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Esami AVVOCATO - discussione precedente
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Da: Avvocato16/12/2008 14:34:45
Per i grandi Avvocatoni basiti e schifati, che scrivono opinioni anche non condivisibili e soprattutto baggianate legali:

I Candidati NON commenttono nessun reato se usano foglietti e i cellulari.
Perciò date solo le Vs. buone opinioni evetando di fare i P.M. che NON vi compete, e di spacciarVi avvocati... perchè a quanto pare confondete l'eticità con la rilevanza penale.

Da: alessandro16/12/2008 14:35:07
basito se mi permetti...
se vuoi segnalare libero di farlo
ma il problema non è nel forum
ma nella fuoriuscita all'esterno delle tracce d'esame

Da: disgusto16/12/2008 14:35:19
x giopenale
quella di mininterno, ovviamente.La discussione dovrebe essere chiusa.

Da: disgusto16/12/2008 14:35:20
x giopenale
quella di mininterno, ovviamente.La discussione dovrebe essere chiusa.

Da: Taty16/12/2008 14:35:36
A brutto rosicone non vali niente, lo segnali perchè hai faticato perchè sei un insoddisfatto infelice, e se domani chiude almeno so che avrai letto queste mie parole. Nella vita conta chi si è il dopo esame e tu sei una persona che si deve vergognare, stai qui ad accusare noi che cmq non abbiamo comunicato con i nostri parenti onestissimi che hanno i cell spenti, di te non possiamo sapere se hai barato o no di certo dal livore e dalla tua cattiveria si capisci che rosichi perchè lo avrai fatto un sacco di volte

Da: gabriella16/12/2008 14:35:38
grazie grazie!e non so a cosa le serva...me l'ha chiesto avendo un dubbio!bohhhhhhhhhhhh

E' disponibile l'App ufficiale di Mininterno per Android.
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Da: alessandro16/12/2008 14:37:01
evitiamo le offese personali che non sono mai giuste
ognuno è libero di fare quello che vuole, sopportandone le conseguenze del caso
stop
ingiurie ed offese teniamole per le chiacchiere da bar

Da: sabrina16/12/2008 14:37:55
x favore II Traccia, cosa ne pensate?...senza parolacce, grazie:

Caia chiede il risarcimento del danno perchè costretta alla spesa dall'incuria di Tizio.
Il codice, art. 1110, anche se si vlesse ritenere applicabile alla fattispecie, stabilisce il diritto al rimborso, e non al risarcimento del danno.


Da: AiutoAvvocato16/12/2008 14:38:12
Una domanda: perché i dissidenti vengono qui sul forum se sono così schifati da quello che leggono?

Da: ----16/12/2008 14:38:25
finitela è meglio per tutti

Da: Per Basito16/12/2008 14:38:50
per non dici chi sei?......ONESTONE!!!!

Da: NEW ENTRY16/12/2008 14:39:46
POTETE INSERIRE UN POST DEFINITIVO CHE RIEPILOGA:

TRACCIA 1
SOLUZIONE 1

TRACCIA 2
SOLUZIONE 2

GRAZIE

Da: Taty16/12/2008 14:41:45
esatto stanno qui ad offendere noi che cercando di capire come si può aiutare qualcuno

Da: rich16/12/2008 14:41:57
sapete l'orario di consegna dei pareri di oggi?

Da: Avalon16/12/2008 14:42:54
ma gli abbinamenti dov'è possibile vederli?

Da: Grey16/12/2008 14:48:48
----Tizio, in data 10 gennaio 2008, conclude ùn contratto preliminare di vendita a Caio - con previsione della stipula del contratto definitivo in data 10 marzo 2009 - avente ad oggetto ùn terreno che Caio, ingenuamente, ritiene sia di proprietà di Tizio per aver osservato quest ultimo , da una dozzina di anni, esercitare di fatto su di esso, pacificamente, i diritti del proprietàrio. Nell occasione Caio corrisponde a Tizio la somma di denaro stabilità a titolo di acconto. Nel novembre 2008 Caio , scopre che il diritto di proprietà sull immobile spetta a Sempronio , fratello di Tizio. Il terreno, in effetti, si trova tra due fondi, l uno di proprietà di Tizio e l altro di proprietà di Sempronio , e quest ultimo non aveva contrastato Tizio allor quando questi aveva allargato la sfera del possesso, ricomprendendo in esso il terreno intermedio di Sempronio. Caio decide di agire prontamente in giudizio chiedendo, in via principale, l annullamento del contratto per vizio del consenso costituito da errore e, in via subordinata la risoluzione del contratto stesso per inadempimento, e chiedendo , altresì la restituzione della somma versata ed il risarcimento del danno subito,avendo egli rinunciato ad acquistare ùn altro terreno di valore equivalente, sito nella stesa zona, di proprietà di Mevio , che frattanto lo ha venduto ad altri. Tizio si reca dal proprio avvocato. Il candidato, assùnte le vesti del legale, rediga motivato parere , illustrando gli istituti e le problematiche sottesi alla fattispecie in esame.
â..
I traccia

il bene non è usucapito che non sono passati 20 anni
questo fa un preliminare dicendo che il bene è suo
l'acquirente scopre che non lo è

l'acquirente è in errore scusabile perchè il bene usucapito non è trascritto se non dopo un negozio di accertamento o una sentenza ricognitiva
ââ
Il promittente-alienante si presenta davanti al notaio per la stipula del definitivo, pronto a vendere sulla base di una regolare procura dellâeffettivo proprietario del bene. Il promissario-acquirente viene così a conoscenza solo in quel momento che la controparte non era titolare della cosa oggetto della promessa di vendita. Può costui rifiutare di concludere il negozio di trasferimento e chiedere la risoluzione del preliminare? Le Sezioni unite lo escludono, risolvendo così un contrasto sul punto e rispondendo in motivazione anche ad altre questioni inerenti a tale peculiare figura di contratto preliminare.
Innanzitutto la Suprema corte afferma che, in base allâart. 1478 c.c., applicabile per analogia anche al preliminare di vendita di cosa altrui, al promittente è consentito di adempiere âprocurando lâacquisto al compratoreâ. Ciò significa che costui non deve necessariamente acquistare dallâoriginario titolare, per poi ritrasferire al promissario, essendo sufficiente che induca il proprietario a trasferire direttamente il bene a favore dellâaltra parte del preliminare.
Inoltre esclude che lâart. 1479 c.c. possa applicarsi a chi stipula in buona fede un preliminare ignorando il difetto di legittimazione della controparte. Tale norma presuppone un inadempimento già verificatosi a causa dellâefficacia reale del contratto di vendita. Ben diversamente il preliminare ha effetti meramente obbligatori, così che al promittente-venditore è consentito di procurare lâacquisto fino alla scadenza del termine per la stipula del definitivo.
Le Sezioni unite notano che tale soluzione è compatibile con il sempre più affermato orientamento sulla natura del preliminare, che individua come oggetto non una prestazione di facere (la prestazione del consenso) ma una prestazione di dare (la trasmissione della proprietà). Ergo tale risultato pratico può essere realizzato anche tramite lâatto traslativo del proprietario.
Infine viene escluso che il trasferimento diretto da parte del proprietario muti lâidentità del soggetto che è obbligato per la garanzia per vizi e per lâevizione: costui rimane sempre il promittente-alienante.
La soluzione prospettata appare coerente qualora il promittente-venditore si dimostri immediatamente pronto ad adempiere, come nel caso di specie. Infatti il promissario-venditore non avrebbe alcuna ragione valida da opporre per risolvere il contratto.
Eâ dubbia, invece, lâasserzione per cui lâart. 1479 c.c. sarebbe sempre incompatibile con il contratto preliminare. Qualora il termine per la stipula del definitivo sia ancora pendente ed il promittente non sia ancora in grado di adempiere, parte della dottrina ha individuato varie ragioni che giustificano lâestensione del rimedio speciale della vendita.
In particolare, colui che, credendo di aver trattato con lâeffettivo proprietario, scopra poi che la controparte non è legittimata la trasferimento, rischia di essere privato della tutela ex art. 2645 bis c.c.
Infatti in questo modo egli ha stipulato il preliminare con un soggetto diverso da quello con cui concluderà il definitivo. La trascrizione del contratto preparatorio gli consente di prevalere su eventuali successivi acquirenti del promittente-venditore. Ma a suo favore non sussiste alcuna tutela rispetto ad eventuali acquirenti dallâeffettivo proprietario, che trascrivano prima del definitivo.
(Altalex, 29 maggio 2006. Nota di Dario Colasanti. Per un maggiore approfondimento delle varie tematiche attinenti al preliminare di cosa altrui si rimanda al Corso altalex on line di diritto civile, penale e amministrativo).

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILE
SENTENZA 18 maggio 2006, n. 11624
(Presidente Carbone ï¿" Relatore Bucciante)
Svolgimento del processo
Con sentenza del 18 marzo 1998 il Tribunale di Pistoia ha Pronunciato la risoluzione, per inadempimento di Mirella P., di un contratto preliminare con il quale costei si era obbligata a vendere a Wladimiro L. e Teresa V. un podere con casa colonica sito in Larciano, e ha condannato la promittente alienante alla restituzione degli acconti ricevuti, nella misura di lire 17.000.000, nonché al rimborso delle spese di giudizio.

Impugnata in via principale da Wladimiro L. e Teresa V., incidentalmente da Mirella P., la decisione è stata riformata dalla Corte di appello di Firenze, che con sentenza del 21 marzo 2000, in parziale accoglimento di entrambi i gravami, ha dichiarato il contratto risolto per inadempimento del L. e della V., ha rideterminato in lire 16.000.000 la somma che doveva essere loro rimborsata, ha confermato il rigetto della domanda di risarcimento di danni formulata dalla P., ha posto a carico degli appellanti principali metà delle spese di entrambi i gradi di giudizio, compensandole tra le parti per lâaltra metà.
A queste pronunce il giudice di secondo grado è pervenuto ritenendo: che ï¿«unica ragione della mancata stipula va   ricondotta alla mancata proprietà del bene da parte della promittente venditrice, ma appare pacifico che in realtà anche tale questione era stata risolta precedentemente (il che assorbe ogni rilievo relativo allâeffettiva conoscenza di tale altruità da parte dei L.) essendosi la P. presentata munita di procura a vendere del tutto rituale, relativa al bene de quo e rilasciata dai proprietari due giorni prima e davanti allo stesso notaioï¿»; che ï¿«è dâaltronde indiscusso che in caso di preliminare di vendita lâobbligo del promittente venditore è quello di procurarsi la proprietà del bene o di ottenere dal proprietario il consenso o lâautorizzazione alla vendita ï¿" Cassazione, 3677/96; 367/77; 8228/90   per cui non è dato vedere cosa possa imputarsi alla P. che era perfettamente in grado di vendere il bene alla data prefissataï¿»; che ï¿«né può sostenersi   come sembrano fare i L.   che essi acquistando da âaltriâ potevano risultare meno garantiti, rispetto alla P.: invero nei loro confronti e in relazione alle garanzie loro spettanti per legge, unico interlocutore era e restava la P. personalmente e direttamente, per cui solo sulla P. continuavano a ricadere tutte le garanzie in materia di vizi o di evizione   v. Cassazione, 3963/84ï¿»; che ï¿«non vi è alcuna prova (che la P. nemmeno ha chiesto di fornire)ï¿», in ordine ai danni da lei lamentati.

Wladimiro L. e Teresa V. hanno proposto ricorso per cassazione, in base a un motivo. Mirella P. si è costituita con controricorso, formulando a sua volta due motivi di impugnazione in via incidentale, e ha depositato una memoria.
Motivi della decisione
In quanto proposte contro la stessa sentenza, le due impugnazioni vanno riunite in un solo processo, in applicazione dellâarticolo 335 Cpc.

Con il motivo addotto a sostegno del ricorso principale Wladimiro L. e Teresa V. lamentano che la Corte di appello ï¿«ha applicato il disposto dellâarticolo 1478 Cc anziché quanto previsto dallâarticolo 1479 Ccï¿», pur se ï¿«al momento della sottoscrizione del contratto preliminare di compravendita la Sig.ra P. Mirella non aveva messo a conoscenza i promittenti acquirenti che lâimmobile fosse di proprietà di altriï¿» e in tali casi ï¿«è possibile per il compratore chiedere la risoluzione del contratto salvo che il venditore non abbia, nel frattempo, acquistato la proprietà della cosaï¿», mentre ï¿«nella fattispecie ciò era tanto più importante perché esistevano, come è stato riconosciuto da tutti i tenti, problemi di esercizio del diritto di prelazione da parte di terzi, con la conseguenza che i ricorrenti non avrebbero più avuto la garanzia da parte del loro originale contraddittore e promittente venditoreï¿». Secondo i ricorrenti principali, pertanto, Mirella P. avrebbe dovuto acquistare lei stessa lâimmobile in questione e poi trasferirlo a loro, sicché legittimamente avevano rifiutato di farselo alienare direttamente dagli effettivi proprietari, per il tramite della stessa P. in veste di loro procuratrice.

In ordine alle modalità di adempimento dellâobbligazione assunta dal promittente venditore di una cosa altrui, nella giurisprudenza di legittimità è insorto un contrasto, per la cui composizione la causa è stata assegnata alle Sezioni unite.

In prevalenza, questa Corte si è orientata nel senso che la prestazione può essere eseguita, indifferentemente, acquistando il bene e ritrasmettendolo al promissario, oppure facendoglielo alienare direttamente dal reale proprietario, in quanto lâarticolo 1478 Cc   relativo al contratto definitivo di vendita di cosa altrui, ma applicabile per analogia anche al preliminare dispone che il venditore ï¿«è obbligato a procurarne lâacquisto al compratoreï¿», il che può ben avvenire anche facendo al che il terzo, al quale il bene appartiene, lo ceda egli stesso al promissario (v., tra le più recenti, Cassazione, 13330/00, 2656/01, 15035/01, 21179/04, 24782/05).

Talvolta si è però deciso che lâobbligazione in questione deve invece essere adempiuta acquistando il bene e ritrasferendolo, in particolare nel caso in cui lâaltra parte non fosse stata consapevole dellâaltruità, poiché lâarticolo 1479 Cc ï¿" anchâesso dettato per la  vendita definitiva, ma estensibile a quella preliminare   abilita il compratore a ï¿«chiedere la risoluzione del contratto, se, quando lâha concluso, ignorava che la cosa non era di proprietà del venditore, e se frattanto il venditore non gliene ha fatto acquistare la proprietàï¿» (v. Cassazione 7054/90, 2091/99, relative, rispettivamente, a un contratto definitivo e a uno preliminare di vendita di cosa altrui).

Ritiene il collegio che debba essere seguito lâindirizzo giurisprudenziale maggioritario.

Stante la latitudine delle citate previsioni normative, non vi è ragione per escludere che la prestazione possa essere eseguita âprocurandoâ il trasferimento del bene direttamente dallâeffettivo proprietario, senza necessità di un doppio trapasso; il comma 2 dellâarticolo 1478 menziona bensì lâacquisto che eventualmente compia lâalienante, nel caso di vendita (definitiva) di cosa altrui, ma come una particolare modalità di adempimento, alla quale eccezionalmente riconnette lâeffetto di far diventare senzâaltro proprietario il compratore.

Né una diversa soluzione può essere adottata per il caso in cui il promissario avesse ignorato, al momento della conclusione del preliminare, la non appartenenza del bene al promittente. Il disposto dellâarticolo 1479 Cc, che consente al compratore in âbuona fedeâ di chiedere la risoluzione del contratto, è coerente con la natura   di vendita definitiva   del negozio cui si riferisce, destinato, nellâintenzione delle parti, a esplicare quellâimmediato effetto traslatIvo che è stabilito dallâarticolo 1376 Cc, ma è impedito dallâaltruità della cosa: altruità che invece non incide sul sinallagma instaurato con il contratto preliminare, il quale ha comunque efficacia soltanto obbligatoria, essendo quella reale differita alla stipulazione del definitivo, sicché nessun nocumento, fino alla scadenza del relativo termine, ne deriva per il promissario. Dallâarticolo 1479 Cc, pertanto, non può desumersi che egli sia abilitato ad agire per la risoluzione   e quindi ad opporre lâexceptio inadimpleti contractuo se lâaltra parte, nel momento in cui vi è tenuta, é comunque in grado di fargli ottenere lâacquisto, direttamente dal proprietario.

Dâaltra parte, il ritenere esatta tale modalità di adempimento è in sintonia con lâessenza e la funzione del contratto preliminare di vendita, quali sono state individuate nelle più recenti elaborazioni dottrinali, che hanno superato la concezione tradizionale dellâistituto e che qualche riflesso hanno avuto anche in giurisprudenza.

Il contratto preliminare non è più visto come un semplice pactum de contrahendo, ma come un negozio destinato già a realizzare un assetto di interessi prodromico a quello che sarà compiutamente attuato con il definitivo, sicché il suo oggetto è non solo e non tanto un facere, consistente nel manifestare successivamente una volontà rigidamente predeterminata quanto alle parti e al contenuto, ma anche e soprattutto un sia pure futuro dare: la trasmissione della proprietà, che costituisce il risultato pratico avuto di mira dai contraenti. Se il bene già appartiene al promittente, i due aspetti coincidono, pur senza confondersi, ma nel caso dellâaltruità rimangono distinti, appunto perché lo scopo può essere raggiunto anche mediante il trasferimento diretto della cosa dal terzo al promissario, il quale ottiene comunque ciò che gli era dovuto, indipendentemente dallâessere stato   o non   a conoscenza della non appartenenza della cosa a chi si era obbligato ad alienargliela.

Né vale obiettare che lâidentità del venditore, come i ricorrenti principali deducono, non è indifferente per il compratore, il quale può risultare meno tutelato, relativamente allâevizione e ai vizi. in proposito, in consonanza con le menzionate opinioni dottrinali, la giurisprudenza si é orientata nel senso che la conclusione del definitivo, per tali profili, non assorbe né esaurisce gli effetti del preliminare, il quale continua a regolare i rapporti tra le parti, sicché il promittente alienante resta responsabile per le garanzie di cui si tratta (v., da ultimo, Cassazione, 15035/01).

Si deve quindi affermare che il promittente venditore di una cosa che non gli appartiene, anche nel caso di buona fede dellâaltra parte, può adempiere la propria obbligazione procurando lâacquisto del promissario direttamente dallâeffettivo proprietario.

Alla stregua di questo principio, il ricorso principale va rigettato, dovendoci riconoscere che la ï¿«Corte di appello correttamente ha ritenuto superfluo accertare se Wladimiro L. e Teresa V. fossero stati inizialmente ignari dellâaltruità dellâimmobile in questione, essendo anche in tale ipotesi ingiustificato il loro rifiuto di addivenire alla conclusione del contratto definitivo, dato che Mirella P. si era munita di una procura rilasciatale, dagli effettivi proprietari del bene, che la abilitava a effettuarne la vendita in nome loro.

Con il primo motivo del ricorso incidentale, si deduce che la Corte dâappello ha dichiarato la risoluzione del contratto preliminare de quo per inadempimento di controparte senza condannarla al risarcimento del danno richiesto che allâinadempimento consegue per legge non tenendo conto che tale domanda di risarcimento del danno. che spetta in ogni modo alla Comparente, era stata avanzata anche in via equitativaï¿».

La doglianza va disattesa, poiché con la sentenza impugnata si è rilevato che nessuna prova, in ordine ai danni asseritamente subiti, era stata data né offerta da Mirella P.: prova che comunque avrebbe dovuto essere fornita, relativamente allâan poiché è soltanto per la determinazione del quantum che si può fare luogo alla liquidazione in via equitativa, ove non ne sia dimostrabile il preciso ammontare (v., per tutte, Cassazione, 16112/05).

Con il secondo motivo del ricorso incidentale Mirella P. lamenta che ï¿«una volta liquidate come da dIspositivo le spese di primo e secondo grado la Corte di appello non ha imposto a controparte la restituzione delle some che le erano state liquidate a titolo di spese legali dal Primo giudiceï¿».

Neppure questa censura può essere accolta, in quanto dalle conclusioni riportate nellâepigrafe della sentenza impugnata risulta che la domanda di restituzione di cui si tratta non era stata formulata.

Anche il ricorso incidentale deve essere pertanto rigettato.

Le spese del giudizio di cassazione vengono compensate tra le parti, in considerazione della reciproca loro soccombenza.
PQM
La Corte riunisce i ricorsi; li rigetta entrambi; compensa tra le parti le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma il 16 marzo 2006.









II
---In un piccolo palazzo nella zona residenziale della città sono siti soltanto due appartamenti, l uno al primo piano, l altro al secondo piano, entrambi di proprietà di Tizio, che abita al primo ed ha fin ora tenuto libero il secondo. Tizio decide di vender l appartamento sito al secondo piano a Caia che ne diventa proprietaria. Tizio ha sempre trascurato di curare l androne del fabbricato e tutt ora continua a manifestare disinteresse al riguardo quando Caia gliene parla.Per la migliore conservazione del locale, in effetti , appare necessario provvedere alla tinteggiatùra della parete e alla risistemazione della pavimentazione in alcuni punti. Caia decide di fare eseguire i lavori durante le ferie estive, quando Tizio è in montagna, senza interpellarlo. Al ritorno di Tizio,  Caia richiede una somma di ammontare pari alla metà delle spese che ha sostenuto, delle quali ribadisce la necessità. Tizio nega il rimborso affermando che nessuna somma era dovuta in mancanza del suo previo consenso. Caia minaccia, pertanto, ùn azione giudiziaria per il recupero della somma, e, anzi, assume che richiederà anche i danni, per essere stata costretta alla spesa dall incuria di Tizio. Tizio si reca dall avvocato. Il candidato, assunte le vesti del legale, rediga motivato parere, illustrando gli istituti e le problematiche sottesi alla fattispecie in esame.
â..
Il condominio minimo:
la questione della disciplina applicabile, in particolare sotto il profilo della rimborsabilità delle spese anticipate dal singolo condomino secondo Cass., S.U., n. 2046/2006 - 30.12.2006Per condominio minimo si intende il condominio composto da due soli partecipanti, ossia l'edificio costituito da più unità immobiliari attribuite in proprietà esclusiva a due soli soggetti.
Con sentenza n. 2046/2006 la Corte di Cassazione a sezioni unite ha risolto il contrasto giurisprudenziale circa le norme applicabili alla figura in esame:

1. la tesi minoritaria riconosceva l'applicabilità delle norme relative alla comunione [CASS. N. 5664/1988].

2. la tesi prevalente riconosceva l'applicabilità delle norme relative al condominio [CASS. N. 5914/1993].
Le Sezioni Unite con la sentenza citata hanno aderito a quest' ultima interpretazione, ritenendo che "il rimborso delle spese per la conservazione delle parti comuni anticipate da un condomino è regolato dall'art. 1134 c.c., è riconosciuto soltanto per le spese urgenti, e cioè quelle che devono essere eseguite senza ritardo e la cui erogazione non può essere differita senza danno; è inapplicabile, invece, nella suddetta ipotesi l'art. 1110 c.c. il quale subordina il diritto al rimborso delle spese anticipate da uno dei comunisti alla mera trascuranza degli altri condomini".
La decisione trascende la specifica problematica delle spese non deliberate nè autorizzate, affrontata dalla Corte, per estendersi a tutte le vicende condominiali concerneti la figura in esame, quali, a titolo d'esempio, l'approvazione delle deliberazioni assembleari e la nomina dell'amministratore.
Si consideri infatti:

- che si ha il diritto soggettivo di natura reale denominato "condominio" ogniqualvolta sia dimostrabile una relazione di accessorietà (1) tra proprietà esclusiva e parti comuni, al fine di conseguire dai beni in condominio un'utilità strumentale diversa dall'utiltà finale propria dei beni in comunione;

- che nessuna norma contempla un numero minimo di condomini;

- che, infine, nessuna norma in tema di organizzazione, nemmeno quelle dettate in tema di funzionamento dell'assemblea, contempla l'impossibilità logica e tecnica che le decisioni siano assunte con un criterio diverso da quello maggioritario, e segnatamente all'unanimità.

Alla figura in questione si applicano per tanto le disposizioni che il codice civile contiene con riferimento al condominio (artt. 1117-1139), si tratta di disciplina tendenzialmente completa ed esaustiva rispetto alla quale le norme in tema di comunione possono trovare applicazione soltanto per quanto non espressamente previsto (art. 1139).

La dottrina ha ritenuto coerente tale soluzione sia con gli arresti giurisprudenziali in materia di super condominio [cass. 18.04.2005, n. 8066], sia con gli arresti in tema di riparto delle spese di riparazione del manto di copertura di un viale di accesso all'edificio condominiale [cass. 14.09.2005, n. 18194].
Il condominio minimo:
la questione della disciplina applicabile, in particolare sotto il profilo della rimborsabilità delle spese anticipate dal singolo condomino secondo Cass., S.U., n. 2046/2006 - 30.12.2006
Cass. 14.09.2005, n. 18194

In materia di condominio, qualora si debba procedere alla riparazione del cortile o viale di accesso all'edificio condominiale, che funga anche da copertura per i locali sotterranei di proprietà esclusiva di un sigolo condomino, ai fini della ripartizione delle relative spese non si può ricorrere ai criteri previsti dall'art. 1126 c.c. (nel presupposto dell'equiparazione del bene fuori dalla proiezione dell'immobile condominiale, ma al servizio di questo, ad una terrazza a livello). Ma si deve, invece, procedere ad un' applicazione analogica dell'art. 1125 c.c., il quale accolla per intero le spese relative alla manutenzione della parte della struttura complessa identificantesi con il pavimento del piano superiore a chi con l'uso esclusivo della stessa determina la necessità dell'inerente manutenzione, in tal senso verificandosi un applicazione particolare del principio generale dettato dall'art 1123, comma 2, c.c.

Cass. Civ. 31.01.2006 n. 2046 
Condominio minimo: il rimborso delle spese sostenute da un condomino
Nel caso di edificio in condominio composto da due soli partecipanti (c.d. condominio minimo), il rimborso delle spese per la conservazione delle parti comuni anticipate da un condomino viene regolato dalla norma stabilita dallâart. 1134 cod.civ. , che riconosce il diritto al rimborso solo per le spese urgenti, quelle, cioè, che, essendo impellenti, devono essere eseguite senza ritardo e al cui erogazione non può essere differita senza danno.
La peculiarità della situazione di fatto e di diritto configurata dalla presenza di due soli proprietari, e la conseguente inapplicabilità del principio di maggioranza, non giustificano, secondo le Sezioni unite, lâapplicabilità del diverso regime dettato dallâart. 1110 cod. civ. per la comunione in generale, secondo cui il rimborso è subordinato alla mera trascuranza degli altri condomini. Lâapplicabilità delle norme in materia di condominio non dipende dal numero delle persone che vi partecipano. Né, dâaltra parte, alcun norma prevede che le disposizioni dettate per il condominio negli edifici non si applichino al condominio minimo: ed infatti, le due sole norme concernenti il numero dei partecipanti riguardano la nomina dellâamministratore (art. 1129) e il regolamento di condominio (art. 1138).
Pertanto, se nellâedificio almeno due piani o porzioni di piano appartengono in proprietà solitaria a persone diverse, il condominio sussiste sulla base della relazione di accessorietà tra cose proprie e comuni, e, per conseguenza, trovano applicazione le norme specificamente previste per il condominio negli edifici.
âââââ
Il rimborso delle spese nel condominio minimo.

Il condominio negli edifici la cui disciplina e contenuta negli artt. 1117 e ss c.c. è una complessa figura che si caratterizza per la coesistenza tra parti di proprietà comune e parti di proprietà esclusiva dei singoli condomini. Le parti di proprietà comune sono legate alle parti dellâedificio di proprietà esclusiva dei singoli condomini da un rapporto necessario e perpetuo di accessorietà.
Il condominio si costituisce ex lege non appena i piani o le porzioni di piani vengono ad appartenere a soggetti differenti.
Pertanto, se nellâedificio due piani o porzioni di piano appartengono in proprietà a persone diverse, sussiste il c.d. condominio minimo, o piccolo condominio, sulla base della relazione di accessorietà tra cose proprie e comuni.
Tuttavia, al condominio, quale  particolare forma di comunione forzosa,  si applicano, in quanto non derogate, le norme sulla comunione ordinaria ex art. 1110 e ss c.c. che regolano il fenomeno della contitolarità della proprietà o di altro diritto reale su di un bene.
Le due discipline dettano presupposti diversi per quanto concerne il rimborso delle spese.
Mentre per quanto riguarda la comunione in generale lâart. 1110 c.c. prevede la regola che il comunista ha diritto al rimborso delle spese che ha anticipato e che se non effettuate avrebbero potuto arrecare grave pregiudizio alla cosa comune (quindi necessarie a causa di negligenza, trascuranza, omessa cura come si dovrebbe),  lâart. 1134 c.c. stabilisce una regola diversa, in quanto, in assenza di una apposita autorizzazione dellâamministratore o dellâassemblea, le spese effettuate dal singolo condomino  per il singolo condominio non vengono restituite, anche se necessarie.
Tali spese, infatti, vengono rimborsate solo nel caso in cui, oltre ad essere necessarie, siano anche urgenti, vi sia cioè una necessità immediata ed impellente.
Il problema che si pone è quindi quello di stabilire in che modo, nellâambito di un condominio composto da due soli partecipanti, debba avvenire il rimborso delle spese sostenute e anticipate da un comunista in assenza di specifico consenso dellâaltro o autorizzazione dellâassemblea o amministratore.
Un primo orientamento sostiene lâinapplicabilità nel caso di due soli condomini del metodo collegiale( quale impossibilità di costituirsi e deliberare)  e del principio maggioritario (si potrebbe avere solo la maggioranza per valore, ma mai quella dei partecipanti) , con la conseguenza di ricorrere in tal caso alle norme sulla comunione in generale.
In proposito la giurisprudenza ha osservato che â Ai cosiddetti condomini minimi, cioé composti da due soli partecipanti- non sono applicabili le norme previste in materia di condominio per la costituzione dellâassemblea condominiale e lâapprovazione delle relative delibereâ (Cass. 4721/01)
Un secondo orientamento ritiene invece che lâimpossibilità di impiegare il principio maggioritario ai condomini minimi e le norme procedimentali sul funzionamento dellâassemblea , non determina automaticamente lâapplicazione della disciplina della comunione in generale, atteso che nella disciplina condominiale non è dato rinvenire alcun divieto che impedisce allâassemblea  di assumere decisioni con un criterio diverso da quello maggioritario( nessuna norma impedisce infatti che lâassemblea, nel caso appunto del condominio minimo, si costituisca validamente con la presenza di tutti e due i condomini e allâunanimità decida validamente.
Le sole norme in materia di condominio concernenti il numero dei condomini riguardano la nomina dellâamministratore e la formazione del regolamento.
A fortori non sussistono ostacoli allâapplicazione anche al condominio minimo delle norme concernenti la situazione soggettiva. Quindi nulla osta che nel caso di spese anticipate da un condomino trovi applicazione lâart. 1134 c.c.
Tale ultimo orientamento è stato di recente fatto proprio dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite che nel risolvere il contrasto sorto sul tema ha osservato che â La diversa disciplina dettata dagli artt. 1110 e 1134 c.c. in materia di rimborso delle spese sostenute dal partecipante per la conservazione della cosa comune, rispettivamente, nella comunione e nel condominio di edifici, che condiziona il relativo diritto, in un caso a mera trascuranza degli altri partecipanti e, nellâ altro caso, al diverso e più stringente presupposto dellâurgenza, trova fondamento nella considerazione che, nella comunione, i beni comuni costituiscono lâutilità finale del diritto dei partecipanti, i quali, se vogliono, chiedere lo scioglimento, possono decidere di personalmente alla loro conservazione, mentre nel condominio beni predetti rappresentano utilità strumentali al godimento dei beni individuali, sicché la legge regolamenta con maggior rigore la possibilità che il singolo possa interferire nella loro amministrazione. Ne discende che, instaurandosi il condominio sulla relazione di accessorietà tra i beni comuni e le proprietà individuali, poiché tale situazione si riscontra anche nel caso di condominio minimo, cioè di condominio composto da due soli partecipanti, la spesa autonomamente sostenuta da uno di essi e rimborsabile solo nel caso in cui abbia i requisiti dellâurgenza, ai sensi dellâart. 1134 c.c.â (Cass. ss.uu. 2046/2006)   
ââââ.
Cassazione civile SU 31 Gennaio 2006, n. 2046
La questione di diritto, che le Sezioni Unite sono chiamate a risolvere per decidere la controversia, è se, nel caso di edificio in condominio composto da due soli partecipanti (il cosiddetto "condominio minimo"), il rimborso delle spese per la conservazione delle parti comuni anticipate da un condomino sta regolato dalla norma di cui all'art. 1134 cod. civ., che riconosce il diritto soltanto per le spese urgenti; ovvero se la fattispecie venga ad essere regolata dalla norma dettata dall'art. 1110 cod. civ. per la comunione in generale, secondo cui il rimborso è subordinato alla mera trascuranza degli altri condomini.

In altre parole, se vi sia, in presenza di due soli partecipanti, l'impossibilità logica sistematica all'applicazione dei principi sulla maggioranza condominiale e, pertanto, se tale impedimento costituisca valido motivo per escludere le norme condominiali;
Le SU ritengono che nessuna norma contempli l'impossibilità di adottare una decisione senza ricorrere al criterio maggioritario, in quanto ben possono solo due condomini costituire una assemblea e decidere validamente all'unanimità. L'impossibilità di formare una maggioranza, non ritenuta presupposto necessario, sussiste anche in condomini più numerosi ove vi sia la contrapposizione di due schieramenti equivalenti. Quando in concreto non è possibile raggiungere la maggioranza è legittimo ricorrere all'autorità giudiziaria sulla base della norma dettata in tema di comunione all'articolo 1105 Cc, la cui applicazione è fondata dal rinvio generale stabilito in tema di condominio dall'articolo 1139 Cc.
L'applicazione della normativa condominiale non dipende dal numero di persone che ad esso vi partecipano, bensì dal secondo passaggio che gli operatori debbono compiere, costituito dall'indagine sulla sussistenza dei presupposti e dei principi generali in tema di condominio.

Il diverso il regime del rimborso delle spese anticipate dal condomino e dal comproprietario, a seguito della inerzia degli altri partecipanti (o dell'amministratore) si fonda sul diverso presupposto oggettivo dell'urgenza e della trascuranza.

In materia di condominio negli edifici, il concetto di urgenza, impiegato nell'art. 1134 cod. civ., è la stretta necessità: la necessità immediata ed impellente. Quindi va considerata urgente la spesa, che deve essere eseguita senza ritardo (Cass., Sez. 2^, 26 marzo 2001, n. 4364); la spesa, la cui erogazione non può essere differita senza danno o pericolo, secondo il criterio del buon padre di famiglia (Cass., Sez. 2^, 12 settembre 1980, n. 5256).

Trascuranza, invece, significa negligenza, trascuratezza, omessa cura come si dovrebbe. Relativamente alle spese necessarie per la conservazione delle cose comuni, l'art. 1110 cit. riconduce il diritto al rimborso alla semplice inattività (Cass., Sez. 2^, 3 agosto 2001, n. 10738).

Il maggior rigore della disciplina in tema di condominio negli edifici rispetto alla comunione dipende dalla diversa utilità dei beni:
1. l'utilità strumentale per i beni in condominio; utilità strumentale, essendo strettamente legata al godimento delle unità immobiliari. Dalla virtuale perpetuità del condominio deriva l'opportunità che i condomini non interferiscono nella amministrazione delle parti comuni dell'edificio.
2. e l'utilità finale per i beni in comunione. Dalla normale divisibilità nella comunione, segue che il comunista insoddisfatto dell'altrui inattività, se non vuole chiedere lo scioglimento (art. 1111 cod. civ.), può decidere di provvedere personalmente.

In un edificio composto da più unità immobiliari appartenenti in proprietà esclusiva a persone diverse, la disciplina delle cose, degli impianti e dei servizi di uso comune, legati ai piani o alle porzioni di piano dalla relazione di accessorietà, sia per quanto riguarda la disposizione sia per ciò che concerne la gestione, è regolata dalle norme sul condominio.
In definitiva, l'esistenza del condominio e l'applicabilità delle norme in materia non dipende dal numero delle persone, che ad esso partecipano.

Le ragioni, che determinano la disciplina differente del condominio e della comunione in generale ruotano sulla diversa utilità dei beni, che formano oggetto del condominio e della comunione: rispettivamente, l'utilità strumentale e l'utilità finale. Le parti comuni dal codice sono considerate beni strumentali al godimento dei piani o delle porzioni di piano in proprietà esclusiva; cose in comunione costituiscono beni autonomi, suscettibili di utilità fine a se stessa e come tali sono considerate.

Nessuna norma prevede che le disposizioni dettate per il condominio negli edifici non si applichino al "condominio minimo", composto da due soli proprietari. Per la verità, le due sole norme concernenti il numero dei partecipanti riguardano la nomina dell'amministratore ed il regolamento di condominio (art. 1129 e 1138). Nessuna norma dettata in materia di condominio contempla il numero minimo (due) dei condomini.
Pertanto, se nell'edificio ameno due piani o porzioni di piano appartengono in proprietà solitaria a persone diverse, il condominio sussiste. E sussiste perché vi è la relazione di accessorietà tra cose proprie e comuni. Come si vede ciò non ha nulla a che vedere con il numero dei partecipanti.

Vero è che si contesta l'applicabilità di talune delle norme di organizzazione (artt. 1120, 1121, 1129, 1130, 1131, 1132, 1133, 1135, 1136, 1137, 1138 cod. civ.), specialmente di quelle riguardanti il funzionamento del collegio sulla base del principio di maggioranza.
Ciò sulla base dell'asserita inapplicabilità del metodo collegiale e del principio maggioritario in presenza di due soli condomini.
A ben vedere tuttavia nessuna norma contempla l'impossibilità, logica e tecnica, che le decisioni vengano assunte con un criterio diverso da quello maggioritario. In altre parole, nessuna norma impedisce che l'assemblea, nel caso di condominio formato da due soli condomini, si costituisca validamente con la presenza di tutti e due i condomini e all'unanimità decida validamente.
La disposizione dell'art. 1136 cod. civ. è applicabile anche al condominio composto da due soli partecipanti: peraltro, se non si raggiunge l'unanimità e non si decide, poichè la maggioranza non può formarsi in concreto diventa necessario ricorrere all'autorità giudiziaria, siccome previsto ai sensi del collegato disposto degli artt. 1105 e 1139 cod. civ..
L'ipotesi del condominio minimo è del tutto simile ad altre, nelle quali la maggioranza in concreto non si forma. Si pensi al caso del condominio composto da più partecipanti, in cui gli schieramenti opposti si equivalgono e non si determinano maggioranza e minoranza.
âââââ.


âNel caso di edificio in condominio composto da due soli condomini, il rimborso delle spese per la conservazione delle parti comuni anticipate da un condomino è regolato dall'art. 1134 c.c., è riconosciuto soltanto per le spese urgenti, e cioè quelle che devono essere eseguite senza ritardo e la cui erogazione non può essere differita senza danno; è inapplicabile, invece, nella suddetta ipotesi l'art. 1110 c.c., il quale subordina il diritto al rimborso delle spese anticipate da uno dei comunisti alla mera trascuratezza degli altri condominiâ.

E' questo il principio di diritto sancito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 2046 del 31 gennaio 2006, hanno composto un contrasto di giurisprudenza inerente all'ambito della qualificazione della fattispecie del âcondominio minimoâ e della conseguente disciplina normativa a questo applicabile.

La questione di diritto sottoposta all'esame delle Sezioni Unite consisteva nello stabilire se nel caso di condominio composto da due soli proprietari (c.d. âcondominio minimoâ) debbano applicarsi le norme in materia di condomino ovvero quelle che disciplinano la comunione.

Va precisato, al riguardo, che la figura del âcondomino minimoâ deve considerarsi, più che altro,come una creazione della giurisprudenza di legittimità che, negli ultimi anni, non ha mancato di occuparsi della fattispecie in esame assimilandola- in maniera minoritaria- con le proprie pronunce a quella della comunione.

Questo parallelismo tra âcondominio minimoâ e âcomunioneâ, per la giurisprudenza legittimità si fondava e si concretizzava sulla impossibilità, dovuta alla presenza di due soli comproprietari, di applicare le maggioranze tipiche della disciplina sul condominio (artt. 1136 e 1134 cod. civ.) a tutte quelle situazioni concernenti il rimborso delle spese anticipate da un condomino - non autorizzate o non deliberate - , per le parti di uso comune.

In quest'ottica, dunque, per tale parte della giurisprudenza, alla fattispecie del â condominio minimoâ doveva applicarsi il dettato normativo operante in tema di comunione in base al quale al comunista spetta, invece, il rimborso delle spese sostenute (art. 1110 c.c., e combinato disposto degli artt. 1139 e 1105 c.c.).

Nella fattispecie oggetto della sentenza n. 2046 del 31 gennaio 2006, le Sezioni Unite, invece, hanno precisato, in controtendenza con tale giurisprudenza di legittimità, come anche nel caso di edificio in condominio composto da due soli partecipanti debbano applicarsi le norme che regolano e disciplinano il condominio negli edifici, sancendo un principio interpretativo di diritto unitario.

Con la pronuncia in esame, le Sezioni Unite sembrano âabrogareâ la fattispecie del âcondominio minimoâ statuendo l'applicabilità a quest'ultimo delle norme proprie del condominio, anziché quelle sulla comunione.

Inoltre, va evidenziato, nonostante quanto assunto talvolta dalla giurisprudenza di legittimità, come nessuna norma positiva prescriva - né expressis né per implicito ï¿" che l'assemblea di un condominio formato da due soli condomini, si costituisca e dicida validamente con la presenza di tutti e due i condomini (anche se qualora la maggioranza non possa formarsi in concreto si renderà necessario adire l'autorità giudiziaria ex art. 1105 cod.civ.).

Il vulnus di norme a riguardo, in base a quanto statuito dalle Sezioni Unite, comporterebbe ipso iure l'applicabilità anche al âcondominio minimoâ dell'intero dettato condominiale.

Infatti se è vero che per la nomina dell'amministratore e per il regolamento si richiede rispettamene il numero di quattro e più di dieci condomini(artt. 1129 e 1138 del cod.civ.,) , è anche vero che nessuna norma dettata in materia di condominio contempla,invece, il numero minimo dei condomini.

Deve concludersi, pertanto, che nulla si oppone a che il condominio minimo non venga disciplinato dalle norme in materia di comunione e che la fattispecie de quo sia considerata in tutto similare a quella dei condomini con più comproprietari in cui a causa dei più svariati motivi non si riesca a raggiungere una maggioranza.

In base all'assunto delle Sezioni Unite, infatti, al fine di disciplinare il c.d âcondominio minimoâ, il numero dei condomini si rivela irrilevante in quanto ciò che è necessario e sufficiente per asserire e configurare il parallelismo tra il condominio in edificio e il âcondominio minimoâ è, in realtà, la relazione di accessorietà tra cose proprie e cose comuni

La sentenza in esame, sancisce, dunque, la profonda differenza esistente tra condominio composto anche solo da due comproprietari e comunione, fondando tale assunto non solo sul diverso concetto, ma anche sulla diversa funzione di utilità dei beni inerenti ad ambedue le fattispecie: strumentale ed indivisibile quella dei beni del condominio e, di contro, utilità finale quella dei beni della comunione.

Allo stato attuale prevale l'orientamento della Corte e, dunque, in caso di controversie concernenti un condominio composto da due soli comproprietari queste dovranno essere regolate in base alle norme che disciplinano il regime del condominio in edificio, se nell'edificio almeno due piani o porzioni di piano appartengano in proprietà solitaria a persone diverse.

Da: Grey16/12/2008 14:49:36
Enjoy....

Da: alessandro16/12/2008 14:51:07
dalla soluzione della prima levate questa frase

l'acquirente è in errore scusabile perchè il bene usucapito non è trascritto se non dopo un negozio di accertamento o una sentenza ricognitiva

non c'azzecca nulla, era un mio ragionamento errato. cioè è vera ma non attinente al caso concreto

Da: NEW ENTRY16/12/2008 14:57:01
grazie grey per il riassunto e grazie a tutti quelli che ci hanno lavorato.
domani stessa discussione stesso forum per penale?

Da: dom16/12/2008 14:57:47
cmq aldilà di quelli che protestano ecc. vorrei ringraziare tutti quelli che si sono prodigati x lo svolgimento delle tracce.grazie!

Da: claudia16/12/2008 15:02:59
grazie grey la mia e-mail è claudia.claudietta@gmail.com
c'è la mia migliore amica che fa l'esame molto preparata ma nervosa senza nessun tipo di aiuto. sono più tranquilla perchè ho visto che è semplice e ce la farà
grazie

Da: AiutoAvvocato16/12/2008 15:03:33
Concordo con "dom". Grazie di cuore a tutti quelli che hanno dato una mano.
A tutti coloro che sono schifati e basiti, invece, va il ringraziamento per aver espresso il loro parere su un sistema che tutti sappiamo essere "vergognoso"..

Da: alessandro16/12/2008 15:06:33
finalmente si son calmati gli animi! era ora...

Da: Loredana16/12/2008 15:14:25
Alessandro (e per chi sa), ma sulla traccia uno sul preliminare, la soluzione, di Tizio o di Caio la pretesa è priva di fondamento?? Leggendomi il parere postato dal collega, non vorrei ci fosse un "refuso"...

Da: alessandro16/12/2008 15:17:40
spiegati meglio
cmq non c'è risoluzione del contratto

Da: Consegna pareri16/12/2008 15:18:13
Sapete l'orario di consegna dei pareri di oggi a Napoli?

Da: oralista16/12/2008 15:19:05
Ma gli abbinamenti delle corti d'appello si conoscono già?

Da: sabrina16/12/2008 15:19:58
ragazzi per la 2 traccia.

caia chiede il risarcimento del danno!!!!
Come vi difendete?

Da: alessandro16/12/2008 15:20:55
dicendo a caia che s'appende al tram....
sopra ci son le soluzioni

Da: a Roma quando  hanno dettato?16/12/2008 15:22:20
scusate sapete dirmi a Roma  quando hanno cominciato a dettare? più o meno a che ora??  i primi quando pensate cominceranno ad uscire dal'Ergife??  grazie

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