1) E' noto che la funzione del contratto preliminare, ai sensi dell'art. 2932 c.c., è quella di impegnare i contraenti alla futura stipula, alle condizioni e nei termini in esso convenuti, di un successivo contratto definitivo. La prestazione a carico delle parti, quindi, è costituita non solo da un facere, consistente nella manifestazione della volontà di stipulare il contratto definitivo, ma anche in un dare, che consiste invece nella trasmissione del diritto, quale scopo precipuo che le parti volevano raggiungere con il contratto stesso. Nel caso di specie, il preliminare stipulato da Alfa e Tizio ha ad oggetto appunto l'impegno delle parti al futuro trasferimento della proprietà dell'immobile, ma si configura come un preliminare ad effetti anticipati, poiché all'atto della stipula Alfa immette Tizio direttamente nel godimento della cosa e , di converso, Tizio versa una somma a titolo di caparra confirmatoria. Quest'ultima assume una funzione di garanzia, ossia un anticipo di esecuzione del contratto da parte dello stesso Tizio. Ora, l'immediata immissione nel godimento dell'immobile, quale elemento essenziale ai fini del compiersi dell'usucapione, secondo la prevalente giurisprudenza, si configura, a ben vedere, piuttosto come detenzione della cose che come possesso. La Suprema Corte, infatti, ha affermato che "la consegna del bene e il pagamento anticipato del prezzo, prima del perfezionamento del contratto definitivo, non sono indice della natura definitiva della compravendita poiché è il contratto definitivo a produrre l'effetto traslativo reale; di conseguenza, la disponibilità del bene, conseguita dal promissario acquirente, in quanto esercitata nel proprio interesse, ma alieno nomine, in assenza dell'animus possidenti, ha natura di detenzione qualificata e non di possesso utile ad usucapionem, salvo che sia dimostrata un'interversio possessionis" ( Cass. 4863/2010, Cass. 7930/2008, Cass. 8796/2000, Cass. 1533/96). Secondo la giurisprudenza il promissario acquirente, cioè, consegue la disponibilità materiale della cosa in virtù di un contratto di comodato collegato al preliminare e, quindi, detiene la cosa alieno nomine. L'anticipazione del prezzo si spiega, invece, con la stipula di un contratto di mutuo gratuito, anch'esso collegato al preliminare. La detenzione in parola, tuttavia, può commutarsi in possesso ai sensi dell'art. 1141 c.c., ma dev'essere debitamente provata. Il promissario acquirente è, pertanto, tenuto a provare la suddetta interversio, la quale, tuttavia, non può consistere in un semplice atto di volizione interna, ma deve, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale in tema, chiaramente manifestarsi all'esterno, attraverso il compimento di atti che consentano di desumere, anche all'effettivo possessore, che il detentore ha iniziato ad esercitare nomine proprio il potere di fatto sulla cosa, quindi non più con animus detinendi, bensì con animus rem sibi habendi. Deve trattarsi, cioè, di atti esteriori e percepibili che manifestino la volontà precisa ed inequivocabile di detenere la cosa nomine proprio. Nel caso di Tizio, questi non ha più comunicato alcunché ad Alfa, nemmeno a seguito della diffida ad adempiere ricevuta in data 11/05/2010, rimasta infatti priva di riscontro. Non ha compiuto, quindi, alcun atto rilevante per opporsi all'effettivo possessore dell'immobile al fine del verificarsi dell'interversio nei termini di cui sopra, la quale, di conseguenza, seppure fosse intervenuta, non risulta idoneamente provata. 2) L'inerzia di Tizio di fronte alla richiesta di stipula del contratto definitivo da parte di Alfa si configura come inadempimento contrattuale, dal momento che le parti avevano pattuito che la data di stipula del contratto definitivo sarebbe stata fissata a seguito di formale richiesta avanzata da uno dei due contraenti. Non essendo intervenuto l'adempimento entro il termine fissato da Alfa, quest'ultima risulta legittimata a chiedere, in via riconvenzionale, una pronuncia che tenga conto del preliminare stipulato, che dichiari la risoluzione del contratto per inadempimento grave ed imputabile del promissario acquirente e lo condanni al rilascio dell'immobile in quanto illegittimamente detenuto senza titolo. Occorre, altresì, considerare che il versamento della caparra confirmatoria, avente funzione di garanzia, costituisce un anticipo dell'esecuzione del contratto stipulato dalle parti. La somma di euro 50.000 versata da Tizio, infatti, sarebbe stata imputata alla prestazione dovuta a titolo di corrispettivo in caso di adempimento del contratto. Secondo quanto sancito dall'art. 1385 c.c., se la parte che ha dato la caparra è inadempiente ai sensi degli artt. 1218 e 1455 c.c., l'altra può recedere dal contratto ritenendo la caparra. Questa, infatti, assume altresì una funzione di autotutela e di determinazione convenzionale del danno risarcibile ( Cass. 18266/2011). La società Alfa, quindi, ha facoltà di recedere dal contratto, ritenendo la somma di 50.000euro già versata in sede di contratto preliminare a titolo di risarcimento del danno patito.
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