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11 dicembre 2012 - Parere Civile
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Da: notizie_CZ | 11/12/2012 11:46:34 |
ragazzi qualcuno conosce l'ora di consegna di Catanzaro (giovino) | |
Da: aiutante | 11/12/2012 11:47:24 |
questo potrebbe essere già inviato? | |
Da: FORZA CASA RIZZI | 11/12/2012 11:47:27 |
ragazzi ma spunti sulla seconda traccia? | |
Da: Ale | 11/12/2012 11:47:32 |
Ragazzi allora? c'è già qualche soluzione? postatela in maiuscolo magari, così le distinguiamo dagli altri commenti | |
Da: comma | 11/12/2012 11:47:58 |
gira qualche bozza ?? | |
Da: DAJEEEE | 11/12/2012 11:48:15 |
PER GIGI17......LECCE NON è SCHERMATA | |
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Da: sos | 11/12/2012 11:48:38 |
per JJJJJ credo di no la corte cost dichiara l'illegittimità del cd decreto ssalva banche (DL225 del 2010) che faceva retroagire il termine di prescrizione...vivono le sezioni unite che fanno decorrere lil termine della prescrizione dalla chiusura del conto | |
Da: polica | 11/12/2012 11:48:41 |
la sentenza risolutiva della 1 traccia è quella del 2010 o del 2012? grazie rispondete x favore? | |
Da: avvocato81 | 11/12/2012 11:48:55 |
cortesemente qualche indicazione sulla traccia del legato | |
Da: p.do | 11/12/2012 11:48:56 |
Anapoli hanno appena cominciato a dettare | |
Da: Luxor | 11/12/2012 11:49:12 |
ultimo post... premetto, l'ho fatta in poco tempo, controllare i refusi e personalizzare PS.prima di scartarla leggetela perchè non la riposto più..... PARERE traccia CAIO CLIENTE DA ANNI DELLA BANCA X RIFERISCE DI AVER VERSATO ALLA STESSA DOPO LA CHIUSURA DI ALCUNI RAPPORTI DI CONTO CORRENTE CON ESSA INTRATTENUTI DAL 1994 E IL 2008, UN IMPORTO COMPRENSIVO DI INTERESSI COMPUTATI AD UN TASSO EXTRA-LEGALE, E CAPITALIZZATI TRIMESTRALMENTE PER PARTE DELLA DURATA DEI SUDDETTI RAPPORTI E SUCCESSIVAMENTE CAPITALIZZATI ANNUALMENTE. IL CANDIDATO ASSUNTE LE VESTI DI DIFENSORE DI CAIO REDIGA MOTIVATO PARERE SUGLI ISTITUTI E SU PROBLEMATICHE SOTTESE ALLA FATTISPECIE IN PARTICOLARE SULLE PRESCRIZIONI DELL'EVENTUALE RIPETIZIONE DI INDEBITO SULL ANATOCISMO E SULLA PATTUIZIONE INERENTE IL TASSO DI INTERESSE PASSIVO. Ai fini detta trattazione del tema in esame, va detto, che lo stesso ha particolarmente arricchito il dibattito dottrinario e giurisprudenziale degli ultimi anni,vuoi per le rilevanti implicazioni di carattere tecnico-giuridico, vuoi per le inevitabili ricadute sul piano economico ed in particolare sui bilanci degli Istituti di Credito. Come è noto, infatti, con il termine anatocismo si intende la capitalizzazione degli interessi su un capitale, affinché essi siano a loro volta produttivi di altri interessi (in pratica è il calcolo degli interessi sugli interessi). Nella prassi bancaria, tali interessi vengono definiti "composti". Malgrado l'anatocismo sia un istituto conosciuto dagli albori del prestito ad interesse, la normativa italiana non ha raggiunto un sufficiente grado di completezza, tant'è che la disciplina si basa ancora sul codice civile del 1942, ed in particolare sull'art. 1283 c.c. Secondo questa norma, gli interessi scaduti, in assenza di usi contrari, possono produrre a loro volta interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza, sempre che si tratti di interessi dovuti almeno per sei mesi. In linea di principio,dunque, il codice civile ha da sempre vietato un regime di capitalizzazione composta degli interessi, ovvero il pagamento degli interessi su interessi di periodi precedenti. Nonostante la tutela approntata dal citato articolo, però, che come detto, subordinava l'anatocismo alla compresenza di alcuni presupposti ben determinati, per circa mezzo secolo nella prassi bancaria italiana hanno trovato applicazione, pressoché generalizzata, nei contratti di apertura di conto corrente, le clausole di capitalizzazione trimestrale degli impieghi. Ciò va detto, grazie (anche) all'avallo della giurisprudenza, tanto di legittimità quanto di merito, che ha affermato la validità delle clausole di capitalizzazione trimestrale, escludendo l'esistenza di un contrasto con la previsione di cui all'art. 1283 codice civile, sulla base dell'affermazione dell'esistenza di un uso idoneo a derogare al divieto di anatocismo stabilito da tale norma. Nel 1999 la Corte di Cassazione, invertendo il proprio orientamento giurisprudenziale, ha iniziato, invece ad affermare la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale, sostanzialmente argomentando nel senso della inesistenza di un uso normativo idoneo a derogare all'art. 1283 c.c.. Per evitare scompensi tra il lavoro dei giudici e la prassi, il legislatore ha ritenuto opportuno, con il decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 342, modificare l'art. 120 del decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia): tale intervento ha introdotto in materia il principio della eguale cadenza di capitalizzazione dei saldi attivi e passivi, nel contempo stabilendo - con norma transitoria - una sanatoria per il pregresso, facendo salve le clausole di capitalizzazione trimestrale contenute nei contratti conclusi prima dell'entrata in vigore della nuova disciplina. La norma transitoria è stata però dichiarata illegittima, per eccesso di delega e conseguente violazione dell'articolo 77 Costituzione, dalla Corte Costituzionale (sentenza 17 ottobre 2000, n. 425,[1]). Il cosiddetto "decreto salvabanche" fu presentato il 23 luglio 1999, sotto il Governo D'Alema I, convertito in legge n. 342 del 4 agosto 1999[2]. La Consulta, con la citata sentenza, ha abrogato l'art. 25, comma 3, dichiarato incostituzionale per: l'irretroattività della legge, la disparità di trattamento fra soggetti del testo Unico Bancario e creditori sottoposti all'anatocismo, il non rispetto dell'autonomia e indipendenza della magistratura. Dopo la sentenza della Consulta, del 17 ottobre 2000, un secondo decreto fu approvato il 29 dicembre 2000, n. 394, a firma del Presidente del Consiglio Amato e della Repubblica, Ciampi, e convertito in legge 28 febbraio 2001, n. 24[3]. Il decreto fornisce l'interpretazione autentica della legge antiusura n. 108 del 1996. Venuta meno la norma transitoria, finalizzata ad assicurare validità ed efficacia alle clausole di capitalizzazione degli interessi inserite nei contratti bancari stipulati anteriormente alla entrata in vigore della nuova disciplina, paritetica, della materia, la Corte di Cassazione ha continuato, con una ulteriore serie di sentenze (tra le altre, si veda la sentenza 13 dicembre 2002, n. 17813), a ribadire il suo approccio più recente, peraltro estendendo i principi enunciati inizialmente con riferimento al conto corrente bancario anche ai contratti di mutuo. Infine, con sentenza n. 21095/2004 (Cass. Civ., SS.UU., 4 novembre 2004, n. 21095), la suprema Corte ha confermato in modo netto il revirement del 1999, così consolidando il nuovo trend giurisprudenziale. Tutto ciò poi appare lucidamente espresso in una recentissima sentenza del 2010 nella quale le sez. unite sono intervenute nuovamente sull'argomento stabilendo espressamente che: Tutte le volte in cui i versamenti in conto non superino il passivo ed in particolare il limite dell'affidamento concesso al cliente si tratterà di atti ripristinatori della provvista, della quale il correntista può ancora continuare a godere, e non di pagamenti. In questi casi il termine di prescrizione decennale per il reclamo delle somme trattenute dalla banca indebitamente, a titolo di interessi su un'apertura di credito in conto corrente, decorre dalla chiusura definitiva del rapporto, trattandosi di un contratto unitario che dà luogo ad un unico rapporto giuridico, anche se articolato in una pluralità di atti esecutivi.(In senso conforme Cass. Civ., Sez. I, 9 aprile 1984, n. 2262, App. Lecce, 19 febbraio 2009, Trib. Torino 21 gennaio 2010, Trib. Lecce 15 dicembre 2009, Trib. Mondovì, 17 febbraio 2009, App. Torino, 14 novembre 2007, App. Lecce 22 ottobre 2001; in senso contrario Trib. Mantova 2 febbraio 2009, Trib. Mantova 12 luglio 2008) La decisione delle Sezioni Unite, dunque, ribadisce l'assenza di qualsivoglia dubbio circa la nullità delle clausole anatocistiche, ex art. 1418, primo comma c.c., per contrarietà all'art. 1283 c.c. e conferma che il termine di prescrizione decennale per il reclamo delle somme trattenute dalla banca indebitamente, a titolo di interessi su un'apertura di credito in conto corrente, decorre dalla chiusura definitiva del rapporto, trattandosi di un contratto unitario che dà luogo ad un unico rapporto giuridico, anche se articolato in una pluralità di atti esecutivi. Per i giudici nel caso di conto assistito da apertura di credito, essendo il conto soltanto passivo ma non scoperto, il debito del correntista non è immediatamente esigibile e le rimesse non hanno, perciò, funzione solutoria. Si abbandona pertanto - da parte delle Sezioni Unite - definitivamente il punto di vista di una parte della giurisprudenza di merito che aveva ritenuto che nei contratti di durata ogni singola prestazione avesse una sua autonomia, sicché ognuna di esse resterebbe soggetta alle regole comuni e, quindi, anche a quelle sulla decorrenza della prescrizione con la conseguenza che l'azione di ripetizione, per la restituzione delle somme illegittimamente addebitate dalla banca sul conto corrente, decorrerebbe dall'esecuzione di ogni singolo addebitamento e non dalla chiusura del conto]. Ex adverso, osservano le Sezioni Unite, tutte le volte in cui i versamenti in conto non superino il passivo ed in particolare il limite dell'affidamento concesso al cliente si tratterà di atti ripristinatori della provvista, della quale il correntista può ancora continuare a godere, e non di pagamenti. In questi ultimi casi, un versamento eseguito dal cliente su un conto il cui passivo non abbia superato il limite dell'affidamento concesso dalla banca con l'apertura di credito non ha nè lo scopo nè l'effetto di soddisfare la pretesa della banca di vedersi restituire le somme date a mutuo (credito che, in quel momento, non sarebbe scaduto nè esigibile) ma esclusivamente l'effetto di ripristinare la misura dell'affidamento utilizzabile nuovamente in futuro dal correntista: dunque, non costituisce un pagamento ex art. 2033 c.c. In questa prospettiva, la circostanza che, in quel momento, il saldo passivo del conto sia influenzato da interessi illegittimamente fin lì computati si traduce in un'indebita limitazione della facoltà di maggior indebitamento, ma non si tratta mai di pagamento anticipato di interessi. Di pagamento, nella descritta situazione, potrà dunque parlarsi soltanto dopo che, conclusosi il rapporto di apertura di credito in conto corrente, la banca abbia esatto dal correntista la restituzione del saldo finale, nel computo del quale risultino compresi interessi non dovuti e, perciò, da restituire se corrisposti dal cliente al'atto della chiusura del conto. Le Sezioni Unite applicano quindi, ciò che era ormai ius receptum con riferimento ai pagamenti revocabili, ex art. 67, II co., L.F. - RD n. 267/1942; il pagamento, rilevante ai fini di detta norma, va ravvisato in tutti i casi in cui venga superato il limite del fido, ovvero non sussista neppure un rapporto derivante da apertura di credito, o ancora il conto sia diventato scoperto per recesso della banca o, infine, i versamenti concernano un conto corrente per il quale quest'ultima abbia disposto la sospensione, anche solo di fatto, dell'affidamento concesso: in tutti questi casi i versamenti concernenti un conto corrente vengono, a seguito di una delle predette vicende, ad assumere un'evidente funzione solutoria, essendo in tale ipotesi il debito certo ed esigibile. In altre parole, affinchè il pagamento possa essere considerato, sulla base dell'art. 1191 c.c. , atto materiale per il quale non è necessario l'animus solvendi, deve reputarsi il versamento atto diverso dal pagamento, allorquando risulti la volontà delle parti di rivolgerlo ad uno scopo diverso dal pagamento del debito. E' ovvio che tale volontà possa risultare per facta concludentia dallo stesso comportamento della banca, ossia dalle risultanze del conto corrente. Proprio per questo i giudici ribadiscono la distinzione tra "conto scoperto" e "conto semplicemente passivo". Per scoperto di conto s'intende sia l'ipotesi dell'assenza di un rapporto avente per effetto quello di costituire, a favore del correntista, un credito disponibile verso la banca (anticipazione bancaria o apertura di credito), sia l'ipotesi del cosiddetto "sconfinamento" dal fido concesso; in entrambi i casi le rimesse che affluiscono sul conto vengono ad avere un carattere solutorio, nel limite in cui eliminano lo scoperto. Diversamente, nel caso di conto assistito da apertura di credito, essendo il conto soltanto passivo ma non scoperto, il debito del correntista non è immediatamente esigibile e le rimesse non hanno, perciò, funzione solutoria. In questi casi, come già detto, le rimesse hanno la funzione di ripristino della disponibilità . In buona sostanza la Corte ribadisce e mette un punto fermo sulla diatriba che ha agitato dottrina e giurisprudenza in merito alla concezione stessa del pagamento quale semplice atto materiale, trasformato in atto in cui comunque rileva la causa, costituita dalla volontà delle parti di qualificare tale attività , colorandola ben oltre la semplice neutralità con l'animus solvendi, ovvero con la semplice volontà ripristinatoria. In conclusione le annotazioni operate dall'azienda in un conto corrente bancario) non costituiscono la conseguenza di reciproche rimesse e non esprimono l'esistenza di debiti e crediti di ciascun contraente nei confronti dell'altro ma rappresentano semplici variazioni quantitative dell'ordinario rapporto di credito o di debito con la banca. Il cliente non effettua nessun pagamento indebito ma semplicemente è uno spettatore che "subisce una annotazione". | |
Da: gigi17 | 11/12/2012 11:50:15 |
ok grazie | |
Da: SOS | 11/12/2012 11:51:58 |
Qualcuno cortesemente potrebbe indicarmi la sentenza e il parere della 2 traccia?? grazieeee | |
Da: kia | 11/12/2012 11:52:16 |
per Luxor... grazie 1000! potresti provare a fare un parere anche sulla seconda traccia... | |
Da: praticante_ | 11/12/2012 11:52:55 |
Raga non vi sembra troppo enorme la soluzione della traccia 1 svolta da Luxor? | |
Da: la soluzione di LUXOR | 11/12/2012 11:53:07 |
non risolve il caso concreto, completamente ignorato. | |
Da: asterix01 | 11/12/2012 11:55:19 |
ciao luxor ti ringrazio per il tuo supporto alla causa potresti darmi un ulteriore aiuto? lo scorso anno ho preso altri spunti da un'altro forum che adesso non riesco a trovare sul web perchè non ricordo il nome puoi aiutarmi a trovarlo grazie eleonora | |
Da: mister braun | 11/12/2012 11:55:26 |
qualche prospetto di parere per la 2 traccia? | |
Da: Da Giurdanella.it | 11/12/2012 11:55:57 |
traccia 1: riferimenti normativi e giurisprudenziali http://www.giurdanella.it/articolo/esame-avvocato-2012-parere-civile-traccia-1-riferimenti-normativi-e-giurisprudenziali | |
Da: galaxy19 | 11/12/2012 11:56:54 |
quindi ragazzi c'è ancora da lavorare per bene | |
Da: Ale | 11/12/2012 11:56:58 |
ragazzi ma la risposta di luxor è buona? | |
Da: ale | 11/12/2012 11:58:28 |
non ricominciate ad usare il mio nome | |
Da: ICLOUD | 11/12/2012 11:58:31 |
io sto lavorando sulla seconda. la ritengo piu facile e fluida | |
Da: xxx | 11/12/2012 11:59:31 |
sapete a ke ora si consegna a CZ? | |
Da: risposta di luxor | 11/12/2012 12:00:00 |
com'è la soluzione di Luxor???? | |
Da: giadaNKG | 11/12/2012 12:00:26 |
Non so se hanno cominciato ma vedo che è da un bel pò che il mio ragazzo è in gmail con lo stato non disponibile, quindi vuol dire che non riesce per ora ad avere il cellulare in mano. Probabile che stiano per iniziare, è mezzogiorno d'altronde | |
Da: principessacharlotte | 11/12/2012 12:01:20 |
semntenza 2 traccia | |
Da: Order | 11/12/2012 12:01:38 |
In tema di legato in sostituzione di legittima, il legittimario in favore del quale il testatore abbia disposto ai sensi dell'art. 551 c.c. un legato avente ad oggetto un bene immobile, qualora intenda conseguire la legittima, deve rinunciare al legato stesso in forma scritta ex art. 1350, primo comma, n.5 c.c., risolvendosi la rinuncia in un atto dismissivo della proprietà di beni già acquisiti al suo patrimonio; infatti, l'automaticità dell'acquisto non è esclusa dalla facoltà alternativa attribuita al legittimario di rinunciare al legato e chiedere la quota di legittima, tale possibilità dimostrando soltanto che l'acquisto del legato a tacitazione della legittima è sottoposto alla condizione risolutiva costituita dalla rinuncia del beneficiario, che, qualora riguardi immobili, è soggetta alla forma scritta, richiesta dalla esigenza fondamentale della certezza dei trasferimenti immobiliari. | |
Da: Piè | 11/12/2012 12:01:43 |
Chi corregge Lecce? | |
Da: Luxor | 11/12/2012 12:02:38 |
ragazzi lasciate perdere la traccia 2...a meno che non studiate per il concorso notarile e conoscete a menadito le successioni. Ps. nella traccia 1 ho fatto solo un breve (provate voi a scrivere di meno sull'argomento) sunto della storia e della normativa così come interpetata negli ultimi anni. A mio avviso la soluzione è nella sentenza delle SU del 2010... Ps2. per "la soluzione di Luxor"...esponi tu qual'è il caso concreto da me tralasciato... | |
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