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Sentenza n. 37/2015 della Corte Costituzionale - illegittimità incarichi dirigenziali
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Da: E dai 20/09/2016 13:43:12
Decente? Con 45 punti riconosciuti agli incarichi clientelari?Ma non scherziamo anche  continuano indisturbati a fare il loro comodo.Ma è  normale un pensionato nel comitato di gestione.....che continua di fatto a gestire l agenzia delle entrate.

Da: 20/09/2016 13:44:01
concorso decente il 403?

ripassati il concetto di decenza

Da: SONO DEPRESSO20/09/2016 14:57:56
PER ANNULLATO DAL TAR 403 POSTI

Se sentenza del tar su 403 è pubblicata, per favore, potresti riportarla per intero su questo forum ?
Sul sito giustizia amministrativa non riesco a trovarla.
Grazie.

Da: Orpo20/09/2016 15:09:58
Nominati esperti informatici e linguistici 175

Da: Annullato dal tar 403 posti 20/09/2016 16:32:40
Ancora non è scaricabile il testo, però se interroghi il ricorso sul sito del tar viene riportato l'esito di accoglimento

Da: Orpo20/09/2016 16:35:57
https://www.giustizia-amministrativa.it/cdsintra/cdsintra/AmministrazionePortale/DocumentViewer/index.html?ddocname=F5FF2BMR6AGHNTC2MTH3COQHX4&q=DIRPUBBLICA


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Da: 😶20/09/2016 16:59:11
E il concorso 175? Secondo voi rimane in piedi?

Da: Buon senso20/09/2016 17:09:17
È stato annullato nella parte in cui dava punteggio agli ex incaricati

Da: 😐20/09/2016 17:12:14
si ma se attribuisce punteggi ai titoli ad capocchiam? Non è ugualmente illegittimo?

Da: :-)20/09/2016 18:21:22
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8028 del 2014, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Dirpubblica (Federazione del Pubblico Impiego), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Carmine Medici C.F. MDCCMN72T14I073V, nello studio del quale è elettivamente domiciliata in Roma, Piazzale Clodio, 18;

contro

L'Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore in carica, il Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del Ministro in carica, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, e presso la medesima domiciliati in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

- del provvedimento prot. n. 65107/2014 del 6/5/2014, pubblicato sul sito istituzionale dell'Agenzia delle Entrate (www.agenziaentrate.gov.it) in data 13/5/2014, come da avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, 4^ Serie Speciale, n. 37 dello stesso giorno, con il quale il Direttore dell'Agenzia delle Entrate ha disposto l'avvio di un concorso pubblico, per titoli ed esami, per il conferimento di 403 posti di dirigente di seconda fascia;

- del decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze del 14/2/2014, registrato dalla Corte dei Conti il 1/4/2014;

- di ogni altro atto e/o provvedimento preordinato, conseguente e connesso;

e sui motivi aggiunti depositati il 18 giugno 2015

per l'annullamento

dei medesimi atti impugnati con l'atto introduttivo del giudizio;


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell'Agenzia delle Entrate e del Ministero dell'Economia e delle Finanze;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 giugno 2016 il dott. Vincenzo Blanda e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La Dirpubblica (Federazione del Pubblico Impiego), dopo essersi soffermata sulla propria legittimazione a ricorrere sulla base delle finalità statutarie - volte alla tutela degli interessi delle categorie rappresentate, identificate nei dirigenti e nei funzionari dipendenti delle pubbliche amministrazioni - nei confronti del datore di lavoro, e nel ripercorrere le principali iniziative giudiziarie promosse, ha impugnato la determinazione con cui l'Agenzia delle Entrate in data 13/5/2014 ha indetto un concorso pubblico e il relativo D.M. 14.2.2014, di indizione per il conferimento di 403 posti di dirigente di seconda fascia.

Sostiene parte ricorrente come tale concorso risponda, piuttosto che all'esigenza di coprire posizioni dirigenziali vacanti, all'obiettivo di sanare le posizioni dei dipendenti, con la qualifica di funzionario, ai quali, nel tempo, sono stati assegnati incarichi dirigenziali ai sensi del Regolamento di amministrazione dell'Agenzia, senza peraltro bandire concorsi per l'accesso alla qualifica dirigenziale.

Sono stati dedotti i seguenti motivi:

1) violazione e falsa applicazione degli artt, 3, co. 2, 51, co. 1, 70, 97, 100, 117, co. 2, lett. g), cost. - violazione della riserva (relativa) di legge - violazione del principio di legalità sostanziale - violazione dei principi di buon andamento ed imparzialità della p.a. - illegittimità costituzionale dell'art. 11, co. 1, del 6 luglio 2012, n. 95, conv., con mod., dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, se interpretati nel senso di consentire la reintroduzione, mediante regolamento autorizzato, del concorso pubblico per titoli ed esami, omettendo la fissazione di norme regolatrici della materia - violazione e falsa applicazione dell'art. 17, comma 2, della legge della legge 23 agosto 1988, n. 400, e succ. int. e mod. obbligo di interpretazione adeguatrice - illegittimità del d.p.r. 16 aprile 2013, n. 70, nella parte in cui ha reintrodotto il concorso pubblico per titoli ed esami - eccesso di potere - illegittimità derivata del bando di concorso.

Il d.p.r. 16 aprile 2013, n. 70 sarebbe illegittimo in quanto avrebbe reintrodotto nell'ordinamento il concorso pubblico per titoli ed esami, in violazione dei criteri direttivi in tal senso contenuti nella legge delega di cui all'articolo 11, comma 1, del D.L. 6 luglio 2012, n. 95 convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 135.

Per tali ragioni è richiamato il ricorso proposto in via autonoma per l'annullamento del predetto d.p.r. n. 70/2013 (che pende innanzi a questo tribunale con R.G. n. 10.362/2013).

Il D.M. 14.2.2014, ai sensi del quale è stato bandito il concorso pubblico (speciale) per il reclutamento di 403 dirigenti e il provvedimento prot. n. 65107/2014 del 6/5/2014, sarebbero illegittimi in quanto adottato in violazione della disciplina generale sulla reclutamento dei dirigenti di cui all'articolo 28 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 al d.P.R. 24 settembre 2004, n. 272, recante la disciplina in materia di "accesso alla qualifica di dirigente";

2) violazione e falsa applicazione degli artt. 3, co. 2, 51, co. 1, 70, 97, 100, 117, co. 2, lett. g), cost. violazione della riserva (relativa) di legge â" violazione del principio di legalità sostanziale â" violazione dei principi di buon andamento ed imparzialità della p.a. - violazione e falsa applicazione dell'art. 17, co. 2, della legge della legge 23 agosto 1988, n. 400, e succ. int. e mod. illegittimità del d.P.R. 16 aprile 2013, n. 70, nella parte in cui ha demandato al presidente del consiglio dei ministri l'individuazione dei titoli valutabili nell'ambito del concorso pubblico per titoli ed esami senza stabilire alcun criterio direttivo - eccesso di potere â" illegittimità derivata del bando di concorso.

Il d.P.R. n. 70 del 2013 sarebbe, altresì, illegittimo nella parte in cui demanda ad un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri l'individuazione dei titoli valutabili nell'ambito del concorso per l'accesso alla dirigenza ed il valore massimo assegnabile agli stessi nell'ambito concorsuale, in assenza di criteri predeterminati sulla cui base esercitare tale potere. Di conseguenza dall'illegittimità in parte qua del d.P.R. 16 aprile 2013, n. 70, deriverebbe l'illegittimità del D.M. 14/2/2014 e del provvedimento prot. n. 65107/2014 del 6/5/2014, con il quale l'Agenzia delle Entrate ha indetto il concorso per il reclutamento di 403 dirigenti di seconda fascia, sono illegittimi e devono essere, previa sospensiva, annullati;

3) violazione e falsa applicazione degli artt. co. 2, 51, co. 1, 70, 97, 100, 117, co. 2, lett. g), Cost. â" violazione della riserva (relativa) di legge â" violazione del principio di legalità sostanziale â" violazione dei principi di buon andamento ed imparzialità della p.a. - violazione e falsa applicazione dell'art. 3, co. 2-bis, del d.p.r. 24 settembre 2004, n. 272, come successivamente modificato ed integrato., nella parte in cui ha demandato al presidente del consiglio dei ministri l'individuazione dei titoli valutabili nell'ambito del concorso pubblico per titoli ed esami â" carenza di presupposto - individuazione dei titoli valutabili e del punteggio conseguibile da parte del Ministro dell'economia e delle finanze e/o dell'Agenzia delle entrate - violazione falsa applicazione dell'art. 21-septies della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modifiche ed integrazioni. Nullità del d.m. 14/2/2014 e del bando di concorso per difetto assoluto di attribuzione â" eccesso di potere.

Con riferimento alla previsione, contenuta nel bando, relativa all'attribuzione di un punteggio massimo di 45 punti su 80 per "incarichi professionali conferiti formalmente da pubbliche amministrazioni" (con incidenza del 40% sul punteggio complessivo e del 22,5% per quanto concerne il valore dei titoli costituiti dall'espletamento di incarichi dirigenziali presso la predetta Agenzia del punteggio complessivo massimo) è dedotta l'illegittimità del bando per essere stati introdotti, in via amministrativa, criteri di valutazione dei titoli, pur non essendo stato ancora adottato il D.P.C.M. di individuazione dei titoli e dei punteggi, previsto dall'art. 3, comma 2 bis, del d.P.R. n. 272/2004, come introdotto dal d.P.R. n. 70 del 2013.

Nel ribadire l'illegittimità del d.P.R. n. 70 del 2013 nella parte in cui demanda ad un D.P.C.M. l'individuazione dei titoli valutabili, si deduce l'illegittimità del bando prot. n. 65107/2014 del 6/5/2014, per difetto assoluto di attribuzione (ex art. 21-septies della legge n. 241/1990), in quanto l'Agenzia delle Entrate si sarebbe sostituita al Presidente dei Consiglio dei Ministri nella individuazione dei titoli valutabili e del valore massimo assegnabile ad ognuno di essi nell'ambito della procedura concorsuale.

Si sostiene, inoltre, che l'attribuzione di 45 punti per gli incarichi dirigenziali sul punteggio complessivo di 80 avrebbe introdotto un favor per coloro che, senza averne la qualifica, hanno svolto tali incarichi sulla base del Regolamento dell'Agenzia e della prassi ritenuta illegittima con sentenza del TAR Lazio n. 7636 del 2011;

4) violazione e falsa applicazione degli artt. 3, co. 2, 51, co. 1, 97 Cost. â" violazione del principio di legalità sostanziale â" violazione dei principi di buon andamento ed imparzialità della p.a. - violazione e falsa applicazione dell'art. 52, co. 2, 4 e 5, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 - violazione e falsa applicazione delle norme in materia di assegnazione allo svolgimento di mansioni superiori â" violazione e falsa applicazione dell'allegato "a" del c.c.n.l, del comparto agenzie fiscali sottoscritto il 28 maggio 2004 - carenza assoluta di presupposto - eccesso di potere â" sviamento.

Il bando sarebbe illegittimo nella parte in cui attribuisce il punteggio con riferimento agli incarichi dirigenziali svolti presso l'Agenzia, dovendo tali incarichi ritenersi nulli o comunque illegittimi per violazione delle disposizioni dettate dal d.lgs. n. 165/2001, in quanto integranti assegnazione di mansioni superiori al di fuori delle ipotesi tassativamente previste, come rilevato dalla sentenza del TAR Lazio n. 6884/2011.

Sono richiamate, in proposito, le pronunce giurisdizionali intervenute in materia di assegnazione di incarichi dirigenziali da parte dell'Agenzia, che ne hanno rilevato l'illegittimità;

5) violazione e falsa applicazione degli arte 3, co. 2, 51, co. 1, 70, 97, 100, 117, co. 2, lett. g), cost. â" violazione della riserva (relativa) di legge â" violazione del principio di legalità sostanziale â" violazione dei principi di buon andamento ed imparzialità della p.a. - illegittimità costituzionale dell'art. 2, co. 2, del d.l. 30 settembre 2005, n. 203, conv., con mod., dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, dell'art. 1, co. 530, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e dell'art. 8, co. 24, del d.l. 2 marzo 2012, n. 16, conv., con mod., dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, se interpretati nel senso di consentire la deroga, con regolamento ministeriale ovvero in via amministrativa, alla disciplina generale e ordinaria in materia di accesso alla dirigenza, omettendo la fissazione dei tempi, dei principi e criteri direttivi nell'esercizio del potere di deroga; obbligo di interpretazione adeguatrice; violazione falsa applicazione dell'art. 21-septies della legge 7 agosto 1990, n. 241; nullità' del d.m. 14/2/2014 per difetto assoluto di attribuzione; illegittimità' derivata del bando di concorso.

Premesso che il bando di concorso è stato indetto ai sensi dell'art. 8, comma 24, del decreto legge n. 16 del 2012, il quale a sua volta rinvia all'art. 1, comma 530, della legge n. 296 del 2006 e all'art. 2, comma 2, del decreto legge n. 203/2005, si deduce che tali norme debbano essere interpretate nel senso della preclusione alla possibilità di introduzione di deroghe alla disciplina generale in materia di accesso alla dirigenza ad opera di strumenti regolamentari o amministrativi, in assenza di criteri direttivi, in ragione della riserva relativa di legge.

Avuto riguardo alla previsione, di cui all'art. 2, comma 2, del decreto legge n. 203/2005, in base alla quale con decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze possono essere previste modalità, anche speciali, di reclutamento, tale potere derogatorio non potrebbe implicare, una volta optato per l'espletamento del concorso pubblico, una deroga alle norme che ne disciplinano lo svolgimento, incorrendosi, diversamente, in una violazione della riserva di legge stante l'assenza di criteri, stabiliti con sufficiente determinatezza, volti ad orientare l'esercizio del potere di deroga.

Ne conseguirebbe che la citata norma, se interpretata nel senso di consentire il ricorso a modalità alternative, rispetto al concorso, di reclutamento del personale - quale lo scorrimento di graduatorie - unica conforme alla Costituzione, non potrebbe legittimare il D.M. 24 aprile 2013, il quale ha introdotto una procedura concorsuale a carattere speciale e derogatoria rispetto alle previsioni dettate dal d.lgs. n. 165 del 2001 e dal D.P.R. n. 272 del 2004.

Tra le deroghe illegittimamente introdotte - per non avere il Ministro dell'Economia e delle Finanze alcun potere di deroga - si evidenzia:

1) la previsione della riserva del 50% dei posti messi a concorso al personale dipendente, laddove tale riserva è indicata nel 30% dall'art. 28 del d.lgs. n. 165 del 2001 e dall'art. 3 del d.P.R. n. 272 del 2004;

2) la mancata previsione della riserva del 50% dei posti disponibili al corso-concorso di formazione bandito dalla Scuola nazionale dell'Amministrazione, come previsto dagli artt. 3, co. 1, e 7, del d.P.R. n. 272/2004.

I vizi denunciati con riguardo al D.M. 24 aprile 2013 si estenderebbero al bando, che ne costituisce applicazione, con il quale si tende a favorire i funzionari in servizio presso l'Agenzia;

6) violazione e falsa applicazione degli artt. 97 e 113 Cost. â" violazione e falsa applicazione dell'art. l della legge 7 agosto 1990, n. 241, e succ. int. e mod. â" violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 3, 6, 9 e 12 del d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33 - violazione e falsa applicazione dei principi di pubblicità e trasparenza dell'attività' amministrativa - eccesso di potere.

Il provvedimento prot. n. 65107/2014 del 6/5/2014, con il quale il Direttore dell'Agenzia delle Entrate ha disposto l'avviso di un concorso pubblico, per titoli ed esami, per il conferimento di 403 posti di dirigente di seconda fascia sarebbe illegittimo per violazione del principio di pubblicità e trasparenza ai quali deve essere ispirata l'attività amministrativa ai sensi e

Il D.M. 14/2/2014, pur avendo natura regolamentare, non sarebbe stato adottato, né pubblicato con le forme previste per i regolamenti, in violazione dell'articoli 17, commi 1, 3 e 4, della legge 23 agosto 1988, n. 400, dell'art. 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e succ. int. e mod., e degli artt. 1, 3, 6, 9 e 12 del d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33; lo stesso, infatti, non sarebbe stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale né risulterebbe altrimenti reperibile sul sito ufficiale dell'Agenzia delle Entrate né su quello dei Ministero dell'Economia e Finanze.

L'omessa pubblicazione del predetto decreto ministeriale non consentirebbe ai potenziali interessati alla procedura concorsuale di comprendere le finalità del concorso e la natura della deroga introdotta dal bando alla disciplina generale e ordinaria in materia di conferimento della qualifica dirigenziale.

Prendendo spunto dalla sentenza 17 marzo 2015, n. 37 con la quale la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità dell'articolo 8, comma 24 del decreto legge n. 16/2012 e, in via consequenziale, dell'articolo 1, comma 14, del decreto-legge 150/2013 e dell'articolo 1, comma 8, del decreto-legge 192/2014, la ricorrente, in data 18 giugno 2015, ha depositato motivi aggiunti con i quali impugna i medesimi atti oggetto del ricorso introduttivo.

Al riguardo ha dedotto le seguenti censure:

violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 51 e 97 Cost. - illegittimità costituzionale dell'articolo 8, comma 24 del decreto legge n. 16/2012, dell'art. 1, comma 14, del decreto-legge 150/2013 e dell'articolo 1, comma 8, del decreto-legge 192/2014 - violazione e falsa applicazione della sentenza della corte costituzionale 17 marzo 2015, n. 17 - violazione falsa applicazione dell'articolo 4 comma 3 quinquies, 3 sexies e 3 septies del decreto legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125-reclutamento del personale dirigente mediante concorsi pubblici unici-carenza di potere sopravvenuta-eccesso di potere.

Il bando di concorso sarebbe illegittimo perché emanato sull'errato presupposto della legittimità, applicabilità e validità dell'articolo 8, comma 24, del decreto legge n. 16/2012, convertito dalla legge n. 44/2012, norma dichiarata illegittima con la sentenza della Corte Costituzionale 17 marzo 2015, n. 37.

Per effetto della sopra indicata sentenza della Corte Costituzionale, sarebbe venuto meno il potere dell'Agenzia delle Entrate di indire il concorso per il conferimento di 403 posti di dirigenti di seconda fascia, essendo stata dichiarata incostituzionale la disposizione che autorizzava l'agenzia ad espletare un concorso per il reclutamento dei dirigenti.

Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell'Economia e delle Finanze e l'Agenzia delle entrate eccependo, in via preliminare, l'inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione attiva in capo alla federazione ricorrente, stante l'assenza di un interesse comune ed omogeneo della categoria rappresentata e il conflitto della proposta azione con gli interessi della categoria dei funzionari, sostenendo, quanto al merito del ricorso, con articolate controdeduzioni, la sua infondatezza, con richiesta di corrispondente pronuncia.

Con memoria successivamente depositata parte ricorrente ha controdedotto a quanto ex adverso sostenuto, insistendo nelle proprie argomentazioni.

Anche le resistenti Amministrazioni hanno depositato successiva memoria, di contenuto meramente riproduttivo di quella precedente.

Con ordinanza n. 3387 del 18 novembre 2015 è stata respinta la domanda di sospensione degli effetti dei gravati provvedimenti incidentalmente proposta.

Anche le resistenti Amministrazioni hanno depositato successiva memoria, di contenuto meramente riproduttivo di quella precedente.

Con ordinanza n. 12957/2014 è stata disposta l'integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i soggetti che hanno presentato domanda di partecipazione al concorso, autorizzando a tal fine la notifica per pubblici proclami.

A tale incombente parte ricorrente ha dato puntuale esecuzione depositandone gli atti relativi.

Alla pubblica udienza del 10 febbraio 2016 la causa è stata chiamata e, sentiti i difensori delle parti presenti, trattenuta per la decisione.

DIRITTO

Con il ricorso in esame la federazione sindacale ricorrente ha impugnato la determinazione prot. n. 65107/2014 del 6/5/2014, pubblicata sul sito istituzionale dell'Agenzia delle Entrate (www.agenziaentrate.gov.it) in data 13/5/2014, come da avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, 4^ Serie Speciale, n. 37 dello stesso giorno, con il quale il Direttore dell'Agenzia delle Entrate ha disposto l'avvio di un concorso pubblico, per titoli ed esami, per il conferimento di 403 posti di dirigente di seconda fascia; nonché il decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze del 14/2/2014, registrato dalla Corte dei Conti il 1/4/2014 con il quale l'Agenzia delle Entrate è stata autorizzata ad indire una procedura selettiva per dirigenti mediante valutazione dei titoli e verifica dei requisiti e delle attitudini professionali integrata da colloquio.

In via preliminare, il Collegio è chiamato a pronunciarsi sull'eccezione, sollevata dalle resistenti Amministrazioni, di inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione attiva in capo alla federazione sindacale ricorrente.

L'Amministrazione, in particolare, eccepisce che, potendo partecipare al contestato concorso, i funzionari direttivi della pubblica amministrazione, rientranti tra le categorie di soggetti tutelati dalla organizzazione sindacale ricorrente, il ricorso non sarebbe volto a tutelare un interesse comune ed omogeneo di tutti i soggetti rappresentati, quanto piuttosto l'interesse del più ristretto gruppo dei soggetti già appartenenti ai ruoli dirigenziali della pubblica amministrazione, il che implicherebbe un conflitto esistente tra le predette categorie e la riferibilità della reclamata tutela solo ad alcuni dei soggetti rappresentati e non al loro insieme, con conseguente difetto di legittimazione processuale.

L'eccezione non merita adesione.

Il fatto che dall'eventuale accoglimento del ricorso verrebbero lesi gli interessi di una determinata categoria di soggetti - in particolare i funzionari delle pubbliche amministrazioni che, mediante la partecipazione al contestato concorso, ambiscono ad acquisire la qualifica dirigenziale - in contrapposizione con la categoria dei dirigenti, non determina l'inammissibilità dell'azione, non essendo condivisa la tesi, sottesa alla eccezione, secondo cui un'associazione sindacale può agire in giudizio solo a tutela di interessi collettivi riferibili indistintamente a tutti gli associati singolarmente intesi, in modo che le pretese per le quali l'organizzazione agisce trovino corrispondenza nelle rispettive posizioni individuali di vantaggio, con la conseguenza che mancherebbe la legittimazione ad agire nel caso in cui vi sia contrasto, anche solo potenziale, tra gli interessi degli associati.

Tale argomentazione, sebbene sia stata condivisa da certa giurisprudenza, poggia sull'erroneo postulato della coincidenza tra interesse collettivo e interessi dei singoli appartenenti alla categoria cui l'interesse collettivo si riferisce, presupponendo una coincidenza tra quest'ultimo e la sommatoria degli interessi dei singoli, previa frammentazione dell'interesse unitario che, invece, deve considerarsi inscindibile ed affidato alla tutela degli enti esponenziali.

In linea generale, deve rilevarsi che gli enti collettivi (come l'organizzazione ricorrente) possono essere titolari sia di posizioni giuridiche proprie, al pari dei soggetti singoli, sia di posizioni giuridiche collettive, qualificabili in termini di interessi collettivi.

In tale ultima ipotesi, l'interesse diffuso, se omogeneo, in quanto comune ai rappresentati, si soggettivizza in capo all'ente esponenziale, divenendo interesse legittimo, nella forma del c.d. interesse collettivo, fermo restando che l'interesse diffuso - che attraverso l'ente esponenziale diviene interesse collettivo e, quindi, interesse legittimo - è, per sua natura, indifferenziato, omogeneo, seriale, e comune a tutti gli appartenenti alla categoria.

L'organismo di rappresentanza diviene, quindi, lo strumento elaborato dalla giurisprudenza per consentire la giustiziabilità dei c.d. interessi diffusi, cioè degli interessi omogenei e indifferenziati degli appartenenti alla categoria.

Pertanto, attraverso la costituzione dell'ente esponenziale, l'interesse diffuso, altrimenti adespota e indifferenziato, si soggettivizza e si differenzia, assurgendo al rango di interesse legittimo meritevole di tutela giurisdizionale.

Sulla base di tale premessa, può quindi affermarsi che l'ente collettivo non può agire a tutela degli interessi di alcuni appartenenti al gruppo contro gli altri, venendo altrimenti meno alla sua funzione e alla sua stessa ragion d'essere, con la conseguenza che condizione per il riconoscimento della legittimazione al ricorso degli enti esponenziali è che l'ente faccia valere un interesse collettivo, riferibile alla categoria.

Dalla natura dell'interesse collettivo discendono tuttavia precise conseguenze in ordine alla legittimazione ad agire degli enti collettivi, in quanto, se per interesse collettivo deve intendersi l'interesse diffuso comune a tutti i soggetti facenti parte della collettività e rappresentati dall'ente, ne discende che tale interesse non costituisce, né potrebbe costituire, posizione soggettiva dei singoli - differenziandosi peraltro dalla sommatoria delle singole posizioni - sorgendo quale posizione sostanziale direttamente e solo in capo all'ente esponenziale.

In altri termini, l'interesse diffuso, soggettivizzandosi in capo all'ente esponenziale, costituisce posizione propria e solo di questo, non costituendo tale interesse una posizione parallela di un interesse legittimo comunque ascrivibile anche in capo ai singoli componenti della collettività, essendo una derivazione dell'interesse diffuso per sua natura adespota.

Sulla base di tali premesse, sul piano della tutela giurisdizionale, non possono sussistere interessi legittimi differenti tra gli appartenenti alla collettività, e ciò in quanto l'interesse collettivo non costituisce posizione sostanziale di alcun componente della collettività medesima, ma solo della collettività in quanto tale, per cui non è ipotizzabile, sul piano ontologico, che l'ente collettivo possa agire a tutela degli interessi di alcuni appartenenti al gruppo contro gli altri, contrastando tale possibilità con la natura stessa dell'interesse collettivo, non scindibile in posizioni riconducibili ai singoli componenti della collettività.

Ne consegue che il riconoscimento della legittimazione ad agire di un ente collettivo nei casi in cui l'ente faccia valere un interesse omogeneo della categoria non fa che riflettere la caratteristica propria dell'interesse collettivo.

Se non sono configurabili posizioni di conflitto con riferimento agli interessi collettivi, la cui titolarità spetta solo all'ente, in quanto risultanti da un processo di soggettivizzazione di interessi altrimenti diffusi ed adespoti, la cui tutela giurisdizionale è azionabile solo dall'ente esponenziale quale unico titolare della posizione giuridica lesa, possono tuttavia individuarsi posizioni giuridiche che appartengono anche a ciascun componente della collettività rappresentata, tutelabili dunque sia dall'ente sia da ciascun singolo componente, assumendo in questo senso l'interesse collettivo connotazioni proprie di interesse superindividuale.

In ragione di questa possibile compresenza di interessi diffusi e di interessi individuali dei singoli, può dunque verificarsi l'evenienza che un'azione proposta dall'ente collettivo per la tutela di interessi diffusi possa porsi in contrasto con l'interesse del singolo componente della collettività, sovrapponendosi la posizione giuridica di cui l'ente esponenziale è titolare alla posizione giuridica di cui è titolare ogni singolo componente.

Sul piano processuale, ne consegue che l'ente esponenziale ha sia legittimazione ad agire per la tutela di posizioni giuridiche per le quali ha titolarità analogamente ai singoli componenti - che in questo caso sono titolari, ciascuno di essi, di identiche posizioni giuridiche - sia legittimazione ad agire per la tutela di posizioni giuridiche di interesse collettivo di cui ha titolarità esclusiva.

Deve quindi riconoscersi la legittimazione ad agire dell'ente collettivo nelle ipotesi in cui tale interesse contrasti con l'interesse di un singolo appartenente o di un più ristretto gruppo, come avviene nei casi in cui venga adottato da una pubblica amministrazione un atto amministrativo che sia al contempo lesivo dell'interesse collettivo del quale l'ente esponenziale della categoria è titolare e tuttavia produttivo di effetti favorevoli per una parte degli appartenenti alla categoria medesima.

Ritenere che la legittimazione ad agire sussista solo qualora l'atto leda l'interesse omogeneo di tutti e non solo di alcuni appartenenti alla categoria porterebbe a disconoscere la possibilità per l'ente esponenziale di impugnare un atto, ritenuto illegittimo, e lesivo degli interessi collettivi, sol perché esso porta vantaggi - magari illegittimi - ad una parte dei suoi componenti.

Deve piuttosto ritenersi, coerentemente con la natura degli interessi collettivi e della loro soggettivizzazione in capo agli enti esponenziali - e con la non coincidenza tra gli interessi riferibili alla collettività indistinta e gli interessi dei singoli appartenenti alla collettività, essendo quest'ultima entità diversa dalla pluralità dei suoi componenti - che l'interesse collettivo, come interesse dell'intera collettività o categoria, possa ricevere tutela anche allorquando non coincida con l'interesse, meramente materiale e fondato sugli effetti dell'attività amministrativa, di tutti i componenti della collettività, con l'ulteriore conseguenza che all'impugnazione da parte dell'ente esponenziale di un atto che lede interessi legittimi di tutti i suoi aderenti può affiancarsi la legittimazione ad agire di questi ultimi.

La definizione di interesse collettivo comprende, dunque, una duplicità di situazioni giuridiche, il che implica che l'interesse collettivo, per tale sua caratterizzazione ontologica, è destinato ad essere tutelato soltanto da parte di soggetti superindividuali, esponenziali e rappresentativi del gruppo, che ne assumano l'obiettivo di salvaguardia a livello statutario, trattandosi di posizione diversa da quella di cui sono titolari i singoli appartenenti alla categoria.

Se, dunque, la legittimazione ad agire dell'associazione rappresentativa o dell'ente esponenziale si atteggia come originaria ed esclusiva, ovvero non soltanto indipendente ed autonoma rispetto a quella dei singoli, ma anche riservata esclusivamente all'associazione o all'ente in relazione ai suoi scopi statutari, risulta irrilevante che le posizioni dei singoli, all'interno della categoria, siano omogenee e comuni a tutti gli appartenenti, costituendo tali posizioni situazioni giuridiche diverse rispetto all'interesse diffuso alle stesse riferibile.

Conseguenza logica di tale ricostruzione, basata sulla duplicità di situazioni giuridiche riunite sotto la definizione di interesse collettivo, con la evidenziata possibile non coincidenza tra tale interesse e quello materiale di tutti i componenti della collettività, è che alla titolarità originaria ed esclusiva, in capo agli enti esponenziali o alle associazioni rappresentative, della posizione soggettiva corrispondente all'interesse collettivo, va ricondotta la loro legittimazione ad agire ogniqualvolta venga leso l'interesse collettivo, non potendo tale capacità processuale essere limitata dall'eventuale disomogeneità degli interessi dei singoli componenti, che operano su di un piano diverso, anche sotto il profilo della tutela giurisdizionale, rispetto agli interessi collettivi oggettivizzati e tipizzati.

Ciò posto, non potendo incidere sulla legittimazione ad agire dell'ente rappresentativo l'eventuale presenza di interessi individuali, soggettivamente riferibili ai singoli componenti, disomogenei tra loro - in quanto inidonei a modificare la dimensione ontologica dell'interesse collettivo, che conserva una portata unitaria caratterizzata da inscindibilità e diffusività indistinta su un piano superindividuale, la cui tutela è riservata all'ente esponenziale - l'indagine deve spostarsi alla verifica della rispondenza dell'azione proposta dall'ente rappresentativo rispetto ai propri fini statutari e alla tutela dell'interesse collettivo di cui è titolare in via originaria ed esclusiva.

Applicando tali coordinate interpretative alla vicenda in esame, deve dunque ritenersi che la presenza, all'interno della categoria rappresentata dalla federazione sindacale ricorrente, di posizioni potenzialmente in conflitto tra loro rispetto agli effetti dei gravati provvedimenti - di cui possono beneficiare i funzionari, soprattutto quelli che hanno svolto incarichi dirigenziali, interessati all'acquisizione della qualifica dirigenziale - non incide sulla legittimazione ad agire della ricorrente, che con il ricorso in esame intende tutelare l'interesse collettivo - dalla stessa perseguito in via statutaria, quale sintesi degli interessi unitari del personale dirigente e non - all'espletamento di legittime procedure di conferimento degli incarichi dirigenziali, improntate a criteri di trasparenza e rispettose della disciplina generale dettata in materia di accesso alla qualifica dirigenziale, contestando quindi il ricorso a forme speciali di reclutamento, derogatorie rispetto alla disciplina vigente, preordinate alla sanatoria di incarichi dirigenziali conferiti nel tempo a favore di funzionari non in possesso della qualifica dirigenziale.

La proposta azione impugnatoria, volta alla tutela di un interesse statutariamente ricompreso tra gli obiettivi da perseguire - si pone, peraltro, nel solco di altre iniziative giudiziarie promosse dalla federazione ricorrente, volte a contrastare l'attribuzione, da parte dell'Agenzia resistente, di incarichi dirigenziali a favore dei propri funzionari sulla base di contratti a tempo determinato, esitate in senso favorevole a parte ricorrente, previo riconoscimento della sua legittimazione ad agire (cfr. TAR Lazio, Sez. II,9 marzo 2015, n. 3924; idem13 gennaio 2011, n. 206; Consiglio di Stato, Sez. IV, 18 novembre 2013, n. 5451).

Sulla base delle superiori considerazioni deve, quindi, essere disattesa l'eccezione, sollevata dalle resistenti Amministrazioni, di inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione attiva della ricorrente.

Venendo all'esame del merito, al fine di esaminare compiutamente le censure dedotte, appare necessario un esame preliminare della disciplina normativa di riferimento.

Con il bando impugnato è stato indetto il concorso pubblico per titoli ed esami, per il conferimento di 403 posti di dirigente di seconda fascia, ai sensi dell'art. 8, comma 24, del decreto legge n. 16 del 2012, convertito in legge con legge n. 44 del 2012, dell'art. 1, comma 530, della legge n. 296 del 2006 e dell'art. 2, comma 2, secondo periodo, del decreto legge n. 203 del 2005, convertito in legge con legge n. 248 del 2005.

Con l'art. 8, comma 24, del decreto legge n. 16 del 2012, l'Agenzia delle Entrate è stata autorizzata ad espletare procedure concorsuali per la copertura delle posizioni dirigenziali vacanti secondo le modalità di cui all'art. 1, comma 530, della legge n. 296 del 2006 e dell'art. 2, comma 2, secondo periodo, del decreto legge n. 203 del 2005.

Con il richiamato articolo 2, comma 2, secondo periodo, del decreto legge n. 203 del 2005, dopo aver autorizzato - al primo periodo - la spesa per procedere, "anche in deroga ai limiti previsti dalle disposizioni vigenti, ad assunzioni di personale per 1'amministrazione dell'economia e dellefinanze", viene previsto che "Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sono determinate le quote di personale, nell'àmbito del contingente massimo consentito ai sensi del precedente periodo, assegnate alle articolazioni dell'amministrazione dell'economia e delle finanze, (â) e sono stabilite le modalità, anche speciali, per il reclutamento, ivi inclusa la possibilità di utilizzare graduatorie formate a seguito di procedure selettive già espletate, anche ai sensi dell'articolo 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ovvero di ricorrere alla mobilità".

L'art. 1, comma 530, della legge n. 296 del 2006, prevede, invece, che le modalità di reclutamento del personale dell'amministrazione economico finanziaria, incluso quelle delle agenzie fiscali, sono definite anche in deroga ai limiti previsti dalle vigenti disposizioni, sentite le organizzazioni sindacali.

Il bando di concorso impugnato, oltre che sulle previsioni recate dalla normativa primaria, sopra illustrate, fa riferimento al d.P.R. 16 aprile 2013, n. 70 che si occupa del riordino del sistema di reclutamento e formazione dei dipendenti pubblici e delle scuole pubbliche di formazione.

Ilbando stesso prevede una riserva di posti - nella misura del 50% di quelli messi a concorso - a favore del personale organicamente appartenente all'Agenzia, inquadrato nella terza area funzionale, mentre con riferimento alla valutazione dei titoli, prevede l'attribuzione fino ad un massimo di 45 punti su 80 per lo svolgimento di incarichi professionali conferiti da pubbliche amministrazioni.

La Dirpubblica contesta tale impianto imposto al concorso, evidenziando come la procedura selettiva, mediante la previsione della riserva del 50% dei posti disponibili a favore del personale dell'Agenzia e la modulazione della valutazione dei titoli, tenda a privilegiare l'accesso alla qualifica dirigenziale da parte di una determinata categoria di partecipanti, individuabili nei funzionari di ruolo dell'Agenzia che hanno svolto incarichi dirigenziali sulla base di norme regolamentari interne ritenute illegittime, con conseguente violazione del principio di legalità che presiede alla materia concorsuale ed i principi costituzionali di buon andamento, uguaglianza e imparzialità.


Ulteriori censure riguardano la violazione da parte del bando di concorso della disciplina normativa di riferimento.

Al riguardo nell'esame delle questioni sottoposte al vaglio del Collegio, si ritiene di dover preliminarmente esaminare le censure che hanno ad oggetto i titoli valutabili ed il punteggio agli stessi assegnabile in assenza della loro previa determinazione con D.P.C.M., cui l'art. 2, comma 2-bis, del d.P.R. n. 272/2004, demanda il compito di individuazione dei titoli valutabili ed il relativo punteggio, con conseguente affermato difetto di attribuzione in capo all'Agenzia in ordine a tale previsione.

La censura merita di essere condivisa.

Il d.P.R. n. 70/2013, avente ad oggetto il regolamento sul riordino del sistema di reclutamento e formazione dei dipendenti pubblici e delle Scuole pubbliche di formazione, all'art. 7 "reclutamento dei dirigenti" - comma 5 - prevede l'introduzione, nel d.P.R. n. 272/2004 "regolamento di disciplina in materia di accesso alla qualifica di dirigente" del comma 2-bis, ai sensi del quale "Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri sono stabiliti i titoli valutabili nell'ambito del concorso di cui al comma 1 ed il valore massimo assegnabile ad ognuno di essi nell'ambito della procedura concorsuale. Il valore complessivo dei titoli non può superare il quaranta per cento della votazione finale del candidato".

La predetta norma attribuisce, quindi, in via esclusiva al Presidente del Consiglio dei Ministri la competenza in ordine alla individuazione dei titoli valutabili e dei punteggi massimi assegnabili nell'ambito delle procedure concorsuali per l'accesso alla qualifica dirigenziale.

Pertanto, il mancato esercizio di tale potere e, quindi, la mancata adozione del D.P.C.M. che rechi la disciplina dei titoli valutabili secondo criteri generali e astratti, non può consentire alle singole amministrazioni di procedere in via autonoma, caso per caso, alla individuazione di detti titoli e del relativo punteggio, in quanto verrebbe violata la riserva di competenza, normativamente prevista, con riferimento alla quale non sono previste deroghe, né sono dettate disposizioni idonee a disciplinare il periodo transitorio antecedente tale definizione.

Né tale competenza risulta essere stata modificata dalla legge n. 15/2014, di conversione del decreto legge n. 150/2013, con la quale è stato prorogato il termine per il completamento delle procedure concorsuali previste dall'art. 8, comma 24, del decreto legge n. 16 del 2012, fino al 31 dicembre 2014, non avendo il Legislatore, pur intervenuto in via di urgenza, ritenuto di dover derogare alla competenza attribuita al Presidente del Consiglio dei Ministri in ordine alla fissazione dei titoli valutabili e dei relativi punteggi.

Detta riserva di competenza non può essere superata dall'implicita necessità di procedere in tempi rapidi allo svolgimento della procedura concorsuale, sulla base di quanto eccepito dalla Avvocatura dello Stato nella memoria di resistenza in data 11.7.2014.

Ne consegue che l'Amministrazione, nel predisporre l'avversato bando di concorso, ha esercitato un potere alla stessa non attribuito, in quanto espressamente riservato al Presidente del Consiglio dei Ministri.

Le pur comprensibili esigenze dell'Amministrazione di bandire tempestivamente le procedure concorsuali autorizzate dalla normativa primaria sopra illustrata, nei termini previsti, non consentono, in assenza di una specifica copertura normativa, di derogare alle vigenti previsioni che disciplinano l'accesso alla dirigenza, né all'inerzia serbata dal Presidente del Consiglio dei Ministri in ordine all'adozione del previsto D.P.C.M. può ovviarsi attraverso la sostituzione delle singole Amministrazione nel compito di individuare i titoli valutabili ed i punteggi attribuibili, trattandosi di sfera normativamente riservata ad altro soggetto istituzionale.

Ciò di per sé è sufficiente a ritenere fondata la corrispondente censura con conseguente annullamento dell'art. 6 del bando.

È fondato, altresì, l'ulteriore profilo di censura con cui Dirpubblica contesta il bando nella parte in cui prevede la riserva del 50% dei posti messi a concorso a favore del personale organicamente appartenente al ruolo dell'Agenzia delle Entrate inquadrato nella terza area funzionale, contrastando tale previsione con la disposizione di cui all'art. 3, comma 2, del d.P.R. n. 272/2004, chereca la disciplina regolamentare generale in materia di accesso alla qualifica di dirigente, secondo cui "la percentuale dei posti da riservare al personale dipendente dell'amministrazione che indice il concorso è pari al trenta per cento dei posti messi a concorso", analogamente a quanto previsto dall'art. 28 del D.lgs. n. 165 del 2001.

Il sensibile aumento della percentuale dei posti da riservare al personale dipendente previsto dal bando,che stabilisce una riserva del 50% dei posti in luogo del 30%, non si basa su alcun fondamento normativo, nemmeno alla luce delle previsioni dell'art. 2, comma 2, secondo periodo, del decreto legge n. 203 del 2005, sopra illustrato, laddove fa riferimento a modalità anche speciali di reclutamento.

In disparte la questione se tali modalità speciali di reclutamento siano riferibili, è sufficiente rilevare che in assenza di criteri direttivi volti ad orientare la futura azione amministrativa, derogatori della disciplina vigente, non può ritenersi legittimo il ricorso a forme speciali di procedure selettive che si pongano in contrasto con la normativa di riferimento, se la relativa deroga non è espressamente autorizzata sulla base di criteri puntuali e definiti.

La genericità della previsione normativa illustrata, che nel prevedere forme speciali di reclutamento non fornisce alcuna ulteriore indicazione, non consente invero di riconoscere in capo alle singole amministrazioni il potere di indire procedure concorsuali derogatorie rispetto alla disciplina vigente.

Qualora, invece, si ritenesse possibile per le amministrazioni introdurre un simile sistema derogatorio, la norma si presterebbe a dubbi di illegittimità costituzionale, in quanto secondo un principio ormai consolidato l'esercizio di un potere non può essere delegato in assenza di criteri direttivi e limiti preventivamente individuati dalla legge, come avverrebbe nel caso di specie ove si riconoscesse all'Amministrazione la possibilità di individuare forme speciali di reclutamento - ulteriori rispetto alla mobilità ed allo scorrimento delle graduatorie previste nella citata norma del decreto legge n. 203/2005 - che, pur modellate sullo schema concorsuale, contengano tuttavia significative deroghe alla disciplina vigente che regola il concorso per l'accesso alla qualifica dirigenziale.

Anche nelle ipotesi di delega legislativa che consenta l'intervento di un livello normativo di grado inferiore, come nel caso di un decreto ministeriale, previsto dall'art. 2, comma 2, secondo periodo, del decreto legge n. 203/2005, non può prescindersi dai principi e dai criteri direttivi in modo che la delega venga esercitata in modo divergente dalle finalità che l'hanno determinata, pur consentendo al potere delegato la possibilità di valutare le particolari situazioni giuridiche da regolamentare nella attività di completamento che lega i due livelli normativi.

L'attribuzione al Ministro dell'Economia e delle Finanze della possibilità di adottare un decreto al fine di stabilire "modalità, anche speciali, di reclutamento" senza prevedere ulteriori criteri orientativi, non può essere inteso quale attribuzione anche della possibilità di introdurre deroghe alla disciplina generale in materia di accesso alla dirigenza mediante strumenti regolamentari o amministrativi, in ragione della riserva relativa di legge, stante l'assenza di criterisufficientemente determinati, volti ad orientare l'esercizio del potere di deroga.

Nell'ambito di una interpretazione della norma costituzionalmente orientata, quindi, non è possibile introdurre procedure concorsuali speciali che contengano deroghe, non autorizzate, alla disciplina di riferimento dettata, con riguardo all'accesso alla qualifica dirigenziale, dal d.lgs. n. 165/2001 e dal d.P.R. n. 272/2004.

Analoghe considerazioni, che illustrano un ulteriore profilo di illegittimità del bando riguardano anche per la mancata previsione della riserva del 50% dei posti di dirigente disponibili al corso-concorso selettivo di formazione della Scuola Nazionale dell'Amministrazione, per come previsto dall'art. 7, comma 4, del d.P.R. n. 70/2013 (quinto motivo di ricorso).

Poiché non vi è alcuna disposizione che autorizzi l'Agenzia delle Entrate a derogare a tale previsione, il bando è illegittimo anche sotto tale profilo.

E' possibile procedere all'esame dei motivi aggiunti depositati il 18 giugno 2015.

Secondo la ricorrente il bando di concorso impugnato sarebbe, altresì, illegittimo perché emanato sul presupposto dell'art. 8, comma 24, del decreto legge n. 16/2012, convertito dalla legge n. 44/2012, dichiarato illegittimo con la sentenza della Corte Costituzionale 17 marzo 2015, n. 37.

Per effetto della sopra indicata decisione della Corte Costituzionale, quindi, sarebbe venuto meno il potere dell'Agenzia delle Entrate di indire il concorso per il conferimento di 403 posti di dirigenti di seconda fascia.

La tesi non merita adesione.

Dalla motivazione della sentenza della Corte Costituzionale n. 37/2015 si evince che la questione sollevata innanzi al giudice delle leggi riguardava l'articolo 8, comma 24, del decreto-legge 16/2012, convertito con modificazioni dall'articolo 1, comma 1, della legge 26 aprile 2012, n. 44, soltanto nella parte in cui la norma consentiva l'attribuzione di incarichi dirigenziali a funzionari della terza area in attesa dello svolgimento dei concorsi per dirigenti (cfr. punto 4 della decisione), ma non ha investito la medesima disposizione nella parte in cui autorizza l'Agenzia delle Entrate ad espletare un concorso per dirigenti.

Nè può ritenersi che la caducazione ex tunc dell'articolo 8, comma 24, del medesimo decreto legge 16/2012 impedisca lo svolgimento di concorsi per dirigente, in quanto la Corte Costituzionale al punto 4.2., V capoverso della sentenza in commento precisa che "âdel tutto indipendentemente dalla norma impugnata, l'indizione di concorsi per la copertura di posizioni dirigenziali vacanti è resa possibile da norme già vigenti, che lo stesso art. 8, comma 24, del d.l. n. 16 del 2012, come convertito, si limita a richiamare senza aggiungervi nulla (si veda l'art. 2, comma 2, del d.l. n. 203 del 2005, come convertito)".

La decisione della Corte, quindi, non impedisce lo svolgimento della procedura concorsuale aposti di dirigente, ma finisce per produrre effetti soltanto sulla possibilità di considerare, tra i titoli valutabili ai fini del concorso, gli incarichi dirigenziali svolti da funzionari della terza area.

Per tali ragioni la giurisprudenza richiamata dalla ricorrente a sostegno della propria tesi, secondo cui la sopravvenuta dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma disciplinante il potere di adozione del provvedimento impugnato ne comporta l'illegittimità in via derivata, non è conferente con la vicenda in esame.

In tal senso, del resto,come osservato dalla Avvocatura dello Stato, si è già espresso il Consiglio di Stato, Sez. IV con la sentenza 6 ottobre 2015, n. 4641 (cfr. punto 10 terz'ultimo capoverso), il quale ha precisato che, per effetto della sentenza della Corte Costituzionale n. 37/2015, il bando di selezione-concorso per il reclutamento di 175 dirigenti seconda fascia, ai sensi del D.M. dell'economia e delle finanze 10 settembre 2010 doveva considerarsi annullato nella parte in cui esso poteva costituire una deroga volta a sanare l'illegittima situazione dei soggetti destinatari di incarichi illegittimamente conferiti, ma che tale annullamento non avrebbe potuto escludere dalla partecipazione alla selezione sia i funzionari non destinatari di incarichi,sia gli stessi funzionari destinatari di incarichi, ma con l'ovvia esclusione, quanto a questi ultimi, di ogni considerazione degli incarichi illegittimamente svolti.

In conclusione, alla luce di quanto sin qui illustrato, il ricorso in esame deve essere accolto con assorbimento delle ulteriori censure, con conseguente annullamento, nei limiti sopra illustrati, del bando di concorso.

Le spese del giudizio seguono la regola della soccombenza nella misura indicata nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso n. 8028/2014 R.G., come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, annulla i provvedimenti impugnati nei limiti di cui in motivazione.

Condanna l'amministrazione resistente al pagamento delle spese di giudizio nei confronti della ricorrente nella misura complessiva di euro 3000,00 (tremila/00) oltre IVA, CAP e oneri dovuti per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 giugno 2016 con l'intervento dei magistrati:

Da: Alla faccia vostra !20/09/2016 18:25:11
Giustizia è fatta... peccato che potrebbe rimanere in piedi il concorso a 175 ... ma stiamo a vedere ...

Da: ALLUCINANTE!!!MA STAVANO SCRIVENDO PENSANDO AL 17520/09/2016 18:25:18
1)    Considerando il difetto assoluto di attribuzione (ex art. 21-septies della legge n. 241/1990), in quanto l'Agenzia delle Entrate si sarebbe sostituita al Presidente dei Consiglio dei Ministri nella individuazione dei titoli valutabili e del valore massimo assegnabile ad ognuno di essi nell'ambito della procedura concorsuale.
2)    Pertanto, il mancato esercizio di tale potere e, quindi, la mancata adozione del D.P.C.M. che rechi la disciplina dei titoli valutabili secondo criteri generali e astratti, non può consentire alle singole amministrazioni di procedere in via autonoma, caso per caso, alla individuazione di detti titoli e del relativo punteggio, in quanto verrebbe violata la riserva di competenza, normativamente prevista, con riferimento alla quale non sono previste deroghe, né sono dettate disposizioni idonee a disciplinare il periodo transitorio antecedente tale definizione.
3)    Detta riserva di competenza non può essere superata dall'implicita necessità di procedere in tempi rapidi allo svolgimento della procedura concorsuale, sulla base di quanto eccepito dalla Avvocatura dello Stato nella memoria di resistenza in data 11.7.2014.
Ne consegue che l'Amministrazione, nel predisporre l'avversato bando di concorso, ha esercitato un potere alla stessa non attribuito, in quanto espressamente riservato al Presidente del Consiglio dei Ministri.
Le pur comprensibili esigenze dell'Amministrazione di bandire tempestivamente le procedure concorsuali autorizzate dalla normativa primaria sopra illustrata, nei termini previsti, non consentono, in assenza di una specifica copertura normativa, di derogare alle vigenti previsioni che disciplinano l'accesso alla dirigenza, né all'inerzia serbata dal Presidente del Consiglio dei Ministri in ordine all'adozione del previsto D.P.C.M. può ovviarsi attraverso la sostituzione delle singole Amministrazione nel compito di individuare i titoli valutabili ed i punteggi attribuibili, trattandosi di sfera normativamente riservata ad altro soggetto istituzionale.

SIGNORI MIEI SEMBRA ESSERE STATA SCRITTA PRIMA ANCORA PER QUELLO CHE STANNO FACENDO AL CONCORSO DA 175!!!!
PER LA SERIE MA CHE MINCHIA MI RAPPRESENTA 0,75â0,11â1,20??!??!!

Da: ALLUCINANTE!!!MA STAVANO SCRIVENDO PENSANDO AL 17520/09/2016 18:27:18
Condanna l'amministrazione resistente al pagamento delle spese di giudizio nei confronti della ricorrente nella misura complessiva di euro 3000,00 (tremila/00) oltre IVA, CAP e oneri dovuti per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
  SCUCIRE I SOLDI PREGO......!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!111

Da: Alla faccia vostra !20/09/2016 18:46:08
Dopo la soccombenza in giudizio dell'AE su concorso 403 ( e credo che sarà in bilico anche il 175... vogliamo scommettere ? ) l'unica cosa che mi fa inc... è che si continuerà il gioco della reiterazione ( illegittima ) delle POT anche per l'anno 2017, facendoci illudere che nelle more si procederà a bandire un nuovo concorso.

Da: Beh 20/09/2016 19:00:53
Non mi sembra che il bando sia stato  del tutto annullato. Piuttosto sono state annullate le parti che regolamentano

Da: Beh 20/09/2016 19:01:53
gli incarichi e la riserva posti del 50%

Da: 🎈20/09/2016 19:06:13
Quindi anche il concorso 403 rimane in piedi?

Da: Beh 20/09/2016 19:20:09
ragazzi è scritto in italiano, leggendo la sentenza a me sembra che resti in piedi e che venga annullato l'art 6 del bando e la riserva del 50%. Anche se non mi è  chiaro se la riserva del 30%, normativamente prevista, sostituisca la soglia annullata

Da: X beh20/09/2016 19:22:56
No, perché viene contetsata l illegittimita, ma il giudice non ha funzione sostitutiva all amministrazione nel porre le clausole del bando

Da: Funzionario AE Verona 20/09/2016 19:47:38
L'agenzia dovrebbe modificarlo in autotutela ... se vuole portarlo avanti...

Da: verrà modificato20/09/2016 20:04:24
E andrà avanti alacremente!!!!!! Tanto è inutile prevedere titoli per gli ex incaricati, il concorso lo vinceranno comunque!!!!! Poveri illusi, grazie a dirpubblica.......

Da: Beh 20/09/2016 20:19:27
Scusate ma non mi sembra che il 175  sia stato sanato in autotutela

Da: Baboe20/09/2016 20:30:53
Spiaga

Da: Non possono20/09/2016 21:26:07
Comportarsi in modo diverso rispetto a quanto fatto col 175
Anzi!
Nel 175 c'è scritto PQM rigetta l'appello
Qui invece annulla in base a quanto in parte motiva
Quindi a rigore il 175 è annullato e non il 403!
In parte motiva c'è scritto che la riserva è 30%
Ma le sapete leggere ste cazzo di sentenze?
Un piccolo sforzo

Da: Funzionario AE Verona20/09/2016 21:37:37
Per beh

infatti hanno fatto una cazzata e potrebbe essere motivo di impugnazione, il fatto che il concorso a 175 non sia mai stato modificato in autotutela.
Il bando costituisce lex specialis anche se illegittimo e quindi se non viene modificato deve essere applicato integralmente.

Da: X non possono e gli altri20/09/2016 21:42:16
Se è per questo nella motivazione c'è anche scritto che il 175 è stato riformato solo parzialmente dal Cds, confermando quindi che anche per il relatore di questo tar il 175 è salvo (aggiungo purtroppo perché io tifo per il 403).

Da: X funzionario AE Verona20/09/2016 21:48:55
Ma allora e' illegittimo anche aver dato corso al bando illegittimo con gli atti successivi, nomina commissione, estrazione lettera, comunicazione con raccomandata dei titoli e data orale. Non avendo modificato il bando in autotutela, tutti gli atti successivi andrebbero a caducarsi. Tu che ritieni? ......chissa se poi dirpubblica ha impugnato per qs motivi anche.

Da: Funzionario AE Verona20/09/2016 22:34:27
DIRPUBBLICA non può impugnare più il 175 (a parte l'azione in corso).
Credo che in qualche altro ricorso di "privato" che vedrai ci saranno, dovrebbe essere oggetto di motivo specifico del ricorso.

Da: Funzionario AE Verona20/09/2016 22:36:48
Presa a caso da internet ... ma ci sono molte sentenze in questo senso,

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 17.3.2014

Il bando di concorso è la "lex specialis" della procedura e va rispettata dalla commissione di concorso, che riveste la qualità di organo straordinario tecnico dell'amministrazione che ha indetto il concorso, con la conseguenza che alla stessa non è consentito di procedere alla disapplicazione delle norme dei bando (Cons. Stato, sez. IV, 29 novembre 2002, n. 6530; sez. IV, 14 maggio 2007, n. 2423). Le regole cristallizzate nella "lex specialis", costituita dal bando di concorso, vincolano rigidamente anche l'operato dell'amministrazione, nel senso che, essendo essa autolimitatasi, è tenuta alla loro applicazione senza alcun margine di discrezionalità nella interpretazione e nell'attuazione. L´amministrazione deve applicare le disposizioni di un bando di concorso, ancorché queste siano illegittime o comunque ritenute inopportune, fatti salvi eventuali provvedimenti adottati in sede di autotutela, che incidono a monte sulla stessa "lex specialìs" della procedura (Cons, Stato, sez. V, 4 agosto 2000, n. 4304). Infatti, il bando riveste, nell'interesse pubblico alla trasparenza ed alla imparzialità, un fondamentale riferimento dell´azione amministrativa, generando affidamento nei partecipanti alla procedura. Per continuare nella lettura della sentenza clicca su "Accedi al provvedimento".

Da: Alla faccia vostra !21/09/2016 06:40:38
Riporto testualmente nota esplicativa dell'avvocato Medici su annullamento concorso 403 con riflessi anche sul 175 ( ... pertanto, riflettete gente, riflettete ..... ! ) :
Avv. Carmine Medici
Patrocinante dinanzi alla Corte di cassazione ed alle altre giurisdizioni superiori
via on.le F. Napolitano, n. 103 - 80035 - Nola (NA) - Piazzale Clodio, n. 18 - 00195 - Roma
tel. 081/510.57.58 - fax 081/019.74.52
avvocatomedici@gmail.com - carmine.medici@pecavvocatinola.it
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Spett.le Federazione Dirpubblica
Segreteria Generale
- Roma -
Roma, 20/9/2016
Oggetto: Concorso per il reclutamento di 403 dirigenti dell'Agenzia delle Entrate -
Sentenza del T.A.R. Lazio - Roma, Sezione III, del 20 settembre 2016, n. 9846.
Con sentenza n. 9846/2016, depositata il 20 settembre 2016, la Sezione III del
T.A.R. Lazio - Roma ha accolto il ricorso proposto da Dirpubblica sul bando di
concorso per titoli ed esami indetto dall'Agenzia delle Entrate nell'anno 2014 per il
reclutamento di 403 dirigenti.
In particolare, il Tribunale, respinta l'eccezione relativa al difetto di legittimazione a
ricorrere del sindacato, ripetutamente ed infondatamente sollevata dall'Agenzia, ha
ritenuto illegittimo il bando di concorso nella parte concernente l'individuazione dei
titoli valutabili e del punteggio agli stessi attribuibile, per violazione dell'art. 2, comma
2-bis, del d.P.R. n. 272/2004, il quale demanda tale compito ad un decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri, ad oggi non ancora adottato, così come già aveva
rilevato il Consiglio di Stato in sede cautelare con ordinanza del 20 ottobre 2014, n.
4811.
Non solo. Il Tribunale ha anche ritenuto illegittimo il bando per aver ampliato la riserva
dei posti per gli interni nella misura del 50% dei posti messi a concorso, per violazione
dell'art. 3, comma 2, del d.P.R. n. 272/2004, nonché per la mancata previsione della
riserva del 50% dei posti disponibili al corso-concorso selettivo di formazione della
S.N.A., in violazione dell'art. 7, comma 4, del d.P.R. n. 70/2013.
Più in generale, il giudice amministrativo, facendo proprie le censure proposte in sede di
ricorso, ha ribadito che «l'attribuzione al Ministro dell'Economia e delle Finanze della
possibilità di adottare un decreto al fine di stabilire "modalità, anche speciali, di
reclutamento" senza prevedere ulteriori criteri orientativi, non può essere inteso quale
attribuzione anche della possibilità di introdurre deroghe alla disciplina generale in
materia di accesso alla dirigenza mediante strumenti regolamentari o amministrativi, in
ragione della riserva relativa di legge, stante l'assenza di criteri sufficientemente
determinati, volti ad orientare l'esercizio del potere di deroga. Nell'ambito di una
interpretazione della norma costituzionalmente orientata, quindi, non è possibile
introdurre procedure concorsuali speciali che contengano deroghe, non autorizzate, alla
disciplina di riferimento dettata, con riguardo all'accesso alla qualifica dirigenziale, dal
d.lgs. n. 165/2001 e dal d.P.R. n. 272/2004».
Poiché, con la sentenza in commento, il bando di concorso è stato annullato «nei limiti
di cui in motivazione», potrebbe ritenersi che il concorso possa essere proseguito
emendando il bando della fase relativa alla valutazione dei titoli, riducendo il numero
dei posti disponibili da mettere a concorso, riservando gli altri posti al corso-concorso
S.N.A., e, quindi, riducendo la riserva per gli interni sui posti così messi a concorso.
Avv. Carmine Medici
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Tuttavia, occorre considerare che una simile opzione risulterebbe in contrasto con il
principio del favor partecipationis, poiché molti potenziali candidati potrebbero non
aver presentato la domanda di partecipazione in considerazione del particolare valore
assunto, nell'ambito della procedura concorsuale, dalla valutazione dei titoli, questi
ultimi individuati in maniera tale da favorire i funzionaria dell'Agenzia delle Entrate ai
quali, in passato, erano stati conferiti incarichi dirigenziali illegittimi e dichiarati
decaduti a seguito della sentenza della Corte costituzionale del 17 marzo 2015, n. 37.
Cosicché, l'Agenzia delle Entrate, nell'ipotesi in cui ritenesse di proseguire il concorso
de quo, sarebbe costretta a riaprire i termini per proporre le domande di partecipazione.
Peraltro, una simile ipotesi si porrebbe in contrasto con l'art. 4-bis, co. 1, del D.L. n. 78
del 2015, il quale "autorizzava" (ma, deve ritenersi, obbligava) le Agenzie fiscali ad
annullare i concorsi già banditi e non ancora conclusi alla data di entrata in vigore del
decreto, autorizzandole a bandire nuovi concorsi per il reclutamento di dirigenti, per lo
stesso numero di posti, sulla base di un decreto ministeriale (ad oggi mai adottato) che,
questa volta, non avrebbe dovuto individuare "speciali modalità di reclutamento"
(secondo la controversa espressione contenuta nelle norme previgenti) ma avrebbe
dovuto individuare modalità di selezione rispettose della disciplina ordinaria e generale
di cui al D.Lgs. n. 165/2001.
Per completezza di informazione, appare opportuno aggiungere che il giorno 6 ottobre
2016, si discuterà al Consiglio di Stato l'appello cautelare proposto da Dirpubblica sugli
atti con i quali l'Agenzia delle Entrate ha "riesumato" il concorso speciale per titoli e
colloquio, sul quale lo stesso Consiglio di Stato si era pronunciato, rigettando l'appello
dell'Agenzia, con sentenza del 6 ottobre 2015, n. 4641.
Com'è noto, l'Agenzia, nel nominare la Commissione esaminatrice, ha emendato il
bando dei titoli illegittimi, già all'epoca costituiti dagli incarichi dirigenziali dichiarati
decaduti a seguito della pronuncia d'incostituzionalità, proseguendo il concorso
incaricando la predetta Commissione di valutare gli altri titoli e di sottoporre i candidati
ad un colloquio.
Ebbene, occorre rilevare che quest'ultimo concorso contiene un'ulteriore e decisiva
deroga alla disciplina ordinaria e generale dei concorsi per l'accesso alla qualifica
dirigenziale, poiché, a differenza del concorso per il reclutamento di 403 dirigenti, che
era un concorso per "titoli ed esami", il concorso speciale per il reclutamento di 175
dirigenti era stato bandito secondo la modalità "per titoli eâ colloquio" (sic !).
Occorrerà, quindi, attendere l'esito dell'udienza in C.d.C. del 6 ottobre 2016 per ogni
più opportuna riflessione e valutazione in ordine ai successivi sviluppi del complesso
contenzioso.
In attesa, porgo
Cordiali saluti
Avv. Carmine Medici

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