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13 dicembre 2011 - Parere Civile
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Da: francicrisa | 13/12/2011 11:08:51 |
fra rc80 allora le tracce sono queste?? traccia n1 L'agenzia immobiliare beta, aveva ricevuto da media, un mandato per la vendita di un immobile di sua proprietà , l'incarico era stato conferito in forma scritta con validità di un anno. Alla scadenza, non avendo l' agenzia immobiliare reperito un acquirente, media aveva revocato per iscritto il mandato. Media concludeva successivamente la vendita del suo bene, a mezzo dell'intervento di altra agenzia immobiliare, al quale la vendita era stata segnalata dalla agenzia beta. il candidato assunta la veste di difensore della agenzia beta, rediga motivato parere esponendo le problematiche sottese alla fattispecie in parola, in particolare l' eventuale riconoscimento parziale della compravendita. Traccia 2 Caio che abita in un condominio, viene richiesto dalla ditta gamma ke fornisce il combustibile utilizzato nell'impianto di riscaldamento condominiale centralizzato del pagamento dell'intera fornitura di gasolio. Il candidato assunta la veste di legale di caio rediga parere illustrando gli istituti sottese alla fattispecie soffermandosi sulla solidarietà fra condomini delle obbligazioni contratte dal condominio. | |
Da: martinaavvnap | 13/12/2011 11:09:21 |
dicono tutti ke le tracce vere sono qst: traccia n1. Qst dovrebbe essere completa L'agenzia immobiliare beta, aveva ricevuto da media, un mandato per la vendita di un immobile di sua proprietà , l'incarico era stato conferito in forma scritta con validità di un anno. Alla scadenza, non avendo l' agenzia immobiliare reperito un acquirente, media aveva revocato per iscritto il mandato. Media concludeva successivamente la vendita del suo bene, a mezzo dell'intervento di altra agenzia immobiliare, al quale la vendita era stata segnalata dalla agenzia beta. il candidato assunta la veste di difensore della agenzia beta, rediga motivato parere esponendo le problematiche sottese alla fattispecie in parola, in particolare l' eventuale riconoscimento parziale della compravendita. Traccia n2. da reggio calabria Caio che abita in un condominio, viene richiesto dalla ditta gamma ke fornisce il combustibile utilizzato nell'impianto di riscaldamento condominiale centralizzato del pagamento dell'intera fornitura di gasolio. Il candidato assunta la veste di legale di caio rediga parere illustrando gli istituti sottese alla fattispecie soffermandosi sulla solidarietà fra condomini delle obbligazioni contratte dal condominio. CONFERMATE? | |
Da: cartachrime | 13/12/2011 11:09:36 |
- Messaggio eliminato - | |
Da: Avv. Guerrieri | 13/12/2011 11:09:58 |
La traccia sull'agenzia immobiliare è vera? Potete ripostarla per favore? | |
Da: xxx | 13/12/2011 11:10:35 |
per chi fosse interessato, è sicuro, iniziano a dettare a Lecce | |
Da: gibson81 | 13/12/2011 11:10:49 |
sono troppo semplici!!...staccheranno tutti agli orali! | |
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Da: federicodig | 13/12/2011 11:11:40 |
confermo la traccia 2 da RC | |
Da: antof79 | 13/12/2011 11:11:45 |
ma mi spiegate che vuol dire "riconoscimento parziale della compravendita"? mi sa tanto di errore | |
Da: leguleio | 13/12/2011 11:11:54 |
sulla seconda traccia, trascrivo Cass. Civ. 9148/08, per la parte rilevante: "La questione di diritto, che la Suprema Corte deve risolvere per decidere la controversia, riguarda la natura delle obbligazioni dei condomini. Secondo l'orientamento maggioritario della giurisprudenza, la responsabilità dei singoli partecipanti per le obbligazioni assunte dal "condominio" verso i terzi ha natura solidale, avuto riguardo al principio generale stabilito dall'art. 1294 cod. civ. per l'ipotesi in cui più soggetti siano obbligati per la medesima prestazione: principio non derogato dall'art. 1123 cod. civ., che si limita a ripartire gli oneri all'interno del condominio (Cass., Sez. 2^, 5 aprile 1982, n. 2085; Cass., Sez. 2^, 17 aprile 1993, n. 4558; Cass., Sez. 2^, 30 luglio 2004, n. 14593; Cass., Sez. 2^, 31 agosto 2005, n. 17563). Per l'indirizzo decisamente minoritario, la responsabilità dei condomini è retta dal criterio dalla parziarietà : in proporzione alle rispettive quote, ai singoli partecipanti si imputano le obbligazioni assunte nell'interesse del "condominio", relativamente alle spese per la conservazione e per il godimento delle cose comuni dell'edificio, per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza. Pertanto, le obbligazioni dei condomini sono regolate da criteri consimili a quelli dettati dagli artt. 752 e 1295 cod. civ. per le obbligazioni ereditarie, secondo cui al pagamento dei debiti ereditati i coeredi concorrono in proporzione alle loro quote e l'obbligazione in solido di uno dei condebitori si ripartisce tra gli eredi in proporzione alle quote ereditarie (Cass., Sez. 2^, 27 settembre 1996, n. 8530). 2.2 Per determinare i principi di diritto, che regolano le obbligazioni (contrattuali) unitarie le quali vincolano la pluralità di soggetti passivi - i condomini -occorre muovere dal fondamento della solidarietà . L'assunto è che la solidarietà passiva scaturisca dalla contestuale presenza di diversi requisiti, in difetto dei quali - e di una precisa disposizione di legge - il criterio non si applica, non essendo sufficiente la comunanza del debito tra la pluralità dei debitori e l'identica causa dell'obbligazione; che nessuna specifica disposizione contempli la solidarietà tra i condomini, cui osta la parziarietà intrinseca della prestazione; che la solidarietà non possa ricondursi alla asserita unitarietà del gruppo, in quanto il condominio non raffigura un "ente di gestione", ma una organizzazione pluralistica e l'amministratore rappresenta immediatamente i singoli partecipanti, nei limiti del mandato conferito secondo le quote di ciascuno. La disposizione dell'art. 1292 cod. civ. - è noto - si limita a descrivere il fenomeno e le sue conseguenze. Invero, sotto la rubrica "nozione della solidarietà ", definisce l'obbligazione in solido quella in cui "più debitori sono obbligati tutti per la medesima prestazione" e aggiunge che ciascuno può essere costretto all'adempimento per la totalità (con liberazione degli altri). L'art. 1294 cod. civ. stabilisce che "i condebitori sono tenuti in solido, se dalla legge o dal titolo non risulta diversamente". Nessuna delle norme, tuttavia, precisa la ratio della solidarietà , ovverosia ne chiarisce il fondamento (che risulta necessario, quanto meno, per risolvere i casi dubbi). Stando all'interpretazione più accreditata, le obbligazioni solidali, indivisibili e parziarie raffigurano le risposte dell'ordinamento ai problemi derivanti dalla presenza di più debitori (o creditori), dalla unicità della causa dell'obbligazione (eadem causa obbligandi) e dalla unicità della prestazione (eadem res debita). Mentre dalla pluralità dei debitori e dalla unicità della causa dell'obbliga-zione scaturiscono questioni che, nella specie, non rilevano, la categoria dell'idem debitum propone problemi tecnici considerevoli: in particolare, la unicità della prestazione che, per natura, è suscettibile di divisione, e la individuazione del vincolo della solidarietà rispetto alla prestazione la quale, nel suo sostrato di fatto, è naturalisticamente parziaria. Semplificando categorie complesse ed assai elaborate, l'indivisibilità consiste nel modo di essere della prestazione: nel suo elemento oggettivo, specie laddove la insussistenza naturalistica della indivisibilità non è accompagnata dall'obbligo specifico imposto per legge a ciascun debitore di adempiere per l'intero. Quando la prestazione per natura non è indivisibile, la solidarietà dipende dalle norme e dai principi. La solidarietà raffigura un particolare atteggiamento nei rapporti esterni di una obbligazione intrinsecamente parziaria quando la legge privilegia la comunanza della prestazione. Altrimenti, la struttura parziaria dell'obbligazione ha il sopravvento e insorge una pluralità di obbligazioni tra loro connesse. E' pur vero che la solidarietà raffigura un principio riguardante i condebitori in genere. Ma il principio generale è valido laddove, in concreto, sussistono tutti i presupposti previsti dalla legge per la attuazione congiunta del condebito. Sicuramente, quando la prestazione comune a ciascuno dei debitori è, allo stesso tempo, indivisibile. Se invece l'obbligazione è divisibile, salvo che dalla legge (espressamente) sia considerata solidale, il principio della solidarietà (passiva) va contemperato con quello della divisibilità stabilito dall'art. 1314 cod. civ., secondo cui se più sono i debitori ed è la stessa la causa dell'obbligazione, ciascuno dei debitori non è tenuto a pagare il debito che per la sua parte. Poichè la solidarietà , spesso, viene ad essere la configurazione ex lege, nei rapporti esterni, di una obbligazione intrinsecamente parziaria, in difetto di configurazione normativa dell'obbligazione come solidale e, contemporaneamente, in presenza di una obbligazione comune, ma naturalisticamente, divisibile viene me-no uno dei requisiti della solidarietà e la struttura parziaria dell'obbligazione private. Del resto, la solidarietà viene meno ogni qual volta la fonte dell'obbligazione comune è intimamente collegata con la titolarità delle res. Le disposizioni di cui agli artt. 752, 754 e 1295 cod. civ. - che prevedono la parziarietà delle obbligazioni dei coeredi e la sostituzione, per effetto dell'apertura della successione, di una obbligazione nata unitaria con una pluralità di obbligazioni parziarie - esprimono il criterio di ordine generale del collegamento tra le obbligazioni e le res. Per la verità , si tratta di obbligazioni immediatamente connesse con l'attribuzione ereditaria dei beni: di obbligazioni ricondotte alla titolarità dei beni ereditali in ragione dell'appartenenza della quota. Ciascun erede risponde soltanto della sua quota, in quanto è titolare di una quota di beni ereditari. Più in generale, laddove si riscontra lo stesso vincolo tra l'obbligazione e la quota e nella struttura dell'obbligazione, originata dalla medesima causa per una pluralità di obbligati, non sussiste il carattere della indivisibilità della prestazione, è ragionevole inferire che rispetto alla solidarietà non contemplata (espressamente) prevalga la struttura parziaria del vincolo. 2.3 Le direttive ermeneutiche esposte valgono per le obbligazioni facenti capo ai gruppi organizzati, ma non personificati. Per ciò che concerne la struttura delle obbligazioni assunte nel cosiddetto interesse del "condominio" - in realtà , ascritte ai singoli condomini - si riscontrano certamente la pluralità dei debitori (i condomini) e la eadem causa obbligandi la unicità della causa: il contratto da cui l'obbligazione ha origine. E' discutibile, invece, la unicità della prestazione (idem debitum), che certamente è unica ed indivisibile per il creditore, il quale effettua una prestazione nell'interesse e in favore di tutti condomini (il rifacimento della facciata, l'impermeabilizzazione del tetto, la fornitura del carburante per il riscaldamento etc). L'obbligazione dei condomini (condebitori), invece, consistendo in una somma di danaro, raffigura una prestazione comune, ma naturalisticamente divisibile. Orbene, nessuna norma di legge espressamente dispone che il criterio della solidarietà si applichi alle obbligazioni dei condomini. Non certo l'art. 1115 cod. civ., comma 1. Sotto la rubrica "obbligazioni solidali dei partecipanti", la norma stabilisce che ciascun partecipante può esigere che siano estinte le obbligazioni contratte in solido per la cosa comune e che la somma per estinguerle sia ricavata dal prezzo di vendita della stessa cosa. La disposizione, in quanto si riferisce alle obbligazioni contratte in solido dai comunisti per la cosa comune, ha valore meramente descrittivo, non prescrittivo: non stabilisce che le obbligazioni debbano essere contratte in solido, ma regola le obbligazioni che, concretamente, sono contratte in solido. A parte ciò, la disposizione non riguarda il condominio negli edifici e non si applica al condominio, in quanto regola l'ipotesi di vendita della cosa comune. La disposizione, infatti, contempla la cosa comune soggetta a divisione e non le cose, gli impianti ed i servizi comuni del fabbricato, i quali sono contrassegnati dalla normale indivisibilità ai sensi dell'art. 1119 cod. civ. e, comunque, dalla assoluta inespropriabilità . D'altra parte, nelle obbligazioni dei condomini la parziarietà si riconduce all'art. 1123 cod. civ., interpretato valorizzando la relazione tra la titolarità della obbligazione e la quella della cosa. Si tratta di obbligazioni propter rem, che nascono come conseguenza dell'appartenenza in comune, in ragione della quota, delle cose, degli impianti e dei servizi e, solo in ragione della quota, a norma dell'art. 1123 cit., i condomini sono tenuti a contribuire alle spese per le parti comuni. Per la verità , la mera valenza interna del criterio di ripartizione raffigura un espediente elegante, ma privo di riscontro nei dati formali. Se l'argomento che la ripartizione delle spese regolata dall'art. 1123 cod. civ., comma 1, riguardi il mero profilo interno non persuade, non convince neppure l'asserto che lo stesso art. 1223 c.c., comma 2 - concernente la ripartizione delle spese per l'uso delle parti comuni destinate a servire i condomini in misura diversa, in proporzione all'uso che ciascuno può farne - renda impossibile l'attuazione parziaria all'esterno: con la conseguenza che, quanto all'attuazione, tutte le spese disciplinate dall'art. 1223 cit. devono essere regolate allo stesso modo. Entrambe le ipotesi hanno in comune il collegamento con la res. Il primo comma riguarda le spese per la conservazione delle cose comuni, rispetto alle quali l'inerenza ai beni è immediata; il secondo comma concerne le spese per l'uso, in cui sussiste comunque il collegamento con le cose: l'obbligazione, ancorchè influenzata nel quantum dalla misura dell'uso diverso, non prescinde dalla contitolarità delle parti comuni, che ne costituisce il fondamento. In ultima analisi, configurandosi entrambe le obbligazioni come obligationes propter rem, in quanto connesse con la titolarità del diritto reale sulle parti comuni, ed essendo queste obbligazioni comuni naturalisticamente divisibili ex parte debitoris, il vincolo solidale risulta inapplicabile e prevale la struttura intrinsecamente parziaria delle obbligazioni. D'altra parte, per la loro ripartizione in pratica si può sempre fare riferimento alle diverse tabelle millesimali relative alla proprietà ed alla misura dell'uso. 2.5 Nè la solidarietà può ricondursi alla asserita unitarietà del gruppo dei condomini. Dalla giurisprudenza, il condominio si definisce come "ente di gestione", per dare conto del fatto che la legittimazione dell'amministratore non priva i singoli partecipanti della loro legittimazione ad agire in giudizio in difesa dei diritti relativi alle parti comuni; di avvalersi autonomamente dei mezzi di impugnazione; di intervenire nei giudizi intrapresi dall'amministratore, etc. Ma la figura dell'ente, ancorchè di mera gestione, suppone che coloro i quali ne hanno la rappresentanza non vengano surrogati dai partecipanti. D'altra parte, gli enti di gestione in senso tecnico raffigurano una categoria definita ancorchè non unitaria, ai quali dalle leggi sono assegnati compiti e responsabilità differenti e la disciplina eterogenea si adegua alle disparate finalità perseguite (L. 22 dicembre 1956, n. 1589, art. 3). Gli enti di gestione operano in concreto attraverso le società per azioni di diritto comune, delle quali detengono le partecipazioni azionarie e che organizzano nei modi più opportuni: in attuazione delle direttive governative, razionalizzano le attività controllate, coordinano i programmi e assicurano l'assistenza finanziaria mediante i fondi di dotazione. Per la struttura, gli enti di gestione si contrassegnano in ragione della soggettività (personalità giuridica pubblica) e dell'autonomia patrimoniale (la titolarità delle partecipazioni azionarie e del fondo di dotazione). Orbene, nonostante l'opinabile rassomiglianza della funzione - il fatto che l'amministratore e l'assemblea gestiscano le parti comuni per conto dei condomini, ai quali le parti comuni appartengono - le ragguardevoli diversità della struttura dimostrano la inconsistenza del ripetuto e acritico riferimento dell'ente di gestione al condominio negli edifici. Il condominio, infatti, non è titolare di un patrimonio autonomo, nè di diritti e di obbligazioni: la titolarità dei diritti sulle cose, gli impianti e i servizi di uso comune, in effetti, fa capo ai singoli condomini; agli stessi condomini sono ascritte le obbligazioni per le cose, gli impianti ed i servizi comuni e la relativa responsabilità ; le obbligazioni contratte nel cosiddetto interesse del condominio non si contraggono in favore di un ente, ma nell'interesse dei singoli partecipanti. Secondo la giurisprudenza consolidata, poi, l'amministratore del condominio raffigura un ufficio di diritto privato assimilabile al mandato con rappresentanza: con la conseguente applicazione, nei rapporti tra l'amministratore e ciascuno dei condomini, delle disposizioni sul mandato. Orbene, la rappresentanza, non soltanto processuale, dell'amministratore del condominio è circoscritta alle attribuzioni - ai compiti ed ai poteri - stabilite dall'art. 1130 cod. civ.. In giudizio l'amministratore rappresenta i singoli condomini, i quali sono parti in causa nei limiti della loro quota (art. 1118 e 1123 cod. civ.). L'amministratore agisce in giudizio per la tutela dei diritti di ciascuno dei condomini, nei limiti della loro quota, e solo in questa misura ognuno dei condomini rappresentati deve rispondere delle conseguenze negative. Del resto, l'amministratore non ha certo il potere di impegnare i condomini al di là del diritto, che ciascuno di essi ha nella comunione, in virtù della legge, degli atti d'acquisto e delle convenzioni. In proporzione a tale diritto ogni partecipante concorre alla nomina dell'amministratore e in proporzione a tale diritto deve ritenersi che gli conferisca la rappresentanza in giudizio. Basti pensare che, nel caso in cui l'amministratore agisca o sia convenuto in giudizio per la tutela di un diritto, il quale fa capo solo a determinati condomini, soltanto i condomini interessati partecipano al giudizio ed essi soltanto rispondono delle conseguenze della lite. Pertanto, l'amministratore - in quanto non può obbligare i singoli condomini se non nei limiti dei suoi poteri, che non contemplano la modifica dei criteri di imputazione e di ripartizione delle spese stabiliti dall'art. 1123 c.c. - non può obbligare i singoli condomini se non nei limiti della rispettiva quota. 2.5 Riepilogando, ritenuto che la solidarietà passiva, in linea di principio, esige la sussistenza non soltanto della pluralità dei debitori e della identica causa dell'obbligazione, ma altresì della indivisibilità della prestazione comune; che in mancanza di quest'ultimo requisito e in difetto di una espressa disposizione di legge, la intrinseca parziarietà della obbligazione prevale; considerato che l'obbligazione ascritta a tutti i condomini, ancorchè comune, è divisibile, trattandosi di somma di danaro; che la solidarietà nel condominio non è contemplata da nessuna disposizione di legge e che l'art. 1123 cit, interpretato secondo il significato letterale e secondo il sistema in cui si inserisce, non distingue il profilo esterno e quello interno; rilevato, infine, che - in conformità con il difetto di struttura unitaria del condominio, la cui organizzazione non incide sulla titolarità individuale dei diritti, delle obbligazioni e della relativa responsabilità - l'amministratore vincola i singoli nei limiti delle sue attribuzioni e del mandato conferitogli in ragione delle quote: tutto ciò premesso, le obbligazioni e la susseguente responsabilità dei condomini sono governate dal criterio dalla parziarietà . Ai singoli si imputano, in proporzione alle rispettive quote, le obbligazioni assunte nel cosiddetto "interesse del condominio", in relazione alle spese per la conservazione e per il godimento delle cose comuni dell'edificio, per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza. Pertanto, le obbligazioni dei condomini sono regolate da criteri consimili a quelli dettati dagli artt. 752 e 1295 cod. civ., per le obbligazioni ereditarie, secondo cui i coeredi concorrono al pagamento dei debiti ereditali in proporzione alle loro quote e l'obbligazione in solido di uno dei condebitori tra gli eredi si ripartisce in proporzione alle quote ereditarie. 2.6 Il contratto, stipulato dall'amministratore rappresentante, in nome e nell'interesse dei condomini rappresentati e nei limiti delle facoltà conferitegli, produce direttamente effetti nei confronti dei rappresentati. Conseguita nel processo la condanna dell'amministratore, quale rappresentante dei condomini, il creditore può procedere all'esecuzione individualmente nei confronti dei singoli, secondo la quota di ciascuno. Per concludere, la soluzione, prescelta secondo i rigorosi principi di diritto che regolano le obbligazioni contrattuali comuni con pluralità di soggetti passivi, appare adeguata alle esigenze di giustizia sostanziale emergenti dalla realtà economica e sociale del condominio negli edifici. Per la verità , la solidarietà avvantaggerebbe il creditore il quale, contrattando con l'amministratore del condominio, conosce la situazione della parte debitrice e può cautelarsi in vari modi; ma appare preferibile il criterio della parziarietà , che non costringe i debitori ad anticipare somme a volte rilevantissime in seguito alla scelta (inattesa) operata unilateralmente dal creditore. Allo stesso tempo, non si riscontrano ragioni di opportunità per posticipare la ripartizione del debito tra i condomini al tempo della rivalsa, piuttosto che attuarla al momento dell'adempimento. Respinto il motivo principale, non merita accoglimento nessuno degli altri motivi di ricorso.". | |
Da: furiaceka11 | 13/12/2011 11:12:09 |
POTREBBE ESSERE UTILE Obbligazione parziaria Lo stop delle Sezioni Unite della Cassazione Civile con la sentenza dell'8.04.2008 n° 9148 alla solidarietà passiva delle obbligazioni assunte dall'amministratore per conto e nell'interesse del condominio. La Suprema Corte partendo dal principio più che consolidato sia in dottrina che in giurisprudenza che il Condominio è un ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei condomini, al quale viene applicata la normativa che tutela i consumatori, ritenendo che: "al contratto concluso con il professionista dall'amministratore del condominio, ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei suoi partecipanti, si applicano gli artt. 1469 bis c.c. e seguenti, atteso che l'amministratore agisce quale mandatario con rappresentanza dei vari condomini, i quali devono essere considerati consumatori, in quanto persone fisiche operanti per scopi estranei ad attività imprenditoriale o professionale." è approdata all'applicazione del principio di parziarietà dell'obbligazione condominiale. L'amministratore vincola i singoli condomini nei limiti delle sue attribuzioni e del mandato conferitogli in ragione delle quote: le obbligazioni e la susseguente responsabilità dei condomini sono governate dal criterio della parziarietà . Ai singoli si imputano, in proporzione alle rispettive quote, le obbligazioni assunte nell'interesse del condominio, in relazione alle spese per la conservazione e per il godimento delle cose comuni dell'edificio, per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza. Il contratto, stipulato dall'amministratore rappresentante, in nome e nell'interesse dei condomini rappresentati e nei limiti delle facoltà conferitegli, produce direttamente effetti nei confronti dei rappresentati. Pertanto, dopo la citata sentenza, conseguita in un procedimento civile la condanna dell'amministratore, quale rappresentante dei condomini, il creditore può procedere all'esecuzione individualmente nei confronti dei singoli, secondo la quota di ciascuno. La disciplina da applicare è la stessa che si utilizza in tema di ripartizione dei debiti ereditari tra gli eredi ex artt. 745 em 1295 c.c., ossia la natura parziaria e non solidale dell'obbligazione: ciascun condomino risponde nei limiti della propria quota millesimale dei debiti contratti per conto e nell'interesse del condominio. Finora l'orientamento maggioritario della giurisprudenza era invece proiettato sulla natura solidale della responsabilità dei singoli partecipanti per le obbligazioni assunte dal condominio verso i terzi, avuto riguardo al principio generale stabilito dall'art. 1294 c.c. per l'ipotesi in cui più soggetti siano obbligati per la medesima prestazione, quindi il creditore poteva escutere indifferentemente un condomino qualsiasi, fatto salvo il diritto di rivalsa da parte del condomino escusso nei confronti degli altri condomini. Principio non derogato dall'art. 1123c.c., che si limita a ripartire gli oneri all'interno del condominio (Cass. Civ.Sez. II, 30 luglio 2004, n. 14593; Cass. Civ. Sez. II, 31 agosto 2005, n. 17563).Tuttavia per un indirizzo, decisamente minoritario, la responsabilità dei condomini era sorretta dal criterio dalla parziarietà : in proporzione alle rispettive quote, ai singoli partecipanti si imputano le obbligazioni assunte nell'interesse del "condominio", relativamente alle spese per la conservazione e per il godimento delle cose comuni dell'edificio, per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza. (Cass.Civ. Sez. II, 27 settembre 1996, n.8530).Le Sezione Unite con la sentenza in esame al fine di determinare i principi di diritto, che regolano le obbligazioni contrattuali unitarie, le quali vincolano la pluralità di soggetti passivi (alias i condomini) prendono lo spunto dal fondamento della solidarietà . L'assunto è che la solidarietà passiva scaturisca dalla contestuale presenza di diversi requisiti, in difetto dei quali - e di una precisa disposizione di legge - il criterio non si applica, non essendo sufficiente la comunanza del debito tra la pluralità dei debitori e l'identica causa dell'obbligazione; che nessuna specifica disposizione contempli la solidarietà trai condomini, cui osta la parziarietà intrinseca della prestazione; che la solidarietà non possa ricondursi alla asserita unitarietà del gruppo, in quanto il condominio raffigura un "ente di gestione" sfornito di personalità giuridica,e l'amministratore rappresenta immediatamente i singoli partecipanti, nei limiti del mandato conferito secondo le quote di ciascuno. La disposizione dell'art. 1292 c.c. descrive il fenomeno e le sue conseguenze; sotto la rubrica "nozione della solidarietà ", definisce l'obbligazione in solido quella in cui: "più debitori sono obbligati tutti per la medesima prestazione" e aggiunge che ciascuno può essere costretto all'adempimento per la totalità (con liberazione degli altri). L'art. 1294 c.c. stabilisce che: "i condebitori sono tenuti in solido, se dalla legge o dal titolo non risulta diversamente". Stando all'interpretazione più accreditata, le obbligazioni solidali, indivisibili e parziarie raffigurano le risposte dell'ordinamento ai problemi derivanti dalla presenza di più debitori (o creditori), dalla unicità della causa dell'obbligazione (eadem causa obbligandi) e dalla unicità della prestazione (eadem res debita).È pur vero che la solidarietà raffigura un principio riguardante i condebitori in genere. Ma il principio generale è valido laddove, in concreto, sussistono tutti i presupposti previsti dalla legge per la attuazione congiunta del con debito. Sicuramente, quando la prestazione comune a ciascuno dei debitori è indivisibile. Se invece l'obbligazione è divisibile,salvo che dalla legge (espressamente)sia considerata solidale, il principio della solidarietà (passiva) va contemperato con quello della divisibilità stabilito dall'art. 1314 c.c., secondo cui se più sono i debitori ed è la stessa la causa dell'obbligazione, ciascuno dei debitori non è tenuto a pagare il debito che per la sua parte. Più in generale, laddove si riscontra lo stesso vincolo tra l'obbligazione e la quota e nella struttura dell'obbligazione, originata dalla medesima causa per una pluralità di obbligati, non sussiste il carattere della indivisibilità della prestazione, è ragionevole affermare che prevalga la struttura parziaria del vincolo a meno che la solidarietà non venga espressamente affermata. Queste regole valgono anche per i gruppi organizzati, ma non personificati. Per ciò che concerne la struttura delle obbligazioni assunte nell'interesse del condominio - in realtà , ascritte ai singoli condomini - si riscontrano certamente la pluralità dei debitori (i condomini) e la 'eadem causa obbligandi', la unicità della causa: il contratto da cui l'obbligazione ha origine. È discutibile, invece,la unicità della prestazione (idem debitum) che certamente è unica ed indivisibile per il creditore, il quale effettua una prestazione nell'interesse ed in favore di tutti condomini (il rifacimento della facciata, l'impermeabilizzazione del tetto, la fornitura del carburante per il riscaldamento, la fornitura dell'energia elettrica, etc.). L'obbligazione dei condomini (condebitori), invece, consistendo in una somma di danaro, raffigura una prestazione comune, ma naturalisticamente divisibile. Orbene, nessuna norma di legge espressamente dispone che il criterio della solidarietà si applichi alle obbligazioni dei condomini. In sintesi: ritenuto che la solidarietà passiva esige la sussistenza non soltanto della pluralità dei debitori e della identica causa dell'obbligazione, ma altresì della indivisibilità della prestazione comune; che in mancanza di quest'ultimo requisito ed in difetto di una espressa disposizione di legge, la parziarietà della obbligazione prevale; considerato che l'obbligazione ascritta a tutti i condomini, ancorché comune, è divisibile, trattandosi di somma di danaro; che la solidarietà nel condominio non è contemplata da nessuna disposizione di legge; tenuto conto che l'amministratore vincola i singoli nei limiti delle sue attribuzioni e del mandato conferitogli in ragione delle quote: da tutto ciò si deduce e scaturisce chele obbligazioni e la susseguente responsabilità dei condomini sono governate dal criterio dalla parziarietà . Ai singoli si imputano, in proporzione alle rispettive quote, le obbligazioni assunte nell'interesse del condominio, in relazione alle spese per la conservazione e per il godimento delle cose comuni dell'edificio, per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza. Il contratto, stipulato dall'amministratore rappresentante, in nome e nell'interesse dei condomini rappresentati e nei limiti delle facoltà conferitegli, produce direttamente effetti nei confronti dei rappresentati. Questa soluzione è apparsa alla Suprema Corte adeguata alle esigenze di giustizia sostanziale emergenti dalla realtà economica e sociale del condominio negli edifici. Per la verità , la solidarietà avvantaggerebbe il creditore il quale, contrattando con l'amministratore del condominio, conosce la situazione della parte debitrice e può cautelarsi in vari modi; ma appare preferibile il criterio della parziarietà , che non costringe il singolo debitore condomino ad anticipare somme a volte rilevantissime in seguito alla scelta inattesa operata unilateralmente dal creditore. Allo stesso tempo, non si riscontrano ragioni di opportunità per posticipare la ripartizione del debito tra i condomini al tempo della rivalsa, piuttosto che attuarla al momento dell'adempimento. | |
Da: martinaavvnap | 13/12/2011 11:12:47 |
- Messaggio eliminato - | |
Da: commercialista | 13/12/2011 11:12:51 |
X gli avvocati in ascolto:lavorate sulle soluzioni per piacere e postate solo cose serie perchè c'è chi sta lavorando | |
Da: Dario121 | 13/12/2011 11:13:08 |
quindi quella del condominio è sicura???la soluzione di leguleio è corretta??grazie | |
Da: leguleio | 13/12/2011 11:13:17 |
La sent. 9148/08 è annotata sul CIAN - TRABUCCHI, sub art. 1294 | |
Da: lec34 | 13/12/2011 11:13:32 |
postate la seconda traccia | |
Da: Avv. Bologba | 13/12/2011 11:13:52 |
SE LA SECONDA TRACCIA è GIUSTA: CORTE DI CASSAZIONE Cass. Civ., Sezioni Unite, 8.4.2008 n. 9148 Le obbligazioni contratte nell'interesse del condominio e le conseguenti responsabilità dei condomini sono governate dal criterio della parziarietà e non da quello della solidarietà passiva. Ove conseguita nel processo la condanna di pagamento del condominio, il creditore potrà procedere all'esecuzione individualmente nei confronti dei singoli condomini, secondo le quote di ciascuno. L'8 aprile 2008 le Sezioni Unite della Corte di Cassazione si sono pronunziate sulla natura delle obbligazioni condominiali, decidendo per la parziarietà delle medesime: il che significa che per le obbligazioni contratte dal condominio ciascun condomino non è affatto responsabile in solido con gli altri condomini nei confronti dei creditori condominiali, bensì è obbligato solo pro quota. Si tratta di una inattesa rivoluzione tanto sul pianto dogmatico quanto su quello sociale, giacché la decisione in commento rompe con l'orientamento prevalente passato e condiziona considerevolmente l'azione esecutiva dei creditori condominiali. Questi ultimi non potranno più soddisfarsi per l'intero loro credito sui beni d'un singolo condomino, poi lasciando al malcapitato di agire in rivalsa nei confronti degli altri, ma dovranno agire nei confronti di tutti i condomini, ognuno per la quota di spettanza. Il diritto è un fatto umano ed alla base delle scelte giurisprudenziali frequentemente si riscontrano motivazioni atecniche inespresse, riconducibili alla necessità di adeguare il corpo normativo all'evoluzione sociale ed alle nuove sensibilità . Così è nel caso di specie. La portata innovativa della sentenza delle Sezioni Unite si coglie sul piano degli effetti. Ora il singolo condomino é protetto dalle conseguenze della morosità degli altri condomini, che invece ricadono sul creditore. Si tratta di un ulteriore scudo a protezione del consumatore (in tale categoria rientra pacificamente il condomino), prima - ed ora non più - esposto al rischio di vedersi espropriare l'appartamento di proprietà a causa di morosità [addirittura] altrui e non proprie. Ben poteva infatti il creditore condominiale aggredire il bene del condomino solvente per recuperare la porzione a carico degli insolventi. Giustificato il revirement sul piano della giustizia sostanziale, vediamo quali argomenti in diritto fondano la sentenza n. 9148. E' noto che le Sezioni Unite intervengano allorquando vi sia una contrasto di decisioni su medesima questione. Nel caso di specie v'era effettivamente un contrasto tra le decisioni della II Sezione della Corte di Cassazione, posto che talune (maggioritarie1) avevano ritenuto la responsabilità solidale dei singoli condomini verso i terzi per le obbligazioni assunte dal condominio ed una sola altra2 aveva ritenuto il principio della parziarietà (Cass. civ., sez. II 27-09-1996, n. 8530). E' prevalso l'indirizzo minoritario. Secondo la sentenza n. 9148 il fondamento della solidarietà passiva è ravvisabile nella contemporanea presenza di alcuni requisiti, solo alcuni ravvisabili nella obbligazione condominiale. La solidarietà passiva difatti esige non soltanto che vi siano più debitori della medesima prestazione e che identica sia la causa dell'obbligazione, ma anche che la prestazione comune sia indivisibile. In mancanza di quest'ultimo carattere (e di un'espressa disposizione di legge che definisca solidale l'obbligazione) prevale la parziarietà dell'obbligazione. Nel caso regolato dalla sentenza in commento, trattandosi di debito in danaro, la prestazione comune era divisibile e non indivisibile. E quindi parziaria. Argomentano le Sezioni Unite che non v'è alcuna norma di legge che sancisca la solidarietà delle obbligazioni condominiali e che l'art. 1123 CC, interpretato secondo il tenore letterale e secondo il sistema in cui si inserisce, non distingue un profilo interno ed un profilo esterno. Pertanto, fermo il principio che l'amministratore rappresenta e vincola i condomini allorché contrae obbligazioni nell'ambito dei suoi poteri, come stabiliti per legge o conferiti per mandato, fermo altresì il principio della legittimazione passiva dell'amministratore condominiale a rappresentare in giudizio il condominio, risulta altrettanto inevitabile che il condomino sarà obbligato solo nei limiti della propria quota contributiva. E cio' tanto dal contratto quanto dalla sentenza. Percio' le obbligazioni dei condomini e la loro conseguente responsabilità sono governate dal principio della parziarieta' La decisione delle Sezione Unite puo' ritenersi ben riassunta nel seguente stralcio, letteralmente trascritto: "Il contratto stipulato dall'amministratore rappresentante, in nome e nell'interesse dei condomini, rappresentati nei limiti delle facoltà conferitigli, produce direttamente effetti nei confronti dei rappresentati. Conseguita nel processo la condanna dell'amministratore, quale rappresentante dei condomini, il creditore puo' procedere all'esecuzione individualmente nei confronti dei singoli, secondo la quota di ciascuno." Pertanto con la pronunzia 9148 dell'8 aprile 2008 cambia la fase dell'esecuzione e non quella della cognizione. Il creditore condominiale potrà continuare a citare in giudizio il condominio in persona dell'amministrare e la sentenza conseguita varra' sempre nei confronti di tutti i condomini. Ma ove il condominio non adempia alla condanna di pagamento eventualmente pronunziata dal Giudice, il creditore non potrà aggredire uno solo dei condomini soddisfacendosi in toto sul suo patrimonio, ma dovrà azionare quella stessa ed unica sentenza nei confronti di tutti i condomini, ciascuno per la parte di competenza e quindi attivare tante procedure esecutive quanti sono i condomini insolventi. Sul piano pratico il che costituisce una difficoltà di non poco momento per il creditore che, oltre a doversi informare circa i nomi o ragioni sociali, gli indirizzi e le garanzie patrimoniali dei condomini insolventi, dovrà preliminarmente apprendere quale sia la loro quota contributiva per il credito azionato (dato di non facile identificazione stante la specialità del quantum delle contribuzioni condominiali, dipendenti dalla natura della spesa e dal disposto dei regolamenti). Indispensabile per uscire dall'impasse sarà la collaborazione dell'amministratore condominiale, ove ritenuto legittimato ad erogare i dati suddetti, personali ai condomini, al fine di consentire l'agevole esercizio del proprio diritto al creditore, altrimenti costretto ad interminabili e costose ricerche nei pubblici registri. Vorranno i meno superficiali anche conoscere l'opinione espressa dei Giudici della Corte di Cassazione a Sezione Unite sul contemperamento delle ragioni di opportunità che ha ispirato la sentenza in commento. Valga quanto qui di seguito, dalla medesima letteralmente tratto: " â�� la soluzione prescelta secondo i rigorosi principi di diritto che regolano le obbligazioni contrattuali comuni con pluralità di soggetti passivi, appare adeguata alle esigenze di giustizia sostanziale emergenti dalla realtà economica e sociale del condominio degli edifici. Per la verità la solidarietà avvantaggerebbe il creditore, il quale, contrattando con l'amministratore del condominio, conosce la situazione della parte debitrice e può cautelarsi in vari modi; ma appare preferibile il criterio della parziarietà , che non costringe i debitori ad anticipare somme a volte rilevantissime in seguito della scelta (inattesa) operata unilateralmente dal creditore. Allo stesso tempo, non si riscontrano ragioni di opportunità per posticipare la ripartizione del debito tra i condomini al tempo della rivalsa, piuttosto che attuarla al momento dell'adempimento". ***** Non vi sono problemi per la comunicazione dei dati necessari all'esercizio dei diritti connessi al credito. E difatti i creditori del condominio per esercitare correttamente l'azione giudiziaria necessitano di dati identificativi della quota millesimale del moroso, nonché la sussistenza di pagamenti parziali ed ancora, soprattutto, di conoscerne nome e cognome ed indirizzo. La divulgazione all'esterno di tali conoscenze, conseguite dall'amministratore per la gestione dell'ente condominiale, è stata oggetto di intervento del garante della privacy, interpellato sul punto proprio dall'ANACI. La risposta non ha tardato a pervenire ed è inequivocabile. L'amministratore può comunicare ai terzi creditori del condominio i dati dei comproprietari morosi: il 26/09/2008 lo ha stabilito il Garante per la protezione dei dati personali, rispondendo ai dubbi degli amministratori. Dopo la sentenza 9148 dell'8 aprile 2008, con cui le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno abolito il principio della solidarietà passiva tra condomini, gli amministratori si trovavano di fronte alla necessità di comunicare ai creditori i nominativi dei condómini morosi, la somma da loro dovuta e le rispettive quote millesimali, senza il previo consenso degli interessati. Il Garante per la privacy ha risposto al quesito facendo riferimento al provvedimento generale dell'8 maggio 2006, nel quale è precisato che le informazioni riferite a ciascun condomino possono essere trattate per finalità di gestione e amministrazione del condominio come stabilito dall'articolo 24, comma i, lettere a), b) e c) del decreto legislativo 196/2003. Rispetto alla sentenza delle Sezioni Unite, il Garante non ha individuato alcun ostacolo nella disciplina di protezione dei dati personali riferiti ai singoli condómini. Il trattamento dei dati può dunque essere effettuato dai fornitori di beni e servizi comuni in assenza del consenso degli interessati per dare esecuzione agli obblighi derivanti da un contratto stipulato dai partecipanti al condominio, ancorché tramite l'amministratore (articolo 24 comma i, lettera b) ed eventualmente per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria (articolo 24, comma i, lettera f). In base ai principi di protezione dei dati personali, le informazioni oggetto di trattamento possono essere individuate come quelle che consentono di identificare i condomini obbligati al pagamento del corrispettivo per l'esecuzione dei contratti, le quote millesimali spettanti e le altre eventuali informazioni necessarie per la determinazione delle somme dovute. In base a questo parere, dunque, la comunicazione ai fornitori da parte dell'amministratore sembra limitata ai nominativi ed agli indirizzi dei morosi (con l'ammontare della morosità ). Al momento della stipula del contratto col fornitore non è corretto consegnargli l'elenco di tutti i partecipanti al condominio. ******* Per quanto stupefacente, va detto che la sentenza delle Sezioni Unite n. 9148 ha suscitato anche ribellioni da parte della giurisprudenza di merito. E' recentissima C. App. Roma 23/06/2010 che senza mezzi termini ha dichiarato di non aderire al principio della parziarietà : "Il principio elaborato dal Giudice di legittimità non appare condivisibile. Osserva la Corte che se l'oggetto dell'obbligazione è una prestazione avente il carattere della "indivisibilità ", l'adempimento della obbligazione, in considerazione della oggettiva indivisibilità della prestazione, non può essere eseguita, in caso di pluralità di debitori, in parte da un debitore e in parte da un altro debitore: ne consegue che il creditore, nel caso di obbligazione con prestazione indivisibile, può validamente richiedere l'adempimento della intera obbligazione indifferentemente ad uno solo dei debitori, secondo la previsione dell'art. 1317 del codice civile. Come è di tutta evidenza il requisito di "indivisibilità " della prestazione va relazionato alla natura stessa della prestazione e prescinde dalla pluralità di debitori e non costituisce un requisito per differenziare le obbligazioni solidali (in cui ciascun debitore è tenuto all'intera prestazione) dalle obbligazioni parziarie (in cui ciascun debitore è tenuto alla prestazione per la sua quota). Va aggiunto che l'art. 1292 c.c. non indica affatto la "indivisibilità " della prestazione come un requisito della obbligazione solidale, né tanto meno identifica l'obbligazione solidale con la obbligazione indivisibile. L'art. 1292 c.c. identifica l'obbligazione solidale passiva (che è quella che qui interessa) nella esistenza di una pluralità di soggetti debitori tutti tenuti alla medesima prestazione, cioè ad una prestazione comune a tutti i debitori. Riepilogando, l'obbligazione solidale non si identifica con l'obbligazione indivisibile e la "indivisibilità " della prestazione non è un requisito della prestazione solidale (art. 1292 c.c.), ma della obbligazione indivisibile (art. 1316 c.c.). Quando l'obbligazione è divisibile, come ad esempio il pagamento di una somma di denaro, e vi è una pluralità di debitori si possono allora determinare due diverse situazioni relazionate all'adempimento della prestazione: 1) il creditore potrebbe pretendere dai diversi debitori solo la parte di prestazione che ad essi compete (ed è il caso della c.d. obbligazione parziaria prevista dall'art. 1314 c.c.); 2) il creditore potrebbe pretendere da ciascun debitore l'intera prestazione (ed è il caso della obbligazione solidale di cui all'art. 1292 c.c.). Caratteristica della obbligazione solidale rispetto alla obbligazione parziaria è il fatto che il debitore può essere "costretto", come efficacemente dice l'art. 1292 c.c. ("ciascuno (debitore) può essere costretto all'adempimento per la totalità "), a pagare l'intero debito. La regola per stabilire se, nel caso di più debitori, c'è una obbligazione solidale o parziaria è stabilita in modo chiaro e inequivoco dall'art. 1294 c.c.: i condebitori sono tenuti in solido se dalla legge o dal titolo non risulta diversamente. La solidarietà appare, dunque, essere la regola. Al riguardo si parla di "cd. presunzione di solidarietà " e si usa dire che "la solidarietà si presume"; a ben vedere però non si tratta di una presunzione, ma di una chiara e precisa disciplina imposta da una norma dispositiva. La ratio di tale disciplina è da ricercasi nella comunione di interessi che assai di frequente lega una pluralità di soggetti,debitori verso il creditore e che ha indotto il legislatore (come si evince dalla relazione al codice attuale) ad abbandonare il regime dell'abrogato codice, in cui la obbligazione in solido doveva essere espressamente voluta dalle parti o prevista dalla legge, ed optare per la tutela dell'interesse del creditore il quale, ai sensi dell'art. 1294 c.c., dispone della facoltà di agire nei confronti di uno solo dei debitori da lui prescelto. In base a questa regola di solidarietà i comproprietari di una cosa per i debiti relativi alla amministrazione e manutenzione del bene comune sono sempre debitori solidali." "Ne consegue che il credito vantato dall'amministratore del condominio non più in carica per le somme da lui anticipate per la amministrazione e manutenzione del bene condominiale nell'interesse comune di tutti i condomini non si sottrae al principio generale di solidarietà . Va aggiunto che il principio della ripartizione proporzionale fra i condomini delle spese ex art. 1223 si limita, come si evince dal dettato normativo, a ripartire tra i condomini l'onere delle spese condominiali all'interno del condominio stesso e non ha alcuna valenza verso i terzi creditori del condominio". Un mese prima della Corte di Appello di Roma, anche il Tribunale di Modena aveva disatteso il principio della parziarietà delle obbligazioni contrattuali condominiali, affermando "Rispetto alle obbligazioni assunte dal condominio nei confronti dei terzi, i condomini devono ritenersi impegnati unitariamente e solidalmente, a prescindere dalla misura della quota, tutte le volte in cui l'onere riguardi il pagamento del corrispettivo di prestazioni di manutenzione, conservazione, rifacimento ecc. di parti comuni dell'edificio deliberate o assentite o anche solo ratificate attraverso il metodo assembleare, stante la sua incompatibilità rispetto ad una situazione di parziarietà passiva, che riacquista il suo valore nei soli rapporti interni fra condomini". (Trib. Modena, 14\5\2010). Si tratta di decisioni per il momento isolate, giacché la piu' parte dei Giudici si sono adeguati ai principi espressi dalle Sezioni Unite. Con tutto ciò che ne consegue3. Purtuttavia l'insurrezione dei Giudici di merito contro i principi erogati da una sentenza delle Sezione Unite della Corte di Cassazione è fenomeno inusuale, soprattutto ove temporalmente contiguo. Il che da' la misura della intricata complessità della materia condominiale, dove principi di diritto, ragioni pratiche e riflessi sociali trovano sempre più difficoltà a conciliarsi in opinioni condivise. ****** Meritano una riflessione le due questioni che qui di seguito verranno affrontate, ovvero se il venir meno della solidarietà nel campo delle obbligazioni condominiali investa anche quelle extracontrattuali4, ovvero da fatti illecito (tipicamente quelle che comportano un risarcimento dei danni al terzo per fatto omissivo o commissivo del Condominio) e se il titolo conseguito contro il condominio valga ancora contro il singolo condomino in fase esecutiva. Da questo ultimo profilo Trib. Monza 3/7/2008 ha stabilito che il contratto, stipulato dall'amministratore rappresentante, in nome e nell'interesse dei condomini rappresentati e nei limiti delle facoltà conferitegli, produce direttamente effetti nei confronti dei rappresentati; conseguentemente, nell'ipotesi in cui ad un processo sia conseguita la condanna dell'amministratore, quale rappresentante dei condomini, il creditore può procedere all'esecuzione individualmente nei confronti dei singoli, secondo la quota di ciascuno. Egualmente Trib. Napoli 11\3\2009 n. 6693 in Archivio delle Locazione e Condominio 2010, p. 79, secondo cui in tema di opposizione agli atti esecutivi (nella specie il precetto), dovendosi ritenere che eseguita la notifica del decreto monitorio nei confronti dell'amministratore, questi debba considerarsi effettuata nei confronti di tutti i partecipanti al condominio (spettando all'amministratore il compito di rendere edotti i singoli condomini), ben puo' trovare applicazione la norma di cui all'art. 654, comma 2, CPC, secondo cui in deroga dell'art. 479 CPC, è escluso che il terzo creditore debba procedere a nuova notifica del titolo esecutivo nei confronti del singoo condomino contro il quale intende agire esecutivamente. Quanto all'estensione alle obbligazioni da fatto illecito dei principi delle Sezioni Unite, essa era negata ben presto da un Tribunale pugliese, che ne affermava l'esclusiva attinenza alle obbligazioni contrattuali. L'ordinanza depositata il 16/9/08 dal Giudice dell'Esecuzione presso il Tribunale di Trani - Sez. distaccata di Ruvo di Puglia, in persona del GOT Avv. Nicola Milillo, merita attenzione: "E' ovvio che la questione dell'applicazione o meno della disciplina della solidarietà passiva, data un'obbligazione con pluralità di debitori tenuti per lo stesso titolo ad un'unica prestazione, si pone soltanto per il caso che si tratti di prestazione materialmente divisibile, giacché se la prestazione è materialmente o giuridicamente indivisibile (secondo la definizione dell'art. 1316 c.c.), non può che trovare applicazione la disciplina dettata dagli artt. 1317 e segg. c.c. Ora, in ipotesi di prestazione materialmente divisibile, a mente dell'art. 1314 c.c. l'obbligazione è parziaria se non è solidale; e quand'è che un'obbligazione con le caratteristiche di cui si tratta (con pluralità di debitori tenuti per lo stesso titolo ad un'unica prestazione materialmente divisibile) è solidale (si parla sempre soltanto di solidarietà passiva)? L'art. 1294 c.c. sembra invero rispondere alla domanda senza necessità di alcuno sforzo interpretativo: >. Ciò equivale a dire, evidentemente, che, in presenza di un'obbligazione con pluralità di debitori tenuti per lo stesso titolo ad un'unica prestazione materialmente divisibile, deve farsi applicazione del regime della solidarietà non soltanto tutte le volte che ciò fosse stabilito dalla legge o dal titolo (come vorrebbe invece l'innovativo assunto delle Sezioni Unite), ma anche tutte le volte che la legge o il titolo rimangano silenti, l'art. 1294 c.c. richiedendo a tal fine non già che vi siano il titolo o una norma di legge che espressamente dispongano la solidarietà , bensì che non vi siano il titolo o una norma di legge che espressamente escludano la solidarietà o dispongano la parziarietà . Se è vero allora che non esiste una norma di legge che affermi la natura solidale delle obbligazioni condominiali da contratto, questo però, conformemente alla lettera dell'art. 1294 c.c., non pare sufficiente per negare che il regime della solidarietà (passiva) valga anche per esse, così come per le obbligazioni da fatto illecito, quando anche il titolo taccia in proposito. Né il contrario avviso delle Sezioni Unite sembra poter trovare ragione in un qualche criterio di giustizia sostanziale. Sotto questo profilo esso finisce piuttosto per addossare ai terzi estranei al condominio un onere eccessivamente gravoso di individuazione delle diverse quote di comproprietà delle parti comuni spettanti ai vari condomini che, se esistono tabelle millesimali, suppone una conoscenza delle stesse che ai terzi estranei al condominio non è garantita da alcuno strumento di conoscibilità , se tabelle millesimali non esistono, fa addirittura carico al terzo creditore di farle predisporre in funzione del soddisfacimento parziario del suo diritto; né sembra conforme al comune svolgimento dei rapporti economico-sociali che il terzo possa di ciò previamente preoccuparsi nel contrattare con il condominio." Pare nello stesso senso Cass. civ., sez. III 19-3-2009, n. 6665, secondo cui: "Ebbene, è indubbio che il condominio, benchè privo di autonoma soggettività giuridica, si configura come centro di imputazione di interessi diverso dal condomino e che è pienamente configurabile la responsabilità extracontrattuale del condominio anche nei confronti del condomino (a tanto non ostano i rilievi di Cass., sez. un. n. 9148 del 2008, che ha bensì escluso che il condominio sia un ente di gestione, ma ciò in funzione del carattere parziario, anzichè solidale, delle obbligazioni dei singoli condomini nei confronti dei terzi con riguardo alle "obbligazioni assunte nel cosiddetto interesse del condominio, in relazione alle spese per la conservazione e per il godimento delle cose comuni dell'edificio, per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza"). Ove il fatto dannoso sia imputabile a più soggetti, secondo la regola posta dall'art. 2055 c.c. tutti sono solidalmente responsabili nei confronti del danneggiato. Nella specie la società danneggiata ha chiesto il risarcimento al Comune (che s'è difeso sostenendo il difetto della propria responsabilità per essere il fatto imputabile ad altri, ma che non ha evocato alcuno in giudizio, nemmeno in via di regresso). Una volta accertato che il fatto dannoso era ascrivibile alle autonome condotte di più soggetti, la corte d'appello avrebbe potuto diminuire il risarcimento solo se uno di questi fosse stato lo stesso danneggiato (ex art. 1227 c.c., comma 1), giacchè il concorso di diversi soggetti è appunto regolato dall'art. 2055 c.c., comma 1 che contempla la responsabilità solidale degli autori del danno (salvo il regresso, nei confronti degli altri, di quello di essi che abbia pagato o sia stato convenuto per il risarcimento). Diminuendo il risarcimento riconosciuto alla società danneggiata in ragione di un comportamento causale colposo non della stessa società danneggiata, ma di terzi, la corte d'appello ha violato i suddetti principi, poichè ha parificato la responsabilità del condominio a quella del condomino danneggiato, facendo così applicazione dell'art. 1227 c.c., comma 1 anzichè dell'art. 2055 c.c., comma 1. La sentenza va dunque cassata perchè discostatasi dal seguente principio di diritto: "in tema di responsabilità extracontrattuale, se il danno subito da un condomino sia causalmente imputabile al concorso del condominio e di un terzo, al condomino che abbia agito nei soli confronti del terzo domandando l'integrale risarcimento, lo stesso non può essere diminuito in ragione del concorrente apporto causale colposo imputabile al condominio, giacchè si rende in tal caso applicabile non l'art. 1227 c.c., comma 1 ma l'art. 2055 c.c., comma 1, che prevede la responsabilità solidale degli autori del danno". A seguito delle due pronunzie sopra stese il principio della solidarietà troverebbe ancora applicazione per le obbligazioni extracontrattuali (ovvero da fatto illecito) a carico del condominio. Cio' è quanto si può dire alla luce della più recente giurisprudenza. | |
Da: gibson81 | 13/12/2011 11:14:17 |
mi rifiuto dipostare soluzioni per tracce così semplici! chiunque ha svolto una buona pratica è sicuramente in grado di redigere un ottimo parere. gli altri si arrangino! | |
Da: dai | 13/12/2011 11:14:18 |
Cartacrimr sdice ca****ate!!! non è quella la traccia! ho avuto conferme dall 'interno | |
Da: Dario121 | 13/12/2011 11:15:39 |
a quale ti riferisci dai?? | |
Da: francicrisa | 13/12/2011 11:15:42 |
gentilmente mi data la risposta esatta della prima traccia?? perfavore dai su non scherzate | |
Da: Lavv79 | 13/12/2011 11:16:05 |
ahahah sono delle vere minkiate queste tracce, le risposte le da anche un neo laureato legendo un codice civile annotato! ma dai che "strunzat" | |
Da: Lavv79 | 13/12/2011 11:16:47 |
scusate per "g" mancante che qua si scatena l'inferno ahahhaha | |
Da: martinaavvnap | 13/12/2011 11:17:13 |
MA LA SOLUZIONE DI LEGULEIO è CORRETTA??? | |
Da: car | 13/12/2011 11:17:28 |
ragazzi per favore prima di proporre le soluzioni dobbiamo avere certezza delle tracce | |
Da: Luxor | 13/12/2011 11:18:05 |
se la traccia 1 e quella giusta io la farei così':.... L'articolo 1758 c.c. disciplina l'ipotesi in cui più mediatori cooperino in uno stesso affare, prevedendo che ciascuno di essi abbia diritto a una quota della provvigione. Le questioni da affrontare in merito all'interpretazione di questo articolo sono sostanzialmente due: a) quando si verifica la cooperazione dei mediatori e quindi può ricorrere la fattispecie prevista dal 1758 c.c.; b) l'entità della provvigione che spetta a ciascun singolo mediatore. In merito alla prima questione la Cassazione ritiene che tra le attività dei diversi mediatori vi debba essere un rapporto di concausalità , per cui ognuno possa giovarsi dell'attività utile degli altri. Tale attività quindi potrà consistere anche in azioni che integrino semplicemente il lavoro già svolto da altri mediatori (Cass. civ. sent. 17/03/2005 n. 5766, Cass. civ. sent. 13/2/1998 n. 1564). La stessa Corte ammette che l'incarico a più mediatori possa essere conferito sia ab origine sia in momenti diversi e successivi, precisando la Suprema Corte che: "l'affidamento successivo del medesimo incarico ad altro mediatore non concreta un comportamento concludente denotante la revoca dell'incarico originario nei confronti del primo, ma solo determina, nell'ipotesi in cui l'affare sia concluso in dipendenza dell'attività svolta da entrambi i mediatori, la parzialità dal lato attivo dell'obbligazione relativa alla provvigione" (Cass. civ. sent. 8/3/2001 n. 3437). Si osserva che altro elemento essenziale affinché possa ricorrere la fattispecie dell'art. 1758 c.c. è che l'attività dei diversi mediatori sia volta verso un medesimo incarico, da intendersi sia sotto il profilo soggettivo (le parti interessate all'affare), che oggettivo (il contratto da concludere) (Cass. civ. sent. 21/6/2000 n. 8443). Inoltre, affinché sia ravvisabile questo rapporto di concausalità , l'attività dei mediatori potrà esplicarsi sia contemporaneamente fra loro sia successivamente l'una all'altra, purché però in quest'ultimo caso, l'attività dell'uno abbia tratto beneficio dall'attività svolta dall'altro. Indifferente, quindi, a giudizio della Corte di Cassazione, è che i mediatori abbiano cooperato simultaneamente e di comune intesa, ovvero autonomamente, essendo indispensabile unicamente che i mediatori si siano potuti giovare dell'attività espletata dagli altri, in modo da non potersi negare un nesso di con causalità obiettiva tra i loro interventi e la conclusione dell'affare (Cass. civ. sent. 21/6/2000 n. 8443). La fattispecie prevista dall'art. 1758 cod. civ. va tenuta distinta da due diverse ipotesi: I�°) i diversi mediatori abbiano operato in modo indipendente gli uni dagli altri e in questo caso solo colui che concluderà l'affare avrà diritto alla provvigione; II�°) i mediatori abbiano ricevuto incarico chi da una parte (es. venditore) chi dall'altra parte (es. acquirente), in tal caso ognuno avrà diritto alla provvigione solo dalla parte che gli abbia conferito l'incarico (Cass. civ. sent. 17/11/1978 n. 5375). La Suprema Corte ha anche precisato che "non sussiste il diritto al compenso quando, dopo una prima fase di trattative avviate con l'intervento del mediatore senza risultato positivo, le parti siano successivamente pervenute alla conclusione dell'affare per effetto di iniziative nuove, in nessun modo ricollegabili con le precedenti o da queste condizionate" (Cass. civ. sent. 18/3/2005 n. 5952) Con riguardo invece al diritto e alla misura della provvigione l'art.1758 del codice civile risulta essere molto chiaro e la stessa giurisprudenza sul punto si muove con sicurezza e unanimità : è infatti assodato che l'entità della provvigione sia strettamente connessa con l'affare e non con il numero di soggetti intervenuti. Sarà quindi dovuto il pagamento di una sola provvigione per parte soggetto dell'affare (per esempio in caso di compravendita sarà dovuto il pagamento di una sola provvigione da parte del venditore e una sola da parte dell'acquirente) (Cass. civ. sent. 11/6/2008 n. 15484). La norma del codice dispone infatti che i mediatori che siano intervenuti abbiano diritto a una quota della provvigione. Al riguardo la Cassazione ha avuto il modo di precisare che "poiché l'art.1758 c.c. pone la regola della ripartizione pro quota della provvigione, con implicita esclusione della solidarietà , ciascun mediatore ha diritto ad una quota della medesima e l'obbligato può considerarsi liberato solo quando abbia corrisposto a ciascuno la quota spettategli, a meno che non sia stata pattuita la solidarietà dell'obbligazione dal lato attivo, nel caso è liberatorio il pagamento dell'intera provvigione ad uno solo dei mediatori, avendo gli altri azione esclusivamente contro quest'ultimo per ottenere la propria parte" (Cass. civ. sent. 17/3/2005 n. 5766, Cass. civ. sent. 11/6/2008 n. 15484). Chiarito quindi che ogni mediatore abbia diritto, unitamente ai colleghi che siano intervenuti, a una quota della provvigione, incerta potrebbe risultare l'entità della quota spettante a ognuno e in particolar modo i possibili parametri su cui calcolare tale quota, limitandosi la giurisprudenza ad affermare che "ciascuno dei mediatori ha diritto alla provvigione in ragione del proprio apporto causale alla conclusione dell'affare" (Cass. civ. sent. 18/3/2005 n. 5952, Cass. civ. sent. 8/3/2002 n. 3437). Si tratterrà quindi, in mancanza di espresso accordo tra i vari mediatori, di ponderare l'attività e il contributo effettivo alla conclusione dell'affare dato da ognuno di loro e ripartire, sulla base di detta valutazione, la provvigione tra gli stessi. | |
Da: dai | 13/12/2011 11:18:17 |
NON E' ESATTA!!!!!!! è una bufala! Il condominio Beta, in virtù di una delibera condominiale, decide all'unanimità di capitalizzare determinati lavori di ristrutturazione, che prevedono anche la fornitura di gasolio. Succede, però, che il condomino Tizio, fermamente convinto del grossolano errore in cui si è versati con tale delibera (adottata senza la sua presenza), decide autonomamente di non finanziare suddetta fornitura. Succede quindi, che al cospetto di una mancanza di liquidi, la società fornitrice si astiene dal continuare a fornire gasolio, generando un danno a tutto il condominio Alfa, che cita Tizio in Tribunale. Il candidato, assunte le vesti del legale di Tizio, | |
Da: gibson81 | 13/12/2011 11:18:25 |
tranquilla! tanto poi li falcidiano agli orali!!!! | |
Da: Lauretta 82 | 13/12/2011 11:18:33 |
L'anno scorso erano difficili, queste sono cavolate! Uffi | |
Da: dalila bn | 13/12/2011 11:18:49 |
salve ragazi :-) notizie di napoli? sono state postate diverse tracce ma quindi? saranno attendibili? uniti ragazzi per questo primo giorno :-) collaboriamo! | |
Da: dalila bn | 13/12/2011 11:18:51 |
salve ragazi :-) notizie di napoli? sono state postate diverse tracce ma quindi? saranno attendibili? uniti ragazzi per questo primo giorno :-) collaboriamo! | |
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