NB: La redazione di mininterno.net non si assume alcuna responsabilità riguardo al contenuto dei messaggi.
12 dicembre 2012 - Parere Penale
1418 messaggi, letto 85005 volte
Discussione chiusa, non è possibile inserire altri messaggi
Torna al forum |
Pagina: 1, 2, 3, 4, 5, 6, ..., 26, 27, 28, 29, 30, 31, 32, 33, 34, 35, 36, ..., 43, 44, 45, 46, 47, 48 - Successiva >>
Da: comma | 12/12/2012 14:15:24 |
il parere sulla pedopornografia?? dobve posso trovarlo? aiuto | |
Da: no cazzate! | 12/12/2012 14:15:29 |
Per tutti i commissari che all'interno dei padiglioni stanno sostenendo l'appropriazione indebita del notaio: SIETE CAPRE, IGNORANTI, INQUALIFICABILI, VIGLIACCHI! http://corrieredelveneto.corriere.it/veneto/notizie/cronaca/2011/2-marzo-2011/peculato-notaio-laterza-condannato-sei-anni-190133156079.shtml http://www.laprevidenza.it/news/documenti/cass_47178_2009/4271 http://www.altalex.com/index.php?idnot=48890 | |
Da: madyg | 12/12/2012 14:15:45 |
scusate vi prego qualcosa sulla pedopornografia | |
Da: uniti!!! | 12/12/2012 14:15:55 |
LA LEGGE 190/2012 CAMBIA RADICALMENTE LA SOLUZIONE DEL PARERE ED è DEL 06/11/2012... secondo voi si deve considerare? come possono conoscerla i candidati? e poi non essendoo retroattiva non possiamo sapere se applicare al caso de quo... che ne pensate? | |
Da: giiiii | 12/12/2012 14:16:34 |
allora notaio soluzioni???? | |
Da: Reby 25 | 12/12/2012 14:17:04 |
Per Aoxomoxoa ma legge 190/2012,secondo te,va considerata? | |
E' disponibile l'App ufficiale di Mininterno per Android. Scaricala subito GRATIS! |
Da: avv | 12/12/2012 14:19:13 |
La legge 190/2012 va considerata, ma non c'è un problema di successioni di legge nel tempo. Io direi che, se riteniamo la vicenda svolta in data odierna o quasi, dovremmo dare atto di tutta la diatriba giurisprudenziale che c'era prima sulla questione prezzo e profitto e dire che oggi è risolta con questo intervento. | |
Da: petrosino81 -banned!- | 12/12/2012 14:20:39 |
SE VOLETE CONOSCERE LA SOLUZIONE..........................BEH INNANZITUTTO LA MODIFICA LA DOVETE METTERE PERCHè ESISTE. SECONDO, ESISTE IL REATO DI PECULATO E ANCHE LA CONFISCA........TERZO, LA SOLUZIONE CONSIDERATO CHE SIETE DIFENSORI, E NON PM, E' CHE SOLTANTO QUANDO C'è COMPATIBILITà TRA LE SOMME "RUBATE" E GLI APPARTAMWENTI CI PUò ESSERE CONFISCA...................FINE | |
Da: petrosino81 -banned!- | 12/12/2012 14:21:13 |
SUCCESSIONI E LEGGI PENALI...........BEH PER IL PARE DEL PROSSIMO ANNO................. | |
Da: consegna a Roma | 12/12/2012 14:21:19 |
Roma?? notizie??? ora di consegna???? | |
Da: petrosino81 -banned!- | 12/12/2012 14:21:55 |
avv....hai ragione...... | |
Da: comma | 12/12/2012 14:22:26 |
postate il parere sulla pedopornografia'???????? | |
Da: aaasw | 12/12/2012 14:22:34 |
a che ora finisco???? | |
Da: Ary | 12/12/2012 14:22:49 |
Grazie davvero | |
Da: uniti!!! | 12/12/2012 14:23:16 |
ok, occorre metterla | |
Da: aav | 12/12/2012 14:23:19 |
nn sono del ramo ma questo è quello che ho trovato sulla pedopornografia... Per cessione di materiale pedopornografico occorre la previa detenzione. Ne consegue che la detenzione di materiale pedopornografico assume i connotati di un antefatto non punibile e per tale ragione rimase assorbito nel delitto di cessione. In definitiva, la condotta di cui all'art. 600 quater c.p., rimarrà assorbita in quelle di cui all'art. 600 ter allorchè sussista una progressione criminosa o un assorbimento e la condotta della detenzione sia prodromica a quelle di cui all'art. 600 ter c.p.. Nella fattispecie tra la condotta di cui all'art. 600 quater c.p. e quella di cui all'art. 600 ter c.p., comma 4 esiste assorbimento e non concorso di reati o concorso apparente di norme, perchè il reo per cedere il materiale ha dovuto prima procuraselo.           LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                     SEZIONE TERZA PENALE            Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:              Dott. LUPO   Ernesto    - Presidente  -          Dott. PETTI   Ciro      - Consigliere -          Dott. LOMBARDI Angelo Maria  - Consigliere -          Dott. FRANCO  Amedeo     - Consigliere -          Dott. GAZZARA  Santi     - Consigliere -          ha pronunciato la seguente:                                sentenza                    sul ricorso proposto da: difensore di     D.P.M., nato a (OMISSIS); avverso la sentenza della Corte d'appello di Lecce del 21 novembre del 2007; udita la relazione del Consigliere Dott. Ciro Petti; sentito il Sostituto Procuratore Generale Dott. Giovanni D'Angelo, il quale ha concluso per l'inammissibilità del ricorso; letti il ricorso e la sentenza denunciata. Osserva quanto segue:           Fatto La corte d'appello di Lecce, con sentenza del 21 novembre del 2007, confermava quella resa dal tribunale della medesima città il 26/1/2007, con cui D.P.M. era stato dichiarato colpevole dei reati di cui all'art. 81 c.p., art. 600 ter c.p., comma 4 e art. 600 quater c.p., così scissa e riqualificata l'originaria imputazione di cui all'art. 81 cpv. c.p., art. 600 ter c.p., comma 3 e, concesse le attenuanti generiche, era stato condannato alla pena, condizionalmente sospesa, di anni due di reclusione ed Euro 7.500,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali; confisca e distruzione di quanto in sequestro. Secondo la ricostruzione fattuale contenuta nella sentenza impugnata l'ispettore C.A., su autorizzazione dell'autorità giudiziaria, aveva iniziato un'attività sotto copertura con l'utilizzo del nick-name "(OMISSIS)". In tale veste il (OMISSIS) aveva intercettato uno scambio di materiale pedopornografico tra "(OMISSIS)" e "(OMISSIS)", accertando che "(OMISSIS)" era riferibile all'utenza telefonica (OMISSIS) intestata a T.R., compagna dell'attuale ricorrente, ed attiva nell'ambito della sede del patronato ACLI di (OMISSIS) con abbonamento alla società (OMISSIS) sottoscritto da D.P. M. mentre "(OMISSIS)" corrispondeva all'utenza telefonica intestata a P.A.. L'ispettore, scambiando per quindici giorni materiale pedopornografico con gli utenti del canale, aveva individuato numerosi indirizzi di IP tra cui quello in uso al D. P.. Il predetto si era difeso sostenendo di non avere avuto la consapevolezza di detenere nel proprio computer materiale pedopornografico, anzi appena si era accorto della presenza di tale materiale aveva segnalato la circostanza ai carabinieri. Tanto premesso in fatto, la corte a fondamento del proprio assunto osservava che il computer dove erano state rinvenute le immagini pedopornografiche era usato solo dall'imputato,che l'utente " (OMISSIS)" per scambiare materiale pedopornografico con "(OMISSIS)" si era avvalso di quel computer; che per mezzo della consulenza disposta dal pubblico ministero si era accertato che con esso erano stati inviati diversi messaggi di posta elettronica con allegati i files contenenti immagini pedopornografiche; che le immagini pedopornografiche erano state archiviate in una cartella salvata sul disco rigido e denominata "Da Masterizzare/Vietate"; che ulteriori riscontri si desumevano dall'esito positivo della perquisizione presso il patronato "Acli" nel corso della quale sull'hard disk del computer del prevenuto erano stati rinvenuti numerosi files contenenti immagini pedopornografiche nonchè dalla perquisizione nell'abitazione patema dove era stato trovato materiale pornografico. Osservava infine che la denuncia sporta ai carabinieri, con cui peraltro il prevenuto si era limitato a segnalare l'invio di materiale pubblicitario, rappresentava un tentativo di salvataggio posto in essere quando le indagini erano state già da tempo avviate ed era stato individuata la persona che usava il nick name " (OMISSIS)", certamente in contatto con il D.P.. Ricorre per cassazione il prevenuto per mezzo del proprio difensore deducendo: la nullità della sentenza per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione: il ricorrente dopo avere premesso che dalle indagini non era emersa la sussistenza di una condotta divulgativa, ma la mera cessione a terzi in una singola occasione di materiale pedopornografico, assume che la corte non aveva preso in considerazione il dato certo costituito dalla denuncia da lui sporta ai carabinieri in epoca non sospetta nonchè la circostanza che il computer si trovava in un luogo aperto al pubblico per cui chiunque avrebbe potuto usarlo; precisa altresì che il rinvenimento del materiale pornografico lecito nell'abitazione paterna non poteva costituire riscontro alla consapevole detenzione di foto pedopornografiche; la violazione delle norme incriminatici nonchè mancanza di motivazione sul punto, per avere i giudici del merito ritenuto, senza adeguata motivazione, configurabile il concorso tra il delitto di cui all'art. 600 ter c.p., comma 4 e quello di cui all'art. 600 quater c.p.. Diritto Il primo motivo è inammissibile perchè sotto l'apparente deduzione del vizio d'illogicità e contraddittorietà della motivazione in realtà si censura l'apprezzamento delle prove da parte dei giudici del merito, la cui motivazione non presenta alcuna illogicità o contraddizione. Anzitutto non è vero che i giudici del merito non abbiano valutato la segnalazione da lui fatta ai carabinieri, ma al contrario l'hanno ritenuta ininfluente perchè costituiva una manovra difensiva posta in essere dall'indagato quando aveva avuto il sospetto di essere stato individuato. Non è altresì vero che ai fini dell'affermazione della responsabilità si sia attribuita decisiva rilevanza al rinvenimento di materiale pornografico, non vietato, nell'abitazione patema. La responsabilità è stata affermata sulla base di altri elementi di inequivoco valore indiziante ed in particolare sulle seguenti circostanze: a) il computer utilizzato per la cessione era di sua proprietà ; b) il contratto per il collegamento attivato attraverso il provider "(OMISSIS)" utilizzato per la navigazione in internet e per lo scambio di immagini era a lui intestato, c) l'indirizzo di posta elettronica utilizzato era a lui intestato; d) sul disco rigido del suo computer erano state rinvenute alcune cartelle dove erano state archiviate le immagini pedopornografiche; e) al momento della perquisizione il ricorrente aveva dimostrato di essere a conoscenza della detenzione del materiale pedopornografico, tanto è vero che aveva offerto agli inquirenti un CD contenente immagini vietate. Il secondo motivo è invece fondato. Il pubblico ministero aveva contestato al prevenuto il reato di cui all'art. 81 c.p., art. 600 ter c.p., comma 3 perchè, in concorso con T.R., poi prosciolta, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, anche in tempi diversi, per via telematica aveva distribuito e divulgato materiale pornografico realizzato mediante lo sfruttamento di minori nonchè per avere divulgato notizie e informazioni finalizzate all'adescamento o sfruttamento sessuale dei minori di anni 18. Il tribunale ha escluso la divulgazione e scindendo l'originaria imputazione ha ritenuto configurabile il reato di cessione di cui al cit. art. comma 4 in concorso con la detenzione di cui all'art. 600 quater c.p. relativamente ai files archiviati sul disco rigido ed a quelli rinvenuti sul CD. Non risulta se i files salvati ed archiviati siano gli stessi in precedenza ceduti perchè la circostanza non è stata chiarita dal tribunale e peraltro non ha decisiva importanza ai fini della questione ora in esame ossia ai fini della configurabilità del concorso tra i due reati perchè si è comunque accertato che il prevenuto non si limitava a detenere le immagini pedopornografiche che si era procurato ma era anche solito cederle. Orbene, la presenza di una clausola di riserva espressa risolve il problema del concorso tra i due reati anzidetti in favore della tendenziale configurabilità del solo reato di cui all'art. 600 ter c.p.: nel caso in esame a favore dell'ipotesi di cui all'art. 600 ter c.p., comma 4. Ciò vale ovviamente per i casi in cui si possa riscontrare un identità di fatto tipizzato tale da determinare un conflitto apparente di norme risolvibile appunto in base alla clausola di riserva. Se i fatti sono diversi operano invece le regole del concorso, salvo le ipotesi di assorbimento. Per semplificare, la condotta di cui all'art. 600 quater c.p. (detenzione di materiale pedopornografico) può concorrere con quella di divulgazione di notizie finalizzate allo sfruttamento dei minori di cui all'art. 600 ter c.p., comma 3, trattandosi di condotte completamente diverse anche se offendono lo stesso bene giuridico e, appunto perchè non sovrapponigli non possono dare luogo ad un conflitto apparente di norme, ma ad un concorso di reati. Nella fattispecie però la condotta della divulgazione di notizie o informazioni finalizzate allo sfruttamento dei minori, originariamente contestata, è stata esclusa dal tribunale il quale ha ravvisato l'ipotesi della cessione di materiale pedopornografico di cui all'art. 600 ter c.p., comma 4. Orbene, per cedere il materiale (che è cosa diversa dall'informazione), bisogna prima detenerlo. In tale situazione la detenzione di materiale pedopornografico assume i connotati di un antefatto non punibile e per tale ragione rimase assorbito nel delitto di cessione. In definitiva, la condotta di cui all'art. 600 quater c.p., rimarrà assorbita in quelle di cui all'art. 600 ter allorchè sussista una progressione criminosa o un assorbimento e la condotta della detenzione sia prodromica a quelle di cui all'art. 600 ter c.p.. Nella fattispecie tra la condotta di cui all'art. 600 quater c.p. e quella di cui all'art. 600 ter c.p., comma 4 esiste assorbimento e non concorso di reati o concorso apparente di norme, perchè il reo per cedere il materiale ha dovuto prima procuraselo. Pertanto il prevenuto deve essere assolto da tale reato perchè il fatto non sussiste, in quanto autonomamente non configuratole perchè assorbito nella cessione. La relativa pena deve essere quindi eliminata. A tale operazione deve provvedere il giudice del merito perchè il tribunale ha ritenuto più grave proprio il reato di cui all'art. 600 quater c.p.. P.Q.M LA CORTE Letto l'art. 623 c.p.p. annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla condanna per il reato di cui all'art. 600 quater c.p. perchè il fatto non sussiste. Rinvia per la determinazione della pena ad altra sezione della corte d'appello di Lecce. Rigetta il ricorso nel resto. Così deciso in Roma, il 10 luglio del 2008. Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2008 Approfondimento del 29-11-2011 - Corte di cassazione - Sezione III penale - Sentenza 9 novembre-28 novembre 2011 n. 44065 L'utilizzo di un programma di "file sharing" a contenuto pedopornografico, non è, in assenza di altri elementi sufficiente a provare la volontà di diffondere le immagini. La Corte di cassazione con la sentenza 44065, ribalta i verdetti dei giudici di merito, che erano stati concordi nell'affermare la responsabilità in merito al reato di cessione di materiale pornografico del ricorrente. Gli ermellini prendono le distanze dai giudici di primo e secondo grado che, troppo frettolosamente, hanno deciso per la colpevolezza una volta appurato l'utilizzo di programmi di condivisione che avevano per oggetto dei minorenni, facendo così scattare una sorta di responsabilità oggettiva, per quanto riguarda la volontà di offrire e divulgare le immagini, che va invece esclusa. Il collegio di piazza Cavour aderisce alla line a espressa dalla difesa secondo cui la diffusione di una soa immagine dal contenuto illecito avrebbe potuto essere avvenuta nella fase di semplice dawnload. Senza ulteriori elementi a carico non può dunque essere provata la consapevolezza necessaria a configurare il reato. Artt. 600 ter e quater Corte di Cassazione, Sez. III penale Sentenza 6 aprile 2011- 3 ottobre 2011, n. 35696 LA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE III PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati Dott.  Giuliana Ferrua             - Presidente - Dott.  Claudia Squassoni          - Consigliere - Dott.  Alfredo Maria Lombardi      - Consigliere - Dott.  Amedeo Franco            - Consigliere - Dott.  Elisabetta Rosi       - Consigliere - ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: XXXXX avverso la sentenza n. 48/2009 della Corte d'Appello di Firenze Visti gli atti, la sentenza e il ricorso Udita in PUBBLICA UDIENZA del 6/04/2011 la relazione fatta dal Consigliere Dott. Elisabetta Rosi Udito il Procuratore Generale (â��..) che ha concluso per il rigetto del ricorso, previa emenda del dispositivo con esclusione della pena accessoria Udito il difensore (â��..) che ha chiesto l'accoglimento del ricorso RITENUTO IN FATTO La Corte d'Appello di Firenze, con sentenza del 22 febbraio 2010, ha confermato la sentenza emessa all'esito di rito abbreviato dal G.I.P. presso il Tribunale di Firenze il 26 febbraio 2008, che aveva condannato XXXXX alla pena di un anno di reclusione e 1800 euro di multa, per i reati di cui all'art. 600 ter, c. 4 (così derubricato il capo a), 600 quater c.p. ed unificati i reati sotto il vincolo della continuazione, commessi in Sesto Fiorentino sino al 26 ottobre 2005. Avverso la sentenza ha proposto ricorso l'imputato, tramite il proprio difensore, chiedendone l'annullamento per i seguenti motivi: 1. Inosservanza e/o erronea applicazione dell'art. 600 ter comma 4 c.p. e contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione nella parte cui è stata ritenuta corretta la riqualificazione dei fatti contestati al capo a) dell'imputazione, ed è stata ritenuta raggiunta la prova della consumazione del reato di cui all'art. 600 ter comma 4 c.p., ritenendo che la conversazione per via telematica (c.d. "in chat") intercorsa tra l'utente con l'username 13topina90 e il suo interlocutore, avrebbe consentito ai due di condividere materiale avente ad oggetto contenuto pedopornografico, mentre la norma richiamata prevede solo la condotta di offerta e cessione reciproche. Nel caso di specie l'invio di materiale ritenuto a carattere pedopornografico, era invece avvenuto unidirezionalmente da parte del computer dell'interlocutore a quello del ricorrente, cessionario delle immagini: di fatti non esisteva prova di invio di files da parte del ricorrente stesso. 2. Inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 600 quater c.p. e mancanza e manifesta illogicità della motivazione: nella sentenza impugnata non sarebbe stata data risposta al terzo motivo di appello con il quale si poneva in evidenza la mancanza di prova dei fatti. 3. Inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 350 comma 5, 6, 7; 192; 442 c.p.p.; mancanza e manifesta illogicità della motivazione ed inosservanza di norme processuali stabilite a pena di inutilizzabilità , nella parte in cui non è stata ritenuta, ex art. 350 comma 6 c.p.p., l'inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dall'imputato nell'immediatezza dei fatti in assenza del difensore e riversate nell'annotazione di P.G., in quanto l'individuazione del ricorrente è stata effettuata solo su tale base. 4. Inosservanza o erronea applicazione della legge penale e processuale penale e violazione ed erronea applicazione degli artt. 592 e 605 c.p.p., in quanto la Corte di appello, pur ritenendo errata da parte del Giudice di primo grado l'applicazione della pena accessoria dell'interdizione perpetua prevista dall'art. 600 septies comma 2 c.p. come risulta dalla parte motiva della sentenza, non ne ha fatto cenno nel dispositivo della sentenza. Tale pena accessoria è stata introdotta dall'art. 5 Legge 6/2/2006 n. 38, e quindi in epoca successiva alla commissione dei reati contestati. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il primo motivo di ricorso è infondato, non è infatti possibile ritenere, come asserito dal ricorrente, che la "condivisione di files", attuata nel caso di specie tramite chat, sia esclusa dalla fattispecie tipizzata al comma 4 dell'art. 600 ter c.p., che incrimina l'offerta o la cessione gratuita di materiale pedopornografico. In molte pronunce l'elemento della divulgazione via internet attraverso programmi di file sharing, è stato proprio individuato in diversità con la situazione di scambio in un semplice rapporto a due" (conf. Sez. 3, sentenza n. 24788 del 5 febbraio 2009, R.E.F.), e la riflessione giurisprudenziale ha concluso affermando che "quando il programma consenta a chiunque si colleghi la condivisione di cartelle, archivi, documenti contenenti foto pornografiche, deve ritenersi integrato il delitto di cui all'art. 600 ter c.p., comma 3. Laddove, per contro, il prelievo del ridetto materiale avvenga solo a seguito della manifestazione di volontà dichiarata nel corso di una conversazione privata, ovvero si tratti di cessione meramente occasionale, si versa nella più lieve ipotesi di cui all'art. 600 ter c.p., comma 4" (cfr. Sez 3, n. 18678 del 19/3/2008, si veda anche Sez. 3, 7/12/2006 n. 593, relativo alla cessione di fotografie pornografiche minorili attraverso una chat-line; Sez. 5, 11/12/2002 n. 4900). La condivisione, insomma, altro non è che una forma di scambio di documenti informatici, tramite internet, rientrante appieno nella fattispecie di cui trattasi. Orbene, i giudici di merito hanno ricostruito i fatti addebitati al ricorrente che si concretizzarono nell'invio e ricezione di materiale pedopornografico con un solo altro utente: le immagini venivano visionate insieme all'interlocutore al fine di soddisfacimento reciproco e contestuale, tramite masturbazione. I giudici di appello hanno condiviso hanno condiviso le valutazioni della sentenza di primo grado offrendo puntale risposta alle doglienze avanzate in grado di appello e qui riproposte, essendo principio giurisprudenziale consolidato quello dell'integrazione in un unico compendio motivazionale della sentenza impugnata con quella conforme di primo grado. 2. Risultano quindi infondati anche il secondo ed il terzo motivo di ricorso, posto che la valutazione di utilizzabilità nel rito abbreviato delle dichiarazioni di cui al comma 7 dell'art. 350 c.p.p. risulta in linea con la giurisprudenza di legittimità (da ultimo cfr. Sez. 5, n. 18064 del 19/1/2010, Rv. 246865). 3. Peraltro questo Collegio osserva che è evidente che l'ipotesi di offerta o cessione di materiale pedopornografico (art. 600 ter, comma 4, c.p.) contiene dal punto di vista concettuale quella di detenzione inclusa nell'imputazione di cui all'art. 600 quater c.p. (procurarsi o detenere): infatti la giurisprudenza di legittimità ha affermato, in via generale, che anche la stessa divulgazione di materiale illecito presuppone la sua detenzione, perché non si può evidentemente divulgare volontariamente "materiale pedopornografico" se non si è in possesso e non si detiene consapevolmente il materiale stesso (cfr. Sez. 3, n. 11169 del 7/11/2008, Rv. 242992). E' stato quindi, in relazione allo specifico, escluso il concorso tra il delitto di cessione di materiale pedopornografico e quello di detenzione dello stesso materiale, "in quanto la condotta di detenzione rappresenta un antefatto non punibile rispetto a quella di cessione, rimanendo assorbita in quest'ultima" (Sez. 3, n. 36364 del 10/7/2008, Rv. 241036). Pertanto, all'esito della derubricazione effettuata dal giudice di primo grado del reato di divulgazione contestato ab origine al XXXXX al capo a), nella fattispecie di cui all'art. 600 ter, comma 4, c.p., l'ipotesi di cui al capo b), descrittiva di un comportamento che necessariamente è compreso nella condotta riconosciuta al capo precedente per effetto della derubricazione, deve essere considerata assorbita in quella sub a). Quindi la sentenza impugnata deve essere annullata senza limitatamente al reato sub b), perché assorbito in quello sub a) e, conseguentemente, non sussistendo più la continuazione prima computata, la decisione deve essere rinviata ad altra Sezione della Corte d'Appello di Firenze che provvederà a rideterminare la pena. 4. Quanto all'ultimo motivo di ricorso, lo stresso è fondato: con chiarezza nella parte motiva della sentenza i giudici hanno dato atto che al XXXXX non potevano essere applicate le pene accessorie ex art. 609 septies c.p., in quanto la disposizione in questione era stata introdotta successivamente al tempus commissi delicti. Nel dispositivo la affermazione non risulta riprodotta e pertanto la sentenza, nella parte relativa alla condanna alle citate pene accessorie, deve essere annullata senza rinvio, con conseguente venir meno anche della condanna dell'appellante alle spese del grado. PQM Annulla la sentenza impugnata senza rinvio limitatamente al reato sub b), perché assorbito in quello sub a). Annulla detta sentenza con rinvio ad altra Sezione della Corte d'Appello di Firenze per la rideterminazione della pena. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata in ordine alle applicate pene accessorie. Rigetta nel resto il ricorso. Così deciso in Roma, il 6 aprile 2011 Il Consigliere estensore Elisabetta Rosi Il Presidente Giuliana Ferrua Depositata in Cancelleria il 3 ottobre 2011 | |
Da: Ary | 12/12/2012 14:23:26 |
Grazie aoxomoxoa | |
Da: alescarm | 12/12/2012 14:23:51 |
grazie a tutti...DAVVERO!!! | |
Da: parere traccia pedopornografia | 12/12/2012 14:24:04 |
Qualcuno che dovesse aver già terminato il parere sulla pedopornografia lo posti per favore. | |
Da: The Special | 12/12/2012 14:24:28 |
la nuova legge chiaramente va citata e le conclusioni vanno fatte alla luce della predetta legge; al contempo deve darsi atto anche dell'orientamento precedente | |
Da: Ros | 12/12/2012 14:24:33 |
Ragazzi a che ora sta la consegna a Salerno??? | |
Da: aoxomoxoa | 12/12/2012 14:25:07 |
per Reby 25 secondo me si. A parte il fatto che il problema NON sta nella soluzione che dai. Se scrivi un compito dotato di logica giuridica puoi anche concludere in modo dofforme dalla massa e/o dalla stessa giurisprudenza. Il discorso della successione delle leggi nel tempo non puoi farlo perché non sai se tutte od alcune delle somme siano state elargite al Notaio dopo la legge nuova di modifica. Per cui, come puoi vedere dalla conclusioni, le ho inserite in via residuale, anche perché va bene che non si può avere la giurisprudenza recentissima sul codice, ma la legge si, sennò che codice civile è ?! | |
Da: s28 | 12/12/2012 14:25:57 |
ragazzi sul post fatto per la traccia della pedopornografia. | |
Da: aoxomoxoa | 12/12/2012 14:26:32 |
Ti ho risposto Reby 25 | |
Da: gigi17 | 12/12/2012 14:26:55 |
grazie a tutti | |
Da: Reby 25 | 12/12/2012 14:28:02 |
Grazie mille Aoxomoxoa!se non ci fossi stato tu sia ieri che oggi...quindi praticamente hai modificato solo la conclusione?!scusa ma non essendo della materia non capisco molto... | |
Da: wizipy | 12/12/2012 14:28:26 |
per chi volesse il parere sullo sfruttamento dei minori inviamo il completo da MODIFICARE. Parere su sfruttamento minori Tipiche applicazioni del principio di consunzione vengono identificate nelle categorie dell'ante factum e del post factum non punibili, nonché in quella della progressione criminosa. L'antefatto e il postfatto non punibili si identificano con quei reati che costituiscono la normale premessa o il logico sbocco di altri reati rappresentando rispettivamente, secondo l'id quod plerumque accidit, il mezzo per commettere un reato più grave e quello per conseguire lo stato per il quale il reato più grave fu commesso, nei quali rimangono assorbiti: si pensi alla contravvenzione del possesso ingiustificato di chiavi o grimaldelli rispetto al reato di furto ovvero al reato di spendita di monete false rispetto al reato di falsificazione di monete. Si parla, invece, di progressione criminosa quando un soggetto, in forza di risoluzioni successive, compie aggressioni di crescente gravità nei confronti di un medesimo bene-interesse: si pensi all'ipotesi di chi prima percuote una persona e poi decide di ucciderla. Anche in tali casi, il reo dovrà rispondere soltanto del reato più grave, rimanendo in esso assorbito quello minore. La dottrina che ammette il criterio di consunzione ritiene che un altro campo di applicazione del principio di consunzione è quello della cd. progressione criminosa, sia nella forma della cd progressione criminosa in senso stretto, sia in quella del cd antefatto o postfatto non punibili. Così, se per esempio chi uccide non può allo stesso tempo non commettere il reato delle lesioni e delle percosse, allo stesso modo, chi commette il furto con effrazione consuma la norma contravvenzionale di cui all'art 707 c.p. previamente violata. Si ha, quindi, un antefatto non punibile ( o con-punito) che seppure a sua volta caratterizzato da una pluralità di condotte, si distingue dalla progressione criminosa in senso stretto per un rapporto di mezzo a fine tra le condotte stesse, che nella progressione manca. Resta fermo che, presupposto essenziale per la configurazione dell'antefatto non punibile è che il reato cd mezzo, oltre ad essere funzionale al reato cd fine, deve essere sanzionato in modo meno grave, restando, altrimenti disattesa la ratio del principio di assorbimento. Inoltre, si pensi all'esempio del ladro che distrugge la cosa rubata; nel distruggere l'oggetto precedentemente rubato non commette anche il danneggiamento, se non altro quando la condotta successiva all'impossessamento, è la prosecuzione naturale dell'impiego della cosa sottratta; non è così, invece, se il ladro, una volta rubata un'autobotte piena di gasolio, anziché usarlo per il riscaldamento, dà fuoco al mezzo. Solo nel primo caso, si è di fronte al cd post factum non punibile. Al riguardo, però, si deve evidenziare come la giurisprudenza è molto cauta nel riconoscere ipotesi di post factum, al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge. Non tutta la dottrina ammette la fattispecie del post factum e dell'antefatto non punibili; secondo la dottrina che nega la sussistenza del postfatto e dell'antefatto, la principale ragione della non ammissibilità è la mancanza di un fondamento positivo, sottolineando come sia ammissibile solo nei casi in cui è lo stesso Legislatore che prevede tali figure, come avviene nelle ipotesi che escludono la punibilità autonoma del successivo uso dell'atto falso da parte di chi ha concorso nella falsificazione ( post factum non punibile). Sostiene parte della dottrina, che in realtà il postfatto e l'antefatto, non sono figure autonome che si riferiscono ad un fatto di reato, ma rientrano nell'iter criminis, ed in particolare nella figura della progressione criminosa, fenomeno che si connota dal contestuale susseguirsi di aggressioni di crescente gravità nei confronti del medesimo bene, come il graduale passaggio dalla lesione all'uccisione della vittima. Esse, quindi, vengono assorbite nel disvalore della fattispecie che concorrono a perfezionare. Secondo questa interpretazione ermeneutica, il cd criterio di assorbimento è un criterio che non ha autonomo riconoscimento normativo, per cui i singoli casi che si riconducono ad esso, comprese le figure del ante- post factum non punibili, o rientrano in una delle ipotesi di conflitto apparente espressamente disciplinate, ed allora troveranno la soluzione in base ai noti criteri, oppure , secondo quando affermato dalla giurisprudenza, costituiranno autonome figure di reato e pertanto saranno sanzionate in base alla relativa disciplina. Si pensi al caso della concussione e se alla promessa, che già di per sé è sufficiente per la consumazione del reato, segua la dazione effettiva del danaro o dell'altra utilità promessa, fatto questo, che costituisce la realizzazione del fine avuto di mira dall'agente che costituisce un post factum non punibile anche se non del tutto irrilevante; infatti, se alla promessa segue poi l'effettiva dazione il reato rimane unico, ma si verifica lo spostamento in avanti del momento consumativo che coincide con la dazione con la conseguenza che se tra la promessa e l'effettiva dazione si inserisce l'attività di un terzo intermediario che agevola il pagamento, si è nell'ambito del concorso di persone nel reato e non del favoreggiamento. La dottrina che ammette il criterio di consunzione, e la sua conseguente estensione al post factum e ante factum, ritiene che alla base del principio vi deve essere il collegamento tra due vicende collegate l'una all'altra anche se nella realtà rimangono distinte, ma comunque unite da un coefficiente di disvalore oggettivo e soggettivo. A tale unità di disvalore corrisponde sul piano interpretativo l'unicità della valutazione giuridica che postula l'applicazione della norma che prevede la pena più grave. Ma, poiché, il principio di consunzione non ha il medesimo coefficiente di certezza di quello della specialità né quello, seppur più limitato, della sussidiarietà , l'applicazione di questo principio ha trovato nella giurisprudenza alterna fortuna. Infatti, l'adesione alla concezione pluralistica è stata, negli ultimi anni, dapprima ripudiata per essere nuovamente abbracciata ammettendo sia il criterio di sussidiarietà che quello di consunzione riconducendo entrambi al superiore principio del ne bis in idem sostanziale. Tale ultimo principio vieta di addossare allo stesso soggetto più volte lo stesso fatto e porta ad affermare l'apparenza del concorso in tutti i casi di specialità reciproca ( sia per specificazione che per aggiunta). Secondo, quindi, questa dottrina il concorso di reati potrebbe sussistere nelle ipotesi in cui le fattispecie si trovino in rapporto di interferenza, ossia coincidano soltanto per la condotta (esempio violenza sessuale ex 609 bis e incesto ); quando le fattispecie si trovano in rapporto di eterogeneità ; infine, quando le fattispecie sono in rapporto di incompatibilità ossia prevedono elementi che si escludono. Nella fattispecie in esame, Tizio risponderà del delitto punito ai sensi dell'art. 600 ter quarto comma c.p. (cessione di materiale pornografico). Tale delitto potrà essere, previa valutazione in concreto effettuata dal giudice, potrà essere eventualmente aggravato ai sensi del quinto comma (circostanza aggravante ad effetto speciale consistente nella detenzione di materiale di ingente quantità . Inoltre, aderendo al prevalente orientamento giurisprudenziale risalente al 2011 ed anticipato già nel 2008, il concorso formale è escluso tra il delitto di cessione di materiale pedopornografico e quello di detenzione dello stesso materiale, in quanto la condotta di detenzione rappresenta un antefatto non punibile rispetto a quella di cessione, rimanendo assorbita in quest'ultima. L'art. 600 ter c.p., introdotto dalla legge n. 269 del 1998 e successivamente corretto dalla legge n. 38 del 6 febbraio 2006 recante "disposizioni in materia di lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pedopornografia anche a mezzo Internet", prevede diverse figure criminose suddivise in cinque commi miranti a reprimere tale fenomeno a tutti i livelli. Il bene giuridico protetto dalla norma in questione va individuato nellalibertà psicofisica del minore. Si tratta di un delitto contro la personalità individuale. Il quarto comma dell'art. 600 ter c.p. anch'esso modificato dalla Legge n. 38/2006, sanziona "chiunque al di fuori delle ipotesi di cui ai commi primo, secondo e terzo, offre o cede ad altri, anche a titolo gratuito, il materiale pornografico di cui al primo comma". Ciò che distingue il "cedere" dal fare commercio, è il carattere privato della condotta, e non il fine di lucro dell'agente: qui, a differenza che nel secondo comma dell'art. 600 ter c.p., l'offerta del materiale, anche se onerosa non presuppone una struttura organizzata di tipo imprenditoriale (che è implicita invece nel concetto di commercio) ed è diretta a singoli destinatari, individualmente determinati, essendo la cessione al pubblico punita più severamente ai sensi del comma terzo. Nella normativa precedente era stata prevista la sola attività di cessione, ad essa è stata aggiunta dalla legge n. 38/2006, l'ulteriore attività di "offrire", termine che rafforza e completa la portata della norma, in quanto chi offre svolge opera di proselitismo, mentre chi cede può anche essere indotto a farlo in maniera forzata. È un reato comune a forma vincolata. Quanto all'elemento soggettivo, la fattispecie è punibile a titolo di dolo generico, richiedendo esclusivamente la cosciente volontaria realizzazione di una delle condotte incriminate, a prescindere dalle concrete finalità . Il reato di detenzione di materiale pedopornografico ex art 600 quater c.p. non richiede, ai fini della sua configurabilità , un concreto pericolo di diffusione del predetto materiale, essendo sufficiente la mera consapevole detenzione del medesimo. La fattispecie incriminatrice ricomprende la memorizzazione del materiale e dei file elettronici nell'hard disk del sistema informatico, in cd-rom, dvd, pendrive, ipod, telefonini o altri mezzi in grado di archiviare documenti multimediali . L'elemento soggettivo del delitto de quo è costituito dal dolo generico, che ovviamente presuppone la consapevolezza che i soggetti raffigurati siano minorenni e della provenienza illecita del materiale. In sostanza, la cessione occasionale, singolarmente effettuata (ex comma 4 art 600 ter c.p.), del materiale pornografico è fattispecie per sua natura sussidiaria rispetto a quelle previste nei commi precedenti dello stesso art. 600 ter c.p., che non può trovare applicazione quando sussistano gli elementi per la operatività degli stessi. Per cedere il materiale (che è cosa diversa dall'informazione), bisogna prima detenerlo. In tale situazione la detenzione di materiale pedopornografico assume i connotati di un antefatto non punibile e per tale ragione rimane assorbita nel delitto di cessione. In definitiva, la condotta di Tizio di cui all'art. 600 quater c.p., rimarrà assorbita in quelle di cui all'art. 600 ter c.p. allorchè sussista una progressione criminosa o un assorbimento e la condotta della detenzione sia prodromica a quelle di cui all'art. 600 ter c.p. Mentre è configurabile il concorso formale tra il delitto di detenzione di materiale pedopornografico e quello di divulgazione di notizie finalizzate allo sfruttamento di minori, diversamente il concorso è escluso tra il delitto di cessione di materiale pedopornografico e quello di detenzione dello stesso materiale, in quanto la condotta di detenzione rappresenta un antefatto non punibile rispetto a quella di cessione, rimanendo assorbita in quest'ultima (Cassazione Penale, Sez. III, n. 36364 del 23-9-2008). L'ipotesi di offerta o cessione di materiale pedopornografico (art. 600 ter, comma 4, c.p.) contiene dal punto di vista concettuale quella di detenzione inclusa nell'imputazione di cui all'art. 600 quater c.p. (procurarsi o detenere): infatti la giurisprudenza di legittimità ha affermato, in via generale, che anche la stessa divulgazione di materiale illecito presuppone la sua detenzione, perché non si può evidentemente divulgare volontariamente "materiale pedopornografico" se non si è in possesso e non si detiene consapevolmente il materiale stesso. E' stato quindi, in relazione allo specifico, escluso il concorso tra il delitto di cessione di materiale pedopornografico e quello di detenzione dello stesso materiale, "in quanto la condotta di detenzione rappresenta un antefatto non punibile rispetto a quella di cessione, rimanendo assorbita in quest'ultima" (Cassazione Penale, Sez. III, n. 35696 del 3 ottobre 2011). Nella fattispecie in oggetto tra la condotta di cui all'art. 600 quater c.p. e quella di cui all'art. 600 ter c.p., comma 4 esiste assorbimento e non concorso di reati o concorso apparente di norme, perchè il reo per cedere il materiale ha dovuto prima procurarselo. Per quanto riguarda l'eventuale configurazione della circostanza aggravante ad affetto speciale della ingente quantità , la valutazione del carattere, ingente o meno, del materiale, deve essere condotta con riferimento non solo al numero dei supporti, dato di per sé indiziante, ma anche al numero di immagini, da considerare come obiettiva unità di misura, che ciascuno di essi contiene. Spetterà di conseguenza al giudice con riferimento al caso concreto valutare l'eventuale presenza di tale circostanza aggravante. | |
Da: aaasw | 12/12/2012 14:28:38 |
a che ora si consegna????? | |
Da: avvocatoinvocato | 12/12/2012 14:28:39 |
i candidati non possono conoscere la 190 del 2012, sui codici non c'è! Come la conoscerebbero??? | |
Da: wizipy | 12/12/2012 14:29:10 |
modificatelooooooooo | |
Pagina: 1, 2, 3, 4, 5, 6, ..., 26, 27, 28, 29, 30, 31, 32, 33, 34, 35, 36, ..., 43, 44, 45, 46, 47, 48 - Successiva >>