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15 dicembre 2011 - Atto giudiziario - Privato
2397 messaggi, letto 90920 volte
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Da: napoli 7815/12/2011 10:09:29
su su forza ragazzi che tutti siamo qui per aiutare i nostri fidanzati fidanzate amici parenti o per noi stessi!!!

Da: suggeritorre 198115/12/2011 10:09:43
Scusate devo inviare traccia dell'atto civile ma qual'è atto amministrativo o atto privato? Scusate l'ignoranza...

Da: tanni pi15/12/2011 10:10:30
esatto a napoli è assodato che ancora niente è stato dettato, novità da l resto d'italia????? dai dai !!!!!!

Da: ...15/12/2011 10:10:34
privato

Da: Avv_M@rco 15/12/2011 10:10:39
La Sentenza SS. UU. 7246/07 è contraria alla Impresa Edile Gamma

Da: napoli 7815/12/2011 10:10:58
è privato

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Da: ffff65465415/12/2011 10:11:00
l'esame lo supera solo chi fa l'atto di penale e l'atto amministrativo. Per gli altri pronostico una Waterloo

Da: street per suggeritorre15/12/2011 10:11:02
è l'atto privato

Da: toroseduto15/12/2011 10:11:02
comparsa di costituzione e risposta con domanda riconvenzionale datemi conferma

Da: carmen515/12/2011 10:11:20
x favore mi serve la traccia di amministrativo????????????????????????????

Da: sofy 15/12/2011 10:11:25
qualcuno può postare la 7769/2011?

Da: lio15/12/2011 10:12:08
Cassazione civile  sez. II 19 febbraio 2008 n. 4071

Nel caso di allegazione della simulazione relativa per interposizione fittizia di persona di un contratto necessitante la forma scritta ad substantiam, la dimostrazione della volontà delle parti di concludere un contratto diverso da quello apparente incontra non solo le normali limitazioni legali all'ammissibilità della prova testimoniale e per presunzioni, ma anche quella, più rigorosa, derivante dal disposto degli articoli 1414, comma 2, e 2725 c.c., di provare la sussistenza dei requisiti di sostanza e forma del contratto diverso da quello apparentemente voluto e l'esistenza, quindi, di una controdichiarazione, dalla quale risulti l'intento comune dei contraenti di dare vita ad un contratto soggettivamente diverso da quello apparente. Di conseguenza, e con riferimento alla compravendita immobiliare, la controversia tra il preteso acquirente effettivo e l'apparente compratore non può essere risolta, fatta salva l'ipotesi di smarrimento incolpevole del relativo documento (art. 2724, n. 3, c.c.), con la prova per testimoni o per presunzioni di un accordo simulatorio cui abbia aderito il venditore, e neppure, in assenza della controdichiarazione, tale prova può essere data con il deferimento o il riferimento del giuramento (art. 2739, comma 1, c.c.), né tanto meno mediante l'interrogatorio formale, non potendo supplire la confessione, in cui si risolve la risposta positiva ai quesiti posti, alla mancanza dell'atto scritto.

Da: principessa8115/12/2011 10:12:12
RAGAZZI HO TROVATO QUALCOSA CHE PUò ESSERE UTILLE..SPERO
CREDO CHE TUTTO RUOTI SULLA PROVA TESTIMONIALE. ORA RAGIONO MEGLIO.INTANTO CHI STA LAVORANDO PRENDA IN CONSIDERAZIONE CIò CHE POSTO.GRAZIE

La simulazione di una singola clausola contrattuale: il prezzo di vendita


Dopo aver quindi esaminato i limiti della prova testimoniale per la simulazione e la relativa azione sotto il profilo processuale, resta da affrontare il medesimo problema nel caso in cui la simulazione riguardi esclusivamente una singola clausola contrattale, ossia il prezzo di vendita (cd. simulazione relativa parziale).

Invero in giurisprudenza si è riscontrato un atteggiamento oscillante.

Secondo un primo orientamento, maggiormente risalente, la prova della simulazione relativa parziale riguardante una singola clausola contrattuale non incontrerebbe i limiti derivanti dalla disciplina della simulazione di cui agli artt. 1414 comma 2 e 1417 c.c. In particolare, non sarebbe necessario che il patto di determinazione del prezzo dissimulato debba avere la stessa forma richiesta per il contratto cui afferisce, fermi restando i limiti dell'ammissibilità della prova testimoniale posti dalla disciplina probatoria dei patti aggiunti (Cass. 24 aprile 1996 n.3857, Cass. 23 gennaio 1988 n. 526, Cass. 9 luglio 1987 n. 5975). Nella ipotesi di simulazione relativa parziale, relativamente al prezzo gli elementi negoziali interessati dalla simulazione, essi vengono ad essere sostituiti da quelli effettivamente voluti dalle parti (Cass. 24 luglio 1997 n. 6933) e possono essere provati anche a mezzo di testimoni (Cass. 30 luglio 1998 n. 7500, Cass. 24 aprile 1996 n. 3857, Cass. 9 luglio 1987 n. 5975; Cass. 6 settembre 2006, n.19146).



In realtà, si tratta di pronunce destinate a porsi in contrasto non solo con il dettato codicistico, ma anche con pronunce recenti di tenore diametralmente opposto (Cass., sez. I, 19 marzo 2004, n. 5539). La dottrina e la più recente giurisprudenza sottolineano come la soluzione del quesito imponga di prendere le mosse dal contenuto dell'art. 2722 c.c., che prescrive l'inammissibilità della prova per testimoni volta a dimostrare l'esistenza di patti contrari o aggiunti al contenuto di un documento e che si assumano adottati in epoca anteriore o contemporanea alla redazione del documento stesso.

La pattuizione di un prezzo di vendita diverso da quello apparente indicato nel documento contrattuale non può, nei rapporti tra le parti, essere oggetto di prova per testimoni, giacché i limiti alla prova testimoniale di cui all'art. 2722 c.c. operano anche in presenza di una simulazione soltanto parziale, ogni qual volta questa si traduca nell'allegazione di un accordo ulteriore e diverso da quello risultante dal contratto, comunque destinato a modificare l'assetto degli interessi negoziali riportato nel documento sottoscritto dalle parti.



A dirimere il contrasto insorto è intervenuta la Cassazione a Sezioni Unite (Cass. civ., Sez. Un., n. 7246/07).



Componendo il contrasto insorto, le Sezioni Unite hanno optato per l'orientamento più recente che aveva escluso la possibilità di provare per testimoni la simulazione del prezzo di vendita, ciò in quanto la prova sul prezzo riguarda un elemento essenziale e non accessorio del contratto.



Si è, in proposito, affermato che, allorquando l'accordo simulatorio investe solo uno degli elementi del contratto (quale è il prezzo di una vendita immobiliare), per il quale è richiesta la forma scritta ad substantiam, il contratto simulato non perde la sua connotazione peculiare, ma conserva inalterati gli altri suoi elementi ad eccezione di quello interessato dalla simulazione con la conseguenza che, non essendo il contratto simulato né nullo né annullabile, ma soltanto inefficace tra le parti, gli elementi negoziali interessati dalla simulazione possono essere sostituiti o integrati con quelli effettivamente voluti dai contraenti.



Pertanto, la prova per testimoni del prezzo effettivo della vendita, versato o ancora da corrispondere, non incontra, tra alienante e acquirente, i limiti dettati dall'articolo 1417 c.c. in tema di simulazione, in contrasto con il divieto posto dall'articolo 2722 c.c., in quanto la pattuizione di celare una parte del prezzo non può essere equiparata, per mancanza di una propria autonomia strutturale, all'ipotesi di dissimulazione del contratto, così che la prova relativa ha scopo e materia semplicemente integrativa e può pertanto risultare anche da deposizioni testimoniali (Cass. 3857/96; Cass. 526/88).



D'altronde, anche qualora si volesse affermare che la pattuizione con cui le parti convengano un prezzo diverso da quello indicato nel documento contrattuale non integri gli estremi di una vera e propria simulazione, questo non risolverebbe in alcun modo il problema. Se anche cosi fosse, infatti, resterebbe comunque difficilmente eludibile il rilievo per cui una tale pattuizione si pone in contrasto con il contenuto di un documento contrattuale contestualmente stipulato e, come tale, ricadrebbe nella previsione dell'articolo 2722 c.c.



E' facile osservare che il prezzo è un elemento essenziale della vendita, per cui anch'esso deve risultare per iscritto e per intero quando per tale contratto è prevista la forma scritta ad substantiam, non essendo sufficiente che quest'ultima sussista in relazione alla manifestazione di volontà di vendere e di acquistare.



In altri termini, la prova per testimoni del prezzo dissimulato di una vendita immobiliare non riguarda un elemento accessorio del contratto, in relazione al quale non opera il divieto di cui all'art. 2722 c.c., ma un elemento essenziale, con conseguente applicabilità delle limitazioni in tema di prova previste da tale disposizione.

Da: Arturo Bandini15/12/2011 10:13:00
ECC.MO TRIBUNALE DI ZETA
MEMORIA DI COSTITUZIONE AVVERSO RICORSO EX ART. 700 COD. PROC. CIV.
R.G. N. - UDIENZA DEL __/__/____ - GIUD. DOTT. ______.

Nell'interesse del Sig. Tizio , nato il __/__/____ a _______ residente a ____, C.F. ________, rappresentato e difeso dall'Avv. _____________, giusta procura posta in calce alla presente memoria di costituzione, e domiciliato presso il di lui studio sito in _______ alla Via _____ n.__, dichiarando di voler ricevere le comunicazioni di Cancelleria al numero di fax_____;
- Resistente -
contro
La società Alfa s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore Sig. ____,con sede legale in___, alla via _____ n. __, C.F./P.Iva. ______, rappresentata e difesa dall'Avv. _____, ed elettivamente domiciliata presso lo studio di questi sito in ________, alla via _____ n. __;
- Ricorrente -
* * *
Premessa
Con ricorso depositato in data __/__/___ , la società ricorrente ha esperito azione cautelare ex art. 700 cod. proc. civ. tesa a conseguire il duplice fine rappresentato, da un canto, da una pronuncia in via d'urgenza sull'esclusione del socio tizio dalla società sulla base di un asserito comportamento infedele tenuto (secondo l'amministratore della società) dall'odierno resistente; e, dall'altro canto, da una pronuncia diretta ad inibire al socio tizio l'accesso ai documenti sociali.
Con la presente memoria si costituisce nel procedimento emarginato il Sig. Tizio che contesta integralmente tutto quanto esposto ex adverso nel ricorso ex art. 700 cod. proc. civ. osservando quanto segue.
Giova preliminarmente evidenziare che lo strumento impiegato dalla società ricorrente si rivela del tutto inadeguato rispetto alle finalità segnalate nelle conclusioni del ricorso introduttivo, ciò che ne comporta sin da subito e all'evidenza l'inammissibilità.
In proposito, difatti, con riferimento alla istanza volta a conseguire una pronuncia di esclusione del socio Tizio, non è chi non veda l'inammissibilità di una pronuncia cautelare che sia al contempo costitutiva (rappresentata nel caso che ci occupa dalla revoca anticipatoria dello «status» di socio), atteso che l'efficacia di una siffatta statuizione postula, semmai, la formazione di un giudicato. Posto che, infatti, i provvedimenti d'urgenza ex art. 700 presuppongono il pericolo di una situazione attuale di danno, derivante dall'attesa del giudizio, e mirano a scongiurarla con l'anticipazione degli effetti di esso, deve evidenziarsi che nel caso di specie (domanda finalizzata ad ottenere una decisione giudiziale con efficacia costitutiva), non vi è spazio per forme di tutela anticipata prima della statuizione giudiziaria costitutiva con valenza di giudicato. Infatti, il diritto azionato dalla società alfa potrebbe al più sorgere con effetto costitutivo solo a seguito del passaggio in giudicato della sentenza di accoglimento.
Di qui l'inammissibilità della tutela cautelare atipica richiesta dalla società Alfa, che, giova precisare, per sua natura sarebbe comunque destinata a concludersi con una pronuncia di carattere interinale e provvisoria, rispetto all'adozione di una statuizione che abbia effetto costitutivo, di contro ammissibile - come da giurisprudenza di merito consolidata - solo in presenza di diritti perfetti preesistenti.
Tale profilo di inammissibilità, peraltro, nella giurisprudenza di merito è viepiù corroborato dalla circostanza per cui, benché l'art. 2473 bis cod. civ. attribuisca la facoltà di stabilire nell'atto costitutivo di s.r.l. specifiche ipotesi di esclusione per giusta causa del socio (ulteriori rispetto a quella delineata dall'art. 2466 cod. civ. relativa alla mancata esecuzione dei conferimenti), la medesima disposizione non consente di adire l'autorità giudiziaria onde ottenere una pronuncia che escluda il socio dalla società, posto che, in assenza di una espressa previsione legislativa, deve escludersi che sussista un potere così incisivo dell'autorità giurisdizionale all'interno della compagine sociale in sede di tutela atipica (in termini, fra le altre, Tribunale di Biella, 7 luglio 2006).
Sotto tale aspetto e con precipuo riferimento alla richiesta esclusione del Sig. Tizio, d'altronde, la domanda spiegata dalla società Alfa appare quanto meno sprovvista del necessario presupposto dell'apparenza del diritto, ossia il fumus boni iuris, utile a sorreggere l'invocata tutela atipica. Assenza, quella del c.d. fumus, peraltro avvalorata dalla circostanza per cui, diversamente da quanto sembra emergere nel ricorso introduttivo (nell'ambito del quale la determinazione sull'esclusione pare essere stata assunta dal personale convincimento dell'amministratore della società alfa), ogni decisione circa l'esclusione del socio di s.r.l. in assenza di diversa indicazione dello statuto è assunta dai soci, anche in applicazione dell'art. 2479, comma 2 n. 5, cod. civ. (a termini del quale "in ogni caso sono riservate alla competenza dei soci la decisione di compiere operazioni che comportano una sostanziale modificazione dell'oggetto sociale determinato nell'atto costitutivo o una rilevante modificazione dei diritti dei soci").
Analoghe considerazioni, sia nel senso del rigetto per assenza del necessario requisito del fumus sia nel senso dell'inammissibilità del ricorso alla tutela ex art. 700 cod. proc. civ., devono essere svolte con riferimento alla domanda introdotta dalla società ricorrente tesa ad inibire a Tizio l'accesso ai documenti sociali.
In proposito, difatti, la cennata istanza costituisce una richiesta di delibazione giudiziale e preventiva sulla legittimità di una futura condotta, trattandosi di circostanza sulla quale non esiste in concreto alcuna controversia in atto. Talché, il difetto di attualità dell'interesse dedotto nel presente procedimento (l'inibizione dell'accesso su cui non vi è allo stato controversia) che come noto renderebbe inammissibile anche la domanda ordinaria, e quindi a maggior ragione anche la domanda cautelare, si apprezza nel senso di ritenere che detta domanda sia anzitutto priva di adeguato interesse ex art. 100 cod. proc. civ.
Fermo quanto precede, è necessario osservare che tale domanda, finalizzata nella specie ad impedire al Sig. Tizio l'esercizio del diritto di accesso ai documenti sociali, si pone in netto contrasto con il diritto all'uopo riconosciuto ai soci di s.r.l. dall'art. 2476 cod. civ. Ai sensi del secondo comma di tale ultimo articolo, infatti, "i soci che non partecipano all'amministrazione hanno diritto di avere dagli amministratori notizie sullo svolgimento degli affari sociali e di consultare, anche tramite professionisti di loro fiducia, i libri sociali ed i documenti relativi all'amministrazione". Tale norma, dunque, radica in ciascun socio che non sia amministratore un diritto di controllo che si esplica mediante l'esercizio della facoltà di assumere informazioni dagli amministratori sullo svolgimento degli affari sociali, nonché mediante la consultazione dei libri sociali e dei documenti relativi all'amministrazione. Attraverso l'esercizio di tale diritto, dunque, il socio può accertare una mala gestio della società e, costituendo presupposto per la valutazione del socio sulla correttezza comportamentale dell'amministratore, è funzionale anche all'esercizio di eventuali azione di responsabilità. Tale diritto, inoltre, è generalmente considerato non comprimibile né eliminabile dallo statuto sì che è da considerarsi nulla ogni clausola che lo escluda o ne subordini l'esercizio a particolari condizioni, al punto che la violazione da parte degli amministratori dei diritti di controllo del socio è finanche pesantemente sanzionata dall'art. 2625 cod. civ. Di qui la ineludibile conseguenza, anche in questo caso, del rigetto dell'istanza cautelare in parte qua.
Le domande spiegate dalla società ricorrente non possono trovare accoglimento comunque per via del difetto dell'ulteriore presupposto richiesto dall'art. 700 cod. proc. civ. per la concessione dei provvedimenti di urgenza, ossia il possibile pregiudizio che possa derivare al diritto dell'istante nelle more della definizione del giudizio ordinario, il c.d. periculum in mora.
Anche alla luce delle deduzioni svolte, non è chi non veda che la domanda cautelare interposta da controparte non è retta in nessun aspetto dal pur necessario requisito del periculum.
Invero, non sussiste nella specie alcun possibile pregiudizio che la Società possa subire conseguenze negative nelle more di un accertamento secondo il rito ordinario.
In particolare, non sono ravvisabili i presupposti per l'attivazione dello strumento cautelare giacché non è possibile evincere dall'avversa pretesa i presupposti per la concessione dell'invocata tutela, né con riferimento alla domanda di esclusione del Sig. Tizio dalla compagine sociale; né con riguardo al diniego di accesso ai documenti sociali.
In proposito, quanto alla domanda di esclusione, giova osservare che il socio Tizio non ricopre funzioni amministrativo-gestionali e che, dunque, la permanenza nella compagine sociale, nelle more della definizione del giudizio, non è idonea a sortire nessun effetto pregiudizievole nella sfera giuridica della ricorrente.
Quanto al diniego di accesso ai documenti sociali, ferma restando l'inammissibilità e l'assenza di fumus, è opportuno segnalare che Tizio - proprio perché sprovvisto di qualunque potere gestionale - ha quale unica facoltà quella di chiedere di prendere visione delle informazioni sociali.
A fronte di quest'ultimo diritto, non è dato ravvisare alcun pericolo di pregiudizio incombente sulla Società che in proposito può assumere determinazioni nel senso opporre il diniego alla visione della documentazione sociale (come nella specie), senza alcuna esigenza di ottenere misure cautelari, azione che semmai competerebbe al socio destinatario del diniego.
* * *
Alla stregua di quanto precede, non ricorrendo presupposto alcuno per la concessione di un provvedimento di urgenza ex art. 700 c.p.c., il Sig. Tizio, come sopra rappresentato, difeso e domiciliato si costituisce nel presente procedimento affinché vengano accolte le seguenti
conclusioni
Voglia l'Ecc.mo Tribunale adito, contrariis rejectis, dichiarare la inammissibilità e, in ogni caso, rigettare le domande svolte dalla società Alfa perché totalmente infondate in fatto ed in diritto.
Con vittoria di spese, competenze ed onorari.
Allegati come da indice all'atto del deposito.
(luogo) (data)
Avv.
(FIRMA)

PROCURA ALLE LITI

Delego a rappresentarmi e difendermi nel presente procedimento cautelare, in ogni fase e stato, anche nelle eventuali fasi di reclamo, l'Avv.________ conferendo allo stesso tutti i poteri e le facoltà di legge, ivi comprese la facoltà di conciliare, transigere, rinunciare ed accettare rinunce a domande ed atti e giudizi, riscuotere, quietanzare, ritirare atti documenti e titoli in ogni sede giudiziaria nel mio interesse e in mio nome e conto.
Inoltre, preso atto della informativa di cui al D.Lgs. 196/03 conferisco autorizzazione e consenso al trattamento dei miei dati personali ai soli fini del presente incarico. Prendo, altresì, atto che il trattamento dei dati personali avverrà mediante strumenti manuali, informatici e telematici con logiche strettamente correlate alle finalità dell'incarico. Si autorizza il trattamento dei dati personali ai sensi del Dlgs 196/2003 ed aver avuto l'informativa ai sensi dell'art.13 T.U. ed essere stato informato delle finalità e modalità del trattamento dei dati di cui lo studio entri in possesso e dell'eventuale comunicazione necessaria dei dati stessi ai collaboratori nonché dei dipendenti ex art. 7 del T.U. 196/2003.
Eleggo domicilio presso il suo studio sito in ___________.
(luogo) (data)

Sig. Tizio (FIRMA)

È autentica

Avv. _________. (FIRMA)

Da: ffff65465415/12/2011 10:13:23
PER SUGERITORRE 1981: Non aiutare nessuno... se scrivi "qual'è" con l'apostrofo......

Da: lea15/12/2011 10:14:41
Cassazione civile  sez. II
Data:  17 novembre 2011
Numero:  n. 24100
(omissis)
Fondata deve ritenersi la prima doglianza, poichè la corte territoriale, nel ritenere inammissibile la prova testimoniale, con la quale la società Moviter aveva chiesto ed ottenuto, in primo grado, di provare il versamento della somma suddetta, osservando che la stessa non avrebbe potuto essere ammessa in quanto correlata alla dimostrazione della sussistenza del contratto in base al quale tale somma l'attrice assumeva aver pagato, non ha considerato che la richiesta non era tanto diretta a provare l'avvenuta stipulazione del negozio esigente la forma scritta, finalità per la quale erano stati articolati distinti capitoli, quanto, essenzialmente, il "fatto storico" costituito da tale dazione, che a prescindere dalla sussistenza o meno di un valido negozio giustificativo, si assumeva comunque aver effettuato. In tale ottica, funzionale ad una ripetizione di un indebito oggettivo ex art. 2033 c.c., causale subordinata da ritenersi implicita nella richiesta di conseguire la restituzione, comunque ed in ogni caso, della somma suddetta, sulla base dei fatti enunciati nella domanda, la cui qualificazione competeva al giudice, una volta escluso il titolo negoziale (non provabile oralmente o per presunzioni, per l'inammissibilità in precedenza confermata), correttamente il Tribunale aveva ritenuto la prova ammissibile. Tale statuizione era in linea con la costante giurisprudenza di legittimità, secondo cui l'inammissibilità ex art. 2725 c.c. della prova testimoniale non opera quando il contratto venga in considerazione non quale titolo posto a base della domanda, bensì quale "fatto storico" ad altri fini rilevante nel giudizio, essendo nella specie quei circostanziati capitoli di prova diretti a provare il fatto oggettivo dell'operato pagamento e le relative ragioni, quale che fosse la sussistenza o validità del negozio in base al quale lo stesso era stato eseguito, e così a superare l'astrattezza dei titoli cambiari emessi al riguardo. Non meritevole di accoglimento, è invece la rimanente censura, considerato che, in assenza della prova della simulazione, le sole persone avvantaggiatesi dei miglioramenti apportati all'immobile dalla detentrice società andavano identificate, come correttamente evidenziato dalla corte di merito, nella D. e nella P., e non anche nel D., in quanto titolari di diritti reali sul bene, senza che potesse attribuirsi, come sostiene la ricorrente, alcun rilievo confessorio in proposito a, non meglio specificate, argomentazioni ammissive di un' assunta solidarietà che sarebbero state formulate nel corso del giudizio di appello, non dal medesimo personalmente, bensì dal suo difensore, in imprecisati atti difensivi Conclusivamente la sentenza impugnata deve essere cassata limitatamente all'unica censura accolta, contenuta nell'ottavo motivo, che va nel resto disatteso, al pari dei precedenti, disponendosi il rinvio ad altra sezione della corte di provenienza, per nuovo esame sul punto cassato e per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.

Da: CATRIN15/12/2011 10:15:26
NIENTE RICONVENZIONALE COMUNQUE OCCHIO AL DEFINITIVO E' VERO L'ESISTENZA DEI PRELIMINARI MA IL DEFINITIVO E' STATO REDATTO DA UN NOTAIO SENZA COERCIZIONE ALCUNA.
CHE NE DITE?

Da: Papiniano15/12/2011 10:15:38
con la sentenza 7769/2011 la Corte di Cassazione torna ad occuparsi dei limiti della prova della simulazione contrattuale, con particolare riferimento al contratto di compravendita immobiliare con presso dissimulato.
Nello specifico, la Corte si è stata chiamata a pronunciarsi sulla ammissibilità della prova testimoniale finalizzata a dimostrare la divergenza della volontà reale rispetto a quella espressa nel contratto scritto, in relazione alla determinazione del prezzo di vendita: il fatto che dal preliminare di vendita e da altri atti risulti fissato un prezzo diverso da quello determinato nel contratto definitivo legittima l'ammissione della prova per testi ex art. 2724 c.c., o ne limita l'utilizzo ex art. 2722?
Il caso al vaglio dei giudici di legittimità, invero, risulta essere simile a quello già affrontato e risolto dalle Sezioni Unite con sentenza n. 7246 del 26 maggio 2007.[1]
In quell'occasione, il supremo Collegio avevano optato per una soluzione restrittiva del problema: la pattuizione con cui le parti di una compravendita immobiliare abbiano convenuto un prezzo diverso da quello indicato nell'atto scritto, soggiace, tra le stesse parti, alle limitazioni della prova testimoniale stabilite dall'art. 2722 cod. civ., avendo la prova ad oggetto un elemento essenziale del contratto che deve risultare per iscritto.
La pronuncia in commento si allinea al principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite, ampliando il discorso anche all'ammissibilità della prova per presunzioni.
Il filone giurisprudenziale precedente al 2007 - per lungo tempo seguito da buona parte della giurisprudenza - affermava che nell'ipotesi di simulazione relativa parziale, il contratto conservava inalterati i suoi elementi, ad eccezione di quello interessato dalla simulazione, con la conseguenza che, non essendo esso né nullo né annullabile, ma soltanto inefficace tra le parti, gli elementi negoziali interessati dalla simulazione potevano essere sostituiti o integrati con quelli effettivamente voluti dai contraenti.
Donde il corollario applicativo secondo cui la prova della simulazione del prezzo della vendita non incontrava fra le parti i limiti dettati dall'art. 1417 c.c., né contrastava col divieto posto dagli artt. 2722, 2727 e 2729 c.c., in quanto la pattuizione di celare una parte del prezzo ben poteva essere equiparata, per mancanza di una propria autonomia strutturale o funzionale, all'ipotesi di dissimulazione del contratto. La relativa prova avrebbe, nella sostanza, scopo e natura semplicemente integrativi e ciò consentirebbe di darla anche mediante presunzioni ovvero deposizioni testimoniali (cfr. ex plurimis Cass. civ. 10 gennaio 1996, n. 3857).

Tale impostazione tuttavia deve considerarsi, a parere della Corte, oramai superata, anche in considerazione delle critiche mosse dalle Sezioni Unite.
È noto infatti che i limiti di prova di cui all'art. 1417 c.c. operano anche in presenza di una simulazione soltanto parziale, ogni qual volta questa si traduca nell'allegazione di un accordo ulteriore e diverso da quello risultante dal contratto, comunque destinato a modificare l'assetto degli interessi negoziali riportato nel documento sottoscritto dalle parti.
Né si può sostenere che il requisito di forma sarebbe soddisfatto dal negozio simulato, in quanto essendo il contratto dissimulato destinato ad avere effetti fra le parti, deve avere i requisiti di forma necessari per la validità dello stesso, secondo quanto stabilito dall'art. 1414, co. 2 c.c.
Ne consegue che, nel raggiungimento della prova del prezzo dissimulato di una vendita immobiliare, che costituisce un elemento essenziale del contratto, trovano applicazione le limitazioni in tema di prova previste dalle disposizioni di cui agli artt. 2722 (in tema di prova testiomoniale), e agli att. 2727, 2729 c.c. (in tema di presunzioni), in relazione all'art. 1417 c.c.
Nel caso in esame, i giudici di merito avevano inquadrato la fattispecie nell'ambito dell'art. 2729, co. 2, c.c., desumendo la prova documentale della simulazione relativa attraverso una serie di documenti tra loro ricollegabili (preliminare, assegni, attestazioni contenute in atti giudiziari, quietanze) "ciascuno dei quali, singolarmente considerato, dia certezza sia circa l'entità del prezzo pattuito che circa le modalità dei singoli versamenti".
Osserva la Suprema Corte che a tali documenti non può essere riconosciuta valenza probatoria nei confronti delle parti se non sulla base di presunzioni rimesse al prudente apprezzamento del giudice e che, pertanto, la corte di merito è incorsa nella violazione dell'art. 2729, comma 2, c.c. Va, infatti, ricordato che il documento che può costituire prova per iscritto per accertare, tra le parti, la simulazione di un contratto con forma scritta ad substantiam deve provenire dalla controparte e non dalla parte che chiede la prova, né da un terzo (v. Cass. 7 aprile 2006, n. 8210; Cass. 26 febbraio 2004, n. 3869; 18 dicembre 1997, n. 12813).
Alla luce di tali considerazioni, la Corte ha cassato con rinvio la sentenza con la quale era stata accertata e dichiarata la simulazione del prezzo della compravendita immobiliare.

Da: Solotu15/12/2011 10:15:39
avallo la tesi di diddi83


SIMULAZIONE DEL PREZZO DELLA VENDITA: AMMISSIBILE LA PROVA PER TESTI?

CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONI UNITE - SENTENZA 26 marzo 2007, n.7246


MASSIMA
La prova per testimoni del prezzo dissimulato di una vendita immobiliare non riguarda un elemento accessorio del contratto, in relazione al quale non opera il divieto di cui all'articolo 2722 c.c., ma un elemento essenziale, con conseguente applicabilità delle limitazioni in tema di prova previste da tale disposizione.


CASUS DECISUS
Due parti stipulano un contratto di alienazione immobiliare dichiarando, tuttavia, ai fini tributari, un importo del prezzo differente da quello registrato nel rogito notarile. Al fine di dar prova del vero ed effettivo prezzo, si fa ricorso alle prove testimoniali, ammesse in primo grado. I giudici di secondo grado, in appello, ritengono che infondatamente l'appellante si lamenti del fatto che il giudice di prime cure abbia dato ingresso alle prove testimoniali offerte sulla differente entità del prezzo effettivamente pattuito fra le parti (rispetto a quello risultante dall'atto pubblico). La causa viene, in Cassazione, rimessa alle Su registrandosi un contrasto in ordine alla possibilità di provare per testimoni la simulazione del prezzo della vendita.


PRECEDENTI
Conforme    Difforme
Cass. civ., n. 5539/2004.
Cass. civ., nn. 3857/1996; 526/1988.


ANNOTAZIONE
Le Sezioni Unite risolvono il contrasto esistente in giurisprudenza in ordine alla possibilità di provare per testimoni la simulazione del prezzo della vendita sposando l'indirizzo, per vero minoritario in giurisprudenza, seppur di recente seguito dalla sentenza della Suprema Corte n. 5539/2004. Per una corretta impostazione del problema è opportuno prendere le mosse dal disposto dell'articolo 2722 c.c. Tale norma esclude che tra le parti si possa dare per testimoni la prova di un patto aggiunto o contrario al contenuto di un documento, ove si alleghi che la stipulazione del patto sia stata anteriore o contemporanea alla redazione del documento medesimo. Al pari che in tutte le altre disposizioni sui limiti della prova testimoniale, traspare qui un certo grado di ragionevole diffidenza del legislatore neiriguardi di un tale genere di prova, soprattutto quando essa sia volta a superare risultanze assai meno controvertibili quali quelle documentali. Chiaro, cioè, l'intento di impedire che rapporti giuridici tra le parti, quando documentalmente provati, possano essere alterati da prove par testi, non idonee ad offrire la stessa garanzia di veridicità di quella documentale; non è logico presumere che, una volta scelta la via della documentazione dagli accordi contrattuali, le parti ne abbiano affidato la modifica ad intese meramente verbali. Sicché ben si comprende anche la ragione del superamento del suindicato limite alla prova testimoniale quando, nel casi specificamente contemplati dal successivo articolo 2724 c.c., quella negativa presunzione possa invece essere superata. Il limite alla prova testimoniale di cui si sta discutendo, per le ragioni che vi sono sottese, è quindi destinato ad operare in qualsiasi caso si sostenga esservi una divaricazione tra il contenuto di un contratto, formalmente consacrato in un documento, ed una diversa pattuizione, ugualmente pregna di contenuto negoziale, che nel documento medesimo non sia riportata e di cui, tuttavia, si assuma esservi stata una stipulazione anteriore o contemporanea.


TESTO DELLA SENTENZA

CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONI UNITE - SENTENZA 26 marzo 2007, n.7246 - Pres. Carbone - est. Triola
Svolgimento del processo


Con atto di citazione notificato il 27 luglio 1992, Ines Palombi e Giovanni D'Achille, Alessandro D'Achille, Simona D'Achille e Roberta Tortora, questi ultimi quali eredi di Fausto D'Achille, convenivano in giudizio Agostina Corongiu ed esponevano:
che, in base a contratto stipulato il 1 giugno 1990, i coniugi Fausto D'Achille e Ines Palombi avevano promesso di vendere ad Agostina Corongiu, che aveva promesso di acquistare, l'appartamento sito in Bracciano, via Odescalchi n. 13, piano quarto, al prezzo di lire 121.974.651;
che detto prezzo avrebbe dovuto essere, per una parte, corrisposto dalla Corongiu mediante accollo di due mutui fondiari. gravanti rispettivamente sull'immobile oggetto del contratto (per lire 28.902.836) e su altro immobile di proprietà dei promittenti venditori (per lire 80.757.918);
che, stipulato il 27 giugno 1990 il contratto di vendita, la compratrice si era accollato il solo mutuo gravante sull'immobile oggetto del contratto, ed aveva corrisposto le rate di entrambi i mutui fino al giugno 1991, omettendo però di pagare le successive rate semestrali del mutuo gravante sull'altro immobile;
che, richiesta dell'adempimento dagli eredi di Fausto D'Achille, nel frattempo deceduto, Agostina Corongiu aveva rifiutato il pagamento;
che la compratrice era decaduta dal beneficio del termine ai sensi dell'articolo 1186 Cc e, pertanto, essi attori avevano diritto alla corresponsione della parte residua del prezzo effettivamente convenuto, pari a lire 69.894.225;
che, su ricorso di essi attori, il Presidente del Tribunale, li aveva, con ordinanza del 17 giugno 1992, autorizzati ad eseguire sequestro conservativo sui beni di Agostina Corongiu fino alla concorrenza di lire 70.000.000, imponendo cauzione di lire 20.000.000;
che il sequestro era stato eseguito mediante trascrizione, eseguita il 17 luglio 1992, del provvedimento sui registri immobiliari.
Sulla base di tali premesse, gli attori chiedevano: la convalida del sequestro conservativo concesso in loro favore con l'ordinanza del 19 giugno 1992; l'accertamento che il prezzo di vendita dell'immobile sopra indicato era pari a lire 121.974.651; l'accertamento dell'inadempimento della convenuta alla obbligazione di pagamento della somma di lire 69.894.225, quale parte residua del prezzo; la condanna della convenuta al pagamento della somma di lire 69.894.225, quale parte residua del prezzo, ed al risarcimento dei danni dipendenti dall'inadempimento, "da quantificare in corso di giudizio, oltre alla rivalutazione monetaria ed agli interessi come per legge".
La convenuta si costituiva deducendo:
che in base ad accordi fra le parti del contratto preliminare del 1 giugno 1990 il prezzo della vendita dell'immobile che ne costituiva l'oggetto era stato parzialmente ridotto e che, pertanto, essa Agostina Corongiu avrebbe pagato le rate del mutuo gravante sull'immobile oggetto della vendita e si sarebbe accollata le rate del mutuo dell'altro immobile appartenente ai venditori fino alla concorrenza di lire 30.000.000;
che tale accordo era stato solo in parte trasfuso nel contratto di vendita del 27 giugno 1990, in cui le parti avevano dichiarato, a fini tributari, un prezzo pari a lire 41.000.000, da corrispondersi in parte mediante il solo accollo del mutuo gravante sull'immobi1e oggetto del contratto;
che, pertanto, l'esatto contenuto dell'accordo era solo quello risultante dall'atto pubblico di vendita, essendo, ormai, inefficaci, sul punto, le pattuizioni contenute nel contratto preliminare;
che, pertanto, il sequestro conservativo non avrebbe potuto essere concesso, attesa l'inesistenza del credito vantato dagli attori.
Con sentenza in data 11 marzo 1998 il tribunale di Roma accoglieva le domande degli attori.
Agostina Corongiu proponeva appello, che veniva rigettato dalla Corte di appello di Roma con sentenza in data 20 novembre 2001.
I giudici di secondo grado ritenevano che infondatamente l'appellante si lamentava del fatto che il tribunale di Roma avesse dato ingresso alle prove testimoniali offerte sulla differente entità del prezzo effettivamente pattuito fra le parti (rispetto a quello risultante dall'atto pubblico) sui rilievi che: in tema di simulazione relativa la prove per testi fra le parti è consentita solo per far valere l'illiceità del negozio dissimulato; e che ‑ trattandosi di negozio che richiedeva la forma scritta per la validità ‑ la prova testimoniale avrebbe richiesto la dimostrazione della perdita incolpevole del documento (ex articolo 2725 Cc); il primo giudice aveva, invece, richiamato erroneamente la disposizione dell'articolo 2724 n. 1 Cc, attribuendo fra l'altro valore di principio di prova scritta al  contratto preliminare, che era stato superato dalle pattuizioni consacrate nell'atto pubblico.
La decisione di primo grado, infatti, era conforme alla giurisprudenza di questa S.C., secondo la quale la prova, per testimoni o presunzioni, della simulazione del prezzo della vendita immobiliare non incontra, tra le parti, i limiti dettati dall'articolo 1417 Cc, né contrasta con il divieto posto dall'articolo 2722. La pattuizione di celare una parte del prezzo non è equiparabile, infatti, per mancanza di una propria autonomia strutturale o funzionale, all'ipotesi di dissimulazione del contratto, che conserva inalterati i suoi elementi di validità, inerenti al documento di cui si assume la falsificazione. Alla inefficacia della pattuizione apparente, concernente il prezzo, può dunque ovviarsi con una prova che ha scopo e natura semplicemente integrativa del contratto, e può risultare anche da deposizioni testimoniali o presunzioni.
Presunzioni bene ricavabili anche dal tenore del preliminare, quando non risultino, fra questo e la data del definitivo, fatti che abbiano alterato in maniera sensibile gli interessi delle parti composti nel contratto.
Contro tale decisione ha proposto ricorso per cassazione Agostina Corongiu, con cinque motivi, illustratati da memoria.
Resistono con controricorso Giovanni D'Achille, Alessandro D'Achille, Simona D'Achille, Roberta Tortora.
La causa è stata rimessa alle Su in ordine al contrasto esistente in giurisprudenza in ordine alla possibilità di provare per testimoni la simulazione del prezzo della vendita.


Motivi della decisione


Con il primo motivo la ricorrente ribadisce la tesi secondo la quale la prova per testimoni del prezzo effettivamente pattuito non poteva essere ammessa in considerazione del disposto dell'articolo 2722 Cc.
La sentenza impugnata si è rifatta alla giurisprudenza meno recente di questa S.C.
Si è, in proposito, affermato che, allorquando l'accordo simulatorio investe solo uno degli elementi del contratto (quale è il prezzo di una vendita immobiliare), per il quale è richiesta la forma scritta ad substantiam, il contratto simulato non perde la sua connotazione peculiare, ma conserva inalterati gli altri suoi elementi ‑ ad eccezione di quello interessato dalla simulazione ‑con la conseguenza che, non essendo il contratto in tali termini simulato né nullo né annullabile, ma soltanto inefficace tra le parti, gli elementi negoziali interessati dalla simulazione possono essere sostituiti o integrati con quelli effettivamente voluti dai contraenti. Pertanto, la prova per testimoni del prezzo effettivo della vendita, versato o ancora da corrispondere, non incontra, tra alienante e acquirente, i limiti dettati dall'articolo 1417 Cc in tema di simulazione, in contrasto con il divieto posto dall'articolo 2722 Cc, in quanto la pattuizione di celare una parte del prezzo non può essere equiparata, per mancanza di una propria autonomia strutturale, all'ipotesi di dissimulazione del contratto, cosi che la prova relativa ha scopo e materia semplicemente integrativa e può pertanto risultare anche da deposizioni testimoniali (sentenza 3857/96; 526/88).
In altra occasione si è più genericamente affermato che il requisito di forma è adempiuto ove sussista nel contratto simulato o in quello dissimulato, in considerazione della sostanziale validità del contratto (sentenza 5975/87).
Da tale orientamento, che non incontra il favore di una parte rilevante della dottrina, si è di recente distaccata la sentenza di questa Suprema Corte 5539/04, la quale ha cosi motivato:
Per una corretta impostazione del problema è opportuno prendere le mosse dal disposto dell'articolo 2722 Cc Tale norma esclude che tra le parti si possa dare per testimoni la prova di un patto aggiunto o contrario al contenuto di un documento, ove si alleghi che la stipulazione del patto sia stata anteriore o contemporanea alla redazione del documento medesimo. Al pari che in tutte le altre disposizioni sui limiti della prova testimoniale, traspare qui un certo grado di ragionevole diffidenza del legislatore nel riguardi di un tale genere di prova, soprattutto quando essa sia volta a sormontare risultanze assai meno controvertibili quali quelle documentali. chiaro, cioè, l'intento di impedire che rapporti giuridici tra le parti, quando documentalmente provati, possano essere alterati da prove par testi, appunto perché queste non offrono la stessa garanzia di veridicità di quella documentale e perché non è logico presumere che, una volta scelta la via della documentazione dagli accordi contrattuali tra esse intercorsi, le parti ne abbiano affidato la modifica ad intese meramente verbali. Sicché ben si comprende anche la ragione del superamento del suindicato limite alla prova testimoniale quando, nel casi specificamente contemplati dal successivo articolo 2724, quella negativa presunzione possa invece essere superata.
Il limite alla prova testimoniale di cui si sta discutendo, per le ragioni che vi sono sottese, è quindi destinato ad operare in qualsiasi caso si sostenga esservi una divaricazione tra il contenuto di un contratto, formalmente consacrato in un documento, ed una diversa pattuizione, ugualmente pregna di contenuto negoziale, che nel documento medesimo non sia riportata e di cui, tuttavia, si assuma esservi stata una stipulazione anteriore o contemporanea.
Il fenomeno della simulazione contrattuale, sia essa assoluta o relativa, non esaurisce l'area di possibile applicazione di detto articolo 2722, ma sicuramente ne occupa una larga parte. Ed, infatti, nel disciplinare ex professo i limiti della prova testimoniale della simulazione, il legislatore non ha dettato una disposizione in sè compiuta ed autosufficiente, ma si è unicamente preoccupato di chiarire, nell'articolo 1417 Cc, che quella prova è ammessa senza limiti tanto nel caso di domanda proposta da creditori o da terzi quanto nell'ipotesi in cui, essendo proposta dalle parti, la domanda sia volta a far valere l'illiceità del contratto dissimulato. I limiti cui il citato articolo 1417 allude ‑ e che consente di superare solo nelle suddette particolari situazioni ‑ sono, ovviamente, quelli dettati dagli articoli 2721 e segg., ed in particolare quelli già sopra richiamati a proposito dei patti aggiunti o contrari al contenuto di un documento.
Stando cosi le cose, quando la prova tra la parti della simulazione di un contratto documentale non riguardi l'illiceità del contratto dissimulato, è evidente che essa incontra i suaccennati limiti di prova (vedi anche, in tal senso, Cassazione 16021/02 e  4073/92). Ma appare difficile negare che tali limiti operino anche in presenza di una simulazione soltanto parziale, ogni qual volta questa si traduca nell'allegazione di un accordo ulteriore e diverso da quello risultante dal contratto, comunque destinato a modificare  l'assetto degli interessi negoziali riportato nel documento sottoscritto dalle parti. Nè certo sarebbe ragionevole sostenere che la clausola di determinazione del prezzo non abbia rilevanza centrale nell'economia degli interessi regolati mediante un contratto di compravendita.
D'altronde, affermare che la pattuizione con cui le parti convengano un prezzo diverso da quello indicato nel documento contrattuale da esse sottoscritto non integrerebbe gli estremi di una vera e propria simulazione, avendo scopo meramente integrativo, non risolve in alcun modo il problema. Se anche cosi fosse, infatti, resterebbe comunque difficilmente eludibile il rilievo per cui una tale pattuizione si pone in contrasto con il contenuto di un documento contrattuale contestualmente stipulato e, come tale, ricade nella previsione dell'articolo 2722 Cc
La differenza che l'orientamento giurisprudenziale qui non condiviso introduce  - tra la prova della simulazione, soggetta agli anzidetti limiti legali, e la prova di patti meramente integrativi del contratto, che detti limiti non incontrerebbe perché quel patti difetterebbero di una propria autonomia strutturale o funzionale ‑ non sembra perciò trovare un sufficiente appiglio: ne, nella lettera del citato articolo 2722, che si riferisce ai "patti aggiunti o contrari al contenuto di un documento", e quindi anche a quelli di carattere integrativo se essi contengano elementi nuovi o contrastanti con quelli documentati; ne, nella già richiamata ratio legis, che evidentemente abbraccia ogni ipotesi nella quale si pretenda di dare, per mezzo di testimoni, la prova di obblighi o diritti di portata diversa da quanto risulta da accordi  consacrati in un documento e perciò dotati di un grado di certezza non superabile con quel genere di prova.
Ritiene il collegio di condividere tale più recente orientamento.
Va, in proposito, osservato che il fatto che il contratto simulato non sia nullo o annullabile, ma soltanto inefficace tra le parti non giustifica la conclusione che il contratto dissimulato, il quale è destinato ad avere effetto tra le parti, non debba avere i requisiti di forma necessari per la validità dello stesso, secondo quanto espressamente stabilito dall'articolo 1414, secondo comma, Cc.
Né si potrebbe sostenere che il requisito di forma sarebbe soddisfatto dal negozio simulato (come sembra sostenere la sentenza 5975/87).
Una tesi analoga era stata sostenuta questa S.C. anche in tema di interposizione fittizia, ma è stata successivamente abbandonata (cfr. sentenza 2816/86; 6074/79), in base alla considerazione che l'interposizione deve risultare anch'essa da un patto rivestito della forma solenne.
Né, con riferimento specifico al problema della prova del prezzo, si potrebbe sostenere che la prova per testimoni sarebbe destinata soltanto ad integrare soltanto un elemento negoziale per il quale il requisito di forma è soddisfatto dal contratto simulato.
E' facile osservare che il prezzo è un elemento essenziale della vendita, per cui anch'esso deve risultare per iscritto e per intero quando per tale contratto è prevista la forma scritta ad substantiam, non essendo sufficiente che quest'ultima sussista in relazione alla manifestazione di volontà di vendere e di acquistare.
In altri termini, la prova per testimoni del prezzo dissimulato di una vendita immobiliare non riguarda un elemento accessorio del contratto, in relazione al quale non opera il divieto di cui all'articolo 2722 Cc, ma un elemento essenziale, con conseguente applicabilità delle limitazioni in tema di prova previste da tale disposizione.
Alla luce delle considerazioni svolte, il primo motivo del ricorso va accolto, con assorbimento degli altri motivi, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Roma, che provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.


P.Q.M.


la Corte accoglie il primo motivo del ricorso; dichiara assorbiti gli altri motivi; cassa la sentenza impugnata, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Roma, anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

Da: In poche parole...15/12/2011 10:15:49
..bisogna sostenere la tesi opposta alle sezioni unite!

Da: xxx15/12/2011 10:16:38

SIMULAZIONE NEI CONTRATTI » Cass. civ. Sez. II, Sent., 05-04-2011, n. 7769
   
SIMULAZIONE NEI CONTRATTI

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo - Presidente

Dott. GOLDONI Umberto - Consigliere

Dott. PICCIALLI Luigi - Consigliere

Dott. BIANCHINI Bruno - Consigliere

Dott. FALASCHI Milena - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

L.M. e S.M., rappresentati e difesi in forza di procura speciale a margine del ricorso, dall'avv.to Montaldo Federico del foro di Genova e dall'Avv.to Gabriele Pafundi del foro di Roma ed elettivamente domiciliati presso lo studio di quest'ultimo in Roma, viale Giulio Cesare, n. 14;

- ricorrenti -

contro

B.B., rappresentato e difeso dall'Avv.to Ravinale Giuseppe del foro di Savona e dall'avv.to Mario Contaldi del foro di Roma, in virtù di procura speciale apposta a margine del controricorso ed elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo in Roma, via Palestrina, n. 63;

- controricorrente -

avverso la sentenza della Corte di Appello di Genova n. 64/2005 depositata il 26 gennaio 2005;

Udita la relazione della causa svolta nell'udienza pubblica del 20 gennaio 2011 dal Consigliere relatore Dott.ssa Milena Falaschi;

udito l'Avv.to Gabriele Pafundi, di parte ricorrente;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. LETTIERI Nicola, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SIMULAZIONE NEI CONTRATTI » Cass. civ. Sez. II, Sent., 05-04-2011, n. 7769
   
Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 19 novembre 1998 B. B. evocava, dinanzi al Tribunale di Savona, i coniugi L. M. e S.M. per sentire dichiarare che l'atto rogato il 26.10.1995 dal notaio Domenico Ghiberti, avente ad oggetto la vendita della sua quota di proprietà, pari al 25%, della casa di via (OMISSIS), era simulato ed inefficace nella parte in cui era stato dichiarato il corrispettivo in L. 96.500.000, anzichè quello maggiore e reale di L. 270.000.000, nonchè nella parte in cui il venditore aveva rilasciato ampia e liberatoria quietanza di saldo.

Instaurato il contraddittorio, nella resistenza dei convenuti, il Tribunale adito, all'esito dell'istruzione della causa, respingeva la domanda attorea, condannando l'attore al pagamento delle spese di lite.

In virtù di rituale appello interposto dal B., con il quale lamentava l'erroneità della decisione del giudice di prime cure per avere escluso che costituivano prova scritta del contratto simulato sia i contratto preliminare (nel quale era stato esplicitamente pattuito che successivamente all'atto pubblico sarebbe ancora residuato il 30.9.1996 il pagamento di L. 90.000.000), anche alla luce degli assegni prodotti che dimostravano come i coniugi acquirenti avessero al momento del rogito versato un importo superiore a quello dichiarato, sia la scrittura privata a firma di C.G. del 15.5.1996, con la quale i coniugi L. ottenevano la garanzia di vedersi restituita l'eventuale cifra ulteriore che avessero dovuto versare rispetto a quella corrisposta, attribuito valore confessorio alla quietanza liberatoria rilasciata nell'atto pubblico e rigettata la prova testimoniale articolata dall'appellante al riguardo, la Corte di Appello di Genova, nella resistenza degli appellati, accoglieva l'appello e in riforma della sentenza impugnata, dichiarava la inefficacia, per simulazione, dell'atto pubblico di vendita del 26.10.1995 nella parte in cui vi era dichiarato il corrispettivo di L. 96.500.000 anzichè quello maggiore e reale di L. 270.000.000, nonchè nella parte in cui il B. rilasciava ampia e finale quietanza liberatoria di saldo.

A sostegno dell'adottata sentenza, la corte territoriale evidenziava che la prova documentale della simulazione relativa poteva essere data non solo da un unico documento, ma anche da una serie di documenti tra di loro collegati, ciascuno dei quali, singolarmente considerato, avrebbe dovuto dare la certezza sia dell'entità del prezzo pattuito sia delle modalità dei singoli versamenti. Alla luce di tale assunto, il giudice del gravame faceva discendere che il valore di controdichiarazione, rispetto al contratto definitivo, nella specie era da attribuire ai compromesso, agli assegni versati, all'attestazione contenuta in atti giudiziari di avere pagato, a titolo di prezzo di acquisto dell'immobile, una somma corrispondente all'importo degli assegni fino a quel momento versati, dal rilascio dell'ultimo degli assegni avvenuto in epoca successiva al rogito, dalla dichiarazione di garanzia prestata, sempre successivamente al rogito, da un terzo a favore degli acquirenti, che aveva il valore di garantire questi ultimi per pagamenti ancora dovuti. Avverso l'indicata sentenza della Corte di Appello di Genova hanno proposto ricorso per cassazione il L. e la S., che risulta articolato su due motivi, al quale ha resistito il B. con controricorso.

Ha presentato memoria ex art. 378 c.p.c., il B..
SIMULAZIONE NEI CONTRATTI » Cass. civ. Sez. II, Sent., 05-04-2011, n. 7769
   
Motivi della decisione

Con il primo motivo i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione degli artt. 1414, 1417, 1350 n. 1, 2722, 2727, 2729 e 2697 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè l'omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia con riferimento all'art. 360 n. 5 c.p.c. La doglianza è nel senso che la Corte di merito, dopo avere enunciato il principio secondo il quale la prova documentale della simulazione può essere data non solo da un unico documento, ma anche da una serie di documenti tra loro collegabili, si è poi limitata ad indicare una serie di elementi nessuno dei quali riveste i caratteri di una vera e propria controdichiarazione.

Così statuendo la Corte avrebbe violato le norme in tema di simulazione dei contratti, in generale, e di quelli formali, ad substantiam, specificamente. Al tempo stesso emergerebbe il dedotto vizio di motivazione prospettato sotto il profilo dell'art. 360 c.p.c., n. 5.

Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione degli artt. 1414 e 1417 c.c. in relazione all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 anche sotto altro profilo: viene censurata la contraddittorietà della motivazione, rispetto a quanto sinora esposto con riferimento alla decisione della Corte di merito, di condividere l'orientamento giurisprudenziale circa la inammissibilità della prova testimoniale della simulazione del prezzo di una vendita immobiliare.

Alla luce del primo motivo si comprende che ciò che parte ricorrente denunzia è la prova attraverso la quale la corte di merito ha ritenuto raggiunta la dimostrazione della controdichiarazione; in altri termini, le circostanze poste a fondamento di tale convincimento.

Al riguardo occorre osservare che pur non ignorando questo collegio il filone giurisprudenziale, sviluppatosi nel corso di un notevole arco di tempo, secondo il quale nell'ipotesi di simulazione relativa parziale, il contratto conserva inalterati i suoi elementi, ad eccezione di quello interessato dalla simulazione, con la conseguenza che, non essendo esso nè nullo nè annullabile, ma soltanto inefficace tra le parti, gli elementi negoziali interessati dalla simulazione potrebbero essere sostituiti o integrati con quelli effettivamente voluti dai contraenti. Donde la conseguenza che la prova della simulazione del prezzo della vendita non incontrerebbe fra le parti i limiti dettati dall'art. 1417 c.c., nè contrasterebbe col divieto posto dagli artt. 2722, 2727 e 2729 c.c., in quanto la pattuizione di celare una parte del prezzo potrebbe essere equiparata, per mancanza di una propria autonomia strutturale o funzionale, all'ipotesi di dissimulazione del contratto. La relativa prova avrebbe, nella sostanza, scopo e natura semplicemente integrativi e ciò consentirebbe di darla anche mediante presunzioni ovvero deposizioni testimoniali (v. ex plurimis Cass. 10 gennaio 1996 n. 3857).

Siffatto orientamento però non ha incontrato il favore delle Sezioni Unite di questa Corte che da qualche anno hanno riconfermato (v.

Cass. SU. 26 marzo 2007 n. 7246) che la pattuizione con cui le parti di una compravendita immobiliare abbiano convenuto un prezzo diverso da quello indicato nell'atto scritto, soggiace, tra le stesse parti, alle limitazioni della prova di cui all'art. 1417 c.c., avendo la prova ad oggetto un elemento essenziale del contratto che deve risultare per iscritto. E' noto infatti che i limiti di prova di cui all'art. 1417 c.c. operano anche in presenza di una simulazione soltanto parziale, ogni qualvolta questa si traduca nell'allegazione di un accordo ulteriore e diverso da quello risultante da contratto, comunque destinato a modificare l'assetto degli interessi negoziali riportato nel documento sottoscritto dalle parti (v. Cass. 19 marzo 2004 n. 5539 relativamente alla prova testimoniale).

Nè si può sostenere che il requisito di forma sarebbe soddisfatto dal negozio simulato, in quanto essendo il contratto dissimulato destinato ad avere effetti fra le parti, deve avere i requisiti di forma necessari per la validità dello stesso, secondo quanto espressamente stabilito dall'art. 1414 c.c., comma 2.

Nella specie i giudici di merito hanno ritenuto si versi in ipotesi di cui all'art. 2729 c.c., comma 2, desumendo la prova documentale della simulazione relativa attraverso una serie di documenti tra loro ricollegabili, "ciascuno dei quali, singolarmente considerato, dia certezza - per quanto qui occorre - sia circa l'entità del prezzo pattuito che circa le modalità dei singoli versamenti". E' agevole osservare che agli atti posti a base del convincimento del giudice del gravame - 1) preliminare di vendita, che risulta superato dal contenuto del definitivo, 2) e 4) assegni versati e rilascio dell'ultimo in data successiva al rogito, che vanno considerati in questo ambito quali titoli astratti di pagamento, 3) attestazione contenuta in atti giudiziari, documenti confezionati da una sola delle parti per altre finalità, 5) quietanza contenuta nel rogito, che costituisce dichiarazione neutra rispetto alla questione in esame, 6) dichiarazione di garanzia prestata da un terzo a favore dell'acquirente in data successiva al rogito, non può che essere irrilevante perchè proveniente da un terzo - non può essere riconosciuta valenza probatoria nei confronti delle parti se non sulla base di presunzioni rimesse al suo prudente apprezzamento e perciò la corte di merito è incorsa nella violazione dell'art. 2729 c.c., comma 2. Va, infatti, ricordato che il documento che può costituire prova per iscritto per accertare, tra le parti, la simulazione di un contratto con forma scritta "ad substantiam" (art. 1350 c.c.), deve provenire dalla controparte e non dalla parte che chiede la prova, nè da un terzo (v. Cass. 7 aprile 2006 n. 8210;

Cass. 26 febbraio 2004 n. 3869; 18 dicembre 1997 n. 12813). In altri termini, nel raggiungimento della prova del prezzo dissimulato di una vendita immobiliare, che costituisce un elemento essenziale del contratto, trovano applicazione le limitazioni in tema di prova previste dalle disposizioni di cui agli artt. 2722, 2727 e 2729 c.c. in relazione all'art. 1417 c.c..

Alla luce delle considerazioni svolte, il primo motivo del ricorso va accolto, con assorbimento del secondo motivo, trattandosi di censura che investe, sotto altro profilo, la stessa pregiudiziale questione, pronuncia cui consegue la cassazione della sentenza impugnata e rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Genova, che provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
SIMULAZIONE NEI CONTRATTI » Cass. civ. Sez. II, Sent., 05-04-2011, n. 7769
   
P.Q.M.

LA CORTE accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo;

cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia ad altra sezione della Corte di Appello di Genova, anche per le spese del giudizio di cassazione.
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Da: Avvocato_Civilista15/12/2011 10:16:38
La sentenza va contro al candidato ... ma chi ha scritto la traccia? Topolino ???

Da: CONFERMA TRACCIA CIVILE15/12/2011 10:18:19
LA TRACCIA DI CIVILE è QUELLA DA SALERNO CONFERMATO

Da: xoxoxo15/12/2011 10:18:23
quindi niente riconvenzionale?

Da: fitman 15/12/2011 10:19:30
CIVILE :
Fate la comparsa di cost. ,chiedendo la PROVA PER TESTI del contratto dissimulato in quanto(al contrario dei limiti alla prova della simulazione previsti dal 1417) è ammissibile sulla scorta della seguente sentenza:
Prova per testi nella simulazione relativa parziale.
Cassazione civile, sez. II, 6 settembre 2006, n. 19146

Da: sempreio83115/12/2011 10:20:06
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Sentenza del 5 aprile 2011, n. 7769

Composta dagli Ili.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Olindo SCHETTINO - Presidente

Dott. Umberto GOLDONI - Consigliere

Dott. Luigi PICCIALLI - Consigliere

Dott. Bruno BIANCHINI - Consigliere

Dott.ssa Milena FALASCHI - Consigliere Rel.

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 17262/05) proposto da:

Ma. La. e Ma. Sp., rappresentati e difesi in forza di procura speciale a margine del ricorso, dall'Avv.to Fe. Mo. del foro di Ge. e dall'Avv.to Ga. Pa. del foro di Ro. ed elettivamente domiciliati presso lo studio di quest'ultimo in Ro., viale Gi. Ce., (...);

- ricorrenti -

contro

Br. Br., rappresentato e difeso dall'Avv.to Gi. Ra. del foro di Sa. e dall'Avv.to Ma. Co. del foro di Ro., in virtù di procura speciale apposta a margine del controricorso ed elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo in Ro., via Pa., (...);

- controricorrente -

avverso la sentenza della Corte di Appello di Genova n. 64/2005 depositata il 26 gennaio 2005.

Udita la relazione della causa svolta nell'udienza pubblica del 20 gennaio 2011 dal Consigliere relatore Dott.ssa Milena Falaschi;

udito l'Avv.to Ga. Pa., di parte ricorrente;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Nicola Lettieri, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 19 novembre 1998 Br. Br. evocava, dinanzi al Tribunale di Savona, i coniugi Ma. La. e Ma. Sp. per sentire dichiarare che l'atto rogato il 26.10.1995 dal notaio Do. Gh., avente ad oggetto la vendita della sua quota di proprietà, pari al 25%, della casa di via Co. (...), in Bo. S.S., era simulato ed inefficace nella parte in cui era stato dichiarato il corrispettivo in Lire 96.500.000, anziché quello maggiore e reale di Lire 270.000.000, nonché nella parte in cui il venditore aveva rilasciato ampia e liberatoria quietanza di saldo.

Instaurato il contraddittorio, nella resistenza dei convenuti, il Tribunale adito, all'esito dell'istruzione della causa, respingeva la domanda attorea, condannando l'attore al pagamento delle spese di lite.

In virtù di rituale appello interposto da Br. Br., con il quale lamentava l'erroneità della decisione del giudice di prime cure per avere escluso che costituivano prova scritta del contratto simulato sia il contratto preliminare (nel quale era stato esplicitamente pattuito che successivamente all'atto pubblico sarebbe ancora residuato il 30.9.1996 il pagamento di Lire 90.000.000), anche alla luce degli assegni prodotti che dimostravano come i coniugi acquirenti avessero al momento del rogito versato un importo superiore a quello dichiarato, sia la scrittura privata a firma di Gi. Ca. del 15.5.1996, con la quale i coniugi La. ottenevano la garanzia di vedersi restituita l'eventuale cifra ulteriore che avessero dovuto versare rispetto a quella corrisposta, attribuito valore confessorio alla quietanza liberatoria rilasciata nell'atto pubblico e rigettata la prova testimoniale articolata dall'appellante al riguardo, la Corte di Appello di Genova, nella resistenza degli appellati, accoglieva l'appello e in riforma della sentenza impugnata, dichiarava la inefficacia, per simulazione, dell'atto pubblico di vendita del 26.10.1995 nella parte in cui vi era dichiarato il corrispettivo di Lire 96.500.000 anziché quello maggiore e reale di Lire 270.000.000, nonché nella parte in cui Br. Br. rilasciava ampia e finale quietanza liberatoria di saldo.

A sostegno dell'adottata sentenza, la corte territoriale evidenziava che la prova documentale della simulazione relativa poteva essere data non solo da un unico documento, ma anche da una serie di documenti tra di loro collegati, ciascuno dei quali, singolarmente considerato, avrebbe dovuto dare la certezza sia dell'entità del prezzo pattuito sia delle modalità dei singoli versamenti. Alla luce di tale assunto, il giudice del gravame faceva discendere che il valore di controdichiarazione, rispetto al contratto definitivo, nella specie era da attribuire al compromesso, agli assegni versati, all'attestazione contenuta in atti giudiziari di avere pagato, a titolo di prezzo di acquisto dell'immobile, una somma corrispondente all'importo degli assegni fino a quel momento versati, dal rilascio dell'ultimo degli assegni avvenuto in epoca successiva al rogito, dalla dichiarazione di garanzia prestata, sempre successivamente al rogito, da un terzo a favore degli acquirenti, che aveva il valore di garantire questi ultimi per pagamenti ancora dovuti. Avverso l'indicata sentenza della Corte di Appello di Genova hanno proposto ricorso per cassazione Ma. La. e Ma. Sp., che risulta articolato su due motivi, al quale ha resistito Br. Br. con controricorso.

Ha presentato memoria ex art. 378 c.p.c. Br. Br.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione degli artt. 1414, 1417, 1350 n. 1, 2722, 2727, 2729 e 2697 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., nonché l'omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia con riferimento all'art. 360 n. 5 c.p.c. La doglianza è nel senso che la Corte di merito, dopo avere enunciato il principio secondo il quale la prova documentale della simulazione può essere data non solo da un unico documento, ma anche da una serie di documenti tra loro collegabili, si è poi limitata ad indicare una serie di elementi nessuno dei quali riveste i caratteri di una vera e propria controdichiarazione. Così statuendo la Corte avrebbe violato le norme in tema di simulazione dei contratti, in generale, e di quelli formali ad substantiam, specificamente.

Al tempo stesso emergerebbe il dedotto vizio di motivazione prospettato sotto il profilo dell'art. 360 n. 5 c.p.c.

Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione degli artt. 1414 e 1417 c.c. in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. anche sotto altro profilo: viene censurata la contraddittorietà della motivazione, rispetto a quanto sinora esposto con riferimento alla decisione della Corte di merito, di condividere l'orientamento giurisprudenziale circa la inammissibilità della prova testimoniale della simulazione del prezzo di una vendita immobiliare.

Alla luce del primo motivo si comprende che ciò che parte ricorrente denunzia è la prova attraverso la quale la corte di merito ha ritenuto raggiunta la dimostrazione della controdichiarazione; in altri termini, le circostanze poste a fondamento di tale convincimento.

Al riguardo occorre osservare che pur non ignorando questo collegio il filone giurisprudenziale, sviluppatosi nel corso di un notevole arco di tempo, secondo il quale nell'ipotesi di simulazione relativa parziale, il contratto conserva inalterati i suoi elementi, ad eccezione di quello interessato dalla simulazione, con la conseguenza che, non essendo esso né nullo né annullabile, ma soltanto inefficace tra le parti, gli elementi negoziali interessati dalla simulazione potrebbero essere sostituiti o integrati con quelli effettivamente voluti dai contraenti. Donde la conseguenza che la prova della simulazione del prezzo della vendita non incontrerebbe fra le parti i limiti dettati dall'art. 1417 c.c., né contrasterebbe col divieto posto dagli arti 2722, 2727 e 2729 c.c., in quanto la pattuizione di celare una parte del prezzo potrebbe essere equiparata, per mancanza di una propria autonomia strutturale o funzionale, all'ipotesi di dissimulazione del contratto. La relativa prova avrebbe, nella sostanza, scopo e natura semplicemente integrativi e ciò consentirebbe di darla anche mediante presunzioni ovvero deposizioni testimoniali (v. ex plurimis Cass. 10 gennaio 1996 n. 3857).

Siffatto orientamento però non ha incontrato il favore delle Sezioni Unite di questa Corte che da qualche anno hanno riconfermato (v. Cass. S.U. 26 marzo 2007 n. 7246) che la pattuizione con cui le parti di una compravendita immobiliare abbiano convenuto un prezzo diverso da quello indicato nell'atto scritto, soggiace, tra le stesse parti, alle limitazioni della prova di cui all'art. 1417 c.c., avendo la prova ad oggetto un elemento essenziale del contratto che deve risultare per iscritto. E' noto infatti che i limiti di prova di cui all'art. 1417 c.c. operano anche in presenza di una simulazione soltanto parziale, ogni qual volta questa si traduca nell'allegazione di un accordo ulteriore e diverso da quello risultante dal contratto, comunque destinato a modificare l'assetto degli interessi negoziali riportato nel documento sottoscritto dalle parti (v. Cass. 19 marzo 2004 n. 5539 relativamente alla prova testimoniale).

Né si può sostenere che il requisito di forma sarebbe soddisfatto dal negozio simulato, in quanto essendo il contratto dissimulato destinato ad avere effetti fra le parti, deve avere i requisiti di forma necessari per la validità dello stesso, secondo quanto espressamente stabilito dall'art. 1414, comma 2, c.c.

Nella specie i giudici di merito hanno ritenuto si versi in ipotesi di cui all'art. 2729, comma 2, c.c., desumendo la prova documentale della simulazione relativa attraverso una serie di documenti tra loro ricollegabili, "ciascuno dei quali, singolarmente considerato, dia certezza - per quanto qui occorre - sia circa l'entità del prezzo pattuito che circa le modalità dei singoli versamenti". E' agevole osservare che agli atti posti a base del convincimento del giudice del gravame - 1) preliminare di vendita, che risulta superato dal contenuto del definitivo, 2) e 4) assegni versati e rilascio dell'ultimo in data successiva al rogito, che vanno considerati in questo ambito quali titoli astratti di pagamento, 3) attestazione contenuta in atti giudiziari, documenti confezionati da una sola delle parti per altre finalità, 5) quietanza contenuta nel rogito, che costituisce dichiarazione neutra rispetto alla questione in esame, 6) dichiarazione di garanzia prestata da un terzo a favore dell'acquirente in data successiva al rogito, non può che essere irrilevante perché proveniente da un terzo - non può essere riconosciuta valenza probatoria nei confronti delle parti se non sulla base di presunzioni rimesse al suo prudente apprezzamento e perciò la corte di merito è incorsa nella violazione dell'art. 2729, comma 2, c.c. Va, infatti, ricordato che il documento che può costituire prova per iscritto per accertare, tra le parti, la simulazione di un contratto con forma scritta "ad substantiam" (art. 1350 c.c.), deve provenire dalla controparte e non dalla parte che chiede la prova, né da un terzo (v. Cass 7 aprile 2006 n. 8210; Cass. 26 febbraio 2004 n. 3869; 18 dicembre 1997 n. 12813). In altri termini, nel raggiungimento della prova del prezzo dissimulato di una vendita immobiliare, che costituisce un elemento essenziale del contratto, trovano applicazione le limitazioni in tema di prova previste dalle disposizioni di cui agli artt. 2722, 2727 e 2729 c.c. in relazione all'art. 1417 c.c.

Alla luce delle considerazioni svolte, il primo motivo del ricorso va accolto, con assorbimento del secondo motivo, trattandosi di censura che investe, sotto altro profilo, la stessa pregiudiziale questione, pronuncia cui consegue la cassazione della sentenza impugnata e rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Genova, che provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo;

cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia ad altra sezione della Corte di Appello di Genova, anche per le spese del giudizio di cassazione.

Da: tanni pi15/12/2011 10:20:23
raga a napoli dettano tra 12 minuti, appena ho risposta certa vi confermo la veridicità della traccia.

se non è quella sono cazzi perchè dentro la voce già sta girando, anche con riferimento alla riconvenzionale.
cerchiamo di fare chiarezza altrimenti li depistiamo

Da: avvocatissimo 15/12/2011 10:21:00
se è questa la traccia l'atto di appello mi sembra più fattibile

Da: giustiziere15/12/2011 10:21:35
Uelaaaa! vi farò compagnia anche oggi!

come va in terronia??

copiate copiate somari boccioni!

Da: nunzia15/12/2011 10:21:48
scusate ma ognuno dice una cosa confrontatevi e vedete la giusta e definitiva scrivete  grazie mille e precisate quando è la definitiva giustaaaaaaaaaaa

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