorprese che emergono dall'indagine: queste riguardano i medici, gli avvocati, gli insegnanti e le forze dell'ordine.

Chi lavora di più?
A trovare lavoro subito dopo la laurea nel 2013 sono come sempre i laureati in ingegneria e in materie scientifiche, ma anche i medici riscuotono un certo successo: sebbene in calo rispetto agli anni precedenti il settore sanitario regge, con il 56% dei laureati che trovano lavoro in un anno. A seguire, a sorpresa, chi si occupa di insegnamento. Non solo: questo campo è l'unico che i negli ultimi anni registra un aumento dell'occupazione dei neolaureati.
Giurisprudenza
Una delle peggiori lauree quanto a prospettive di occupazione è quella di giurisprudenza. Fra i laureati in questa facoltà nel 2013 solo il 23,8% degli studenti ha trovato lavoro a un anno dalla laurea. Tuttavia, la laurea non risulta ultima fra i redditi degli occupati.
Lauree umanistiche
Fanalino di coda le lauree in campo letterario, psicologico e quelle nell'ambito politico-sociale (nel quale si trova anche la facoltà di scienze politiche).
Novità su difesa e sicurezza
Un caso a parte i laureati nel settore Difesa e Sicurezza: si tratta di corsi di laurea specifici che preparano ai concorsi nelle forze armate. I laureati in queste discipline raggiungono un reddito accettabile: l'ambito tuttavia è ancora di piccole dimensioni, ci sono cioè pochi posti a disposizione e il campione di laureati è limitato. Piuttosto, i dati evidenziano -contrariamente a quanto si pensi generalmente- buone prospettive per l'ambito dell'insegnamento (lauree in Scienze della Formazione o Educazione Fisica, secondo e terzo posto in classifica).
Occupazione sì, ma il reddito?
L'indagine non parla solo di disoccupazione, ma anche di reddito, in quanto non sempre chi è occupato ha un reddito che gli permetta di essere indipendente. Medici e ingegneri in questo caso sono i più pagati, con 1.500 euro netti al mese in media tre anni dopo la laurea. Sotto i mille euro i laureati in psicologia (in media 813 euro), ambito letterario (896), educazione fisica (920).
Lauree scientifiche: sì ma...
In generale dunque, meglio scegliere una laurea in ambito scientifico o medico. Tenendo presente che questo tipo di facoltà a volte prevede una retta più alta rispetto alle facoltà umanistiche. Negli Atenei che applicano questa distinzione, uno studente della Facoltà di Matematica paga mediamente tra il 5,24% e il 6,75% in più rispetto ad un suo collega di Lettere e Filosofia, a seconda della fascia di reddito di appartenenza.





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Da: Voglioviverecosi05/11/2014 11:10:43
Io vado a vivere in Canada:)
Rispondi

Da: indecisa27/11/2014 13:37:19
mi sono laureata in corso e diventata subito avvocato ora sto in uno studio che mi paga 1500 euro con partita iva a milano ma essendo di bari devp pagarmi l affitto e vivo con 700 euro ho trent anni e per ora mi va bena ma se volessi avere una famiglia metterei a rischio il mio posto attuale ... quest anno ci saranno molti concorsi cosa faccio mi metto a studiare ???
Rispondi

Da: per indecisa 27/11/2014 14:37:02
Se anche vincessi un concorso pubblico guadagneresti la stessa cifra o anche di meno rispetto a quanto guadagni adesso
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Da: deciso a diventare dipendente02/12/2014 16:18:56
   

Obbligo d'iscrizione alla Cassa Forense: il timore di tanti giovani avvocati a basso reddito è già divenuto realtà. Nello specifico, da ieri sono state avviate le procedure per le iscrizioni d'ufficio di 40 mila professionisti legali, ai quali altri 10 mila si aggiungeranno nei prossimi mesi, fino a gennaio del 2015.
L'operazione "cittadinanza previdenziale" che spaventa gli avvocati

Cassa Forense ha rinominato l'intera operazione "cittadinanza previdenziale", e ha diffuso una nota specificando che quanto accaduto risponde appieno all'entrata in vigore del regolamento di attuazione dell'art. 21 commi 8 e 9 della legge n. 247/2012. Infatti, non c'è alcun bisogno che gli avvocati presentino domanda d'iscrizione alla Cassa: tutti gli iscritti agli albi forensi ne sono coinvolti, e a seguito dell'adozione della delibera si invieranno agli interessati, a mezzo posta elettronica certificata o raccomandata, l'avvenuta iscrizione. A preoccupare, però, è che questa comunicazione si allegherà anche il conteggio dei contributi minimi dovuti per gli anni 2014 e 2015 e le istruzioni per i versamenti, che sono previsti in modo dilazionato per il 2015.
La cancellazione dall'Albo

Per evitare di dover pagare i contributi, la cancellazione dall'Albo dovrà avvenire entro 90 giorni dalla ricezione della comunicazione da parte di Cassa Forense: in questo caso, si pagherà solo il contributo integrativo del 4 per cento del volume di affari effettivamente prodotto.

Ricordiamo, infatti, che il regolamento di attuazione del nuovo ordinamento forense è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 192 del 20 agosto 2014 e dispone che l'iscrizione alla Cassa è obbligatoria per tutti gli avvocati iscritti agli albi professionali forensi.
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Da: impiegato_comunale_8302/12/2014 16:37:21
io ringrazio me stesso ogni giorno sempre di più per la scelta che feci nel 2003, quando lasciai il 1° anno di università per dedicarmi giorno e notte allo studio per concorsi per diplomati nei Comuni. All'inizio andava male, poi dopo tanta esperienza acquisita in una quindicina di concorsi e tanti km percorsi per i paesini sperduti della puglia finalmente tre anni fa ho avuto la mia più grande soddisfazione e soprattutto la stabilità economica alla quale non rinuncerei per nessuno stipendio al mondo! Perché da libero professionista posso anche guadagnare 3.000 euro  un mese, ma poi chi mi assicura che gli altri mesi prenderò lo stesso? Per me questa sicurezza di avere un fisso mensile assicurato non ha prezzo. Che poi non è manco così basso.. considerando tredicesima, straordinari frequenti, buoni pasto, malattie pagate... ecc ecc. e considerando anche il livello di stress non altissimo.
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Da: ................02/12/2014 16:41:01
secondo me dipende dall'ambizione..se sei senza troppe ambizioni va bene anche il posticino di spugnetta dell'ufficio timbri del comune....
se vuoi di più è chiaro che devi anche rischiare di più.
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Da: deciso a diventare dipendente02/12/2014 16:48:10
La professione di avvocato, così come altre professioni, non consente più una vita decorosa.

Esistono tanti avvocati che lavorano per altri studi, meglio definiti come "professionisti dipendenti" che, di fatto, percepiscono, al netto di tasse e contributi, una somma a volte inferiore rispetto a quella della stessa segreteria dello studio. Quest'ultima, a differenza dell'avvocato, avrà certamente una pensione INPS più alta dello stesso avvocato. Anche chi si avventura in proprio, decidendo di aprire uno studio, difficilmente riesce a raggiungere redditi superiori.



Avvocato con reddito di euro  15.000,00

Per un avvocato che dichiara euro  15.000,00 di reddito (e ce ne sono tanti) alla fine del mese gli restano, dopo aver pagato tasse e contributi, non più di 700,00 euro mensili.

A ciò si aggiunge che, a fine carriera, se il reddito è cresciuto in modo costante (secondo l'inflazione, quindi, del 2-3% all'anno), avrà diritto a percepire una pensione molto vicina alla "pensione sociale", pur avendo versato negli anni rilevanti contributi rispetto al reddito dichiarato, a differenza di chi prende la pensione sociale senza aver versato nulla.



È evidente che il sistema non funziona; vi sono enormi iniquità generazionali tra chi si sacrifica lavorando e chi non lavora o ha lavorato molto poco.



Consideriamo, per esempio, un giovane avvocato con un reddito annuo di 15.000,00 euro, pari a 1.250,00 euro mensili. Precisiamo che il riferimento è al reddito, non al ricavo. Tale professionista, probabilmente, riesce a guadagnare almeno 23.000,00 euro, ma tra costi vari (studio, aggiornamento, banche dati, telefoni, computer, autovettura, contributi versati) dichiara, alla fine, circa 15.000,00 euro.



A quanto ammontano le imposte ?

Su un reddito di 15.000,00 euro (escludendo, quindi, l'IRAP) un contribuente paga per IRPEF il 23%, oltre alle imposte Addizionale Regionale e Comunale, per un totale di circa 3.900 euro, pari al 26% (considerando anche le addizionali). Ciò significa che, dopo le imposte, gli restano da spendere 11.100,00 euro. Non è neanche questa la somma che gli residua, poiché ci sono da versare ancora i contributi previdenziali.



A quanto ammontano i contributi previdenziali ?

In Italia gli avvocati che, iscritti all'ordine, esercitano la professione, con un reddito di 15.000,00 euro sono obbligati al versamento dei contributi previdenziali alla Cassa di Previdenza Forense.

L'ammontare minimo del versamento del contributo soggettivo per l'anno 2013 è pari a 2.700,00 euro, oltre al contributo maternità di 132,00 euro, per un totale da versare di 2.832,00 euro.



Il contributo soggettivo non è quello che viene pagato dal cliente e addebitato in fattura (detto anche integrativo e pari al 4%), ma è quello che l'avvocato, di "tasca sua", deve versare a fine anno sulla base del reddito dichiarato, andando ad incidere, insieme alle imposte, su quello che alla fine del mese gli rimane dagli incassi.



Quanto resta a fine mese ?

Sul reddito dichiarato di 15.000,00 euro, l'avvocato è tenuto a versare il minimo di contributi. Pertanto, tolte le imposte (3.900,00 euro) e i contributi previdenziali calcolati al minimo (2.832,00 euro), alla fine gli residuano 8.268,00 euro. Tale somma, rapportata a 12 mesi, corrisponde a circa  689,00 euro al mese.



È pur vero che, fino a 35 anni, esistono diverse agevolazioni fiscali e contributive, ma il problema di oggi è dovuto proprio al fatto che il reddito dei giovani avvocati, a differenza del passato, non cresce nel tempo e tende stabilizzarsi, restando immutato anche dopo i 35 anni d'età, quando i regimi agevolati finiscono.



Perché i giovani avvocati non versano i contributi e le tasse?

Il motivo è semplice: è impossibile versare qualcosa che non si è incassato!

L'avvocato che recupera almeno 23.000,00 euro, oltre IVA, spesso, per vivere "decorosamente", spende tutto o quasi tutto quello che guadagna. Alla fine, quando arrivano le scadenze (circa un anno dopo), non ha più la disponibilità di pagare tasse e contributi, subendo così, passivamente, la riscossione di Equitalia (dal lato delle tasse) e della Cassa di Previdenza (dal lato dei contributi).



Quale alternativa al momento possibile ?

In questa situazione è evidente che non si può negare l'esistenza di una concreta "evasione da sopravvivenza". Chi sta al Governo dovrebbe cercare di "capire" da dove nasce il fenomeno, più che contrastarlo in tutti i modi e senza distinzioni.



Tra l'altro, il problema non è solo fiscale ma anche contributivo.

L'avvocato che dichiara 15.000,00 euro potrà avere poco interesse a continuare un'attività per la quale la pensione sarà approssimativamente pari a quella di chi non ha mai lavorato e versato nulla (la cosiddetta pensione sociale).



A questo punto, meglio non versare nulla: tanto una pensione minima ci sarà sempre.
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Da: ........02/12/2014 17:19:24
un B3 comunale guadagna 1350 euro massimo 1400 euro...
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Da: ........03/12/2014 06:39:31
Ma ha i contributi previdenziali pagati, se si ammala è coperto dall'assegno di malattia o infortunio, ha diritto alle ferie, al trattamento di fine rapporto e allo straordinario dopo le 36 ore settimanali.
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Da: l''abilitazione forense non conta06/12/2014 10:20:13
Cosa conta davvero nella vita. Non c'è da stupirsi di come, in una società così spaventata, impoverita e ripiegata su se stessa gli italiani siano particolarmente cinici nel rispondere alla domanda su quali siano i fattori più importanti per riuscire nella vita. L'intelligenza raccoglie solo il 7% delle risposte, il valore più basso dell'Unione Europea. All'istruzione va meglio perché viene indicata dal 51% contro però l'82% della Germania e il 63% della media europea, mentre il lavoro duro conta per il 46% degli intervistati contro il 74% del Regno Unito. Superiamo gli altri Paesi quando si arriva alle conoscenze giuste (indicate come fattore chiave dal 29% degli italiani contro il 19% dei britannici), alla provenienza da una famiglia benestante (20% contro il 5% indicato dai francesi).
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Da: NON vendete auto a06/12/2014 11:05:57
NOICOMPRIAMOAUTO.IT: si fanno intestare l'auto e poi per farti fare il bonifico devi sputare sangue...
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Da: emendamendo mille proroghe violato07/12/2014 09:23:54
Sono circa 3 milioni gli occupati nel settore green e nel 2014 il 13,2% delle assunzioni totale è avvenuto in questo ambito, andando a coprire 51.000 posti di lavoro.

Tra i professionisti della green economy si fa distinzione tra le professioni ibride, ossia quelle non sono direttamente finalizzate alla gestione dell'impatto ambientale di un'azienda (o di un prodotto o ancora di un servizio), ma richiedono comunque competenze inerenti, e green jobs veri e propri, intendendo in questo modo le professioni con la diretta e precisa finalità di produrre o vendere prodotti e servizi ecosostenibili oppure di ottimizzare l'impatto ambientale dei processi produttivi delle realtà in cui sono impiegati.

Del primo gruppo fanno parte figure come il Direttore Sicurezza e Ambiente, l'Energy Manager e il Responsabile Sistema di Gestione Sicurezza e Ambiente; sono invece ascrivibili ai green jobs veri e propri professioni come il Biologo Ambientale, il Meteorologo, il Geologo, il Certificatore e il Consulente Energetico, il Progettista Ambientale.

Per accedere a questo tipo di professioni, connotate da competenze altamente specialistiche, è solitamente necessario possedere una laurea; l'80% dei profili analizzati è laureato, il 70% ha proseguito gli studi dopo il percorso triennale e conseguito una laurea magistrale, mentre il 20% detiene una qualifica post-laurea come un master o un dottorato di ricerca.

Il settore green offre buone opportunità di impiego anche ai giovani: due terzi di chi ricopre ruoli specialistici ha meno di 45 anni e un lavoratore su tre ha un'età inferiore ai 35 anni.

Grande rilevanza per queste figure ha anche, oltre al percorso accademico, la formazione continua, fornita da enti specifici esterni alle università e alle scuole di alta formazione: si tratta infatti di corsi di aggiornamento professionale di breve durata finalizzata a rispondere ai bisogni emergenti del mercato del lavoro e a fornire ai professionisti una riqualificazione delle loro competenze così da allinearle ai processi e ai servizi della green economy.



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Da: Vigile urbano 07/12/2014 10:48:22
Fate i concorso da vigile . Io pure ex avvocato
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Da: ........07/12/2014 12:13:18
ex avvocato che fa il vigile.. fallimento totale.....
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Da: x ........07/12/2014 12:22:21
conosco un architetto che fa l'operaio a giornata di questi tempi c'è poco da fare gli schizzinosi
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