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11 dicembre 2013 - Parere PENALE
551 messaggi, letto 56598 volte

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Da: sospendete le frustrazioni in questi giorni11/12/2013 14:43:18
non c'è cumulo ex art 84 ma concorso tra contravvenzione ex art 186 e delitto ez art 589
Rispondi

Da: XXX11/12/2013 14:45:07
Nel caso in oggetto, aderendo alla giurisprudenza prevalente, Tizio potrà essere perseguito per il delitto di omicidio colposo aggravato ex art. 589, comma 3, n. 1, nonché di omissione di soccorso ex art. 189, comma 7, d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (Codice della Strada).
Nella specie la questione nodale si sostanzia nella individuazione del coefficiente psicologico sotteso alla condotta di Tizio.
Più in particolare, la problematica che viene in rilievo è chiedersi se la morte dei pedoni possa essere addebitata al ragazzo a titolo di dolo eventuale ovvero di colpa cosciente.
Come noto, i due titoli d'imputazione rappresentano rispettivamente l'ipotesi meno intensa di dolo e l'ipotesi più grave di colpa, integrante l'aggravante comune prevista nell'art. 61 n. 3 c.p.
In linea di principio, l'elemento individuatore del dolo eventuale risiede nella volizione e rappresentazione dell'evento, per converso la responsabilità colposa, sebbene compatibile con la previsione dell'evento, implica l'assenza di volontà della situazione offensiva.
Poste queste premesse, si è precisato che nei casi di dolo eventuale la rappresentazione del prodursi dell'evento prevale sulla controrappresentazione a contenuto negativo, mentre, nella colpa cosciente, la controrappresentazione del mancato prodursi dell'evento prevale sulla rappresentazione a contenuto positivo. Più in particolare, in quest'ultima situazione, a una previsione generica avente a oggetto il prodursi dell'offesa, si sovrappone una previsione specifica negativa, del tipo "l'evento non si verificherà". A esempio, è espressivo di un atteggiamento doloso, sebbene nella forma eventuale, il caso di un motociclista che, dopo aver compiuto un furto con strappo, guida spericolatamente per fuggire, non facendosi trattenere dalla probabile prospettiva di investire uno o più pedoni. Diversamente, è animato da colpa cosciente l'automobilista che, transitando nei pressi di una scuola, pur rappresentandosi l'eventualità che un bambino attraversi repentinamente la carreggiata, non modera la velocità della vettura, confidando di poter porre in atto una manovra di emergenza per evitarlo grazie alle proprie abilità di esperto guidatore.
Occorre altresì precisare, che né il dubbio, né la speranza che l'offesa non si produca vale a escludere il dolo, atteso che fino a quando l'agente si rappresenta la possibilità che la sua condotta sia produttiva dell'evento offensivo, egli non versa in uno stato colposo, ma, diversamente, attua un comportamento animato da dolo, non astenendosi dalla condotta pericolosa, nonostante la previsione dell'offesa.
Le distinzioni prospettate in linea teorica sono state recepite sul piano applicativo dalla dominante giurisprudenza della Suprema Corte, la quale ha sostenuto che la linea di demarcazione fra dolo eventuale e colpa con previsione è individuata nel diverso atteggiamento psicologico dell'agente che, nel primo caso, accetta il rischio che si realizzi un evento diverso non direttamente voluto, mentre, nella seconda ipotesi, nonostante l'identità di prospettazione, respinge il rischio, confidando nella propria capacità di controllare l'azione (ex multis, Cass. pen., Sez. IV, 10 ottobre 1996 - 20 dicembre 1996, n. 11024). In altri termini, nelle ipotesi di dolo eventuale la volontà dell'agente investe la situazione offensiva, mentre nella colpa cosciente l'offesa rimane un'ipotesi astratta, peraltro respinta dalla volontà dell'agente (Cass. pen., Sez. V, 17 settembre 2008 - 1 dicembre 2008, n. 44712; Cass. pen., Sez. IV, 24 luglio 2008 - 31 ottobre 2008, n. 40878).
Ci si chiesti se nelle ipotesi di ebbrezza alcolica, sebbene non preordinata alla commissione di un reato, ma comunque produttiva di un evento offensivo, nella specie l'investimento dei due pedoni, possa predicarsi la sussistenza del dolo eventuale e quindi imputarsi l'offesa a titolo di omicidio volontario.
Il più recente orientamento in materia, ha statuito che la giovane età del conducente avente a disposizione un veicolo di grossa cilindrata delinea un quadro di un ragazzo spericolato ed eccitato indotto a una condotta di guida estremamente imprudente e negligente. A detta della Corte, l'ingannevole senso di padronanza della situazione è corroborato dallo stato di ubriachezza atto a ingenerare nel ragazzo uno stato di onnipotenza in virtù del quale l'agente si convince di non correre rischi di sorta, confidando nelle proprie capacità di guida per evitare eventi offensivi (Cass. pen., Sez. IV, 10 febbraio 2009 - 25 marzo 2009, n. 13083). Stando alle determinazioni dei giudici di legittimità, questi indici comportamentali e circostanziali, inducono a negare la sussistenza di una condotta cosciente di un individuo che accetta il rischio di verificazione dell'evento.
Peraltro, l'intento di dimostrare le proprie abilità alla guida, in uno con la conoscenza del tratto stradale da percorrere, consente di affermare che Tizio non ha minimamente voluto la situazione offensiva effettivamente verificatasi. In altri termini, la possibilità del verificarsi di un'offesa è rimasta relegata negli strati più profondi della sfera intellettiva non entrando nello schermo del giudizio razionale. La morte dei pedoni, quindi, potrà essere imputata a Tizio a titolo di omicidio colposo aggravato ai sensi dell'art. 589, comma 3, n. 1, nonché ex art. 61 n. 3 c.p. avendo agito, nonostante la previsione dell'evento.
Occorre inoltre considerare gli ulteriori effetti giuridici della condotta del giovane. Egli, infatti, dopo essersi reso conto della gravità delle condizioni degli investiti non ottempera all'obbligo di fermarsi per prestare assistenza.
Questa condotta integra gli estremi della speciale ipotesi di omissione di soccorso punita dall'art. 189, comma 7, Codice della Strada.
In particolare, come richiesto dalla prevalente giurisprudenza di legittimità, ai fini della configurazione di tale delitto doloso si richiede che l'agente si rappresenti non soltanto l'evento dell'incidente, ma anche il danno alle persone, che non costituisce una condizione di punibilità, sostanzialmente imputabile a titolo di responsabilità oggettiva, ma rappresenta un elemento costitutivo del delitto (Cass. pen., Sez. IV, 8 novembre 2006 - 21 dicembre 2006, n. 41962).
Rispondi

Da: birbantino 11/12/2013 14:45:09
raga, si applica anche l'aggravante ex art 61 n3 cp?
Rispondi

Da: wizipy 11/12/2013 14:45:23
non mi fa scrivere l'indirizzo, cmq è quello postato da luxor stamattina. non so se sono corretti, per questo avevo chiesto un vostro parere!
Rispondi

Da: KRAUSE 11/12/2013 14:46:47
non SCRIVETE OMICIDIO STRADALE.... è ERRATO è OMICIDIO COLPOSO .....
Rispondi

Da: studioangelo 11/12/2013 14:48:28
XXX e la tua ultima disposta
Rispondi

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Da: Pier_1211/12/2013 14:52:40
sulla prima traccia il concorso è  formale o materiale?
Rispondi

Da: aiutinodacasa11/12/2013 14:54:23
DAVVERO NON CAPISCO COSA C'ENTRA L'OMISSIONE DI SOCCORSO!!!STATE FUORI DI TESTA!!!LEGGETE LA TRACCIAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA
Rispondi

Da: penalista di  napoli11/12/2013 14:54:35
sulla prima traccia è una boiata il 110c.p. il concorso con ignito  con ignoto di che ?? ma hci le scrive ste stupidaggini c'è solo concorso formale tra i reati !!
Rispondi

Da: Sinarchio11/12/2013 14:55:06
La truffa del parere n. 2 c'è
1. perchè è evidente che sia stata la banca a denunciare il tutto;
2. perchè il reo vuole raggiungere il profitto di un altro reato, ossia il denato degli assegni ricettati.
Quindi la truffa non sarà, ex art. 61 n. 3, e 640 c.p., perseguibile a querela, ma d'ufficio.
Rispondi

Da: Ragazzacivilista 11/12/2013 14:55:19
Ragazzi mi auguro possa esservi utile io sono una civilista ma prendendo spunti da libri e web lo svolgerei così.


Parere in breve

Per risolvere il caso prospettato occorre distinguere il dolo eventuale dalla colpa cosciente
Il dolo eventuale è un tipo di manifestazione del dolo in cui l'agente si rappresenta la possibilità che l'evento si verifichi e accetta la possibilità che tale fatto si verifichi.
È proprio questa accettazione consapevole del rischio che fa differire questa figura dall'affine figura della colpa cosciente. L'Agente decide di agire "costi quel che costi", accettando il rischio del verificarsi dell'evento.
Nella colpa cosciente, anche detta colpa con previsione dell'evento, ben distante dal dolo eventuale, chi agisce prevede sì l'evento, ma esclude (erroneamente) che questo si possa realizzare. Un esempio è dato da Tizio che guida a tutta velocità la macchina e si rappresenta la possibilità di incidente, ma continua a correre fiducioso nella sua abilità di guidatore e convinto che ciò non si verificherà.
Il caso prospettato nella traccia si presenta di particolare interesse in quanto richiede la trattazione di una questione attualissima in punto di elemento soggettivo del reato, da sempre oggetto di dibattito dottrinale e giurisprudenziale, qual è quella del discrimen tra il dolo eventuale e la c.d. colpa cosciente con riferimento ai reati di lesioni e omicidio. Inoltre verrà analizzato il reato contravvenzionale di guida in stato di ebbrezza ex art. 186 C.d.S.
IL nostro sistema penale conosce una figura unitaria di dolo, quale normale criterio di imputazione soggettiva del delitto, così come si desume dall'art. 42, secondo comma, c.p.
Neppure la disposizione di cui all'art. 43 c.p. - che contiene la definizione di delitto doloso - fa alcun riferimento alle singole forme di dolo, le quali sono state individuate dalla dottrina maggioritaria nelle categorie intenzionale, diretto ed eventuale.
Sussiste il dolo intenzionale ogni qual volta il soggetto agisce per realizzare l'evento tipizzato dalla norma penale come scopo finale della condotta ovvero come mezzo necessario per ottenere un ulteriore risultato.
Il dolo diretto, invece, si configura quando l'evento non costituisce l'obiettivo della condotta in una prospettiva rigorosamente finalistica, ma l'agente lo prevede e lo accetta come conseguenza certa o altamente probabile di quella condotta.
Ricorre infine la figura del dolo eventuale quando l'agente, ponendo in essere una condotta diretta ad altri scopi, si rappresenta la concreta possibilità del verificarsi di ulteriori conseguenze della propria azione e, pur tuttavia, agisce accettando il rischio di cagionarle.
Nella colpa cosciente, invece, il soggetto agente non vuole violare nessuna regola di condotta ma prevede come possibile il verificarsi dell'evento, agendo con la certezza che l'evento dannoso o pericoloso non si verificherà.
Tutto ciò premesso il punto nodale della questione consiste nell'appurare se e a che titolo Tizio possa essere ritenuto responsabile della morte di Mevio
analizzando anche la rilevanza penale che deriva dall'assunzione di bevande alcoliche rispetto alla condotta posta in essere.
Preliminarmente, deve rilevarsi che in ogni caso Tizio dovrà rispondere del reato contravvenzionale di guida in stato di ebbrezza previsto e punito dall'art. 186, comma secondo, lett. b) del Codice della Strada, così come modificato dalla Legge n. 160/2007, in quanto dalla traccia si evince che il tasso alcolemico riscontrato era superiore al limite consentito dalla legge
È evidente che l'applicazione alle fattispecie concrete delle distinte figure della colpa cosciente o del dolo eventuale richiederà una attenta indagine ed una valutazione di merito sulla ricorrenza o meno dei distinti presupposti soggettivi sui quali si situa la sottile linea di demarcazione tra le stesse.
Per quanto riguarda l'elemento soggettivo nel caso di specie, potrebbe dirsI noni sussistente il dolo eventuale in quanto Tizio, pur rappresentandosi come probabili gli eventi delittuosi poi accaduti, ha agito non accettando il rischio di cagionare un incidente con conseguenze letali mediante la propria condotta di guida spericolata.
La Cassazione nella sentenza 20465/13 nella quale si è affermato che In occasione di un sinistro stradale con esito mortale, l'alterazione psicofisica del responsabile dovuta all'assunzione di sostanze stupefacenti non vale a trasformare la colpa cosciente in dolo eventuale.Si fa presente al nostro assisto Tizio che i giudici potrebbero valutare la sua condotta in due modi differenti ; potrebbero seguire una impostazione meno rigida ed affermare che tizio risponderà di omiicidio colposo ( si parlerà allora di colpa cosciente) nonché riconoscergli la contravvenzione per giuda in stato di ebbrezza (186 comma 2 lett b cds)
Oppure potrebbero ravvisare in lui una condotto dolosa ( si parla in un caso di tal fatta precisamente di dolo eventuale ) ed incriminarlo per omicidio volontario nonché la  contravvenzione di cui sopra
Rispondi

Da: rem11/12/2013 14:55:27
Ma postate la solzione
Rispondi

Da: penalista di  napoli11/12/2013 14:56:47
sempre sulla seconda confermo che la truffa e aggravata e quindi procedibile d'ufficio !!
Rispondi

Da: faraon211/12/2013 14:56:51
Nel caso in questione vengono in rilievo diverse ipotesi delittuose a carico di Tizio.
Si possono ipotizzare le seguenti fattispecie delittuose ovvero falsità materiale del privato in concorso, ex art. 110, cp con soggetto ignoto, art. 477 c.p. in relazione all'art. 482 cp., sostituzione di persona, truffa e ricettazione, tali delitti sono aggravati dal nesso teleologico di cui all'art. 61 n°2 cp e ricadono sotto la disciplina di cui all'art. 81 2 comma cp..
In merito al reato di cui all'art. 477 in relazione all'art. 482, va detto in primis che un documento di identità va qualificato come certificazione amministrativa. Nel caso in specie non è configurabile l'ipotesi di cui all'art. 497 bis cp in quanto non è dato sapere se il documento falso era o meno valido per l'espatrio.
Tale reato si consuma al momento della contraffazione del documento . Si ritiene, altresì, che lo stesso risponde del delitto in parola in quanto avendo apposto o fatto apporre la propria foto sul documento falso ha partecipato alla formazione dello stesso.
Il reato di cui all'art. 482 cp è caratterizzato dal dolo generico ed è un reato di pericolo.
Tizio pur avendo fatto uso del detto documento, non risponde del reato di cui all'art. 489 c.p. in quanto tale reato si realizza solo quando lo stesso non sia concorso nella falsità (cfr. cass. 154832/82 V sez.)
Non vi è dubbio che lo stesso risponde anche del reato di truffa, di cui all'art. 640 c.p..
L'elemento oggettivo del reato di truffa è l'artifizio o il raggiro nonché l'indurre in errore il soggetto passivo del reato. Per artifizio o raggiro non è necessario una particolare subdola messa in scena, bastando una qualsiasi simulazione o dissimulazione posta in essere per indurre in errore, anche le dichiarazioni menzognere ben possono costituire un raggiro. L'idoneità del raggiro deve essere valutata in concreto.
Ulteriore elemento del delitto in parola è il profitto ingiusto e può comprendere in sé qualsiasi utilità, consistendo in in una lesione concreta e non soltanto potenziale che abbia l'effetto di produrre, mediante la cooperazione artificiosa della vittima, l'atto di disposizione patrimoniale e, pertanto, deve conseguire un ingiusto profitto per il soggetto attivo del reato.
L'elemento soggettivo è rappresentato dal dolo generico e può essere precedente o concomitante all'azione esecutiva, mai susseguente alla stessa. Esso è un reato istantaneo e di danno cioè che si perfeziona al momento in cui alla realizzazione della condotta tipica da parte dell'autore abbia fatto seguito la diminuzione del patrimonio del soggetto passivo.
Nel caso in esame Tizio con l'uso del documento falso ha creato artificiosamente una situazione tale da indurre l'istituto di credito ad effettuare una disposizione patrimoniale a suo danno , ottenendo, Tizio un ingiusto profitto.
Tizio avendo utilizzato le generalità di CAIO risponderebbe anche del reato di sostituzione di persona.
Il fatto costitutivo del reato di sostituzione di persona è indurre taluno in errore, sostituendo illegittimamente la propria all'altrui persona o attribuendo a sé od altri un falso nome e si consuma nel momento in cui taluno è stato indotto in errore. È richiesto il dolo specifico, consistente nel fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio patrimoniale e non o di recare ad altri un danno.
Infine, si va a ipotizzare a carico di Tizio il reato di ricettazione. È un delitto contro il patrimonio mediante frode. L'elemento materiale di tale reato è caratterizzato dal delitto presupposto che nel caso in esame va identificato nell'aver ricevuto Tizio gli assegni proventi di furto in danno di Caio.
Assume rilievo determinante per la configurazione del reato l'acquisto del possesso di cose di provenienza delittuosa allo scopo di trarre da queste profitto. Quest'ultimo va inteso come qualsiasi utilità o vantaggio derivante dal possesso della cosa, né si esige che l'autore abbia effettivamente conseguito il profitto avuto di mira, poiché l'incriminazione in esame tende ad impedire che soggetti diversi da coloro che hanno commesso un delitto appaiono interessati alle cose provenienti da esso, al fine di trarne vantaggio.
L'elemento soggettivo del reato di ricettazione è il dolo generico, ovvero la consapevolezza della provenienza delittuosa della res, anche se giurisprudenza di legittimità recente ritiene che tale reato si configuri anche con il dolo eventuale . In merito al momento consumativo, il reato di ricettazione è ha carattere istantaneo. Pertanto, per individuare il momento consumativo, bisogna risalire a quello di di cui è stato commesso il fatto tipico descritto dalla norma e non a quello in cui tale fatto venne accertato in relazione all'eventuale effetto permanente del reato .
Nel caso in esame è importante effettuare la distinzione del reato di riciclaggio di cui all'art. 648 bis c.p. caratterizzato da un quid pluris, ovvero l'aver, l'agente attivo del reato, compiere operazioni atte ad ostacolare l'identificazione della provenienza illecita della cosa.
La Suprema Corte ha messo in luce che il delitto di riciclaggio si differenzia dal delitto di ricettazione, oltre che per l'elemento soggettivo (scopo di lucro come dolo specifico nella ricettazione, dolo generico per il riciclaggio) per l'elemento materiale, nel senso che l'art. 648-bis c.p. esige una condotta che sia idonea ad ostacolare l'identificazione della provenienza del bene; diversamente, il fatto, ricorrendone le condizioni, ricade nella previsione dell'art. 648 c.p. (in giurisprudenza, nel senso che il delitto di riciclaggio è in relazione di specialità con il delitto di ricettazione perché si compone della stessa condotta di acquisto o ricezione di denaro o altra utilità, arricchita dall'elemento aggiuntivo del compimento di attività dirette ad ostacolare l'identificazione della provenienza delittuosa, con la conseguenza che deve essere esclusa la configurabilità di tale reato, in assenza di una chiara volontà che concretizzi tale aspetto specializzante, in favore della fattispecie del reato di ricettazione in concorso (cfr. Cass., Sez. 2, 12 novembre 2010, n. 43730 , in C.E.D. Cass., n. 248976; Cass., Sez. 2, 29 maggio).
Nel caso di specie, se era vero che l'indagato aveva aperto un conto corrente sotto il falso nome, utilizzando quello del beneficiario degli assegni di provenienza delittuosa, in quanto oggetto di furto, tuttavia non aveva apportato alcuna manomissione sui titoli, essendosi limitato a presentare documenti falsi con le generalità dei titolari effettivi degli assegni.
Di conseguenza, ha esattamente sottolineato la Cassazione, non vi fu alcuna attività finalizzata ad ostacolare l'identificazione della provenienza delittuosa dei titoli di credito in questione; nè tale può essere considerata la semplice operazione di versamento dei titoli per aprire i conti correnti, dal momento che in mancanza di manomissioni, alterazioni o falsificazioni dei medesimi, in realtà è rimasto abbastanza agevole verificare da parte dell'istituto bancario, come in concreto è avvenuto, la provenienza furtiva dei titoli in questione
Nella vicenda in esame, anche se relativa a beni sostitutivi del denaro contante, non era perciò ravvisabile il delitto di riciclaggio; infatti, il mero deposito in banca di denaro "sporco" non realizza, per ciò solo, la "sostituzione" di esso, "essendo la banca obbligata a restituire al depositante la stessa quantità di denaro depositato".
In sostanza, l'esibizione di documenti falsi per l'apertura del conte corrente, con il nome del beneficiario degli assegni, era finalizzata non ad ostacolare l'accertamento sull'origine delittuosa della res, che non era stato alterata né manomessa, quanto, piuttosto, ad incassare gli assegni medesimi, con ciò realizzando il delitto di truffa aggravata (cfr. Cass. 2007, n. 32901, ivi, n. 237488).
Da ultimo va detto che tali delitti sono aggravati dall'ipotesi di cui all'art. 61 n°2, ovvero dal nesso teleologico. Essa contempla e punisce una più intensa criminosità della condotta dell'agente. Difatti, bisogna distinguere due ipotesi. La prima nel caso di aver commesso un reato per eseguirne un altro oppure di commettere un reato per occultarne un altro. Appare indubbio che nei fatti in esame rientra la prima ipotesi, ovvero l'aver commesso un reato TRACCIA 2
per eseguirne altro. Difatti, è configurabile la circostanza aggravante del nesso teleologico, atteso che Tizio per commettere la truffa (reato fine) si sia è avvalso del documento falso (reato mezzo).
Tutti i reati in parola, infine, sono legati tra loro del vincolo della continuazione di cui all'art. 81 2 comma c.p. perché in esecuzione del medesimo disegno criminoso. Per disegno criminoso va inteso come ideazione, volizione di uno scopo unitario che dà senso ad un programma complessivo, nel quale si collocano le singole azioni od omissioni, di volta in volta poi commesse con singole determinazioni, sul piano volitivo.
Rispondi

Da: Sinarchio11/12/2013 14:57:01
penalista di Napoli, secondo te c'è l' 81, 3 co.?
Rispondi

Da: urgente11/12/2013 14:59:03
ragazzi tratti da codice neldiritto Integra gli estremi del reato di ricettazione, e non di riciclaggio, la condotta consistente nell'apertura di conti correnti sotto il falso nome del beneficiario degli assegni di provenienza delittuosa senza apportare alcuna manomissione sui titoli, ma limitandosi a presentare documenti falsi recanti le generalità del titolare effettivo degli assegni. Cass. Pen., 17 febbraio 2012, n. 19504
Rispondi

Da: avvocatoinvocato11/12/2013 15:03:15
Brava civilista!
Rispondi

Da: penalista di  napoli11/12/2013 15:04:59
a Sinarchio , no solo 81, 2 co. c.p.
Rispondi

Da: Laxa11/12/2013 15:05:08
per la traccia della guida in stato di ebbrezza la soluzione è omicidio colposo ex art. 589 comma 3 c.p. (si tratta di colpa cosciente come da ultimo affermato dalla S.C. con sent. 20465/13) in concorso con gli artt. 186 e 187 cds
Rispondi

Da: faraon211/12/2013 15:09:14
TRACCIA 2
Nel caso in questione vengono in rilievo diverse ipotesi delittuose a carico di Tizio.
Si possono ipotizzare le seguenti fattispecie delittuose ovvero falsità materiale del privato in concorso, ex art. 110, cp con soggetto ignoto, art. 477 c.p. in relazione all'art. 482 cp., sostituzione di persona, truffa e ricettazione, tali delitti sono aggravati dal nesso teleologico di cui all'art. 61 n°2 cp e ricadono sotto la disciplina di cui all'art. 81 2 comma cp..
In merito al reato di cui all'art. 477 in relazione all'art. 482, va detto in primis che un documento di identità va qualificato come certificazione amministrativa. Nel caso in specie non è configurabile l'ipotesi di cui all'art. 497 bis cp in quanto non è dato sapere se il documento falso era o meno valido per l'espatrio.
Tale reato si consuma al momento della contraffazione del documento . Si ritiene, altresì, che lo stesso risponde del delitto in parola in quanto avendo apposto o fatto apporre la propria foto sul documento falso ha partecipato alla formazione dello stesso.
Il reato di cui all'art. 482 cp è caratterizzato dal dolo generico ed è un reato di pericolo.
Tizio pur avendo fatto uso del detto documento, non risponde del reato di cui all'art. 489 c.p. in quanto tale reato si realizza solo quando lo stesso non sia concorso nella falsità (cfr. cass. 154832/82 V sez.)
Non vi è dubbio che lo stesso risponde anche del reato di truffa, di cui all'art. 640 c.p..
L'elemento oggettivo del reato di truffa è l'artifizio o il raggiro nonché l'indurre in errore il soggetto passivo del reato. Per artifizio o raggiro non è necessario una particolare subdola messa in scena, bastando una qualsiasi simulazione o dissimulazione posta in essere per indurre in errore, anche le dichiarazioni menzognere ben possono costituire un raggiro. L'idoneità del raggiro deve essere valutata in concreto.
Ulteriore elemento del delitto in parola è il profitto ingiusto e può comprendere in sé qualsiasi utilità, consistendo in in una lesione concreta e non soltanto potenziale che abbia l'effetto di produrre, mediante la cooperazione artificiosa della vittima, l'atto di disposizione patrimoniale e, pertanto, deve conseguire un ingiusto profitto per il soggetto attivo del reato.
L'elemento soggettivo è rappresentato dal dolo generico e può essere precedente o concomitante all'azione esecutiva, mai susseguente alla stessa. Esso è un reato istantaneo e di danno cioè che si perfeziona al momento in cui alla realizzazione della condotta tipica da parte dell'autore abbia fatto seguito la diminuzione del patrimonio del soggetto passivo.
Nel caso in esame Tizio con l'uso del documento falso ha creato artificiosamente una situazione tale da indurre l'istituto di credito ad effettuare una disposizione patrimoniale a suo danno , ottenendo, Tizio un ingiusto profitto.
Tizio avendo utilizzato le generalità di CAIO risponderebbe anche del reato di sostituzione di persona.
Il fatto costitutivo del reato di sostituzione di persona è indurre taluno in errore, sostituendo illegittimamente la propria all'altrui persona o attribuendo a sé od altri un falso nome e si consuma nel momento in cui taluno è stato indotto in errore. È richiesto il dolo specifico, consistente nel fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio patrimoniale e non o di recare ad altri un danno.
Infine, si va a ipotizzare a carico di Tizio il reato di ricettazione. È un delitto contro il patrimonio mediante frode. L'elemento materiale di tale reato è caratterizzato dal delitto presupposto che nel caso in esame va identificato nell'aver ricevuto Tizio gli assegni proventi di furto in danno di Caio.
Assume rilievo determinante per la configurazione del reato l'acquisto del possesso di cose di provenienza delittuosa allo scopo di trarre da queste profitto. Quest'ultimo va inteso come qualsiasi utilità o vantaggio derivante dal possesso della cosa, né si esige che l'autore abbia effettivamente conseguito il profitto avuto di mira, poiché l'incriminazione in esame tende ad impedire che soggetti diversi da coloro che hanno commesso un delitto appaiono interessati alle cose provenienti da esso, al fine di trarne vantaggio.
L'elemento soggettivo del reato di ricettazione è il dolo generico, ovvero la consapevolezza della provenienza delittuosa della res, anche se giurisprudenza di legittimità recente ritiene che tale reato si configuri anche con il dolo eventuale . In merito al momento consumativo, il reato di ricettazione è ha carattere istantaneo. Pertanto, per individuare il momento consumativo, bisogna risalire a quello di di cui è stato commesso il fatto tipico descritto dalla norma e non a quello in cui tale fatto venne accertato in relazione all'eventuale effetto permanente del reato .
Nel caso in esame è importante effettuare la distinzione del reato di riciclaggio di cui all'art. 648 bis c.p. caratterizzato da un quid pluris, ovvero l'aver, l'agente attivo del reato, compiere operazioni atte ad ostacolare l'identificazione della provenienza illecita della cosa.
La Suprema Corte ha messo in luce che il delitto di riciclaggio si differenzia dal delitto di ricettazione, oltre che per l'elemento soggettivo (scopo di lucro come dolo specifico nella ricettazione, dolo generico per il riciclaggio) per l'elemento materiale, nel senso che l'art. 648-bis c.p. esige una condotta che sia idonea ad ostacolare l'identificazione della provenienza del bene; diversamente, il fatto, ricorrendone le condizioni, ricade nella previsione dell'art. 648 c.p. (in giurisprudenza, nel senso che il delitto di riciclaggio è in relazione di specialità con il delitto di ricettazione perché si compone della stessa condotta di acquisto o ricezione di denaro o altra utilità, arricchita dall'elemento aggiuntivo del compimento di attività dirette ad ostacolare l'identificazione della provenienza delittuosa, con la conseguenza che deve essere esclusa la configurabilità di tale reato, in assenza di una chiara volontà che concretizzi tale aspetto specializzante, in favore della fattispecie del reato di ricettazione in concorso (cfr. Cass., Sez. 2, 12 novembre 2010, n. 43730 , in C.E.D. Cass., n. 248976; Cass., Sez. 2, 29 maggio).
Nel caso di specie, se era vero che l'indagato aveva aperto un conto corrente sotto il falso nome, utilizzando quello del beneficiario degli assegni di provenienza delittuosa, in quanto oggetto di furto, tuttavia non aveva apportato alcuna manomissione sui titoli, essendosi limitato a presentare documenti falsi con le generalità dei titolari effettivi degli assegni.
Di conseguenza, ha esattamente sottolineato la Cassazione, non vi fu alcuna attività finalizzata ad ostacolare l'identificazione della provenienza delittuosa dei titoli di credito in questione; nè tale può essere considerata la semplice operazione di versamento dei titoli per aprire i conti correnti, dal momento che in mancanza di manomissioni, alterazioni o falsificazioni dei medesimi, in realtà è rimasto abbastanza agevole verificare da parte dell'istituto bancario, come in concreto è avvenuto, la provenienza furtiva dei titoli in questione
Nella vicenda in esame, anche se relativa a beni sostitutivi del denaro contante, non era perciò ravvisabile il delitto di riciclaggio; infatti, il mero deposito in banca di denaro "sporco" non realizza, per ciò solo, la "sostituzione" di esso, "essendo la banca obbligata a restituire al depositante la stessa quantità di denaro depositato".
In sostanza, l'esibizione di documenti falsi per l'apertura del conte corrente, con il nome del beneficiario degli assegni, era finalizzata non ad ostacolare l'accertamento sull'origine delittuosa della res, che non era stato alterata né manomessa, quanto, piuttosto, ad incassare gli assegni medesimi, con ciò realizzando il delitto di truffa aggravata (cfr. Cass. 2007, n. 32901, ivi, n. 237488).
Da ultimo va detto che tali delitti sono aggravati dall'ipotesi di cui all'art. 61 n°2, ovvero dal nesso teleologico. Essa contempla e punisce una più intensa criminosità della condotta dell'agente. Difatti, bisogna distinguere due ipotesi. La prima nel caso di aver commesso un reato per eseguirne un altro oppure di commettere un reato per occultarne un altro. Appare indubbio che nei fatti in esame rientra la prima ipotesi, ovvero l'aver commesso un reato per eseguirne altro. Difatti, è configurabile la circostanza aggravante del nesso teleologico, atteso che Tizio per commettere la truffa (reato fine) si sia è avvalso del documento falso (reato mezzo).
Tutti i reati in parola, infine, sono legati tra loro del vincolo della continuazione di cui all'art. 81 2 comma c.p. perché in esecuzione del medesimo disegno criminoso. Per disegno criminoso va inteso come ideazione, volizione di uno scopo unitario che dà senso ad un programma complessivo, nel quale si collocano le singole azioni od omissioni, di volta in volta poi commesse con singole determinazioni, sul piano volitivo.
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Da: Sinarchio11/12/2013 15:10:05
Con recidiva da valutare in base ai precedenti riferiti?
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Da: parere assegni11/12/2013 15:11:29
è attendibile il parre di Faraon "?
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Da: penalista di  napoli11/12/2013 15:12:40
sempre sul primo , si configura una falsita' materiale commessa da privato disciplinato dall'art 482 c.p. , quindi e' sbagliato scrivere per esempio  che si configura il 477 C.p. con riferimento al 482c.p. ...l'articolo c'è ed è il solo 482 c.p. m come pure il codice penale è chiaro !!
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Da: penalista di  napoli11/12/2013 15:15:37
a  pareri assegni ,sul parere di Faraon, ci son alcune imperfezioni , tipo non c'è concorso con ignoto , e leggi quello che ho postato sopra !! Per io resto può andare !!
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Da: zon11/12/2013 15:16:18
non condivido il concorso con ignoti e l'applicazione dell'art. 477. Sei un pm o un avvocato?
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Da: Siamo nella m****11/12/2013 15:19:01
ragazzi rendetevi conto che tra due ore a napoli si consegna, e qui siamo ancora formulando IPOTESI...lo so che è una situazione complicata per tutti, ma un minimo di collaborazione e serietà..non postate idiozie...ora tra tutti i pareri da voi condivisi, qual'è quello giusto? grazie
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Da: HELPISSIMO11/12/2013 15:20:01

- Messaggio eliminato -

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Da: dio11/12/2013 15:20:08
napoli merda
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Da: zon11/12/2013 15:22:03
civilista oltre 20 seguite penalista napoli
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Da: superivan11/12/2013 15:23:25
La soluzione del parere in esame, richiede una approfondita analisi della nota e discussa tematica del discrimine tra dolo eventuale e colpa cosciente.
All'interno della giurisprudenza vi è ormai un sufficiente accordo in ordine al criterio dell'accettazione del rischio, per il quale ricorre il dolo eventuale quando l'agente abbia tenuto la condotta tipica nella previsione dell'evento ed accettando la sua verificazione (quale evenienza accessoria al conseguimento dell'obiettivo prefissato), laddove nella colpa cosciente alla previsione dell'evento si accompagna la mancata accettazione dello stesso.
In particolare, si è chiarito che sussiste il dolo eventuale quando "chi agisce non ha il proposito di cagionare l'evento delittuoso, ma si rappresenta la probabilità - od anche la semplice possibilità - che esso si verifichi e ne accetta il rischio" (Cass., Sez. Un., 6 dicembre 1991, n. 3428/1992); quando "l'agente, ponendo in essere una condotta diretta ad altri scopi, si rappresenti la concreta possibilità del verificarsi di ulteriori conseguenze della propria condotta, e ciononostante agisca accettando il rischio di cagionarle" (Cass., Sez. Un., 14 febbraio 1996, n. 3571); quando l'agente ha "la consapevolezza che l'evento, non direttamente voluto, ha la probabilità di verificarsi in conseguenza della propria azione nonchè dell'accettazione volontaristica del rischio" (Cass., Sez. Un., 12 ottobre 2003, n. 748/1994).
La giurisprudenza di legittimità appare concorde nel ritenere che "l'accettazione non deve riguardare solo la situazione di pericolo posta in essere, ma deve estendersi anche alla possibilità che si realizzi l'evento non direttamente voluto, pur coscientemente prospettatosi… altrimenti si avrebbe la (inaccettabile) trasformazione di un reato di evento in reato di pericolo". L'esemplificazione portata a sostegno dell'affermazione appare piuttosto calzante: se bastasse l'accettazione di una situazione di pericolo cagionata dalla propria condotta trasgressiva di una regola cautelare, "il conducente di un autoveicolo (che) attraversi col rosso una intersezione regolata da segnalazione semaforica, o non si fermi ad un segnale di stop, in una zona trafficata, risponderebbe, solo per questo, degli eventi lesivi eventualmente cagionati sempre a titolo di dolo eventuale".
Tale posizione risponde appieno al rilievo dottrinario secondo il quale "perchè sussista il dolo eventuale, ciò che l'agente deve accettare è proprio l'evento - proprio la morte -; è il verificarsi della morte che deve essere stato accettato e messo in conto dall'agente, pur di non rinunciare all'azione che, anche ai suoi occhi, aveva la seria possibilità di provocarlo" (Cass. sez. 4, sent. n. 11222 del 18/02/2010, P.G. e p.c. in proc. Lucidi, rv. 249492).
In conclusione, la colpa cosciente - che consiste nella rappresentazione dell'evento come possibile risultato della condotta e nella previsione che esso non si verificherà - si differenzia dal dolo eventuale per il fatto che quest'ultimo si risolve nell'accettazione del rischio di verificazione di un evento necessariamente specifico, non direttamente voluto sebbene rappresentato, sicché non è sufficiente, ai fini dell'integrazione di detto dolo, la generica rappresentazione della situazione di pericolo quale effetto dell'azione posta in essere. Non sono mancate in giurisprudenza opinioni contrarie. Nell'intento di dare una risposta giudiziaria più adeguata a condotte del tipo di quella oggetto del presente parere, la Giurisprudenza, soprattutto di merito ha forzato il confine giuridico tradizionalmente tracciato tra dolo e colpa, tra volontà dell'evento  e colpa cosciente. Per esempio, con la nota pronuncia n. 23588/12 del 14/06/2012 la Cassazione ha sostenuto  che ll dolo eventuale è caratterizzato dal fatto che chi agisce non ha il proposito di cagionare l'evento delittuoso, ma si rappresenta anche la semplice possibilità che esso si verifichi e ne accetta il rischio; quando invece l'ulteriore accadimento si presenta all'agente come probabile, non si può ritenere che egli, agendo, si sia limitato ad accettare il rischio dell'evento, bensì che, accettando l'evento, lo abbia voluto, sicché in tale ipotesi l'elemento psicologico si configura nella forma del dolo diretto e non in quella di dolo eventuale.
Si verserebbe, invece, nella c.d. colpa cosciente, qualora l'agente, nel porre in essere la condotta nonostante la rappresentazione dell'evento, ne abbia escluso la possibilità di realizzazione, non volendo né accettando il rischio che quel risultato si verifichi, nella convinzione, o nella ragionevole speranza, di poterlo evitare per abilità personale o per intervento di altri fattori. Allo stato attuale, comunque, l'orientamento prevalente è quello che riconduce tali ipotesi nell'ambito della colpa cosciente. Da ultimo si registra l'arresto giurisprudenziale avutosi con la sentenza n. 20465/2013, in cui la Corte ha dettagliatamente analizzato tutte le circostanze del caso. Il fatto che l'imputato, si sia messo alla guida di una vettura a costo di investire e di uccidere qualcuno, ma solo per raggiungere la sua meta e pur nella  consapevolezza  delle proprie precarie condizioni psico-fisiche, e dell'ora notturna, non può indurre a ritenere che si sia concretamente rappresentato l'investimento e la morte di un'altra persona. Il dolo vuole l'evento (quel determinato evento) e così lo vuole il dolo eventuale, che pone in essere l'azione anche a costo di provocare l'evento (quel determinato evento). La colpa, sia pur cosciente, no: provoca l'evento, sia pur il più grave e per la più riprovevole delle condotte, ma lo provoca per negligenza o imprudenza o imperizia ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline.
Analizzando la fattispecie in esame alla luce delle suesposte considerazioni, possiamo evidenziare la mancanza nella condotta di Tizio, di elementi che possano condurre ad una imputazione per omicidio doloso. Tizio, trovandosi alla guida di un autoveicolo, in stato di ebbrezza alcoolica e sotto l'effetto di sostanze stupefacenti, ha provocato  un incidente stradale con conseguenze letali per Mevio, oltre alla distruzione di una edicola. E' evidente che con la sua condotta ha commesso una pluralità di reati, ma considerato che in tali casi l'orientamento dominante in giurisprudenza ha  escluso l' ipotesi del reato complesso, possiamo ritenere prevedibile un' imputazione per omicidio colposo (seppur con l'aggravante del III co nn 1 e 2 del 589 c.p.), e lla contestazione dell'art. 186 2 bis ( come novellato dalla L.120\2010) Cds  e quella dell'art. 187 Cds, uniti dal vincolo della continuazione ex. Art. 81 c.p..
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