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10 dicembre 2013 - Parere CIVILE
803 messaggi, letto 66615 volte

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Da: x Ultime Notizia10/12/2013 17:02:17

- Messaggio eliminato -

Rispondi

Da: avv10/12/2013 17:02:43
l'elemanto psicologico per la revocatoria è in re ipsa...
Rispondi

Da: aurelio.201310/12/2013 17:03:30

- Messaggio eliminato -

Rispondi

Da: Sinarchio10/12/2013 17:03:57
Voglio ammettere l'autostima ma prendersi la responsabilità di svolgere un compito sul fondo patrimoniale nelle forme e nei contenuti in cui è stato fatto qui è da incoscienti.
Spero che nella professione non commettiate le stesse leggerezze.
Rispondi

Da: mari azzu10/12/2013 17:03:57
ciao a tutti, sapete dirmi a che ora finisce Genova?grazie!
Rispondi

Da: ciao 110/12/2013 17:05:06
soluzioniiiiiiiiiiiiii
Rispondi

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Da: x Mari Azzu10/12/2013 17:07:43

- Messaggio eliminato -

Rispondi

Da: Sinarchio10/12/2013 17:08:15
La demenza è "in re ispa"...
L'onere della prova incombe sull'istituto bancario e dovrebbe provare che i due coniugi hanno escogitato il fondo patrimoniale per sottrarsi alla garanzia. Quando invece, i coniugi sono diventati morosi dopo ben 1 anno dalla costituzione del fondo patrimoniale...
In merito all'eventus damni, poi, chi vi dice che i due coniugi non abbiano altri beni che l'Istituto potrebbe aggredire?
Ho pronato una sedicente sequestrante (figuratevi il "revocatore") con tale motivo...: mancata produzione di visure immobiliari attestanti l'inesistenza di altri beni da aggredire.
Rispondi

Da: pampaciune 10/12/2013 17:09:28
Non ho capito se la revocatoria è prematurata? Come fosse antani?
Rispondi

Da: GiovanniGTS 10/12/2013 17:10:56
Prima traccia

Quali e quante azioni contro i soci?

Quali e quante azioni contro il liquidatore?

E' possibile chiedere il fallimento della società?
Rispondi

Da: rem10/12/2013 17:11:16
le soluzioni sono postate nelle pagine precedenti
Rispondi

Da: mari azzu10/12/2013 17:11:45
daiii! vi prego..il mio ragazzo sta facendo l'esame e questo silenzio mi turba un pochino..giusto sapere se c'è ancora un'ora buona di tempo o è semplicemente distrutto..:( grazie..
Rispondi

Da: rem10/12/2013 17:12:32
con calma...cisono per entrambe le tracce
Rispondi

Da: GiovanniGTS 10/12/2013 17:13:45
nelle pagine precedenti non c'e' assolutissimamente scritto:

Quali e quante azioni contro i soci?
Quali e quante azioni contro il liquidatore?
E' possibile chiedere il fallimento della società?

NON C'E' SCRITTO
Rispondi

Da: Bidello 10/12/2013 17:13:58
ragazzi, per quanto concerne la traccia della cancellazione della società: che si fa contro il liquidatore visto che è nullatenente?
Rispondi

Da: norevocatoria10/12/2013 17:15:11
La revocatoria non c'entra nulla!!!
Rispondi

Da: allucinante10/12/2013 17:15:22
sottoscrivo la tua affermazione...soluzioni date completamente senza senso!!!!
Rispondi

Da: concordo10/12/2013 17:15:29
1. il credito è funzionale ai bisogni della famiglia, onde che il problema dell'opponibilità del fondo non si pone: trattandosi di creditore funzionale la banca può aggredire sempre i beni del fondo, quale che sia la natura e la data in cui il credito è sorto e quale che sia la garanzia annessa al credito;

2. Anche ammettendo per avventura che il credito non è funzionale, ad ogni modo esiste ipoteca che attribuisce al creditore la possibilità di aggredire il bene ovunque si trovi: nei riguardi del creditore ipotecario sono infatti ipso iurie inopponibili gli atti di disposizione;

3. Anche laddove il credito fosse stato extra funzionale (non collegato ai bisogni) e sprovvisto di garanzia reale, la banca non sarebbe rimasta sprovvista di strumenti di tutela, stante l'esistenza di tutti i presupposti per esperire l'azione revocatoria.
Rispondi

Da: rem10/12/2013 17:16:25
Schema
- effetti cancellazione della società dal registro imprese: estinzione della società. analisi art.
2495 c.c.
- successione dei soci nei debiti della società nei limiti delle quote di partecipazione (posto
che si tratta di una società di capitali e quindi a responsabilità limitata)
- colpa del liquidatore per aver trascurato le domande di pagamento della società alfa
- Cass. SS UU n. 6070 del 12.032013
-conclusioni: legittimazione ad agire nei confronti dei soci nei limiti della quota loro
liquidata ed azione di risarcimento danni nei confronti del liquidatore
Qualora all'estinzione della società, conseguente alla sua cancellazione dal registro delle imprese,
non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si
determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale: le obbligazioni si trasferiscono ai
soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o
illimitatamente, a seconda che, "pendente societate", essi fossero o meno illimitatamente
responsabili per i debiti sociali; si trasferiscono del pari ai soci, in regime di contitolarità o di
comunione indivisa, i diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta,
ma non anche le mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, né i diritti di credito
ancora incerti o illiquidi la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un'attività ulteriore
(giudiziale o extragiudiziale), il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di
ritenere che la società vi abbia rinunciato. Ancora: la cancellazione volontaria dal registro delle
imprese di una società, a partire dal momento in cui si verifica l'estinzione della società medesima,
impedisce che essa possa ammissibilmente agire o essere convenuta in giudizio. Se l'estinzione
della società cancellata dal registro intervenga in pendenza di un giudizio del quale la società è
parte, si determina un evento interruttivo del processo, disciplinato dagli articoli 299 e segg. cod.
proc. civ., con possibile successiva eventuale prosecuzione o riassunzione del medesimo giudizio da
segreteria@controcampus.it www.controcampus.itparte o nei confronti dei soci. Ove invece l'evento estintivo non sia stato fatto constare nei modi
previsti dagli articoli appena citati o si sia verificato quando il farlo constare in quei modi non
sarebbe più stato possibile, l'impugnazione della sentenza pronunciata nei riguardi della società
deve provenire o essere indirizzata, a pena d'inammissibilità, dai soci o nei confronti dei soci
succeduti alla società estinta.
La Suprema Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, con sentenza n. 6070/2013, viene chiamata a
pronunciarsi in tema di estinzione di società, cancellazione dal registro delle imprese, rapporti
debitori e rapporti processuali. In particolare, la Corte d'Appello di Napoli, riformando una
pronuncia resa in primo grado, aveva condannato il Comune "A" a pagare ad una società in
accomandita semplice ("R. s.a.s. in liquidazione"), una cospicua somma, determinata in 402.649,22
euro, oltre a interessi, a titolo di corrispettivo per l'esecuzione di lavori pubblici eseguiti dalla
società su incarico dell'ente locale.
La sentenza viene impugnata con ricorso, a sua volta contestato sul presupposto che il predetto
credito era stato ceduto dalla R. s.a.s. in liquidazione e, sul presupposto che la società in commento
�«è da considerare estinta dal momento della cancellazione della stessa dal registro delle imprese,
onde l'impugnazione non avrebbe potuto essere ad essa indirizzata�». Altresì il procedimento viene
arricchito a seguito della notifica al comune "A" ed alla società R. s.a.s. in liquidazione, della
richiesta del pagamento delle spese processuali da parte dell'avvocato della società.
Le Sezioni Unite della Cassazione vengono così chiamate a fare il punto sulla �«sorte dei rapporti
processuali pendenti nel momento in cui una società (nella specie, una società di persone) venga
cancellata dal registro delle imprese�». Viene così nuovamente affrontata la questione relativa agli
effetti della cancellazione della società dal registro delle imprese, disciplina novellata a seguito
della riforma del diritto societario, di cui al D.Lgs. n. 6/2003, s.m.i.; la questione degli effetti della
cancellazione della società, peraltro era già stata recentemente affrontata dalla giurisprudenza. In
particolare, le sentenze di Cassazione richiamate nella pronuncia (Cass. 4060, 4061 e4062/2010),
avevano sottolineato la valenza innovativa dell'art. 2495 cod.civ., che è del seguente tenore:
�«Cancellazione della società - Approvato il bilancio finale di liquidazione, i liquidatori devono
chiedere la cancellazione della società dal registro delle imprese. Ferma restando l'estinzione della
società, dopo la cancellazione i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei
confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di
segreteria@controcampus.it www.controcampus.itliquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi. La
domanda, se proposta entro un anno dalla cancellazione, può essere notificata presso l'ultima sede
della societ�.
Viene così ravvisato che la cancellazione produce senz'altro l'effetto estintivo della società
(contrariamente a quanto accadeva ante riforma del diritto societario). Il provvedimento precisa che
la natura della cancellazione presso il registro delle imprese è differente per le società di persone e
per quelle di capitali: nelle prime, infatti, si tratta di pubblicità meramente dichiarativa, superabile
con prova contraria. Viene affermato che per superare la presunzione di estinzione della società,
�«occorre la prova di un fatto dinamico: cioè che la società abbia continuato in realtà ad operare - e
dunque ad esistere - pur dopo l'avvenuta cancellazione dal registro�», ammettendo così la
Cassazione, con un'altra pronuncia, la cancellazione della cancellazione (Cass. n. 8426/2010).
Ciò detto, le Sezioni Unite concentrano l'attenzione sulle conseguenze che possono derivare in
ordine ai rapporti già in capo alla società estinta, ma tuttora pendenti in quanto trascurati o
sopravvenuti, analizzando il profilo dei rapporti attivi e di quelli passivi. Relativamente a questi
ultimi, il comma 2 dell'art. 2495 cod. civ., sopracitato, afferma espressamente che i creditori sociali
tuttora non soddisfatti al momento della cancellazione della società, �«possono far valere i loro
crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al
bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da
colpa di questi�». Viene stabilito un termine di decadenza al fine dell'esercizio del diritto,
determinato in un anno dalla cancellazione. Dal tessuto normativo regolante la materia, non emerge
la volontà del legislatore di dichiarare estinti i rapporti con la formalità di cancellazione della
società: una simile situazione, infatti, pregiudicherebbe ingiustificatamente i creditori sociali
insoddisfatti al momento della formalità di cancellazione.
Secondo la pronuncia, naturale conseguenza della mancata estinzione delle posizioni creditorie è il
passaggio dei debiti insoddisfatti, alla data di cancellazione della società, in capo ai successori
dell'ente, configurandosi così un'ipotesi di successione inter vivos.
Secondo i giudici, �«la ratio della norma (â��) risiede nell'intento d'impedire che la società debitrice
possa, con un proprio comportamento unilaterale, che sfugge al controllo del creditore, espropriare
quest'ultimo del sui diritto. Ma questo risultato si realizza appieno solo se si riconosce che i debiti
non liquidati della società estinta si trasferiscono in capo ai soci, salvo i limiti di responsabilità nella
segreteria@controcampus.it www.controcampus.itmedesima norma indicati�».
Viene affermato che è da considerare quale naturale conseguenza della cancellazione della società
la ripercussione dei rapporti ancora in itinere nella sfera giuridica dei soci, configurandosi così il
fenomeno alla stregua di un rapporto successorio: in particolare si tratterebbe di successione inter
vivos (qualificazione attribuita dalla dottrina anche all'operazione straordinaria di fusione,
anteriormente alla riforma del diritto societario).
La tesi del fenomeno successorio è avvalorata dalla circostanza che i soci sono chiamati a
rispondere del medesimo rapporto già in capo all'ente estinto, e non ad una situazione giuridica
sorta ex novo e ad essi stessi imputabile ab origine.
I giudici, nella motivazione a sentenza, affrontano poi la questione della responsabilità dei soci nelle
società di capitali, ove, essi stessi, il più delle volte (salvo il caso dell'accomandatario di s.a.p.a.),
rispondono intra vires: viene affermato che tale circostanza, tuttavia, non sia sufficiente a far venir
meno il fenomeno successorio tipico del rapporto in commento.
Relativamente poi il termine di un anno, entro il quale poter far valere il diritto, viene sottolineato il
collegamento che l'art. 2495 cod. civ. in commento ha con l'art. 303 cod. proc. civ., sulla
continuazione del processo: detta ultima norma consente che, entro l'anno dalla morte della parte,
possa essere notificato l'atto di riassunzione agli eredi nell'ultimo domicilio del defunto. Entro detto
termine, conseguentemente, �«i soci possono esser chiamati a rispondere dei debiti insoddisfatti della
società estinta�».
Invece, relativamente alle situazione attive (attivi non liquidati e sopravvenienze attive), tuttora in
essere al momento della cancellazione della società dal registro delle imprese, secondo alcuni, tale
formalità andrebbe interpretata come �«tacita manifestazione di volontà di rinunciare alla relativa
pretesa�»: la cancellazione della società potrebbe essere interpretata come �«univoca manifestazione
di volontà di rinunciare a quel credito (...) privilegiando una più rapida conclusione del
procedimento estintivo�».
Secondo altri, opererebbe ugualmente il fenomeno successorio innanzi delineato per la successione
dei rapporti passivi; per altri ancora, si verrebbe a configurare una situazione assimilabile a quella
dell'eredità giacente, cui conseguirebbe la necessità di nominare un curatore speciale.
Viene affermato che è ragionevole ipotizzare che la titolarità dei beni e dei diritti residui o
sopravvenuti torni ad essere direttamente imputabile a coloro che della società costituiscono il
segreteria@controcampus.it www.controcampus.itsostrato personale: �«il fatto che sia mancata la liquidazione di quei beni o di quei diritti, il cui valore
economico sarebbe stato altrimenti ripartito tra i soci, comporta che, sparita la società, s'instauri tra
i soci medesimi, (...) un regime di contitolarità o di comunione indivisa, onde anche la relativa
gestione seguirà il regime proprio della contitolarità o della comunione�».
In conclusione, le Sezioni Unite affermano che, una volta cancellata la società, �«le obbligazioni si
trasferiscono ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione
o illimitatamente, a seconda che, "pendente societate", essi fossero o meno illimitatamente
responsabili per i debiti sociali; si trasferiscono del pari ai soci, in regime di contitolarità o di
comunione indivisa, i diritti ed i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta,
ma non anche le mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, né i diritti di credito
ancora incerti o illiquidi la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un'attività ulteriore
(giudiziale o extragiudiziale) il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di
ritenere che la società vi abbia rinunciato�».
Infine, in merito al profilo processuale, è evidente che, una volta cancellata, non esiste più l'ente
società e, conseguentemente, lo stesso non può essere "parte processuale": non potrà quindi
instaurare un nuovo procedimento, o essere chiamata quale parte convenuta, ovvero, impugnare
provvedimenti giudiziari. Qualora la cancellazione della società dal registro delle imprese
intervenga in pendenza di un giudizio del quale la società è parte, si determina un evento
interruttivo del processo, disciplinato dagli articoli 299 e seguenti cod. proc. civ., con facoltà di
proseguire o riassumere il procedimento nei confronti o da parte dei soci.
Secondo i giudici, quindi, il principio enunciato del fenomeno successorio per i debiti sociali,
consente di applicare il disposto di cui all'art. 110 cod. proc. civ. "Dell'esercizio dell'azione", avente
il seguente tenore: �«Quando la parte viene meno per morte o per altra causa, il processo è
proseguito dal successore universale o in suo confronto�», anche ai rapporti processuali. Qualora poi
la società sia stata cancellata - secondo le Sezioni Unite - appare inammissibile che la società non
più esistente possa impugnare un provvedimento: sarà quindi necessario che la prosecuzione del
processo venga esperita da una "giusta parte".

Rispondi

Da: liquidatore10/12/2013 17:16:38
ve la dovete prendere con i soci!
Rispondi

Da: rem10/12/2013 17:17:28
na bozza della I^ traccia io la farei così.
Ai fini della trattazione del caso in esame, vanno evidenziati, separatamente, il fenomeno estintivo conseguente alla cancellazione di una società di capitali dal registro delle imprese, dai profili di una eventuale responsabilità in capo al liquidatore resosi responsabile di violazioni nella procedura di liquidazione.
Quanto al primo dei punti citati, va rilevato che, alla luce del nuovo regime introdotto dal D.Lgs. n.6 del 2003, l'art. 2495 c.c. disciplina la cancellazione delle società di capitali dal registro delle imprese e la loro estinzione, prevedendo, in particolare, che, approvato il bilancio finale di liquidazione, i liquidatori devono chiedere la cancellazione della società dal registro delle imprese (art. 2495, comma 1, c.c.).
Pertanto, come l'iscrizione della società nel registro delle imprese ha efficacia costitutiva, di converso la cancellazione della società dal registro delle imprese ne segna la sua estinzione.
La previsione espressa dell'estinzione della società configura una novità, rispetto al periodo precedente la riforma del diritto societario entrata in vigore nel2004.
Prima, difatti, non vi era nel testo della legge l'inciso che affermava l'estinzione della società a seguito della cancellazione dal registro delle imprese.
Con la conseguenza che, sulla base della giurisprudenza di legittimità precedente alla riforma, l'atto formale di cancellazione di una società dal registro delle imprese aveva funzione di pubblicità, e non ne determinava l'estinzione, ove non fossero esauriti tutti i rapporti giuridici facenti capo alla società medesima e, fino a tale momento, permaneva la legittimazione processuale attiva e passiva in capo alla società.
Il legislatore del 2003, invece, ha ritenuto questa situazione insoddisfacente, soprattutto in considerazione del fatto che non assicurava un buon livello di certezza del diritto e vi ha posto riparo statuendo l'irreversibilità della cancellazione.
Alla luce del diritto vigente, dunque, si verifica dunque l'estinzione della società, la quale ha effetti anche processuali, nel senso che non sono più legittime azioni intentate dalla società (o verso la società) dopo la sua cancellazione dal registro delle imprese.
Quanto ai creditori insoddisfatti, poi, Ai sensi della citata disposizione e ferma restando l'estinzione della società, dopo la cancellazione, i creditori sociali possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi.
Infatti, Il momento in cui può dirsi cessato il procedimento di liquidazione è l'approvazione del bilancio finale.
Ma tale ultimo atto conclusivo, presuppone, però la liquidazione ed è proprio in tale fase che I liquidatori possono rendersi responsabili in connessione con gli adempimenti richiesti in base alle diverse norme di disciplina come di seguito esplicate.
L'art. 2495,comma 2,c.c. prevede, pertanto, un secondo potenziale convenuto dell'azione dei creditori sociali:si tratta del liquidatore, se il mancato pagamento è dipeso da sua colpa.
Pertanto, la norma citata assume una duplice funzione, da un lato, è quella d'innalzare la tutela dei creditori, aumentando il numero di soggetti chiamati a rispondere. Dall'altro, l'obiettivo della norma è quello di responsabilizzare i liquidatori, i quali devono svolgere diligentemente la loro attività, essendo altrimenti esposti ad addebito di colpa e all'obbligo di risarcire il danno.
Mentre i soci rispondono come successori della società estinta (nel senso che sono diventati, pro quo-ta, titolari del patrimonio che prima della cancellazione era della società), i liquidatori rispondono a titolo proprio per gli eventuali comportamenti scorretti posti in essere durante la liquidazione.
La responsabilità dei liquidatori nei confronti dei creditori deve considerarsi di natura extracontrattuale: non sussiste difatti alcuna relazione contrattuale fra i terzi e i liquidatori, che vengono semplicemente chiamati a liquidare la società.
Prima di occuparci dell'art. 2495, com-ma 2, c.c., è però opportuno evidenziare che la responsabilità dei liquidatori ha diverse basi normative. La disposizione generale è costituita dall'art.2489, comma 2, c.c., secondo cui i liquidatori rispondono per i danni derivanti dall'inosservanza dei loro doveri secondo le norme in materia di responsabilità degli amministratori. A tale norma si aggiunge il disposto dell'art. 2491, comma 3, c.c. secondo cui i liquidatori sono personalmente e solidalmente responsabili per i danni cagionati ai creditori sociali con la ripartizione fra i soci di acconti sul risultato della liquidazione, quando non vi è stata integrale e tempestiva soddisfazione dei creditori.
Rispetto a tali disposizioni, l'art. 2495, comma 2,c.c. fonda un'ulteriore ipotesi di responsabilità professionale dei liquidatori.
Questi, infatti, hanno il compito di gestire la liquidazione della società, assicurando il soddisfacimento dei creditori (nei limiti delle risorse disponibili) e ripartendo il residuo fra i soci.
Al fine di comprendere questa disposizione speciale sulla responsabilità dei liquidatori è bene prendere le mosse dalla norma che regola i loro poteri (art.2489,comma 1,c.c.), secondo cui i liquidatori hanno il potere di compiere tutti gli atti utili per la liquidazione della società.
il fine dunque dell'azione dei liquidatori è la liquidazione della società. Nello svolgere la loro attività i liquidatori sono tenuti all'osservanza di una precisa diligenza professionale: i liquidatori debbono adempiere i loro doveri con la professionalità e la diligenza richieste dalla natura dell'incarico (art. 2489, comma 2, c.c.).
Laddove tali professionalità e diligenza non fossero osservate, i liquidatori possono essere chiamati a rispondere nei confronti dei creditori sociali. Il creditore insoddisfatto che vuole agire nei confronti dei liquidatori deve pertanto identificare delle inosservanze di doveri poste in essere dai liquidatori.
Tali violazioni si lasciano ricondurre essenzialmente a due categorie: inadeguata massimizzazione dell'attivo societario oppure errata distribuzione delle risorse sociali.
Sotto il secondo profilo che è quello che interessa ai fini del caso in esame, ovvero, la errata distribuzione delle risorse sociali, va evidenziato che i liquidatori possono essere ritenuti responsabili quando hanno trascurato crediti di terzi che erano invece facilmente riconoscibili: si pensi al caso di un credito debitamente comunicato dal terzo alla società, ma di cui i liquidatori, per colpa, non ne tengono conto.
Si tratta dell'ipotesi in cui il bilancio finale di liquidazione non registra un credito, con l'effetto che le risorse disponibili vengono distribuite agli altri creditori a danno del creditore escluso.
Rispetto al caso esaminato (che è proprio quello in esame) altre ipotesi consimili si hanno quando, ad esempio, sono stati pagati ai soci anticipi sui risultati della liquidazione in misura talmente eccessiva da produrre l'effetto che non rimangono mezzi sufficienti per poter soddisfare i creditori sociali.
Il liquidatore che paghi incautamente acconti in violazione dell'art. 2491, comma 2, c.c. si rende responsabile nei confronti dei creditori, in quanto privilegia i soci a danno dei creditori.
Alla luce di quanto esposto, dunque, nel caso in esame la società alfa potrà agire nei confronti dei soci limitatamente a quanto da essi incassato, ed eventualmente ottenere un titolo per accertata responsabilità del liquidatore.

Rispondi

Da: Berne 10/12/2013 17:17:32
La traccia postula le possibili azioni della banca mutuante non quelle in cui l'onus probandi può essere assolto più semplicemente. Ritengo anch'io che la revocatoria non sia necessaria necessaria considerando l'anteriore iscrizione dell'ipoteca, però la sua prospettazione in termini ipotetici non mi pare una boiata e consente altresì di valorizzare il riferimento alle rate semestrali (n hanno pagate solo 2 dalla costituzione del fondo prima della morosità) indice sintomatico di una possibile scientia damni sottesa alla costituzione del fondo patrimoniale da parte dei coniugi
Rispondi

Da: I soci10/12/2013 17:17:56

- Messaggio eliminato -

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Da: ancoradomand10/12/2013 17:18:17
Alle 17:17 ancora dubbi?!?!?
Studiateeeeeeeeeeee!!!!
Concentratevi!!!
Non dovete diventare necessariamente Avvocati, tanto ce sono già tanti, finiamola!!!!
Servono fornai, elettricisti, idraulici!
Comunque AUGURI a tutti.
Rispondi

Da: liquidatore10/12/2013 17:19:55
i soci! i soci!
Rispondi

Da: I soci10/12/2013 17:20:13

- Messaggio eliminato -

Rispondi

Da: Raccomandato di turno10/12/2013 17:21:16
L'azione revocatoria è da escludere anche a prescindere dalla sentenza 933\12. Il creditore ipotecario ha diritto di sequela.
Il discorso sulla funzionalità della casa credo possa essere inserita per articolare ampiamente il discorso. Insomma così appare che si conosce bene l'istituto.
Personalmente sono convinto che l'avvocato debba agire direttamente in riferimento all'ipoteca ed in via gradata in riferimento alla funzionalizzazione dei beni. Infatti in caso di processo il giudice esaminerà prima la questione ipotecaria e poi l'eventuale eccezione di non funzionalità avanzata dai resistenti.
Rispondi

Da: liquidatore10/12/2013 17:21:35
non è vero! la colpa è dei soci!
Rispondi

Da: leccese10/12/2013 17:22:06
si sa niente di Lecce?
Rispondi

Da: I soci10/12/2013 17:23:06

- Messaggio eliminato -

Rispondi

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