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11 dicembre 2013 - Parere PENALE
551 messaggi, letto 56609 volte

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Da: max11/12/2013 12:51:23
qualche soluzione completa sulla traccia della guida in stato di ebbrezza?
Rispondi

Da: ...11/12/2013 12:51:53
a CZ polizia con metal detector nelle aule
Rispondi

Da: tizio qualunque11/12/2013 12:51:56
per @ilgrinta

LIAAAAAR!
Rispondi

Da: rosa201311/12/2013 12:54:45
anch'io vorrei sapere l'orario di consegna a Lecce...
Rispondi

Da: ...11/12/2013 12:55:23
2 Traccia..  Spunti..
Art. 477 c.p. Falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in certificati o autorizzazioni amministrative
1. Il pubblico ufficiale, che, nell'esercizio delle sue funzioni, contraffà o altera certificati o autorizzazioni amministrative, ovvero, mediante contraffazione o alterazione, fa apparire adempiute le condizioni richieste per la loro validità, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.

Art. 482 c.p. Falsità materiale commessa dal privato
1. Se alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 476, 477 e 478 è commesso da un privato, ovvero da un pubblico ufficiale fuori dell'esercizio delle sue funzioni, si applicano rispettivamente le pene stabilite nei detti articoli, ridotte di un terzo.

Art. 640 c.p. Truffa
1. Chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 51 a euro 1.032 [art. 29 c.p.].
2. La pena è della reclusione da uno a cinque anni e della multa da euro 309 a euro 1.549 artt. 29, 63 c.p.2:
1) se il fatto è commesso a danno dello Stato o di un altro ente pubblico o col pretesto di far esonerare taluno dal servizio militare3;
2) se il fatto è commesso ingenerando nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario o l'erroneo convincimento di dovere eseguire un ordine dell'Autorità [artt. 649, 661 c.p.; art. 162 c.p.m.p.];
2 bis) se il fatto è commesso in presenza della circostanza di cui all'articolo 61, numero 5).
3. Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra taluna delle circostanze previste dal capoverso precedente o un'altra circostanza aggravante.

Art. 648 c.p. Ricettazione
1. Fuori dei casi di concorso nel reato, chi, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto, acquista, riceve od occulta denaro o cose provenienti da un qualsiasi delitto, o comunque si intromette nel farle acquistare, ricevere od occultare, è punito con la reclusione da due ad otto anni e con la multa da euro 516 a euro 10.3292. La pena è aumentata quando il fatto riguarda denaro o cose provenienti da delitti di rapina aggravata ai sensi dell'articolo 628, terzo comma, di estorsione aggravata ai sensi dell'articolo 629, secondo comma, ovvero di furto aggravato ai sensi dell' articolo 625, primo comma, n. 7 bis).
2. La pena è della reclusione sino a sei anni e della multa sino a euro 5162, se il fatto è di particolare tenuità.
3. Le disposizioni di questo articolo si applicano anche quando l'autore del delitto da cui il denaro o le cose provengono non è imputabile o non è punibile ovvero quando manchi una condizione di procedibilità riferita a tale delitto.

Art. 81 c.p. Concorso formale. Reato continuato
1. È punito con la pena che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave aumentata sino al triplo chi con una sola azione od omissione viola diverse disposizioni di legge ovvero commette più violazioni della medesima disposizione di legge.
2. Alla stessa pena soggiace chi con più azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno criminoso, commette anche in tempi diversi più violazioni della stessa o di diverse disposizioni di legge.
3. Nei casi preveduti da quest'articolo, la pena non può essere superiore a quella che sarebbe applicabile a norma degli articoli precedenti.
4. Fermi restando i limiti indicati al terzo comma, se i reati in concorso formale o in continuazione con quello più grave sono commessi da soggetti ai quali sia stata applicata la recidiva prevista dall'articolo 99, quarto comma, l'aumento della quantità di pena non può essere comunque inferiore ad un terzo della pena stabilita per il reato più grave.
Rispondi

Da: gasito7511/12/2013 12:55:52
Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza n. 20465/13; depositata il 13 maggio...è possibile avere questa sentenza?
Rispondi

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Da: in bocca_ al lupo11/12/2013 12:56:22
x ... e la prima traccia?
Rispondi

Da: eccolllaaa11/12/2013 12:56:55
sta sul codice neldiritto
Rispondi

Da: ...11/12/2013 12:57:47

Sentenza n.20465 del 13.05.2013

Allo stato della legislazione il reato (omicidio stradale) è già previsto ed è precisamente quello dell'art. 589 c.p., che nel sanzionare l'omicidio colposo prevede espressamente l'aggravante del fatto commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale (comma 2) e, nel perimetro della detta aggravante, quella ulteriore (comma 3, n. 2) che riguarda il soggetto che è sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope. E il reato, così aggravato, non è di poco conto, prevedendo una sanzione da tre a dieci anni di reclusione. Una diversa regolamentazione della materia è de iure condendo.
Rispondi

Da: Avvocato in ascolto11/12/2013 13:00:11
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BARDOVAGNI Paolo - Presidente -

Dott. ROMBOLA' Marcello - rel. Consigliere -

Dott. TARDIO Angela - Consigliere -

Dott. BONITO Francesco M.S. - Consigliere -

Dott. BONI Monica - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.A. N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 37/2011 CORTE ASSISE APPELLO di MILANO, del 01/02/2012;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/04/2013 la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARCELLO ROMBOLA';

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Roberto Aniello, che ha concluso per l'annullamento con rinvio la sentenza impugnata;

Udito, per la parte civile, l'Avv. Simone Zancari, in sostituzione dell'avv. Guido Simonetti;

Udito il difensore Avv. CHIESA IVANO GIUSEPPE e Giovanni Aricò.
Svolgimento del processo

Intorno alle ore 23,30 del (OMISSIS) in territorio del comune di Bollate, in provincia di Milano, il 29 enne M.A., alla guida di una Fiat Marengo di proprietà della ditta di pulizie del padre, vettura che occasionalmente gli capitava di usare, percorrendo in direzione di (OMISSIS) la via (OMISSIS) a doppio senso di circolazione, invadeva a velocità superiore a quella consentita di 50 km orari (70-83 km orari) l'opposta corsia di marcia, nonostante la striscia continua, la scarsa visibilità e la pioggia in atto, andando a collidere frontalmente con la Fiat 500 condotta in direzione di (OMISSIS) tra i 25 e i 35 km orari dalla 20 enne C. R., che a seguito delle lesioni subite decedeva poco tempo dopo sul posto, nonostante i primi soccorsi.

Risultava che il M., per sua stessa ammissione assuntore in passato di cocaina e hashish e all'epoca solo di hashish, era sprovvisto di patente di guida perchè sospesagli due mesi prima, per un anno, con provvedimento 1/9/08 del Prefetto di Milano, notificatogli il 10/9/08, per un incidente occorsogli a metà del precedente mese di agosto quando ancora assumeva cocaina. Il pomeriggio del (OMISSIS) quando avvenne l'incidente in cui era rimasta uccisa la C. aveva assunto una canna di hashish e la sera un ansiolitico (una compressa di Xanax da 1 mg) per andare a dormire, quando era dovuto uscire da casa (in (OMISSIS)), su segnalazione del padre, per recarsi all'ospedale di (OMISSIS) dove stava morendo la madre di un amico del genitore, egli essendo anche dipendente di un'agenzia per pratiche funerarie. Nulla ricordava di quanto era successo dopo avere superato il ponte di (OMISSIS). Lui stesso aveva subito lievi traumi al torace e alle gambe e all'esame delle uri ne nello stesso ospedale di (OMISSIS) dove era stato ricoverato era risultata una concentrazione di tetraidrocannibolo e di benzodiazepine superiore alla soglia di positività.

Il M., che era stato arrestato per omicidio colposo aggravato, veniva rinviato a giudizio per omicidio volontario. Si costituiva parte civile il padre della vittima. Il giudizio di primo grado, caratterizzato dalla produzione di memorie tecniche sia da parte dell'imputato (con documenti vari) che della parte civile, si concludeva (previo accoglimento della richiesta di rito abbreviato) con sentenza 11/12/09 del Gup del Tribunale di Milano, che, qualificato il fatto come omicidio colposo aggravato (dalla violazione delle norme della disciplina stradale da parte di soggetto sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope e dalla previsione dell'evento) condannava l'imputato, esclusa la contestata recidiva e colla diminuente del rito, alla pena di anni 4 e mesi 8 di reclusione. Con le pene accessorie, la sanzione amministrativa della revoca della patente di guida e le statuizioni in favore della parte civile, tra cui una provvisionale di 70.000 Euro.

Con sentenza 1/2/12 la Corte di Assise di Appello di Milano, riqualificato il fatto come omicidio volontario in accoglimento dell'appello del Pm, condannava l'imputato alla pena di anni 14 di reclusione. Senz'altre statuizioni se non la condanna alle spese processuali e della parte civile per il grado e l'assegnazione della provvisionale nella misura di 100.000 Euro.

La Corte (che decideva su appello non solo del Pm ma anche dell'imputato e della parte civile), escluso che l'incidente fosse avvenuto per un sorpasso (di cui non vi era traccia) e addebitata pertanto l'invasione dell'opposta corsia di marcia solo alla perdita del controllo della guida a causa dell'alterazione psico-fisica in cui il conducente si trovava, riteneva di aderire alla tesi del dolo eventuale rispetto a quella della colpa cosciente in base all'analisi in concreto del fatto che (a differenza di casi analoghi come quello Lucidi, preso in esame dalla S.C. con sentenza n. 11222 del 18/2/10) vedeva un soggetto come il M. che, benchè ammaestrato dall'incidente occorsogli due mesi prima, si era messo in macchina di notte, con tempo avverso, sapendo di avere assunto una canna di hashish nel pomeriggio e un ansiolitico prima di andare a dormire, laddove ben avrebbe potuto, come consigliatogli dal padre ed aveva fatto in altre occasioni, chiamare la madre e farsi accompagnare con lei alla guida. Di qui la riqualificazione del fatto come omicidio volontario (dolo eventuale) e la su riferita sentenza.

Ricorreva per cassazione l'imputato con distinti atti in pari data di due diversi difensori.

Con un primo difensore (avv. Chiesa) deduceva: 1) violazione di legge e vizio di motivazione sulla individuazione nel caso in esame del dolo eventuale anzi che della colpa cosciente (veniva ricordata la giurisprudenza in base alla quale l'accettazione del rischio in cui si concreta il dolo eventuale comporta non solo la volizione dell'azione nelle date condizioni ma anche la volizione dell'evento, che nel caso è l'altrui morte; erano contestati i presupposti di fatto su cui la Corte aveva basato la sua scelta: non vi era prova che il M. si trovasse in condizione di alterazione psico-fisica dovuta a un mix tossico-farmacologico, essa venendo sostanzialmente dedotta dal solo fatto, riferito dall'imputato, che egli nulla ricordava dell'incidente; non vi era prova che esso non fosse invece avvenuto per un abbagliamento molesto o un riflesso di luce dell'asfalto bagnato; anche l'incidente dell'agosto prima era consistito nel minimo urto dell'autovettura in sosta di una custode dell'ospedale di (OMISSIS) dove il M. si stava recando sentendosi poco bene dopo una lite con la moglie che gli rimproverava la sua assunzione di cocaina; la conclusione era che il rischio era insito nella circolazione stradale, che gli stessi operanti avevano elevato contravvenzione per l'ipotizzato sorpasso, che anche il PG presso la Corte di Appello aveva chiesto la conferma della sentenza di primo grado, che il dubbio doveva far propendere per la soluzione più favorevole al reo); 2) ancora violazione di legge e vizio di motivazione per il mancato riconoscimento dell'attenuante del risarcimento del danno (per il primo giudice perchè parziale, per il secondo, in ogni caso, perchè proveniente dalla società assicuratrice e non dallo stesso imputato) e per il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche (nonostante il detto risarcimento, la condotta collaborativa in genere del M., la necessità di commisurare la pena al caso concreto). Concludeva (chiedendo al contempo al giudice a quo la trasmissione a questa Corte di Cassazione di specifici atti richiamati nel ricorso) per l'annullamento della sentenza impugnata.

Con un secondo difensore (avv. Lucibello), premesse le conclusioni cui era pervenuta la prima sentenza (secondo cui non era provato il dolo eventuale dell'imputato ma se ne poteva ritenere solo la colpa cosciente), deduceva: 1) violazione di legge laddove la sentenza di appello aveva invece ritenuto il dolo eventuale, senza indicare gli elementi di prova da cui dedurre la volontà dell'imputato di porsi alla guida della propria autovettura nel consapevole ed accettato rischio di provocare l'evento di un'altrui morte (in realtà tale volontà era ricavata solo dal preteso stato di alterazione psico- fisica di cui egli sarebbe stato consapevole); 2) vizio di motivazione laddove la Corte d'appello aveva dato per certo lo stato di alterazione psico-fisica dell'imputato sulla base di mere analisi delle urine - e non anche del sangue - effettuate nell'ospedale dove era stato ricoverato dopo l'incidente; dove aveva ritenuto che a causa di ciò egli avesse invaso l'opposta corsia di marcia, perdendo il controllo della guida, deducendolo solo dalla sua perdita di memoria (per altro verso messa in dubbio, ipotizzando una mera strategia difensiva); che la specifica consapevolezza della sua inabilità dovesse venirgli dal modestissimo incidente occorso più di due mesi prima; che in tali condizioni e con tali trascorsi un incidente, anche il più grave, fosse prevedibile, sostanzialmente addebitando ogni possibile evento a titolo di responsabilità oggetti va; 3) violazione di legge e vizio di motivazione per il mancato riconoscimento della attenuante del risarcimento del danno (nonostante l'elevato ristoro versato dall'assicurazione a tutti i componenti del nucleo familiare della vittima) e delle attenuanti generiche, queste ultime da applicare quanto meno in virtù del risarcimento ad ogni modo versato, della buona condotta processuale e del cordoglio e pentimento più volte manifestati nei confronti dei familiari della vittima.

Concludeva ancora per l'annullamento.

Alla pubblica udienza fissata per la discussione il PG concludeva per l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata, la difesa di parte civile (che depositava conclusioni scritte con "note d'udienza" e nota spese) per il rigetto dei ricorsi, i difensori presenti dell'imputato per il loro accoglimento.
Motivi della decisione

La sentenza di appello va annullata. Invero essa, nell'intento di dare una risposta giudiziaria ritenuta la più adeguata a condotte del tipo di quella oggetto del presente processo, ha di fatto forzato il confine giuridico tradizionalmente tracciato tra dolo e colpa, tra volontà dell'evento (volontà dell'azione a costo di causare l'evento e quindi volontà - anche - del detto evento) e colpa cosciente (volontà dell'azione nella convinzione che l'evento - sia pur prevedibile - non si verificherà). Il dolo vuole l'evento (quel determinato evento) e così lo vuole il dolo eventuale, che pone in essere l'azione anche a costo di provocare l'evento (quel determinato evento). La colpa, sia pur cosciente, no: provoca l'evento, sia pur il più grave e per la più riprovevole delle condotte, ma lo provoca per negligenza o imprudenza o imperizia ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline. E' esattamente il caso in esame. M.A. non si è messo alla guida di una vettura a costo di investire e di uccidere qualcuno (tanto meno una specifica persona), ma solo per raggiungere la sua meta (l'ospedale di (OMISSIS), dove avrebbe avuto l'occasione di aprire una pratica funeraria) e ciò nonostante fosse consapevole delle proprie precarie condizioni psico-fisiche, dell'ora notturna e delle avverse condizioni metereologhe; nonostante - soprattutto (circostanza quasi dimenticata dalla difesa ricorrente, anche se nell'imputazione è menzionata solo nella contestazione della recidiva, poi esclusa in primo grado) - fosse anche consapevole di avere la patente sospesa e per ragioni strettamente collegate a quelle stesse condizioni psico - fisiche nelle quali si era posto alla guida quella notte. Certamente la più grave delle azioni colpose, ma non di meno un'azione colposa e non dolosa, non potendosi affermare che egli - ove si fosse concretamente rappresentato l'investimento e la morte di un'altra persona (paradossalmente anche di sè stesso) - avrebbe deciso di mettersi alla guida anche a costo di ciò. In realtà allo stato della legislazione il reato è già previsto ed è precisamente (come non ha mancato di rilevare la difesa ricorrente) quello dell'art. 589 c.p., che nel sanzionare l'omicidio colposo prevede espressamente l'aggravante del fatto commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale (comma 2) e, nel perimetro della detta aggravante, quella ulteriore (comma 3, n. 2) che riguarda il soggetto che è sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope. E il reato, così aggravato, non è di poco conto, prevedendo una sanzione da tre a dieci anni di reclusione. Una diversa regolamentazione della materia è de iure condendo.

Le considerazioni che precedono sono assorbenti rispetto alla ricostruzione del fatto. Premesso che a detta ricostruzione ha motivatamente provveduto il giudice di appello, per cui le censure difensive in proposito si appalesano come di inammissibile merito (sostenendosi che l'invasione dell'opposta corsia di marcia, lungo la quale sopraggiungeva a prudente velocità l'incolpevole C., fu dovuta a uno sfortunato tentativo di sorpasso - di fatto solo ipotizzato - e non, secondo quanto stabilito in sentenza, alla perdita di controllo dell'automezzo per le condizioni psico-fisiche del suo conducente, accertate in atti su base scientifica), le dette considerazioni sull'atteggiamento psichico dei soggetto involgono tutte le ipotesi e quindi anche la più grave. La stessa sentenza Lucidi evocata dal giudice di secondo grado (Cass., sez. 4^, n. 11222/10, rv. 249492) afferma chiaramente che il dolo eventuale consiste nell'accettazione del rischio di verificazione dell'evento (non direttamente voluto seppure rappresentato) e non solamente nella situazione di pericolo posta in essere, con la conseguenza che esso si traduce in una condotta tenuta anche a costo di determinare quell'evento: ed in quel caso, contrariamente a quello in esame (dove la colpa individuata in concreto è quella di essersi messo alla guida nonostante le alterate condizioni psico-fisiche), si poteva affermare che il conducente dell'auto in vestitrice (di un ciclomotore che, all'incrocio da entrambi impegnato, transitava col verde) aveva percepito il rischio ed il quesito che si poneva ai giudici era se, ciononostante, egli lo avesse accettato, decidendo ugualmente di passare col rosso. Qui questo margine di accertata consapevolezza è negato (l'imputato afferma di nulla ricordare dell'incidente) e il discrimine resta solo ipotetico. E comunque anche nella sentenza Lucidi la S.C. si pronunziò per la colpa cosciente. Altrettanto nella sentenza Braidic (sez. 1^, n. 30472/11, rv. 251484), la cui massima afferma, con speciale efficacia, che "il dolo eventuale presuppone che l'agente abbia superato il dubbio circa la possibilità che la condotta cagioni anche un evento non direttamente voluto ed abbia tenuto la condotta anche a costo di cagionare quell'evento, accettandone quindi il prospettato verificarsi; diversamente, la colpa con previsione o cosciente sussiste quando l'agente, pur prospettandosi la possibilità o probabilità del verificarsi di un evento non voluto come conseguenza della propria condotta, confidi tuttavia che esso non si verifichi".

Così pure nelle sentenze Montalbano (sez. 4^, n. 28231/09, rv.

244693: "Il dolo eventuale si differenzia dalla colpa cosciente in quanto il primo consiste nella rappresentazione della concreta possibilità della realizzazione del fatto con accettazione del rischio - e quindi volizione - di esso, mentre la seconda consiste nella astratta possibilità della realizzazione del fatto, accompagnata dalla sicura fiducia che in concreto esso non si realizzerà - e quindi non volizione") e Bodac (sez. 4^, n. 13083/10, rv. 242979: "Il dolo eventuale si differenzia dalla colpa cosciente per la previsione dell'evento come concretamente e non solo astrattamente realizzabile, talchè, in mancanza dell'autonoma prova di tale circostanza, non è possibile ritenere che l'agente abbia voluto l'evento, a meno di non voler affermare sempre l'esistenza di un dolo in re ipsa per il solo fatto della consumazione di una condotta rimproverabile").

Sotto il principale profilo della qualificazione del fatto la sentenza va pertanto annullata. Va altresì annullata sotto l'ulteriore profilo dell'attenuante del risarcimento del danno. Se, infatti, circa il diniego delle attenuanti generiche (anche del quale il ricorrente si duole) la sentenza di appello ha congruamente motivato (sottolineando l'atteggiamento di ripetuta incoscienza del soggetto in merito alle condotte di guida, che evidenzia un'elevata pericolosità del suo operare, ed il suo perseverare nell'uso della droga e, contemporaneamente, nel condurre un veicolo nel disprezzo totale delle regole), non così per l'attenuante specifica dell'art. 62 c.p., n. 6: per essa la sentenza impugnata ha seguito un indirizzo risalente (l'esempio più recente è Cass., sez. 6^, n. 46329/05, rv.

232837, Caputo), superato da una giurisprudenza (cui questa Corte aderisce e intende dar seguito) che privilegia l'atto di previdenza (anche se obbligatorio) posto in essere dal soggetto che assicura il proprio mezzo o che comunque (come nel caso) adopera un mezzo che sa essere assicurato. Di tale indirizzo era già esempio Cass., 4^, n. 46557/04, rv. 230195, Albrizzi ("In tema di attenuante del risarcimento del danno, alla luce della interpretazione adeguatrice dell'art. 62 c.p., n. 6, fornita dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 138 del 1998, deve ritenersi che detta attenuante - da riguardarsi come soggettiva solo relativamente agli effetti mentre, quanto al suo contenuto, è qualificabile come essenzialmente oggettiva - sia riconoscibile anche nel caso in cui il risarcimento sia stato effettuato da un istituto o una impresa di assicurazione") e lo è oggi Cass., 4^, n. 13870/09, rv. 243202, Cappelletti: "Ai fini della sussistenza dell'attenuante di cui all'art. 62 c.p., n. 6, il risarcimento, ancorchè eseguito dalla società assicuratrice, deve ritenersi effettuato personalmente dall'imputato tutte le volte in cui questi ne abbia conoscenza e mostri la volontà di farlo proprio" (fattispecie relativa ad omicidio colposo da incidente stradale).

Anche al detto principio (al pari di quello affermato in ordine alla qualificazione del reato) si uniformerà il giudice del rinvio, con conseguente diminuzione di pena (su quella individuata per il reato come sopra qualificato) nella misura che riterrà opportuna.

In tali termini la sentenza va annullata, con rinvio per nuovo giudizio sui punti sopra indicati ad altra sezione della Corte di Appello di Milano, cui viene altresì rimessa la pronuncia sulle spese sostenute in questo grado di legittimità dalla parte civile costituita (solo all'esito del giudizio di rinvio potendosi compiutamente valutare la reciproca soccombenza delle parti: Cass., sez. IV, sent. n. 4497 del 15/10/99, dep. 13/4/00, rv. 216462, Barbisan).
P.Q.M.

annulla con rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla qualificazione del fatto e alla attenuante del risarcimento dei danno; rimette (a pronuncia sulle spese sostenute dada parte civile in questo grado al giudice di rinvio, che individua in altra sezione della Corte di Assise di Appello di Milano.

Così deciso in Roma, il 5 aprile 2013.
Rispondi

Da: a roma11/12/2013 13:01:05
a che ora consegnano?
Rispondi

Da: testi sentenze11/12/2013 13:02:29
http://www.dirittoitaliano.com/giurisprudenza/index.php?categoria=Circolazione Stradale

qua ci sono tutte le ultime sentenze della cassazione su omicidio stradale per chi vuole approfondire
Rispondi

Da: in bocca_ al lupo11/12/2013 13:03:12
x avvocato in ascolto..qsto è il parere da adattare?
Rispondi

Da: avv. ric11/12/2013 13:03:18
per la traccia n. 2:
potrebbe esserci l'aggravante ex art. 61 n. 2, per la falsità materiale del privato, in quanto commessa per eseguire un altro fatto di reato ovvero la truffa.
truffa che si è consumata in quanto il soggetto attivo ha incassato gli assegni. pertanto non c'è il tenativo
Rispondi

Da: massima sentenza 20465/1311/12/2013 13:07:54
avrei bisogno della massima della sentenza 20465/13. ma non quella che sta negli archivi, ma presa dal CODICE PANALE 2013aggiornato. qualcuno ce l'ha?
Rispondi

Da: xxxxxxxxxxxxxxxxx11/12/2013 13:11:22
ass. Pen., Sez. I, 13 maggio 2013 (ud. 5 aprile 2013), n. 20465
Presidente Bardovagni, Relatore Rombolà

Con la pronuncia numero 20465 depositata il 13 maggio 2013 la Suprema Corte torna ancora a pronunciarsi sulla differenza tra dolo eventuale e colpa cosciente nei casi di omicidio stradale in una vicenda estremamente analoga ad un'altra pronuncia pubblicata sul portale nei giorni scorsi.
In breve, i fatti: il guidatore - assuntore in passato di cocaina e hashish e sprovvisto di patente di guida perchè sospesagli due mesi prima - si era messo alla guida in stato di intossicazione da sostanze stupefacenti (hashish) e, guidando ad una velocità superiore a quella consentita di 50 km orari invadeva l'opposta corsia di marcia, nonostante la striscia continua, la scarsa visibilità e la pioggia in atto, e andava a collidere frontalmente con un'altra autovettura causando la morte del guidatore.
Dopo essere stato condannato in primo grado a titolo di omicidio colposo, l'imputato era stato poi condannato in appello a titolo di omicidio volontario: in particolare, la Corte d'Assise d'appello aveva escluso che l'incidente fosse avvenuto per un sorpasso - di cui non vi era traccia - e addebitata l'invasione dell'opposta corsia di marcia solo alla perdita del controllo della guida a causa dell'alterazione psico-fisica in cui il conducente si trovava; per tale motivo, la corte riteneva di aderire alla tesi del dolo eventuale rispetto a quella della colpa cosciente in base all'analisi in concreto del fatto che (a differenza di casi analoghi come quello Lucidi, preso in esame dalla S.C. con sentenza n. 11222 del 18/2/10) vedeva un soggetto che, benchè ammaestrato dall'incidente occorsogli due mesi prima, si era messo in macchina di notte, con tempo avverso, sapendo di avere assunto hashish nel pomeriggio e un ansiolitico prima di andare a dormire, laddove ben avrebbe potuto, come consigliatogli dal padre ed aveva fatto in altre occasioni, chiamare la madre e farsi accompagnare con lei alla guida.
Di qui la riqualificazione del fatto come omicidio volontario, a titolo di dolo eventuale.
Ad avviso dei giudici della Cassazione, tuttavia, la pronuncia resa dalla Corte d'Assise d'appello, nell'intento di dare una risposta giudiziaria più adeguata a condotte del tipo di quella oggetto del presente processo, ha, tuttavia, forzato il confine giuridico tradizionalmente tracciato tra dolo e colpa, tra volontà dell'evento (volontà dell'azione a costo di causare l'evento e quindi volontà - anche - del detto evento) e colpa cosciente (volontà dell'azione nella convinzione che l'evento - sia pur prevedibile - non si verificherà). Il dolo vuole l'evento (quel determinato evento) e così lo vuole il dolo eventuale, che pone in essere l'azione anche a costo di provocare l'evento (quel determinato evento). La colpa, sia pur cosciente, no: provoca l'evento, sia pur il più grave e per la più riprovevole delle condotte, ma lo provoca per negligenza o imprudenza o imperizia ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline.
Tale situazione - prosegue la Corte - ricorre esattamente nel caso di specie: l'mputato, infatti, non si è messo alla guida di una vettura a costo di investire e di uccidere qualcuno (tanto meno una specifica persona), ma solo per raggiungere la sua meta e ciò nonostante fosse consapevole delle proprie precarie condizioni psico-fisiche, dell'ora notturna e delle avverse condizioni metereologhe; nonostante fosse anche consapevole di avere la patente sospesa e per ragioni strettamente collegate a quelle stesse condizioni psico - fisiche nelle quali si era posto alla guida quella notte.
Non può pertanto affermarsi che, ove si fosse concretamente rappresentato l'investimento e la morte di un'altra persona (paradossalmente anche di sè stesso), avrebbe deciso di mettersi alla guida anche a costo di ciò.
Sull'opportunità di punire tale comportamento a titolo di dolo, si osserva conclusivamente come tale reato sia già previsto puntualmente dall'art. 589 c.p., che nel sanzionare l'omicidio colposo prevede espressamente l'aggravante del fatto commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale (comma 2) e, nel perimetro della detta aggravante, quella ulteriore (comma 3, n. 2) che riguarda il soggetto che è sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope.
Per di più, tale reato, così aggravato, non è di poco conto, prevedendo una sanzione da tre a dieci anni di reclusione (a voler dire, in sostanza, che non vi è motivo di qualificare tali condotte necessariamente a titolo di dolo).
In conclusione, la sentenza va annullata, con rinvio per nuovo giudizio sui punti sopra indicati ad altra sezione della Corte di Appello.
Rispondi

Da: mimema 11/12/2013 13:11:36
luxor ci sei?
Rispondi

Da: Ary11/12/2013 13:12:41
Qualcuno mette la soluzione della traccia1 x favore?
Rispondi

Da: birbantino 11/12/2013 13:14:00
per il danneggiamento dell'edicola cosa dite?
Rispondi

Da: francescav 11/12/2013 13:15:19
NIENTE SULLA SECONDA TRACCIA?
Rispondi

Da: Avvocato in ascolto11/12/2013 13:16:59
Parere relativo all'omicidio

Secondo me, il punto focale del parere è disquire sulla differenza tra dolo eventuale e colpa cosciente, facendo un breve excursus sulle massime principali.

La distinzione è significativa, perchè dalla colpa cosciente discende l'imputazione per omicidio colposo (con l'aggravante del III co nn 1 e 2 del 589 c.p.), dal dolo eventuale discende direttamente l'omicidio volontario, di cui al 575 c.p.

La Cassazione, incluso l'arresto del  20465/13 è ancora ferma nel ritenere che l'omicidio causato da guida in stato di ebbrezza/stupefacenti sia omicidio colposo aggrvato e non volontario.

Per un excursu sulla giurisprudenza, è utile sia la sentenza del 2013 che già vi ho postato, sia questa, del 2010 che vi metto sotto.

Vedo, poi, che qualcuno - posto che qui abbiamo violazione del codice della strada e omicidio colposo aggravato - disquisisce anche in ordine alla distinzione tra delitto complesso ex art. 84  c.p. o concorso tra delitto e contravvenzione.
E' palesemente concorso, se volete approfondire, vedete Cassazione del 2012 che vi posto qui sotto.

Per me così il parere è risolto. Se avete altri utili spunti, postateli.


Cassazione penale, sez. IV, 24 marzo 2010, n. 11222.

L'argomento affrontato dalla quarta sezione della Corte di Cassazione riguarda l'inquadramento giuridico della condotta di colui il quale a seguito di incidente stradale provoca la morte di altri soggetti e, quindi, il tema del criterio distintivo tra colpa cosciente e dolo eventuale.
Il caso è quello di Tizio che, procedendo con la sua autovettura a velocità particolarmente elevata (circa 90 Km/h), durante l'attraversamento dell'incrocio, nonostante il semaforo segnalasse luce rossa e si trovasse in un centro abitato, investiva Caio e Sempronio a bordo di un motorino procurando loro lesioni gravissime, dalle quali derivava la morte. Nonostante l'impatto, Tizio proseguiva senza fermarsi e solo successivamente veniva identificato e sottoposto a fermo.
In primo grado Tizio veniva condannato per omicidio volontario, richiamando il giudice di prime cure, quanto alla qualificazione giuridica del fatto, i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità sulla differenza tra dolo eventuale e colpa cosciente e riteneva la sussistenza del primo di tali profili psicologici, rilevando che "l'imputato, alla guida di un'autovettura di grossa cilindrata, attraversando un incrocio in zona centrale della capitale, in orario in cui era elevata la circolazione pedonale e veicolare ..., procedendo a velocità estremamente elevata, non inferiore ai 90 km orari, attraversando consecutivamente due incroci nonostante il semaforo nella sua direzione di marcia indicasse luce rossa, si è evidentemente rappresentato il rischio di incidenti, anche con possibili gravi conseguenze. Ciò nonostante non ha desistito dalla sua folle condotta di guida, accettando almeno in parte il rischio di un evento drammatico".
Sul gravame dell'imputato, la Corte di Assise di Appello, riteneva il fatto sussumibile nella diversa ipotesi di reato di cui all'art. 589 c.p., comma 2, e art. 61 c.p., n. 3, richiamando anch'essi i principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità in materia, rilevando, fra l'altro, che l'inciso contenuto nell'art. 43 c.p. "quando l'evento, anche se preveduto, non è voluto dall'agente" mostra che "è necessario un qualche cosa in più perchè, a partire dalla previsione dell'evento, sia attinta la soglia del dolo, sia pure nella forma del dolo eventuale ...".; e che "occorre distinguere la volontà dell'evento dannoso dalla volontà di non osservare le leggi, regolamenti, ordini o discipline che quell'evento sono intesi ad evitare ". Osservavano che "il giudice dell'udienza preliminare ha fatto leva sulla gravità delle violazioni come parametro, pressochè esclusivo, alla stregua del quale ha, poi, desunto che l'imputato ha inteso agire "a rischio" di cagionare l'evento, e, perciò, in tal senso, "volendo" la morte di una persona".
Su ricorso del Procuratore generale, la Cassazione conferma la pronuncia della Corte d'Appello inquadrando l'elemento soggettivo come colpa cosciente.
La Corte, dopo aver esaminato le varie correnti giurisprudenziali e dottrinali in merito alla distinzione tra dolo eventuale e colpa cosciente, sottolinea che, poichè la previsione è anche elemento della colpa, è sul piano della volizione che va ricercata la distinzione tra dolo eventuale e colpa cosciente: "dolo eventuale si ha quando il rischio viene accettato a seguito di un'opzione, di una deliberazione con la quale l'agente consapevolmente subordina un determinato bene ad un altro", quando, oltre all'accettazione del rischio o del pericolo, "vi è l'accettazione, sia pure in forma eventuale, del danno, della lesione, in quanto essa rappresenta il possibile prezzo di un risultato desiderato".
Si è anche chiarito, con altra autorevole voce della dottrina, che "l'evento può dirsi accettato quando l'agente: a) si rappresenta almeno la possibilità positiva del verificarsi di esso; b) permane altresì nella convinzione o anche nel dubbio che esso possa concretamente verificarsi; c) tiene, ciononostante, la condotta quali ne siano gli esiti, anche a costo di cagionare l'evento e perciò accettandone il rischio; con una presa di posizione, con una scelta di volontà orientata nel senso della lesione e non del rispetto del bene tutelato".
Quanto al criterio dell'accettazione del rischio, la Corte precisa che è necessario sgomberare il campo da un possibile equivoco che potrebbe annidarsi nel mero richiamo a tale espressione: l'accettazione non deve riguardare solo la situazione di pericolo posta in essere, ma deve estendersi anche alla possibilità che si realizzi l'evento non direttamente voluto, pur coscientemente prospettasi. Posto che il dolo eventuale è pur sempre una forma di dolo e che l'art. 43 cpv. c.p., comma 1, richiede non soltanto la previsione, ma anche la volontà di cagionare l'evento, "la forma più tenue della volontà dolosa, oltre la quale si colloca la colpa (cosciente), è costituita dalla consapevolezza che l'evento, non direttamente voluto, ha la probabilità di verificarsi in conseguenza della propria azione nonchè dell'accettazione volontaristica di tale rischio" (Cass., Sez. Un., 12 ottobre 1993, n. 748/1994, cit.).
In altre parole, perché sussista il dolo eventuale, ciò che l'agente deve accettare è proprio l'evento - proprio la morte -; è il verificarsi della morte che deve essere stato accettato e messo in conto dall'agente, pur di non rinunciare all'azione che, anche ai suoi occhi, aveva la seria possibilità di provocarlo".
Massima: Occorre, quindi, accertare, per ritenere la sussistenza del dolo eventuale, che l'agente abbia accettato come possibile la verificazione dell'evento (nella fattispecie che occupa, la morte o la lesione di altri soggetti), non soltanto che abbia accettato una situazione di pericolo genericamente sussistente: ed è, altresì, necessario un quid pluris rispetto alla sola previsione dell'evento (che pure caratterizza la colpa cosciente), cioè l'accettazione, hic et nunc, della concreta probabilità che questo, ancorchè non direttamente voluto, abbia a realizzarsi, non desistendo l'agente dalla sua condotta, che continua ad essere dispiegata anche a costo di determinare l'evento medesimo. In sostanza, "accettazione del rischio" non significa accettare solo quella situazione di pericolo nella quale si inserisce la condotta del soggetto e prospettarsi solo che l'evento possa verificarsi, che tanto costituisce anche il presupposto della colpa cosciente; significa accettare anche la concreta probabilità che si realizzi quell'evento, direttamente non voluto.


Cass. 46441/2012 - reato complesso o concorso di reati

Avuto riguardo ai presupposti richiesti per la configurabilità del reato complesso, la giurisprudenza di legittimità ha sempre negato - così seguendo un indirizzo interpretativo viepiù consolidatosi nel tempo, senza alcuna oscillazione, ancora riaffermato con le più recenti decisioni, e da ribadirsi anche in questa sede perchè assolutamente condivisibile - l'applicabilità dell'art. 84 c.p. in relazione ai reati di omicidio colposo e di lesioni personali colpose, aggravati dalla violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale (che qui specificamente rileva) o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, anche in presenza di violazione prevista come reato contravvenzionale: "In caso di omicidio colposo o di lesione colposa e di contemporanea violazione delle norme sulla circolazione stradale o sulla prevenzione contro gli infortuni sul lavoro, non si configura una ipotesi di reato complesso, ma un mero concorso tra il delitto e la contravvenzione, e pertanto risulta inapplicabile la disposizione di cui all'art. 84 c.p." (in termini, Sez. 5, n. 2608 del 15/01/1979 Ud.

- dep. 14/03/1979 - Rv. 141422; conf. Sez. 4, n. 6575 del 16/01/1976 Ud. - dep. 29/05/1976 - Rv. 133680; conf., tra quelle concernenti specificamente la violazione di norme sulla disciplina della circolazione stradale: Sez. 4, n. 663 del 04/05/1979 Ud. - dep. 19/01/1980 - Rv. 143998; Sez. 4, n. 3559 del 29/10/2009 Ud. - dep. 28/01/2010 - Rv. 246300, della quale si avrà modo di dire anche in prosieguo).

Come rileva autorevole dottrina, "nella definizione dell'art. 84 il reato complesso è dato dalla fusione legislativa di (almeno) due reati, effettuata con una valutazione che da origine ad una fattispecie astratta unitaria ed autonoma, o con una nuova e diversa denominazione, oppure come forma aggravata di uno dei reati: la norma prevede dunque come reato complesso il solo c.d. reato composto, o reato complesso in senso stretto". Lo stesso Au. sottolinea poi che "essendo un caso di fusione o unificazione legislativa di (almeno) due reati, decisiva per l'esistenza di un reato complesso è sempre la descrizione legale: da questa deve risultare appunto la riconsiderazione delle fattispecie "originarie";"; di tal che, può anche ipotizzarsi un reato eventualmente complesso, ma soltanto se un reato compare come eventuale elemento costitutivo o eventuale circostanza aggravante di un altro reato: "deve appunto trattarsi pur sempre di una tipicizzazione astratta di una delle possibili forme del reato complesso". Con specifico riferimento alla questione che qui interessa, tale Au. esclude che possa ritenersi eventualmente complesso "il reato dell'art. 589, comma 2, e art. 590, comma 3". Altro esponente di spicco della dottrina ha esplicitamente condiviso la costante giurisprudenza che ha escluso ogni forma di assorbimento delle contravvenzioni in materia infortunistica e di circolazione stradale nei delitti colposi di omicidio e di lesioni personali "nonostante l'aggravante prevista per la violazione di tali norme nelle relative fattispecie legali". Ritiene il Collegio che la tesi prospettata con il ricorso non può trovare accoglimento, pur in relazione alla nuova formulazione degli artt. 589 e 590 c.p. in conseguenza delle modifiche introdotte con il D.L. 23 maggio 2008, n. 92,. conv., con mod., in L. 24 luglio 2008, n. 125.

Plurime ragioni, di ordine letterale e sistematico - che integrano, ad abundantiam, quelle, del tutto condivisibili e da intendersi qui richiamate, già esposte nelle decisioni riconducibili al consolidato indirizzo interpretativo affermatosi al riguardo nella giurisprudenza di legittimità, e costantemente ribadito, cui si è innanzi accennato - inducono, invero, ad escludere la configurabilità del reato complesso, nell'ipotesi del delitto di omicidio colposo (e di quello di lesioni personali colpose), commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale ed aggravato ai sensi dell'art. 589 c.p., comma 3 (e art. 590 c.p., comma 3, ultimo periodo).

L'ipotesi aggravata de qua è configurabile - secondo la formulazione letterale - "se il fatto è commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, da soggetto in stato di ebbrezza alcolica ai sensi del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 186, comma 2, lett. c, e successive modificazioni" o "da soggetto sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope".

5.1. Mette conto sottolineare che, oltre ai conducenti di veicoli, vi sono "soggetti" i quali, pur non direttamente impegnati nella fase della "circolazione" intesa come guida di un veicolo, sono tuttavia anch'essi obbligati al rispetto di norme relative alla disciplina della circolazione stradale, a garanzia della tutela degli utenti della strada; ad esempio: 1) il pedone, in relazione all'art. 190 C.d.S.; 2) il soggetto responsabile della predisposizione - e del controllo in loco - delle misure di protezione e delle adeguate segnalazioni per la presenza di un cantiere sulla strada, in relazione all'art. 21 C.d.S. e art. 31 del relativo regolamento; 3) l'istruttore di guida, in relazione all'art. 122 C.d.S..

Ne deriva, che l'aggravante della violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, prevista dall'art. 589 c.p., comma 2 per l'omicidio colposo, e dall'art. 590 c.p., comma 3, primo periodo, per le lesioni personali colpose, deve ritenersi di certo sussistente - ove venga commesso uno di tali reati - allorquando la normativa di riferimento è violata da taluno di detti "soggetti", dunque pur non alla guida di un veicolo (cfr., ex plurimis: Sez. 4, n. 26394 del 20/05/2009 Ud. - dep. 25/06/2009 - Rv. 244509; Sez. 4, n. 42104/12, relativa a fattispecie concernente l'istruttore per la guida).

Orbene, se non è dubbio che l'ambito applicativo della circostanza introdotta con la novella del 2008 è certamente circoscritto alla violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale - e se è vero che tale circostanza, avuto riguardo ai dati statistici in materia di incidenti stradali, è in concreto destinata ad applicarsi il più delle volte a chi guida in stato di grave ebbrezza alcolica o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti - parimenti non appare revocabile in dubbio, appunto in base alla lettera della legge, che il destinatario del precetto così (ri)formulato, come rilevato da esponenti della dottrina, ben può essere individuato non soltanto In "chi guida", ma anche in chi (come taluno dei soggetti prima indicati a titolo esemplificativo), gravato dall'obbligo di osservanza di norme concernenti l'anzidetto settore, si renda, in violazione delle stesse, responsabile di omicidio colposo o di lesioni personali colpose trovandosi in grave stato di ebbrezza alcolica o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope. Si pensi al pedone, il quale - in stato di grave ebbrezza o di alterazione psico-fisica per aver assunto stupefacenti - attraversi improvvisamente la strada al di fuori degli appositi attraversamenti pedonali (oppure non rispetti il segnale semaforico per l'attraversamento), con movimento rapido, inaspettato ed imprevedibile, ed in tal modo determini una turbativa di traffico da cui derivi un incidente stradale con danni a terze persone; parimenti è chiamato a rispondere del reato di omicidio colposo o di lesioni personali colpose, nella forma così aggravata, il soggetto, al lavoro presso un cantiere sulla sede stradale ed incaricato della materiale predisposizione delle cautele e delle segnalazioni per indicare la presenza del cantiere stesso, il quale, nelle condizioni di grave ebbrezza o di alterazione da assunzione di stupefacenti, ometta di predisporre un'adeguata segnaletica e, con tale condotta, provochi un incidente stradale con danni a persone; lo stesso dicasi per l'istruttore, il quale, nella medesima condizione di alterazione psico-fisica per grave ebbrezza o per assunzione di stupefacenti, non vigilando adeguatamente sulla condotta di guida dell'allievo (così violando l'art. 122 C.d.S.), contribuisca al verificarsi di un incidente con danni alle persone.

Giova rilevare che il legislatore, in relazione alla circostanza de qua - a differenza di quanto stabilito negli artt. 186 e 187 C.d.S. nei confronti del "conducente", ai fini dell'accertamento dei reati previsti da tali norme - non ha indicato alcuna specifica procedura per l'acquisizione di elementi rivelatori di quel particolare stato psico-fisico (richiesto perchè ricorra l'ipotesi introdotta con la citata riforma del 2008); ciò sta a significare che detto stato, con riferimento alla circostanza in argomento, ben può essere dimostrato con l'acquisizione di dati probatori che presentino connotazioni di sicura affidabilità. Ad esempio, ove, in caso di incidente, si rendesse necessario per un "soggetto" tra quelli fin qui presi in considerazione, coinvolto nell'incidente da lui stesso provocato, un controllo ospedaliero (per lesioni riportate, o perchè in stato di shock, o perchè comunque colto da malore), non vi sarebbe ragione per non ritenere utilizzabile l'esito dell'accertamento, effettuato nell'ambito del protocollo di pronto soccorso (quindi senza necessità del consenso), rivelatore di quello stato di alterazione psico-fisica, ben potendo trovare applicazione il principio già in tal senso enunciato nella giurisprudenza di legittimità in relazione al "conducente" (cfr.: Sez. 4, n. 4118 del 09/12/2008 Ud. - dep. 28/01/2009 - Rv. 242834, quanto al reato ex art. 186 C.d.S.; Sez. 4, n. 26783 del 08/06/2006 Ud. - dep. 28/07/2006 - Rv. 234626, quanto al reato ex art. 187 C.d.S.). Mette conto sottolineare, inoltre, che questa Corte ha più volte affermato che, non solo per l'ipotesi di cui alla fascia a), ma anche per le ipotesi più gravi, lo stato di ebbrezza può essere riscontrato, e ritenuto così accertato sulla base di dati sintomatici, a condizione che risultino acquisiti significativi e concreti elementi comportamentali, inequivocabilmente riferibili, oltre ogni ragionevole dubbio, ad uno stato di grave ebbrezza alcolica (Sez. 4, n. 48297 del 27/11/2008 Ud. - dep. 29/12/2008 - Rv. 242392; Sez. 4, n. 6889 del 16/12/2011 Cc. - dep. 21/02/2012 - Rv. 252728). Parimenti, ben può ritenersi accertato lo stato di alterazione psico-fisica da assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope in presenza dell'ammissione dell'imputato di aver fatto uso di tali sostanze (Sez. 4, n. 38520 del 21/09/2007 Ud. - dep. 18/10/2007 - Rv. 237778).

Ciò posto, sulla scorta di quanto fin qui argomentato, certamente non può parlarsi di reato complesso - mancandone i presupposti - nel caso di delitto di omicidio colposo, o di lesioni personali colpose, commesso, con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, da "soggetto" non alla guida di un veicolo (come è ben possibile per quanto sopra detto), pur in stato di ebbrezza ai sensi dell'art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c), o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope: in aggiunta alle ragioni già poste a sostegno del consolidato indirizzo giurisprudenziale dianzi ricordato - che ha negato la configurabilità del reato complesso nell'ipotesi di reato di omicidio colposo (o lesioni personali colpose) commesso con violazione delle norme sulla circolazione stradale (o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro), anche nel caso di violazione costituente ex se reato contravvenzionale - è sufficiente inoltre osservare che lo stato di ebbrezza, pur nella più grave delle tre ipotesi previste nell'art. 186 C.d.S., comma 2, o di alterazione riconduciblle ad assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope, è un fatto che, se non direttamente collegato alla "guida" di un veicolo, non costituisce "per se stesso" reato.

6. Ad avviso del Collegio, parimenti non può ritenersi configurabile il reato complesso ove uno dei delitti in argomento (omicidio colposo o lesioni personali colpose, gravi o gravissime) sia commesso, con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, da un "soggetto" in stato di ebbrezza ai sensi dell'art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c), o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope, alla guida di un veicolo.

6.1. Dovendo intendersi qui richiamate tutte le argomentazioni già prima svolte al riguardo, va innanzi tutto sottolineato che non sembra del tutto puntuale, perchè non rigorosamente in sintonia con il dato letterale della norma, la considerazione svolta da qualche esponente della dottrina, secondo cui la configurabilità del reato complesso deriverebbe dall'aggancio operato dal legislatore - nella previsione dell'ipotesi di reato commesso nelle condizioni in argomento - "a specifiche ipotesi di contravvenzione". Mette conto evidenziare, invero, che la formulazione letterale delle fattispecie contemplate nell'art. 589 c.p., comma 3 e nell'art. 590 c.p., comma 3, ultimo periodo, non consente di ravvisare, di per sè, un "aggancio" a specifiche "ipotesi di contravvenzione": come in precedenza si è avuto modo di sottolineare, il legislatore ha infatti indicato come agente il "soggetto" e non "chi guida".

Il riferimento esplicito all'art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c), - di cui all'art. 589 c.p., comma 3, n. 1) e di cui all'art. 590 c.p., comma 3, ultimo periodo - appare chiaramente finalizzato all'individuazione del tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l, al quale si è voluto evidentemente dare rilievo per giustificare il significativo inasprimento sanzionatorio; le disposizioni che disciplinano il reato di guida in stato di ebbrezza prevedono, infatti, altre due fasce di tasso alcolemico: lett. a), tasso superiore a 0,5 e non superiore a 0,8 (ipotesi poi depenalizzata con la riforma di cui alla L. n. 120 del 2010 e punita quindi con sanzione amministrativa); lett. b), tasso superiore a 0,8 e non superiore a 1,5. Se il legislatore avesse inteso fare specifico ed esclusivo riferimento al reato di guida in stato di grave ebbrezza, avrebbe usato l'espressione "soggetto alla guida in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell'art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c)" e non "soggetto in stato di ebbrezza alcolica........": ed è significativo che, quanto allo stato di alterazione riconducibile ad uso di sostanze stupefacenti o psicotrope, non è stato fatto riferimento al "soggetto alla guida sotto l'effetto....", nè al "D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 187, e successive modificazioni", ma è stato indicato genericamente il "soggetto sotto l'effetto.......".

6.2. La novella del 2008 non ha dato luogo ad una diversa fattispecie astratta unitaria ed autonoma, nè ha comportato una riconsiderazione della fattispecie originaria: lo stato di ebbrezza ex art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c), o di alterazione riconducibile all'uso di sostanze stupefacenti, in tutto si inserisce in quella originariamente delineata, incidendo solo quoad poenam per la particolare riprovevolezza della colpa, ravvisata in quelle specifiche ipotesi e pur sempre riferibile a violazione di norme sulla disciplina della circolazione stradale.

Il che trova inequivocabilmente conferma nell'art. 590 bis c.p., introdotto con la medesima novella, che ha disciplinato il "computo delle circostanze" in riferimento agli artt. 589 e 590 c.p., statuendo, in particolare, che "quando ricorre la circostanza di cui all'art. 589, comma 3, ovvero quella di cui all'art. 590, comma 3, ultimo periodo, le concorrenti circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli artt. 98 e 114, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni si operano sulla quantità di pena determinata ai sensi delle predette circostanze aggravanti". In sostanza, con riferimento alla circostanza aggravante della violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale - prevista nell'art. 589 c.p., comma 2 e nell'art. 590 c.p., comma 3, primo periodo, - l'ipotesi in esame si caratterizza per la particolare situazione (grave ebbrezza o alterazione da sostanze stupefacenti o psicotrope), in cui il soggetto si trova al momento del fatto, che, nella struttura della fattispecie aggravata, assume il ruolo di presupposto della condotta colposa, e, segnatamente, di quella violazione della norma sulla disciplina della circolazione stradale che, quale elemento della colpa specifica, si pone poi in rapporto di stretta causalità con l'evento (danno alle persone) oggetto della previsione degli artt. 589 e 590 c.p.: le due norme, invero, non richiedono che quel particolare stato - grave ebbrezza o alterazione da stupefacenti - debba svolgere una qualche efficienza causale nella determinazione dell'evento lesivo.

Alla condizione di grave ebbrezza ed a quella di alterazione psico- fisica derivante da assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope il legislatore ha riservato particolare attenzione - predisponendo un meccanismo sanzionatorio severo per i delitti (pur sempre di natura colposa) di cui agli artt. 589 e 590 c.p., se commessi da soggetto in tale stato - ritenendo, a ragione, che entrambe le condizioni, incidendo negativamente sul livello di attenzione dei soggetti gravati da obbligo di garanzia per la tutela degli utenti della strada, possano creare maggiori possibilità ed occasioni di incidenti: proprio questa forte preoccupazione, avvertita dal legislatore, induce a ritenere non in sintonia con la ratio ispiratrice della novella una lettura delle relative disposizioni che ne limiti l'ambito applicativo esclusivamente a "chi guida".

6.3. La guida di un veicolo, nelle condizioni descritte nell'art. 589 c.p., comma 3 e nell'art. 590 c.p., comma 3, ultimo periodo, rappresenta quindi un quid pluris che, destando maggior allarme e mettendo all'evidenza fortemente a rischio la pubblica incolumità, ragionevolmente riceve, nel caso di omicidio colposo o lesioni personali colpose, specifica risposta sanzionatoria, quale (ulteriore) reato concorrente, trattandosi di un'azione autonoma e non direttamente connessa con la condotta tipica della fattispecie delittuosa nella forma aggravata della violazione di norme sulla disciplina della circolazione stradale: in relazione alla finalità delle norme del codice della strada - che è quella di garantire la regolarità della circolazione e la sicurezza degli utenti della strada - la condotta di un soggetto in stato di grave ebbrezza, o di alterazione psico-fisica da assunzione di stupefacenti, alla guida di un veicolo, è certamente più pericolosa rispetto a quella di colui il quale, trovandosi nel medesimo stato, pur tenuto ad osservare le norme del codice stesso, non sia però direttamente impegnato nella fase della circolazione come conducente di un veicolo. L'appannamento dei riflessi e le diminuite capacità di reazione nella fase della guida costituiscono certamente fattori che rendono estremamente probabile la violazione di qualsiasi norma di comportamento del codice della strada; e non solo di una norma che prevede un obbligo specifico, ma anche della disposizione di cui all'art. 140 C.d.S., comma 1, che stabilisce la regola generica di non costituire pericolo per la circolazione e può quindi più facilmente essere violata da un guidatore che non si trovi nella pienezza delle sue capacità psico-fisiche: "ai fini della sussistenza dell'aggravante di cui all'art. 589 c.p., comma 2, non è necessaria la violazione di una specifica norma del codice stradale, essendo sufficiente l'inosservanza delle regole di generica prudenza, perizia e diligenza. (In motivazione la Corte ha precisato che tali regole devono ritenersi far parte integrante della disciplina della circolazione stradale, come si desume dal disposto dell'art. 140 C.d.S., la cui violazione, dunque, assume lo stesso valore della violazione di una disposizione specifica)" (Sez. 4, n. 35665 del 19/06/2007 Ud. - dep. 28/09/2007 - Rv. 237453).

6.4. Come già accennato, e proprio in relazione agli indici di pericolosità, anche ragioni sistematiche, collegate alla ratto che ha ispirato gli interventi del legislatore negli ultimi anni in materia di circolazione stradale, inducono ad escludere la configurabilità del reato complesso. L'impostazione repressiva, che chiaramente ha caratterizzato le modifiche normative introdotte, rispecchia, come già innanzi evidenziato, la volontà del legislatore di rendere più severa ed effettiva la sanzione per i delitti contro l'incolumità personale commessi nell'ambito della circolazione stradale, rivolgendo una particolare attenzione alla guida in stato di ebbrezza ed a quella in stato di alterazione psico- fisica per assunzione di sostanze stupefacenti: e ciò, anche per dare una risposta al crescente malcontento dell'opinione pubblica che riteneva fin troppo mite il trattamento sanzionatorio riservato ai responsabili di tali reati (tuttora si sollecita da più parti - di fronte al ripetersi di continue tragedie causate da soggetti alla guida di veicoli in stato di ebbrezza o sotto l'influenza di sostanze stupefacenti - l'introduzione della figura del reato di "omicidio stradale"). Con la medesima novella di cui al D.L. 23 maggio 2008, n. 92, conv. in L. 24 luglio 2008, n. 125 (già in vigore al momento del fatto contestato alla C.: 23 settembre 2008) - con la quale, in relazione ai delitti di omicidio colposo e lesioni personali (gravi e gravissime) colpose, è stata introdotta la circostanza di cui all'art. 589 c.p., comma 3 e di cui all'art. 590 c.p., comma 3, stabilendo al riguardo uno specifico meccanismo sanzionatorio - il legislatore ha nel contempo inasprito le sanzioni anche per i reati di guida in stato di ebbrezza (e rifiuto di sottoporsi all'accertamento) e di guida sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope (e rifiuto di sottoporsi all'accertamento), evidentemente considerando tali condotte estremamente pericolose: è stato stabilito, in particolare, nel caso di sentenza di condanna ovvero di applicazione della pena su richiesta delle parti, l'obbligo per il giudice - per il reato di guida in stato di ebbrezza nell'ipotesi di cui all'art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c), per quello di rifiuto di sottoporsi all'accertamento (art. 186 C.d.S., comma 7), per il reato di guida in stato di alterazione psico-fisica per l'assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope (art. 187 C.d.S., comma 1), e per quello di rifiuto di sottoporsi all'accertamento (art. 187 C.d.S., comma 8) - di disporre la confisca del veicolo con il quale è stato commesso il reato (salvo che lo stesso appartenga a persona estranea al reato). Poichè, nel caso di reato complesso, il reato assorbito perde la sua autonomia, nell'ipotesi di delitto di omicidio colposo (o lesioni personali colpose gravi o gravissime) commesso con violazione delle norme sulla circolazione stradale da soggetto, alla guida di un veicolo, in stato di ebbrezza con tasso superiore a 1,5 o di alterazione da uso di sostanze stupefacenti o psicotrope, l'assorbimento del reato contravvenzionale farebbe venir meno - ove si ritenesse configurabile appunto il reato complesso - la confisca obbligatoria, mancando una tale previsione con riferimento all'art. 589 c.p., comma 3, e art. 590 c.p., comma 3, ultimo periodo: una conclusione diversa comporterebbe una palese violazione del principio di legalità.

Per cui ne deriverebbe la conseguenza che detta rigorosa sanzione amministrativa accessoria, obbligatoria in presenza della sola contravvenzione (tranne il caso dell'appartenenza del veicolo a persona estranea al reato), perderebbe tale connotazione di obbligatorietà addirittura nel caso di eventi drammatici. Inoltre, finirebbero poi per essere equiparate, sul piano sanzionatolo, situazioni palesemente diverse sotto il profilo della pericolosità della condotta; ed invero, al "soggetto" il quale commetta uno dei delitti di cui all'art. 589 c.p., comma 3, e art. 590 c.p., comma 3, ultimo periodo, ma non alla guida di un veicolo - e quindi senza commettere l'ulteriore reato ex artt. 186 o 187 C.d.S. - ed al "soggetto" il quale parimenti commetta uno di tali delitti, ma alla guida di un veicolo, così rendendosi addirittura responsabile di un ulteriore reato (dal legislatore considerato di significativa pericolosità, vale a dire quello di cui all'art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c), o art. 187 C.d.S.), risulterebbe riservata la medesima forbice sanzionatoria edittale: la configurabilità del reato complesso, facendo quindi venir meno (anche) la sanzione penale prevista per il reato contravvenzionale, risulterebbe, sotto un ulteriore aspetto, non in sintonia con la ratio che ha ispirato la novella del 2008 in materia, da individuarsi, come detto, in una chiara impostazione repressiva.

6.5. Se si ritenesse sussistente l'ipotesi del reato complesso, ne deriverebbe, poi, un'altra conseguenza di indubbio rilievo:

diventerebbero infatti perseguibili di ufficio (art. 131 c.p.) i reati di lesioni personali gravi e gravissime cagionate con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, se commessi da soggetto in stato di ebbrezza alcolica con tasso alcolemico superiore a 1,5 o in stato di alterazione conseguente ad assunzione di sostanze stupefacenti (allo stato perseguibili a querela - a differenza delle lesioni personali gravi e gravissime commesse con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale - in forza della disposizione di cui all'art. 590 c.p., u.c.).

6.6. Per completezza argomentativa si impongono ancora talune precisazioni in relazione alla sentenza n. 3559 del 29/10/2009 Ud. - dep. 28/01/2010 - emessa da questa stessa Sezione.

Secondo la prospettazione della ricorrente, argomenti a favore della tesi del reato complesso sarebbero desumibili dalla citata sentenza nella parte in cui risulta precisato quanto segue: "perchè ricorrano i presupposti per l'applicazione dell'art. 84 c.p., è necessario che il reato assorbito, oltre a perdere totalmente la propria autonomia, ed a fondersi con il reato principale, abbia con quello in cui si fonde un legame causale con carattere di immediatezza" (pag. 10 del ricorso).

Orbene, mette conto innanzi tutto sottolineare che tale sentenza - sia pure pronunciata con riferimento al reato di omicidio colposo aggravato, nella formulazione antecedente alla modifica poi introdotta con D.L. 23 maggio 2008, n. 92 (convertito con L. 24 luglio 2008, n. 125) che inserì nell'art. 589 c.p. l'attuale comma 3 (modificando altresì l'art. 590 c.p., comma 3 con l'introduzione dell'ultimo periodo) - non pare, in realtà, suffragare la tesi sostenuta dalla ricorrente, essendo stata esclusa la configurabilità del reato complesso in relazione a fattispecie di omicidio colposo commesso con violazione delle norme sulla circolazione stradale da soggetto che guidava in stato di ebbrezza; nella circostanza è stato invero ritenuto il concorso del reato di cui all'art. 589 c.p., aggravato dalla violazione di norme sulla circolazione stradale, con quello di guida in stato di ebbrezza di cui all'art. 186 C.d.S., come è agevole rilevare dalla relativa massima: "Si ha un concorso di reati, e non un reato complesso, in caso di omicidio colposo qualificato dalla circostanza aggravante della violazione di norme sulla circolazione stradale, quando detta violazione dia di per sè luogo ad un illecito contravvenzionale. (Fattispecie nella quale è stato ritenuto il concorso del delitto di omicidio colposo aggravato dalla violazione di norme sulla circolazione stradale con la contravvenzione di guida in stato di ebbrezza)" (Rv. 246300).

Certo, come accennato, si tratta di sentenza avente ad oggetto un fatto avvenuto prima delle modifiche, apportate agli artt. 589 e 590 c.p. con la novella legislativa del 2008, che, invece, rilevano in relazione alla fattispecie in esame. Alcuni esponenti della dottrina, favorevoli alla configurabilità del reato complesso, ritengono pertanto che si tratterebbe di un precedente non utilizzabile quale argomento a sostegno della tesi da essi contrastata.

Nel ribadire tutte le considerazioni dianzi svolte - che il Collegio ritiene ostative alla configurabilità del reato complesso - giova peraltro evidenziare che nella sentenza appena evocata, pur riferibile al quadro normativo ante riforma del 2008, è stato sviluppato un argomento, ritenuto nella sentenza stessa esplicitamente tale da non consentire la configurabilità del reato complesso, che, in quanto di carattere generale, ben può valere anche in relazione al successivo assetto normativo; muovendo dal rilievo che l'imputato aveva iniziato la guida in stato di ebbrezza certamente prima della consumazione del delitto di omicidio colposo, è stato invero sottolineato che "anche sotto tale profilo, in assenza di una immediata coincidenza causale tra le due violazioni, non può configurarsi l'ipotesi di cui all'art. 84": ed a sostegno di tale assunto è stata richiamata la sentenza della Seconda Sezione n. 10812 del 1995 (si tratta di decisione concernente fattispecie in relazione alla quale è stato ritenuto il reato di rapina come reato complesso solo allorquando tra la violenza - come la minaccia - intercede un nesso causale, con carattere di immediatezza, con l'impossessamento).

E' opportuno ancora ricordare che non sono mancate in dottrina, con esplicito riferimento al quadro normativo che il legislatore ha delineato con le modifiche introdotte con la novella del 2008, opinioni contrarie alla configurabilità del reato complesso: vi è stato chi, propendendo per il concorso di reati, ha palesato perplessità di fronte alla scelta del legislatore di limitare l'ancoraggio dello stato di ebbrezza alcolica alla sola situazione contemplata nell'art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c), ed ha osservato che il legislatore, attesa la severità del trattamento sanzionatorio contemplato, ha presumibilmente "preferito escludere fatti che non rivelassero in maniera sufficientemente evidente l'intensità della colpa"; altro esponente della dottrina, proprio nel commentare la sentenza n. 3559 del 28 gennaio 2010, ha sostenuto che le conclusioni raggiunte da quella sentenza risulterebbero pienamente attuali e valide anche dopo l'introduzione "dell'aggravante specifica dell'omicidio correlata alla condizione alterata del conducente", stante l'autonomia delle due fattispecie.

6.7. Ulteriore argomento ostativo alla configurabilità del reato complesso è la diversità del bene giuridico tutelato dalle norme di riferimento, posto che i delitti di cui agli artt. 589 e 590 c.p., sono reati che tutelano la vita e l'incolumità individuale, mentre le contravvenzioni ex art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c), e art. 187 C.d.S., sono reati di pericolo. Proprio in relazione alla diversità dei beni giuridici tutelati, è stata più volte esclusa l'applicabilità del principio di specialità (del quale si avrà ancora modo di dire appresso), ed affermata la sussistenza del concorso materiale, tra i reati previsti dalle norme sugli infortuni sul lavoro e quelli di omicidio colposo e lesioni personali colpose, nell'ipotesi aggravata di cui all'art. 589 c.p., comma 2 e all'art. 590 c.p., comma 3: "sussiste concorso materiale tra i reati previsti dalle norme relative alla prevenzione degli infortuni sul lavoro ed i reati di omicidio colposo e lesioni personali colpose, atteso che la diversa natura dei reati medesimi (i primi di pericolo e di mera condotta, i secondi di danno e di evento), il diverso elemento soggettivo (la colpa generica nei primi, la colpa specifica nei secondi, nell'ipotesi aggravate di cui all'art. 589 c.p., comma 2 e all'art. 590 c.p., comma 3), i diversi interessi tutelati (la prevalente finalità di prevenzione dei primi, e lo specifico bene giuridico della vita e dell'incolumità individuale protetto dai secondi), impongono di ritenere non applicabile il principio di specialità di cui all'art. 15 c.p." (in termini, ex plurimis, Sez. 4, n. 35773 del 06/06/2001 Ud. - dep. 03/10/2001 - Rv. 219970); ad identica conclusione deve pervenirsi, stante la eadem ratio, come di seguito ulteriormente si preciserà, in presenza dei reati previsti dagli artt. 186 e 187 C.d.S. e dei delitti di omicidio colposo e di lesioni personali colpose nelle ipotesi di cui, rispettivamente, all'art. 589 c.p., comma 3 e all'art. 590 c.p., comma 3, ultimo periodo.

Rispondi

Da: a avv. ric11/12/2013 13:25:33
grazie
Rispondi

Da: as11/12/2013 13:25:42
qualcuno conosce con quale corte d'appello Catanzaro è abbinata? grazie
Rispondi

Da: sa11/12/2013 13:29:11
x pietà postate il parere della traccia 1 svolto semplice
Rispondi

Da: in bocca_ al lupo11/12/2013 13:30:07
si sono d'accordo cn sa
Rispondi

Da: max11/12/2013 13:37:28
il parere completo sulla traccia della guida in stato di ebrezza per favore!!HELP
Rispondi

Da: Sinarchio11/12/2013 13:37:55
"Nella consapevolezza della loro provenienza illecita" e controcampus.it di cosa parla? Di assegni smarriti!!!
Ieri la revocatoria, oggi gli assegni smarriti...
E questi hanno anche una scuola?
Non ho parole...
Rispondi

Da: max11/12/2013 13:43:03
help.. help.. lo svolgimento completo sulla traccia guida in stato di ebrezza!!
Rispondi

Da: TRACCIA 111/12/2013 13:46:42
Giurisprudenza e normativa traccia 1

Sentenza n.20465 del 13.05.2013

Allo stato della legislazione il reato (omicidio stradale) è già previsto ed è precisamente quello dell'art. 589 c.p., che nel sanzionare l'omicidio colposo prevede espressamente l'aggravante del fatto commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale (comma 2) e, nel perimetro della detta aggravante, quella ulteriore (comma 3, n. 2) che riguarda il soggetto che è sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope. E il reato, così aggravato, non è di poco conto, prevedendo una sanzione da tre a dieci anni di reclusione. Una diversa regolamentazione della materia è de iure condendo.

Sentenza n.46441 del 30.11.2012

In caso di omicidio colposo o di lesione colposa e di contemporanea violazione delle norme sulla circolazione stradale o sulla prevenzione contro gli infortuni sul lavoro, non si configura una ipotesi di reato complesso, ma un mero concorso tra il delitto e la contravvenzione, e pertanto risulta inapplicabile la disposizione di cui all'art. 84 c.p.


Articolo 589 codice penale. Omicidio colposo

1. Chiunque cagiona per colpa la morte di una persona è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.
2. Se il fatto è commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena è della reclusione da due a sette anni.
3. Si applica la pena della reclusione da tre a dieci anni se il fatto è commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale da:
1) soggetto in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell'articolo 186, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 30 aprile 1992, numero 285, e successive modificazioni;
2) soggetto sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope.
4. Nel caso di morte di più persone, ovvero di morte di una o più persone e di lesioni di una o più persone, si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo, ma la pena non può superare gli anni quindici.
Rispondi

Da: HELPISSIMO11/12/2013 13:49:48
C'è  QUALCUNO CHE METTERà LO SVOLGIMENTO  COMPLETO A BREVE
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