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11 dicembre 2013 - Parere PENALE
551 messaggi, letto 56598 volte

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Da: Siamo nella m****11/12/2013 13:57:34
Ciao ragazzi, c'è la minima possibilità che qualcuno CAPACE posti un parere PIU' CHE AFFIDABILE? le tracce non sono complicate, ma proprio per questo penso che non debba essere commesso il minimo errore...
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Da: HELPISSIMO11/12/2013 13:59:27

- Messaggio eliminato -

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Da: Siamo nella m****11/12/2013 14:00:30
so che a Napoli la consegna è prevista per le 17-17.30
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Da: wizipy 11/12/2013 14:01:05
questo l'ho trovato sull'altro forum, secondo voi è affidabile?


Nel caso in questione vengono in rilievo diverse ipotesi delittuose a carico di Tizio.
Si possono ipotizzare le seguenti fattispecie delittuose ovvero falsità materiale del privato in concorso, ex art. 110, cp con soggetto ignoto, art. 477 c.p. in relazione all'art. 482 cp., sostituzione di persona, truffa e ricettazione, tali delitti sono aggravati dal nesso teleologico di cui all'art. 61 n°2 cp e ricadono sotto la disciplina di cui all'art. 81 2 comma cp..
In merito al reato di cui all'art. 477 in relazione all'art. 482, va detto in primis che un documento di identità va qualificato come certificazione amministrativa. Nel caso in specie non è configurabile l'ipotesi di cui all'art. 497 bis cp in quanto non è dato sapere se il documento falso era o meno valido per l'espatrio.
Tale reato si consuma al momento della contraffazione del documento . Si ritiene, altresì, che lo stesso risponde del delitto in parola in quanto avendo apposto o fatto apporre la propria foto sul documento falso ha partecipato alla formazione dello stesso.
Il reato di cui all'art. 482 cp è caratterizzato dal dolo generico ed è un reato di pericolo.
Tizio pur avendo fatto uso del detto documento, non risponde del reato di cui all'art. 489 c.p. in quanto tale reato si realizza solo quando lo stesso non sia concorso nella falsità (cfr. cass. 154832/82 V sez.)
Non vi è dubbio che lo stesso risponde anche del reato di truffa, di cui all'art. 640 c.p..
L'elemento oggettivo del reato di truffa è l'artifizio o il raggiro nonché l'indurre in errore il soggetto passivo del reato. Per artifizio o raggiro non è necessario una particolare subdola messa in scena, bastando una qualsiasi simulazione o dissimulazione posta in essere per indurre in errore, anche le dichiarazioni menzognere ben possono costituire un raggiro. L'idoneità del raggiro deve essere valutata in concreto.
Ulteriore elemento del delitto in parola è il profitto ingiusto e può comprendere in sé qualsiasi utilità, consistendo in in una lesione concreta e non soltanto potenziale che abbia l'effetto di produrre, mediante la cooperazione artificiosa della vittima, l'atto di disposizione patrimoniale e, pertanto, deve conseguire un ingiusto profitto per il soggetto attivo del reato.
L'elemento soggettivo è rappresentato dal dolo generico e può essere precedente o concomitante all'azione esecutiva, mai susseguente alla stessa. Esso è un reato istantaneo e di danno cioè che si perfeziona al momento in cui alla realizzazione della condotta tipica da parte dell'autore abbia fatto seguito la diminuzione del patrimonio del soggetto passivo.
Nel caso in esame Tizio con l'uso del documento falso ha creato artificiosamente una situazione tale da indurre l'istituto di credito ad effettuare una disposizione patrimoniale a suo danno , ottenendo, Tizio un ingiusto profitto.
Tizio avendo utilizzato le generalità di CAIO risponderebbe anche del reato di sostituzione di persona.
Il fatto costitutivo del reato di sostituzione di persona è indurre taluno in errore, sostituendo illegittimamente la propria all'altrui persona o attribuendo a sé od altri un falso nome e si consuma nel momento in cui taluno è stato indotto in errore. È richiesto il dolo specifico, consistente nel fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio patrimoniale e non o di recare ad altri un danno.
Infine, si va a ipotizzare a carico di Tizio il reato di ricettazione. È un delitto contro il patrimonio mediante frode. L'elemento materiale di tale reato è caratterizzato dal delitto presupposto che nel caso in esame va identificato nell'aver ricevuto Tizio gli assegni proventi di furto in danno di Caio.
Assume rilievo determinante per la configurazione del reato l'acquisto del possesso di cose di provenienza delittuosa allo scopo di trarre da queste profitto. Quest'ultimo va inteso come qualsiasi utilità o vantaggio derivante dal possesso della cosa, né si esige che l'autore abbia effettivamente conseguito il profitto avuto di mira, poiché l'incriminazione in esame tende ad impedire che soggetti diversi da coloro che hanno commesso un delitto appaiono interessati alle cose provenienti da esso, al fine di trarne vantaggio.
L'elemento soggettivo del reato di ricettazione è il dolo generico, ovvero la consapevolezza della provenienza delittuosa della res, anche se giurisprudenza di legittimità recente ritiene che tale reato si configuri anche con il dolo eventuale . In merito al momento consumativo, il reato di ricettazione è ha carattere istantaneo. Pertanto, per individuare il momento consumativo, bisogna risalire a quello di di cui è stato commesso il fatto tipico descritto dalla norma e non a quello in cui tale fatto venne accertato in relazione all'eventuale effetto permanente del reato .
Nel caso in esame è importante effettuare la distinzione del reato di riciclaggio di cui all'art. 648 bis c.p. caratterizzato da un quid pluris, ovvero l'aver, l'agente attivo del reato, compiere operazioni atte ad ostacolare l'identificazione della provenienza illecita della cosa.
La Suprema Corte ha messo in luce che il delitto di riciclaggio si differenzia dal delitto di ricettazione, oltre che per l'elemento soggettivo (scopo di lucro come dolo specifico nella ricettazione, dolo generico per il riciclaggio) per l'elemento materiale, nel senso che l'art. 648-bis c.p. esige una condotta che sia idonea ad ostacolare l'identificazione della provenienza del bene; diversamente, il fatto, ricorrendone le condizioni, ricade nella previsione dell'art. 648 c.p. (in giurisprudenza, nel senso che il delitto di riciclaggio è in relazione di specialità con il delitto di ricettazione perché si compone della stessa condotta di acquisto o ricezione di denaro o altra utilità, arricchita dall'elemento aggiuntivo del compimento di attività dirette ad ostacolare l'identificazione della provenienza delittuosa, con la conseguenza che deve essere esclusa la configurabilità di tale reato, in assenza di una chiara volontà che concretizzi tale aspetto specializzante, in favore della fattispecie del reato di ricettazione in concorso (cfr. Cass., Sez. 2, 12 novembre 2010, n. 43730 , in C.E.D. Cass., n. 248976; Cass., Sez. 2, 29 maggio).
Nel caso di specie, se era vero che l'indagato aveva aperto un conto corrente sotto il falso nome, utilizzando quello del beneficiario degli assegni di provenienza delittuosa, in quanto oggetto di furto, tuttavia non aveva apportato alcuna manomissione sui titoli, essendosi limitato a presentare documenti falsi con le generalità dei titolari effettivi degli assegni.
Di conseguenza, ha esattamente sottolineato la Cassazione, non vi fu alcuna attività finalizzata ad ostacolare l'identificazione della provenienza delittuosa dei titoli di credito in questione; nè tale può essere considerata la semplice operazione di versamento dei titoli per aprire i conti correnti, dal momento che in mancanza di manomissioni, alterazioni o falsificazioni dei medesimi, in realtà è rimasto abbastanza agevole verificare da parte dell'istituto bancario, come in concreto è avvenuto, la provenienza furtiva dei titoli in questione
Nella vicenda in esame, anche se relativa a beni sostitutivi del denaro contante, non era perciò ravvisabile il delitto di riciclaggio; infatti, il mero deposito in banca di denaro "sporco" non realizza, per ciò solo, la "sostituzione" di esso, "essendo la banca obbligata a restituire al depositante la stessa quantità di denaro depositato".
In sostanza, l'esibizione di documenti falsi per l'apertura del conte corrente, con il nome del beneficiario degli assegni, era finalizzata non ad ostacolare l'accertamento sull'origine delittuosa della res, che non era stato alterata né manomessa, quanto, piuttosto, ad incassare gli assegni medesimi, con ciò realizzando il delitto di truffa aggravata (cfr. Cass. 2007, n. 32901, ivi, n. 237488).
Da ultimo va detto che tali delitti sono aggravati dall'ipotesi di cui all'art. 61 n°2, ovvero dal nesso teleologico. Essa contempla e punisce una più intensa criminosità della condotta dell'agente. Difatti, bisogna distinguere due ipotesi. La prima nel caso di aver commesso un reato per eseguirne un altro oppure di commettere un reato per occultarne un altro. Appare indubbio che nei fatti in esame rientra la prima ipotesi, ovvero l'aver commesso un reato per eseguirne altro. Difatti, è configurabile la circostanza aggravante del nesso teleologico, atteso che Tizio per commettere la truffa (reato fine) si sia è avvalso del documento falso (reato mezzo).
Tutti i reati in parola, infine, sono legati tra loro del vincolo della continuazione di cui all'art. 81 2 comma c.p. perché in esecuzione del medesimo disegno criminoso. Per disegno criminoso va inteso come ideazione, volizione di uno scopo unitario che dà senso ad un programma complessivo, nel quale si collocano le singole azioni od omissioni, di volta in volta poi commesse con singole determinazioni, sul piano volitivo.
Rispondi

Da: Avvgram11/12/2013 14:03:39
qualcuno sa dirmi con certezza se si applica l'art 84 o 81 cp?
Rispondi

Da: sa11/12/2013 14:07:11
qulacuno x pietà puo inserire le consclusoni della 1 traccia oggi siconsegna presto

Rispondi

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Da: x Avvgram11/12/2013 14:07:33

- Messaggio eliminato -

Rispondi

Da: ddddd11/12/2013 14:08:16
traccia 1 la macchina è confiscata????
Rispondi

Da: wizipy 11/12/2013 14:09:38
Ho trovato anche questo

La risoluzione del caso in esame merita preliminarmente una breve disamina sui
reati di riciclaggio e ricettazione previsti rispettivamente dagli artt. 648
bis e 648 c.p..
Il delitto di riciclaggio è un c.d. reato plurioffensivo, in quanto i beni
tutelati dalla norma possono essere diversi, ossia l'amministrazione della
giustizia, il patrimonio e, a seconda delle fattispecie, anche l'ordine
pubblico ed economico. La numerosa giurisprudenza in materia evidenzia le
complessità delle fattispecie che vengono ricomprese in questa figura
delittuosa che punisce infatti "chiunque sostituisce o trasferisce denaro, beni
o altre utilità provenienti da delitto non colposo, ovvero compie in relazione
ad essi altre operazioni, in modo da ostacolare l'identificazione della loro
provenienza delittuosa". Dalla lettura della norma si desume che il delitto di
riciclaggio ha come presupposto soggettivo il dolo generico, ovvero la
conoscenza della provenienza delittuosa del denaro, beni o altre utilità, e
come presupposto oggettivo la materiale idoneità ad ostacolare l'
identificazione della provenienza illecita del bene.
Il delitto di ricettazione, invece, può essere integrato da chiunque - senza
che sia configurabile concorso nel reato presupposto - acquista, riceve od
occulta denaro o cose provenienti da un qualsiasi delitto o, comunque, si
intromette per farle acquistare, ricevere od occultare, al fine di ottenere per
sé o per altri un profitto. Per la ricorrenza della fattispecie in questione è
necessario che il denaro o le cose provengano dalla commissione di un
precedente delitto (ad es., furto, rapina, ecc.) che costituisce il presupposto
della ricettazione. E', altresì, necessario che l'autore del reato abbia come
finalità quella di perseguire - per sé o per terzi - un profitto, che può anche
non essere di carattere patrimoniale. Il presupposto soggettivo di tale reato è
sicuramente il dolo, eventuale o specifico, ovvero che l'autore del reato sia a
conoscenza della provenienza illecita del denaro o delle cose e le voglia
acquistare, ricevere, occultare e che consapevole di raggiungere - o di far
raggiungere a terzi - un profitto dal reato.
Partendo da tali presupposti e rapportandoli al caso posto alla nostra
attenzione è chiaro che Tizio era consapevole della provenienza illecita degli
assegni circolari intestati a Caio; di conseguenza la condotta di Tizio, sotto
il profilo soggettivo, è sicuramente connotata dal dolo e facilmente
rapportabile sia al reato di riciclaggio che a quello di ricettazione.
Il delitto di riciclaggio, però, pone un presupposto importante per la
configurabilità della sua fattispecie, ovvero, che l'autore del reato ponga in
essere atti idonei ad ostacolare l'identificazione della provenienza illecita
del denaro, dei beni o di altre utilità.
Nel caso in esame, si ritiene che Tizio non abbia posto in essere alcuna
azione atta ad ostacolare l'identificazione della provenienza illecita degli
assegni circolari intestati a Caio.
Infatti, le uniche azioni che sarebbero state idonee ad ostacolare la
provenienza illecita degli assegni in questione sarebbero state quelle di
modificare il numero di serie degli assegni, gli importi e il beneficiario.
Invece, Tizio si è limitato ad aprire un conto corrente sotto il falso nome
del beneficiario degli assegni di provenienza delittuosa, ma non ha apportato
alcuna manomissione sui titoli stessi, limitandosi a presentare un documento
falso con le generalità di Caio, titolare effettivo degli assegni.
In realtà, dunque, nel caso in esame, non vi è stata alcuna attività
finalizzata ad ostacolare l'identificazione della provenienza delittuosa dei
titoli di credito in questione; ne' può essere considerata tale la semplice
operazione di versamento dei titoli per aprire il conto corrente, dal momento
che in mancanza di manomissioni, alterazioni o falsificazioni dei medesimi, in
realtà è rimasto agevole verificare da parte dell'istituto bancario, come in
concreto è avvenuto, la provenienza furtiva dei titoli in questione.
La particolarità della fattispecie, anche se relativa a beni sostitutivi del
denaro contante, porta dunque ad escludere la sussistenza del reato di
riciclaggio.
A tal proposito la Suprema Corte, con la sentenza n. 47932/2011 ha sancito
che: "il delitto di riciclaggio è in relazione di specialità con il delitto di
ricettazione perchè si compone della stessa condotta di acquisto o ricezione di
denaro o altra utilità, arricchita dall'elemento aggiuntivo del compimento di
attività dirette ad ostacolare l'identificazione della provenienza delittuosa,
con la conseguenza che deve essere esclusa la configurabilità di tale reato, in
assenza di una chiara volontà che concretizzi tale aspetto specializzante, in
favore della fattispecie del reato di ricettazione in concorso, con il reato di
truffa".
In più, gli Ermellini con la sentenza n. 47088/2003, hanno sancito che: "l'
esibizione di documenti falsi per l'apertura dei conti correnti, con i nomi dei
beneficiari degli assegni di provenienza delittuosa, non ostacolano l'
accertamento sull'origine delittuosa della res, ma creano incertezza sull'
identità del soggetto percettore del titolo e connotano un'azione delittuosa
qualificabile come truffa".
In considerazione delle suesposte argomentazioni, Tizio sarà imputabile per il
reato di ricettazione ex art. 648 c.p. e non di riciclaggio, in quanto non ha
posto in essere azioni atte ad ostacolare l'identificazione degli assegni di
provenienza illecita, e del reato di truffa p. e p. dall'art. 640 c.p., avendo
Tizio raggirato l'istituto bancario esibendo un documento falso per incassare i
titoli intestati a Caio.
Rispondi

Da: Mah 11/12/2013 14:09:48
Ragazzi, sul serio, fatelo usando la vostra capoccia, si tratta di una questione davvero semplicissima e  proprio per questo più copiate da internet facendo compiti tutti uguali e più c'è il rischio che se ne accorgano alla correzione.
Rispondi

Da: per  wizipy11/12/2013 14:14:49
Smettila di postare spazzatura
Rispondi

Da: penalista di  napoli11/12/2013 14:18:02
per la seconda traccia  ,Il 640 C.p. a danno della Banca si configurerà nell 'ipotesi che la banca sporga querela essendo il 640c.p. un reato a querela di parte
Rispondi

Da: In attesa 11/12/2013 14:20:21
Mettete parere prima traccia.. A Napoli attendono che invii
Rispondi

Da: studioangelo 11/12/2013 14:22:42
una mano alla traccia guida stato ebbrezza
Rispondi

Da: carotone11/12/2013 14:25:30
Il parere di  wizipy andava bene tre anni fa
Rispondi

Da: aiutinodacasa11/12/2013 14:25:52
wyzipai sei un ladro di pareri
Rispondi

Da: Pier_1211/12/2013 14:30:14
sulla prima traccia c'è concorso formale o materiale???

grazie...
Rispondi

Da: gegè11/12/2013 14:33:12
AIUTINODACASA  postami un tuo parere come hai fatto ieri...... sei l'unico di cui mi fidi qua in mezzo!!!!!!!!!!!!!!!!!  ti pregooooooooooooooo
Rispondi

Da: penalista di  napoli11/12/2013 14:34:21
La morte di Mevio, quindi, potrà che  essere imputata a Tizio a titolo di omicidio colposo aggravato ai sensi dell'art.  589 c.p. comma 1 e  2 e comma 3 numeri 1)e 2), nonché ex art. 61 n. 3 c.p. avendo agito, nonostante la previsione dell'evento.
Rispondi

Da: aiutinodacasa11/12/2013 14:34:50
il mio parere è stato postato da Wizipy
Rispondi

Da: rubaLEX11/12/2013 14:34:52
Il parere postato da wizipy non è completo.
Rispondi

Da: jiji TRACCIA111/12/2013 14:35:40
per la prima traccia: "c'è il concorso?"
Rispondi

Da: rem11/12/2013 14:36:15
quale è quello giusto ...
Rispondi

Da: parere assegni11/12/2013 14:36:15

secondo voi un parere ben fatto sugli assegni è stato postatO?

Rispondi

Da: rem11/12/2013 14:38:06
per  wizipy...ma dove si possono trovare i pareri...
aiutiamoli...si sta facendo tardi
Rispondi

Da: Cavernicolo11/12/2013 14:38:09
Sull'art. 81 (reato continuato) ho qualche dubbio. Il 589 aggravato assorbe i reati CDS?
Rispondi

Da: Zuppazu11/12/2013 14:39:18
l'ho trovato di la:
La fattispecie in esame considera una serie di eventi posti in essere da Tizio che, trovandosi alla guida di un autoveicolo, in stato di ebbrezza alcoolica o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti, provoca un incidente stradale con conseguenze letali per Mevio, pedone su di un marciapiedi e la distruzione di una edicola.
Il punto focale è circa le conseguenze penali che la condotta di Tizio hanno posto in essere, distinguendo tra omicidio colposo e dolo eventuale, ed ancora se nella conodotta di Tizio vi sia una ipotesi di reato complesso.
La distinzione è significativa, perché dalla colpa cosciente discende l'imputazione per omicidio colposo (seppur con l'aggravante del III co nn 1 e 2 del 589 c.p.), dal dolo eventuale discende direttamente l'omicidio volontario, di cui al 575 c.p.
Va subito evidenziato che la Cassazione penale, con la pronuncia nr. 20465/13 è ancora ferma nel ritenere che l'omicidio causato da guida in stato di ebbrezza/stupefacenti sia omicidio colposo aggravato e non volontario.
In buona sostanza all'agente verrà contestato o l'ipotesi di cui all'art. 589 co. 2° c.p., che potrà essere affiancata la contestazione dell'art. 186 2 bis ( come novellato dalla L.120\2010) Cds  o quella dell'art. 187 Cds a seconda della tipologia della sostanza indebitamente assunta.
In particolare, lo specifico richiamo nell'art. 186, come novellato, all'art. 224 ter C.d.S., introdotto dalla richiamata L. n. 120 del 2010, (intitolato "Procedimento di applicazione delle sanzioni amministrative accessorie della confisca amministrativa e del fermo amministrativo in conseguenza di ipotesi di reato"), fa fondatamente ritenere, alla stregua di una interpretazione organica delle norme di riferimento, che la confisca, prevista per la più grave ipotesi di guida in stato di ebbrezza (nonché per il reato di rifiuto di sottoporsi all'alcoltest e di guida sotto l'influenza di sostanze psicotrope), è ora qualificata come sanzione amministrativa e non più penale, come in precedenza, sciogliendo dubbi interpretativi, era stato affermato da questa Corte (Sez. Un. 25 febbraio 2010, Rv.247042) e dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 196/2010).
E' di tutta evidenza, dunque, che - in questa fase - la condotta dell'agente viene punita sotto il profilo esclusivamente e puramente colposo, cioè si ritiene che l'incidente stradale sia stata determinato da una responsabilità che si fonda su di una colpa del soggetto.
Le conseguenze letali o lesive manifestatesi non sono, quindi, state volute dall'agente né preventivamente, né in corso di verificazione dei fatti.
Si evidenzia, altresì, come l'elemento soggettivo della colpa venga configurato attraverso il ricorso a due principali elementi indicati dall'art. 43 co. 1 terza parte c.p. "l'imprudenza" oppure "l'inosservanza di leggi o regolamenti".
La struttura normativa attuale non tiene, infatti, in conto la circostanza che, nell'iter progressivo di commissione del fatto, interviene purtroppo spesso, in maniera eziologicamente decisiva, una condotta dolosa assolutamente rilevante e che consiste nella sciente e consapevole assunzione da parte dell'autore del fatto illecito - in spregio a precetti di contenuto penalmente indiscutibile - di sostanze (stupefacenti od alcool) che sono fortemente idonee ad alterare la di lui capacità di conduzione di un veicolo nel traffico.
La normativa codicistica vigente, infatti, appare predisposta allo scopo di punire comportamenti tipicamente connotati da negligenza od imprudenza od imperizia, cioè situazioni nelle quali si appalesi un errore di valutazione compiuto dal soggetto circa la necessaria mancanza di rischi o di pericolo per la circolazione e quindi di manovre di emergenza per il conducente (Cfr. Cass. civ. Sez. III, 18-02-1998, n. 1724).
L'errore efficiente nella sequenza finalisticamente rilevante avviene e si sviluppa, pertanto, all'interno di una situazione di "normalità ed idoneità" delle condizioni soggettive (sia fisica, che sopratutto psichiche) in cui la persona versa.
Tale condizione di ideazione e rappresentazione della realtà viene, dunque, turbata, distorta ed alterata solamente da una valutazione ex parte del tutto soggettiva, ancorché errata, ma che non è affatto cagionata da una incapacità naturale del soggetto, sopravvenuta quale conseguenza di un comportamento volontario, quale la situazione in cui si viene a trovare chi abbia dato corso all'assunzione di sostanze vietate.
La responsabilità nei casi cd. "di normalità colposa" consiste, dunque, in un'involontaria deroga a quei severi doveri di prudenza e diligenza richiesti normativamente per fare fronte a situazioni di pericolo e che sono imposti, anche quando siano determinate da altri comportamenti irresponsabili; sicché la fiducia di un conducente nel fatto che altri si attengano alle prescrizioni del legislatore, se mal riposta, costituisce di per sé condotta negligente (Cfr. Cass. pen. Sez. IV, 28 marzo 1996, n. 4257, Cass. pen. Sez. IV, 28-03-1996, n. 4257, Lado, Cass. Pen., 1997, 1014, Riv. Polizia, 1997, 1014).
Si tratta, all'evidenza, di una situazione assolutamente diversa da quella in cui si viene a trovare un soggetto che, anteriormente, alla scelta di porsi alla guida di un veicolo a motore, pur consapevole del divieto di condurre un mezzo in precise condizioni personali e, quindi, affatto ignaro l'illiceità della propria condotta (in relazione al successivo comportamento che andrà a tenere) assuma le sostanze vietate, più volte ricordate.
E' questo, quindi, un comportamento fortemente caratterizzato dalla presenza di una componente di dolo, perché a mente dell'art. 43 co. 1 prima parte c.p. "e' doloso, o secondo l'intenzione, quando l'evento dannoso o pericoloso, che e' il risultato dell'azione od omissione e da cui la legge fa dipendere l'esistenza del delitto, e' dall'agente preveduto e voluto come conseguenza della propria azione od omissione" e non si può certo sostenere che l'ingestione di droghe od alcoolici sia frutto di una mera imprudenza od inosservanza di leggi o regolamenti etc..
In realtà, appare del tutto evidente che la composita costruzione (o ricostruzione) di una vicenda, nella quale emergano quali dati in fatto provocati attraverso il sinistro stradale, ovvero presenza di persona deceduta e distruzione di cose, non rientra sic et simpliciter in una sistematica di omicidio doloso, cioè nello stereotipo dell'omicidio volontario di cui all'art. 575 c.p., né tanto meno nello spettro della norma di cui all'art. 584 c.p. che regola la preterintenzione.
La natura ibrida della condotta globalmente considerata ci permette di ritenere di essere in presenza di un dolo iniziale che ripiega nel prosieguo su di un profilo di colpa.
Occorre, altresì, sul punto un breve analisi dell'elemento psicologico
Il dolo che si appalesa inizialmente, in una situazione del tipo di quella che si sta rappresentando, si riferisce, senza dubbio, alla condotta che il soggetto tiene, assumendo consapevolmente taluna delle sostanze più volte citate (droga ed alcool).
Il mero comportamento assuntivo del singolo, in sé e per sé ed avulso da ulteriori condotte penalmente rilevanti, non integra, né può integrare, affatto una violazione di legge penale, salvo che non venga concretamente ravvisato il superamento dei limiti dati - per l'ubriachezza - dagli artt. 687 e 688 c.p..
Per quanto attiene, invece, agli stupefacenti, pur non essendo assolutamente configurabile un diritto del singolo a drogarsi, si deve osservare che il consumatore (non cedente o spacciatore) di sostenze stupefacenti, che detenga sostanza psicotropa nei limiti di cui al co. 1 bis dell'art. 73 d.p.r. 309/90, è perseguibile solamente sul piano amministrativo, ai sensi dell'art. 75.
Giovi, però, aprire (e chiudere illico et immediate) una breve parentesi esplicativa, proprio per precisare che l'art. 75 (novellato dalla L. 49 del 2006) costituisce una delle più importanti conferme di quanto si va sostenendo, se è vero che al co. 1 detta norma prevede la sospensione della patente di guida o divieto di conseguirla.
Ciò posto e premesso, è evidente la necessità di pervenire alla focalizzazione di quale debba essere l'elemento psicologico cui fare riferimento nella situazione specifica che si verifica - come detto - laddove l'incidente stradale sia stato provocato da un conducente che versava nello stato di alterazione richiamato e siano conseguiti effetti lesivi o letali.
Non pare dubbio che - in proposito, vertendo in un ambito di progressione criminosa - si debba tenere in considerazione, originariamente, tutte le fasi dell'evoluzione psicologica del soggetto.
Come affermato, esse - sotto il profilo sostanziale - sono due, l'una dolosa, l'altra colposa, giacchè è chiaro che la conseguenza lesiva che la condotta del conducente del veicolo provoca a terzi non è voluta.
Ciò nonostante, va riconosciuta, seppur preliminarmente, peso specifico al profilo doloso, posto che esso opera pregnante riferimento ad un comportamento che, pur non essendo in radice configurante reato, diviene in itinere, invece, vero e proprio illecito penale, ai sensi dell'art. 186 o 187 Cds (a seconda dei casi).
In quest'ottica, dunque si è in presenza di una condotta (il bere ed il drogarsi) che, associata, al condurre un veicolo a motore ( di grossa cilindrata nel caso di specie), assume veste di reato doloso e si pone come elemento propedeutico o prodromico eziologicamente rilevante rispetto a precise conseguenze fattuali e giuridiche (incidente stradale con lesioni o morte).
Si deve, dunque, valutare se una simile progressione criminosa possa rientrare nello stereotipo di cui all'art. 586 c.p., oppure se sia necessario fare un passo ulteriore in avanti.
In primo luogo è evidente che, allo stato, la natura di contravvenzioni, elemento che caratterizza geneticamente sia l'ipotesi di cui all'art. 186 che all'art. 187 Cds, non permetterebbe affatto di poter fare rientrare le condotte punite, con tali norme, nel novero di quei presupposti di fatto richiamati dall'art. 586 c.p. e cioè nella categoria dei "delitti dolosi".
Vi è poi da rilevare, sempre ad indirizzo negativo, che la giurisprudenza della Suprema Corte ha precisato che "La responsabilità penale per morte o lesioni costituenti conseguenza non voluta di altro delitto doloso non è fondata sul mero rapporto di causalità materiale fra la precedente condotta e l'evento diverso, ma postula l'accertamento di un coefficiente di «prevedibilità» della morte o delle lesioni, in quanto forma di «responsabilità per colpa»" (Cfr. Cass. pen. Sez. V, 07-02-2006, n. 14302).
In questo modo si è posto l'accento sulla natura prettamente colposa del reato susseguente a quello originario, profilo che appare confermato nell'architettura della norma in questione anche dal riferimento applicativo alle sanzioni - seppur aumentate - sancite dagli artt. 589 e 590 c.p. (che regolano come noto l'omicidio colpo e lesioni colpose) che vengono posti in relazione al disposto dell'art. 83 c.p..
In buona sostanza il tessuto testuale della disposizione in parola opera un preciso riferimento anche all'ipotesi di aberratio delicti prevista al citato art. 83 c.p. che recita sotto la rubrica "Evento diverso da quello voluto dall'agente".
Fuori dei casi preveduti dall'articolo precedente, se, per errore nell'uso dei mezzi di esecuzione del reato, o per un'altra causa, si cagiona un evento diverso da quello voluto, il colpevole risponde, a titolo di colpa, dell'evento non voluto, quando il fatto e' preveduto dalla legge come delitto colposo.
Se il colpevole ha cagionato altresi' l'evento voluto, si applicano le regole sul concorso dei reati.
Vi è, da ultimo, da sottolineare un solo aspetto, che pare recuperabile alla causa che si proponga e cioè che per la Sez. IV della S.C., ( sent. 25-01-2006, n. 19179, Bellino e altri, Riv. Pen., 2007, 1, 54) In tema di morte o lesioni come conseguenza di altro delitto, pur definendosi il rapporto tra il delitto voluto e l'evento non voluto in termini di causalità materiale, la condotta delittuosa deve avere insito, in sé, il rischio non imprevedibile né eccezionale di porsi come concausa di morte o lesioni.
La breve rassegna svolta induce, dunque, a ritenere che la vigente struttura della norma di cui all'art. 586 c.p. che si caratterizza per un forte connotato colposo e per la presupposizione quale prodromo di un delitto doloso - [così come concepita allo stato attuale] - osti irreversibilmente e completamente rispetto a qualsiasi ipotesi di piena sussunzione della situazione descritta ed in esame nel nomotipo.
Vi è, però, da osservare e ritenere che il parallelismo svolto sino ad ora fra la condotta che si va studiando e la previsione dell'art. 586 c.p. possa suggerire un ambito applicativo diverso.
Pur apparendo differente dal dolo diretto, il dolo eventuale appare, infatti, ad esso assimilabile - sul piano della realtà psicologica - in quanto l'agente, "pur in presenza della rappresentazione delle possibili ulteriori conseguenze della propria azione criminosa, continui ad agire a costo di provocarle, accettandone il rischio e trasferendo, quindi, nel raggio della volontà ciò che era solo nella previsione" (Cfr. Sez. 1 30.5.80 n. 9699).
Il paradigma testè indicato presenta la peculiarità che connota il tipo di elemento psicologico in esame e che lo differenzia dalla cd. colpa cosciente, la quale presuppone la convinzione del non verificarsi dell'evento, che peraltro rimane astrattamente possibile.
L'arresto giurisprudenziale, sentenza n. 20465\2013, richiamata all'inizio, applicabile al caso di specie, ribadisce che allo stato della legislazione il reato (omicidio stradale) è già previsto ed è precisamente quello dell'art. 589 c.p., che nel sanzionare l'omicidio colposo prevede espressamente l'aggravante del fatto commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale (comma 2) e, nel perimetro della detta aggravante, quella ulteriore (comma 3, n. 2) che riguarda il soggetto che è sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope.
Il reato, così aggravato, non è di poco conto, prevedendo una sanzione da tre a dieci anni di reclusione.
Mentre non potrà parlarsi di reato complesso, in quanto, come la recente giurisprudenza ha confermato: cass.pen. 46441 del 30\12\12, in caso omicidio colposo o di lesione colposa e di contemporanea violazione delle norme sulla circolazione stradale, non si configura una ipotesi di reato complesso, ma un mero concorso tra il delitto e la contravvenzione, e pertanto risulta inapplicabile la disposizione di cui all'art. 84 c.p.

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Da: gigino7511/12/2013 14:40:14
ragazzi un parere svoltoooo
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Da: gegè11/12/2013 14:41:11
AIUTINODACASA
Per la prima Traccia non hai un parere???????????????????
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Da: studioangelo 11/12/2013 14:42:06
qulacuno puo inserire le consclusoni della 1 traccia oggi siconsegna presto
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