Elenco in ordine alfabetico delle domande di Quiz attitudinali
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- La sequenza ALBLLABAB è uguale a: ALBLLABAB
- La sequenza HTTHHHTTHT è uguale a: HTTHHHTTHT
- La sequenza OBBVBBOO è uguale a: OBBVBBOO
- La sequenza SZZSSZSSZZ è uguale a: SZZSSZSSZZ
- Labile è il contrario di: Stabile
- Latino : Anglosassone = X : Y X = italiani; Y = inglesi
- Leggere attentamente il brano e rispondere al quesito che segue.
"L'art. 4 dello Statuto albertino affermava che «la persona del re è sacra e inviolabile». In questo modo veniva accolto un principio essenziale di tutte le monarchie, vale a dire l'irresponsabilità del re, espresso dall'antica regola inglese «the king can do no wrong» («il re non può sbagliare»). La Costituzione repubblicana, per quanto non potesse riprodurre un privilegio di questo genere, ha comunque previsto una forma di irresponsabilità per il Capo dello Stato, per garantirgli autonomia e libertà nell'assolvimento delle sue funzioni. L'art. 90 Cost., infatti, stabilisce che «il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell'esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione». In particolare, può considerarsi alto tradimento ogni comportamento doloso che, offendendo la personalità interna e internazionale dello Stato, costituisca una violazione del dovere di fedeltà alla Repubblica. Esso presuppone un'intesa con potenze straniere per pregiudicare gli interessi nazionali o, addirittura, per sovvertire l'ordinamento costituzionale. Deve, invece, ritenersi attentato alla Costituzione ogni comportamento doloso diretto a sovvertire le istituzioni costituzionali o a violare la Costituzione. Relativamente ai reati compiuti al di fuori dell'esercizio delle sue funzioni, il Capo dello Stato risponde (ed è perciò imputabile) al pari di qualsiasi altro cittadino. Tuttavia, onde evitare che il Capo dello Stato sia il possibile oggetto di incriminazioni politicamente strumentalizzate, nel silenzio della Costituzione, la dottrina ritiene che non si possa procedere contro di lui finché resti in carica (improcedibilità dell'azione penale)." La nostra Costituzione: Sostiene che la persona del Capo dello Stato non sia inviolabile
"L'art. 4 dello Statuto albertino affermava che «la persona del re è sacra e inviolabile». In questo modo veniva accolto un principio essenziale di tutte le monarchie, vale a dire l'irresponsabilità del re, espresso dall'antica regola inglese «the king can do no wrong» («il re non può sbagliare»). La Costituzione repubblicana, per quanto non potesse riprodurre un privilegio di questo genere, ha comunque previsto una forma di irresponsabilità per il Capo dello Stato, per garantirgli autonomia e libertà nell'assolvimento delle sue funzioni. L'art. 90 Cost., infatti, stabilisce che «il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell'esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione». In particolare, può considerarsi alto tradimento ogni comportamento doloso che, offendendo la personalità interna e internazionale dello Stato, costituisca una violazione del dovere di fedeltà alla Repubblica. Esso presuppone un'intesa con potenze straniere per pregiudicare gli interessi nazionali o, addirittura, per sovvertire l'ordinamento costituzionale. Deve, invece, ritenersi attentato alla Costituzione ogni comportamento doloso diretto a sovvertire le istituzioni costituzionali o a violare la Costituzione. Relativamente ai reati compiuti al di fuori dell'esercizio delle sue funzioni, il Capo dello Stato risponde (ed è perciò imputabile) al pari di qualsiasi altro cittadino. Tuttavia, onde evitare che il Capo dello Stato sia il possibile oggetto di incriminazioni politicamente strumentalizzate, nel silenzio della Costituzione, la dottrina ritiene che non si possa procedere contro di lui finché resti in carica (improcedibilità dell'azione penale)." La nostra Costituzione: Sostiene che la persona del Capo dello Stato non sia inviolabile
- Leggere attentamente il brano e rispondere al quesito che segue.
«L'educazione sanitaria deve già iniziare nei programmi della scuola materna. Se non si modificano le abitudini sanitarie sin dalla più tenera età, non si può sperare di migliorare in futuro la salute degli adulti e degli anziani. Gli investimenti in programmi di educazione sanitaria nell'età prescolare possono essere utili per la società intera e comportare un risparmio di spesa per l'assistenza». A quale conclusione è corretto pervenire in base a quanto riportato nel testo? L'educazione sanitaria dei bambini può essere utile sia a loro singolarmente, sia alla società
«L'educazione sanitaria deve già iniziare nei programmi della scuola materna. Se non si modificano le abitudini sanitarie sin dalla più tenera età, non si può sperare di migliorare in futuro la salute degli adulti e degli anziani. Gli investimenti in programmi di educazione sanitaria nell'età prescolare possono essere utili per la società intera e comportare un risparmio di spesa per l'assistenza». A quale conclusione è corretto pervenire in base a quanto riportato nel testo? L'educazione sanitaria dei bambini può essere utile sia a loro singolarmente, sia alla società
- Leggere attentamente il brano e rispondere al quesito che segue.
I problemi se l'universo abbia avuto inizio nel tempo e se sia limitato nello spazio furono in seguito esaminati diffusamente dal filosofo Immanuel Kant nella monumentale «Critica della ragion pura», la cui prima edizione uscì nel 1781. Kant chiamò questi problemi «antinomie» (ossia contraddizioni) della pura ragione, convinto com'era che esistessero argomenti altrettanto convincenti a sostegno della tesi che l'universo avesse avuto un inizio nel tempo e dell'antitesi che esso esistesse da sempre. Il suo argomento a favore della tesi era che, se l'universo non avesse avuto un inizio, ci sarebbe stato un periodo di tempo infinito prima di ogni evento, cosa che egli considerava assurda. L'argomento a favore dell'antitesi era che, se l'universo avesse avuto un inizio, ci sarebbe stato un periodo di tempo infinito prima della sua esistenza, cosicché ci si potrebbe chiedere perché mai l'universo avrebbe dovuto avere inizio in un qualsiasi tempo particolare piuttosto che in un altro. In realtà le due argomentazioni, a favore sia della tesi sia dell'antitesi, si innestano sullo stesso ragionamento. Entrambe si fondano sull'assunto inespresso che il tempo continui a ritroso per sempre, tanto nel caso che l'universo fosse o non fosse esistito dall'eternità. Come vedremo, però, prima dell'inizio dell'universo il concetto di tempo non ha alcun significato. Questa nozione fu proposta per la prima volta dallo stesso Sant'Agostino [...] che disse invece che il tempo era una proprietà dell'universo creato da Dio e che quindi, prima dell'inizio dell'universo, il tempo non esisteva. Quando la maggior parte delle persone credeva in un universo essenzialmente statico o immutabile, il problema se esso avesse o no avuto un inizio era in realtà una questione di competenza della metafisica o della teologia. Si poteva spiegare altrettanto bene ciò che si osservava sia con la teoria che l'universo esistesse da sempre, sia con la teoria alternativa che esso fosse stato messo in movimento in un qualche tempo finito in passato, in modo tale da dare l'impressione che esso esistesse da sempre (S. Hawking, Dal Big Bang ai buchi neri). Per Sant'Agostino il tempo esiste: Da quando esiste il creato, in quanto il tempo si configura come una proprietà di quest'ultimo
I problemi se l'universo abbia avuto inizio nel tempo e se sia limitato nello spazio furono in seguito esaminati diffusamente dal filosofo Immanuel Kant nella monumentale «Critica della ragion pura», la cui prima edizione uscì nel 1781. Kant chiamò questi problemi «antinomie» (ossia contraddizioni) della pura ragione, convinto com'era che esistessero argomenti altrettanto convincenti a sostegno della tesi che l'universo avesse avuto un inizio nel tempo e dell'antitesi che esso esistesse da sempre. Il suo argomento a favore della tesi era che, se l'universo non avesse avuto un inizio, ci sarebbe stato un periodo di tempo infinito prima di ogni evento, cosa che egli considerava assurda. L'argomento a favore dell'antitesi era che, se l'universo avesse avuto un inizio, ci sarebbe stato un periodo di tempo infinito prima della sua esistenza, cosicché ci si potrebbe chiedere perché mai l'universo avrebbe dovuto avere inizio in un qualsiasi tempo particolare piuttosto che in un altro. In realtà le due argomentazioni, a favore sia della tesi sia dell'antitesi, si innestano sullo stesso ragionamento. Entrambe si fondano sull'assunto inespresso che il tempo continui a ritroso per sempre, tanto nel caso che l'universo fosse o non fosse esistito dall'eternità. Come vedremo, però, prima dell'inizio dell'universo il concetto di tempo non ha alcun significato. Questa nozione fu proposta per la prima volta dallo stesso Sant'Agostino [...] che disse invece che il tempo era una proprietà dell'universo creato da Dio e che quindi, prima dell'inizio dell'universo, il tempo non esisteva. Quando la maggior parte delle persone credeva in un universo essenzialmente statico o immutabile, il problema se esso avesse o no avuto un inizio era in realtà una questione di competenza della metafisica o della teologia. Si poteva spiegare altrettanto bene ciò che si osservava sia con la teoria che l'universo esistesse da sempre, sia con la teoria alternativa che esso fosse stato messo in movimento in un qualche tempo finito in passato, in modo tale da dare l'impressione che esso esistesse da sempre (S. Hawking, Dal Big Bang ai buchi neri). Per Sant'Agostino il tempo esiste: Da quando esiste il creato, in quanto il tempo si configura come una proprietà di quest'ultimo
- Leggere attentamente il brano e rispondere al quesito che segue.
La dieta mediterranea è sempre più minacciata dall'inflazione: a maggio e giugno scorsi c'è stata una stagnazione delle vendite, aumentate solo dello 0,4% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. La causa è il "sensibile" innalzamento dei prezzi alla produzione (superiore al 10% nel settore alimentare secondo gli ultimi dati ISTAT) e dei costi di trasporto che, sugli scaffali dei supermercati, si sono tradotti in aumenti medi del 4,3%, trainati nel terzo bimestre da alcuni prodotti di base della nostra alimentazione, come pasta, mozzarella, burro, olio di semi e pelati per la salsa di pomodoro, tutti con aumenti a due cifre. L'effetto combinato dell'incremento dei prezzi e del calo delle vendite ha determinato un rallentamento della dinamica del fatturato della Grande Distribuzione Organizzata (GDO). All'interno dell'aggregato dei prodotti del largo consumo confezionato (drogheria alimentare, bevande, freddo, fresco, cura degli animali, cura della casa e cura della persona) sono gli alimentari a influenzare maggiormente la dinamica del bimestre. Per questo comparto i prezzi alla produzione si sono impennati a causa dell'aumento delle materie prime e, di conseguenza, il costo della spesa è cresciuto di oltre 5 punti percentuali anno su anno («Il Sole 24 ore»). Hanno subìto aumenti medi del 4,3%: I prezzi dei beni sugli scaffali dei supermercati
La dieta mediterranea è sempre più minacciata dall'inflazione: a maggio e giugno scorsi c'è stata una stagnazione delle vendite, aumentate solo dello 0,4% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. La causa è il "sensibile" innalzamento dei prezzi alla produzione (superiore al 10% nel settore alimentare secondo gli ultimi dati ISTAT) e dei costi di trasporto che, sugli scaffali dei supermercati, si sono tradotti in aumenti medi del 4,3%, trainati nel terzo bimestre da alcuni prodotti di base della nostra alimentazione, come pasta, mozzarella, burro, olio di semi e pelati per la salsa di pomodoro, tutti con aumenti a due cifre. L'effetto combinato dell'incremento dei prezzi e del calo delle vendite ha determinato un rallentamento della dinamica del fatturato della Grande Distribuzione Organizzata (GDO). All'interno dell'aggregato dei prodotti del largo consumo confezionato (drogheria alimentare, bevande, freddo, fresco, cura degli animali, cura della casa e cura della persona) sono gli alimentari a influenzare maggiormente la dinamica del bimestre. Per questo comparto i prezzi alla produzione si sono impennati a causa dell'aumento delle materie prime e, di conseguenza, il costo della spesa è cresciuto di oltre 5 punti percentuali anno su anno («Il Sole 24 ore»). Hanno subìto aumenti medi del 4,3%: I prezzi dei beni sugli scaffali dei supermercati
- Leggere attentamente il brano e rispondere al quesito che segue.
La politica estera di Roma di questo periodo fu caratterizzata da due avvenimenti: la guerra contro Giugurta e quella contro Cimbri e Teutoni. Giugurta, che aveva ereditato il trono di Numidia insieme a due cugini alleati dei Romani, dopo aver fatto uccidere costoro si era proclamato unico re e aveva fatto uccidere i commercianti italici che avevano difeso i suoi nemici. Costretti dai cavalieri, che li accusavano di essersi fatti comprare dai doni di Giugurta, i senatori, nel 112 a.C., decisero di dichiarare una guerra che mostrò drammaticamente il livello al quale Roma si era ridotta: mentre i generali si lasciavano persino corrompere, i soldati vendevano le armi al nemico. Essendo ormai il Senato caduto nel discredito più assoluto, nel 107 a.C. i cavalieri e i popolari riuscirono a far eleggere console Caio Mario, homo novus, vale a dire appartenente a una famiglia non nobile e primo, al suo interno, a esercitare una magistratura. Per affrontare i gravi pericoli che incombevano su Roma, Mario riformò l'esercito rendendolo volontario. A questo punto, i possidenti non erano più costretti ad arruolarsi, ma potevano entrare nell'esercito tutti coloro che lo desideravano, cioè in primo luogo i proletari. Grazie al nuovo esercito, al valore di Mario e all'astuzia di un generale di nome Lucio Cornelio Silla, il regno di Numidia venne conquistato nel 105 a.C. In base a quanto sostenuto nel brano, i cavalieri: Volevano la guerra contro Giugurta
La politica estera di Roma di questo periodo fu caratterizzata da due avvenimenti: la guerra contro Giugurta e quella contro Cimbri e Teutoni. Giugurta, che aveva ereditato il trono di Numidia insieme a due cugini alleati dei Romani, dopo aver fatto uccidere costoro si era proclamato unico re e aveva fatto uccidere i commercianti italici che avevano difeso i suoi nemici. Costretti dai cavalieri, che li accusavano di essersi fatti comprare dai doni di Giugurta, i senatori, nel 112 a.C., decisero di dichiarare una guerra che mostrò drammaticamente il livello al quale Roma si era ridotta: mentre i generali si lasciavano persino corrompere, i soldati vendevano le armi al nemico. Essendo ormai il Senato caduto nel discredito più assoluto, nel 107 a.C. i cavalieri e i popolari riuscirono a far eleggere console Caio Mario, homo novus, vale a dire appartenente a una famiglia non nobile e primo, al suo interno, a esercitare una magistratura. Per affrontare i gravi pericoli che incombevano su Roma, Mario riformò l'esercito rendendolo volontario. A questo punto, i possidenti non erano più costretti ad arruolarsi, ma potevano entrare nell'esercito tutti coloro che lo desideravano, cioè in primo luogo i proletari. Grazie al nuovo esercito, al valore di Mario e all'astuzia di un generale di nome Lucio Cornelio Silla, il regno di Numidia venne conquistato nel 105 a.C. In base a quanto sostenuto nel brano, i cavalieri: Volevano la guerra contro Giugurta
- Leggere attentamente il brano e rispondere al quesito che segue.
L'art. 4 dello Statuto albertino affermava che «la persona del re è sacra e inviolabile». In questo modo veniva accolto un principio essenziale di tutte le monarchie, vale a dire l'irresponsabilità del re, espresso dall'antica regola inglese «the king can do no wrong» («il re non può sbagliare»). La Costituzione repubblicana, per quanto non potesse riprodurre un privilegio di questo genere, ha comunque previsto una forma di irresponsabilità per il Capo dello Stato, per garantirgli autonomia e libertà nell'assolvimento delle sue funzioni. L'art. 90 Cost., infatti, stabilisce che «il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell'esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione». In particolare, può considerarsi alto tradimento ogni comportamento doloso che, offendendo la personalità interna e internazionale dello Stato, costituisca una violazione del dovere di fedeltà alla Repubblica. Esso presuppone un'intesa con potenze straniere per pregiudicare gli interessi nazionali o, addirittura, per sovvertire l'ordinamento costituzionale. Deve, invece, ritenersi attentato alla Costituzione ogni comportamento doloso diretto a sovvertire le istituzioni costituzionali o a violare la Costituzione. Relativamente ai reati compiuti al di fuori dell'esercizio delle sue funzioni, il Capo dello Stato risponde (ed è perciò imputabile) al pari di qualsiasi altro cittadino. Tuttavia, onde evitare che il Capo dello Stato sia il possibile oggetto di incriminazioni politicamente strumentalizzate, nel silenzio della Costituzione, la dottrina ritiene che non si possa procedere contro di lui finché resti in carica (improcedibilità dell'azione penale). Il Capo dello Stato è responsabile: Di attentato alla Costituzione
L'art. 4 dello Statuto albertino affermava che «la persona del re è sacra e inviolabile». In questo modo veniva accolto un principio essenziale di tutte le monarchie, vale a dire l'irresponsabilità del re, espresso dall'antica regola inglese «the king can do no wrong» («il re non può sbagliare»). La Costituzione repubblicana, per quanto non potesse riprodurre un privilegio di questo genere, ha comunque previsto una forma di irresponsabilità per il Capo dello Stato, per garantirgli autonomia e libertà nell'assolvimento delle sue funzioni. L'art. 90 Cost., infatti, stabilisce che «il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell'esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione». In particolare, può considerarsi alto tradimento ogni comportamento doloso che, offendendo la personalità interna e internazionale dello Stato, costituisca una violazione del dovere di fedeltà alla Repubblica. Esso presuppone un'intesa con potenze straniere per pregiudicare gli interessi nazionali o, addirittura, per sovvertire l'ordinamento costituzionale. Deve, invece, ritenersi attentato alla Costituzione ogni comportamento doloso diretto a sovvertire le istituzioni costituzionali o a violare la Costituzione. Relativamente ai reati compiuti al di fuori dell'esercizio delle sue funzioni, il Capo dello Stato risponde (ed è perciò imputabile) al pari di qualsiasi altro cittadino. Tuttavia, onde evitare che il Capo dello Stato sia il possibile oggetto di incriminazioni politicamente strumentalizzate, nel silenzio della Costituzione, la dottrina ritiene che non si possa procedere contro di lui finché resti in carica (improcedibilità dell'azione penale). Il Capo dello Stato è responsabile: Di attentato alla Costituzione
- Leggere attentamente il brano e rispondere al quesito che segue.
Le emozioni costituiscono una parte di rilievo nel nostro comportamento, influenzando profondamente lo sviluppo cognitivo e sociale di ogni essere umano. Le emozioni positive, come l'interesse o la gioia, costituiscono per esempio una spinta a intraprendere e a proseguire l'interazione con l'ambiente sia fisico sia sociale, portando dunque l'individuo a situazioni conoscitive varie, e contribuendo alla costruzione di legami affettivi e sociali; le emozioni negative spesso contribuiscono a mantenere più a lungo i legami tra le persone, come nel caso della vergogna che spinge l'individuo ad adeguarsi alle norme sociali dei gruppi a cui appartiene, favorendo la coesione con gli altri individui della sua specie. All'interno del panorama dei legami affettivi e sociali, sicuramente appare rilevante il fenomeno dell'empatia, definita come la risposta emotiva alle condizioni altrui, che induce a interagire con gli altri in base alla partecipazione emotiva nei loro confronti. L'empatia viene vista come l'esperienza di condividere lo stato d'animo di un individuo da parte di un altro individuo e dunque diviene il processo che rende capaci di immedesimarsi nell'altro e di relazionarsi a esso sulla base di tale immedesimazione. Avendo sostanzialmente a che fare con un processo di comprensione degli stati emotivi degli altri, risulta fondamentale individuare se l'empatia sia un processo unicamente cognitivo, consistente nella capacità di conoscere e comprendere lo stato d'animo altrui immedesimandosi, oppure se essa sia un processo di natura affettiva, che richiede sempre una condivisione di affetti alla base dell'attivazione del comportamento empatico. Nel brano si afferma che le emozioni positive: Possono contribuire a creare relazioni affettive e sociali
Le emozioni costituiscono una parte di rilievo nel nostro comportamento, influenzando profondamente lo sviluppo cognitivo e sociale di ogni essere umano. Le emozioni positive, come l'interesse o la gioia, costituiscono per esempio una spinta a intraprendere e a proseguire l'interazione con l'ambiente sia fisico sia sociale, portando dunque l'individuo a situazioni conoscitive varie, e contribuendo alla costruzione di legami affettivi e sociali; le emozioni negative spesso contribuiscono a mantenere più a lungo i legami tra le persone, come nel caso della vergogna che spinge l'individuo ad adeguarsi alle norme sociali dei gruppi a cui appartiene, favorendo la coesione con gli altri individui della sua specie. All'interno del panorama dei legami affettivi e sociali, sicuramente appare rilevante il fenomeno dell'empatia, definita come la risposta emotiva alle condizioni altrui, che induce a interagire con gli altri in base alla partecipazione emotiva nei loro confronti. L'empatia viene vista come l'esperienza di condividere lo stato d'animo di un individuo da parte di un altro individuo e dunque diviene il processo che rende capaci di immedesimarsi nell'altro e di relazionarsi a esso sulla base di tale immedesimazione. Avendo sostanzialmente a che fare con un processo di comprensione degli stati emotivi degli altri, risulta fondamentale individuare se l'empatia sia un processo unicamente cognitivo, consistente nella capacità di conoscere e comprendere lo stato d'animo altrui immedesimandosi, oppure se essa sia un processo di natura affettiva, che richiede sempre una condivisione di affetti alla base dell'attivazione del comportamento empatico. Nel brano si afferma che le emozioni positive: Possono contribuire a creare relazioni affettive e sociali
- Leggere attentamente il brano e rispondere al quesito che segue.
L'obesità è una patologia in costante aumento nei Paesi occidentali che colpisce, senza distinzione, soggetti di ogni età, con un picco di incidenza nella media infanzia. Secondo l'ipotesi della Bruch (1974) l'obesità infantile si può far risalire alla relazione precoce madre-bambino, all'inadeguatezza della prima a discriminare correttamente i bisogni del piccolo, all'offerta di cibo come risposta indifferenziata ai segnali di disagio che egli esprime. Attribuendo al cibo un significato di «consolazione universale» si altereranno le successive capacità dell'individuo di discriminare correttamente gli stimoli della fame e della sazietà. Altri, invece, hanno ipotizzato la presenza di un deficit nella capacità di riconoscimento e di regolazione delle emozioni nelle madri di bambini obesi; è stata inoltre osservata una povertà comunicativa nel sistema familiare di tali bambini, che si rileva soprattutto nella difficoltà ad esprimere emozioni di tipo negativo. Da altre ricerche è emerso che è soprattutto la presenza di problematiche materne quali, ad esempio, una sintomatologia di tipo psichiatrico che può essere correlata positivamente con l'obesità infantile. Il bambino obeso viene descritto in letteratura con una struttura di personalità caratterizzata da una tendenza generalizzata alla passività e alla dipendenza dall'oggetto materno e dalla presenza di vissuti depressivi. Non è, però, chiaro se questi siano una conseguenza della negativa immagine di sé che si associa all'obesità o se non siano piuttosto una causa dello stesso comportamento alimentare. Secondo quanto riportato nel brano, tra i seguenti fattori, il problema dell'obesità infantile è dovuto principalmente: Ad un'offerta non regolata di cibo al bambino
L'obesità è una patologia in costante aumento nei Paesi occidentali che colpisce, senza distinzione, soggetti di ogni età, con un picco di incidenza nella media infanzia. Secondo l'ipotesi della Bruch (1974) l'obesità infantile si può far risalire alla relazione precoce madre-bambino, all'inadeguatezza della prima a discriminare correttamente i bisogni del piccolo, all'offerta di cibo come risposta indifferenziata ai segnali di disagio che egli esprime. Attribuendo al cibo un significato di «consolazione universale» si altereranno le successive capacità dell'individuo di discriminare correttamente gli stimoli della fame e della sazietà. Altri, invece, hanno ipotizzato la presenza di un deficit nella capacità di riconoscimento e di regolazione delle emozioni nelle madri di bambini obesi; è stata inoltre osservata una povertà comunicativa nel sistema familiare di tali bambini, che si rileva soprattutto nella difficoltà ad esprimere emozioni di tipo negativo. Da altre ricerche è emerso che è soprattutto la presenza di problematiche materne quali, ad esempio, una sintomatologia di tipo psichiatrico che può essere correlata positivamente con l'obesità infantile. Il bambino obeso viene descritto in letteratura con una struttura di personalità caratterizzata da una tendenza generalizzata alla passività e alla dipendenza dall'oggetto materno e dalla presenza di vissuti depressivi. Non è, però, chiaro se questi siano una conseguenza della negativa immagine di sé che si associa all'obesità o se non siano piuttosto una causa dello stesso comportamento alimentare. Secondo quanto riportato nel brano, tra i seguenti fattori, il problema dell'obesità infantile è dovuto principalmente: Ad un'offerta non regolata di cibo al bambino
- Leggere attentamente il brano e rispondere al quesito che segue.
Nel rivolgerci al nostro interlocutore, se da un lato è utile ascoltare chi ci parla, anche se ci annoia, dall'altro è ancora meglio evitare di parlare troppo di noi stessi, di quanto siamo bravi o di quanto siamo sfortunati, a meno che non ci venga richiesto. «L'estremo piacere che proviamo nel parlare di noi stessi deve farci temere di non darne affatto a chi ci ascolta», diceva La Rochefoucauld. Se ci vantiamo dei nostri successi gli altri non ci ammireranno, non ci considereranno degli eroi; anzi, ci prenderanno in antipatia. Cosa fare, allora, se devi parlare di te stesso? Be', tanto per cominciare, parla in modo piano, normale, senza indulgere in toni enfatici. Devono essere i tuoi risultati a farti fare bella figura, non il modo con cui li esponi. Un consiglio, per esempio, è quello di ricorrere alla tecnica dell'«anch'io» tutti noi, infatti, proviamo simpatia per chi ci somiglia. Un proverbio inglese recita: «Birds of a feather flock together» («Gente dello stesso stampo sta insieme» / «Dimmi con chi vai, ti dirò chi sei») e anche all'epoca dei Romani Seneca asseriva: «L'amicizia tra due persone è tanto più forte quanto più sono le cose che hanno in comune». È corretto affermare che il brano esorta all'amicizia? No, il brano si limita a fornire consigli su come instaurare un dialogo piacevole con l'interlocutore
Nel rivolgerci al nostro interlocutore, se da un lato è utile ascoltare chi ci parla, anche se ci annoia, dall'altro è ancora meglio evitare di parlare troppo di noi stessi, di quanto siamo bravi o di quanto siamo sfortunati, a meno che non ci venga richiesto. «L'estremo piacere che proviamo nel parlare di noi stessi deve farci temere di non darne affatto a chi ci ascolta», diceva La Rochefoucauld. Se ci vantiamo dei nostri successi gli altri non ci ammireranno, non ci considereranno degli eroi; anzi, ci prenderanno in antipatia. Cosa fare, allora, se devi parlare di te stesso? Be', tanto per cominciare, parla in modo piano, normale, senza indulgere in toni enfatici. Devono essere i tuoi risultati a farti fare bella figura, non il modo con cui li esponi. Un consiglio, per esempio, è quello di ricorrere alla tecnica dell'«anch'io» tutti noi, infatti, proviamo simpatia per chi ci somiglia. Un proverbio inglese recita: «Birds of a feather flock together» («Gente dello stesso stampo sta insieme» / «Dimmi con chi vai, ti dirò chi sei») e anche all'epoca dei Romani Seneca asseriva: «L'amicizia tra due persone è tanto più forte quanto più sono le cose che hanno in comune». È corretto affermare che il brano esorta all'amicizia? No, il brano si limita a fornire consigli su come instaurare un dialogo piacevole con l'interlocutore
- Leggere attentamente il brano e rispondere al quesito che segue.
Nozione matematica di primaria importanza, i numeri furono introdotti, più o meno consapevolmente, fin dall'antichità al fine di poter operare su quantità di elementi costituenti insiemi o su quantità esprimenti misure di entità materiali. La prima numerazione scritta risale al 3500 a.C. presso i Sumeri, in Mesopotamia. La numerazione posizionale attuale, con nove cifre e lo zero, è stata elaborata in India intorno al V secolo d.C., ma il decimale non era sconosciuto agli Egiziani, ai Babilonesi, ai Cinesi e persino ai Maya. Tuttavia, la prima esposizione sistematica è del matematico indiano Brahmagupta nel VII secolo d.C. Furono poi gli Arabi - con il matematico Muhammad ibn Al-Khwarizimi (780-850) - durante la loro dominazione a utilizzarli (come concetto ma non come scrittura) e solo molto più tardi, con la possibilità di fare risultati di aritmetica pratica, fu Leonardo Fibonacci (11701230) a diffonderli nell'Europa medioevale, con il suo trattato «Liber abaci». Essendo notoriamente "usati" dagli arabi, impropriamente si chiamarono «numeri arabi», invece la scrittura vera e propria era quella indiana. L'arabo Muhammad ibn Al-Khwarizimi intorno all'810 scrisse anche un libro di matematica coniando un termine che in italiano divenne «algebra». Secondo l'autore del brano, la nozione di «numero»: Risale all'antichità
Nozione matematica di primaria importanza, i numeri furono introdotti, più o meno consapevolmente, fin dall'antichità al fine di poter operare su quantità di elementi costituenti insiemi o su quantità esprimenti misure di entità materiali. La prima numerazione scritta risale al 3500 a.C. presso i Sumeri, in Mesopotamia. La numerazione posizionale attuale, con nove cifre e lo zero, è stata elaborata in India intorno al V secolo d.C., ma il decimale non era sconosciuto agli Egiziani, ai Babilonesi, ai Cinesi e persino ai Maya. Tuttavia, la prima esposizione sistematica è del matematico indiano Brahmagupta nel VII secolo d.C. Furono poi gli Arabi - con il matematico Muhammad ibn Al-Khwarizimi (780-850) - durante la loro dominazione a utilizzarli (come concetto ma non come scrittura) e solo molto più tardi, con la possibilità di fare risultati di aritmetica pratica, fu Leonardo Fibonacci (11701230) a diffonderli nell'Europa medioevale, con il suo trattato «Liber abaci». Essendo notoriamente "usati" dagli arabi, impropriamente si chiamarono «numeri arabi», invece la scrittura vera e propria era quella indiana. L'arabo Muhammad ibn Al-Khwarizimi intorno all'810 scrisse anche un libro di matematica coniando un termine che in italiano divenne «algebra». Secondo l'autore del brano, la nozione di «numero»: Risale all'antichità
- Leggere attentamente il brano e rispondere al quesito che segue.
Nozione matematica di primaria importanza, i numeri furono introdotti, più o meno consapevolmente, fin dall'antichità al fine di poter operare su quantità di elementi costituenti insiemi o su quantità esprimenti misure di entità materiali. La prima numerazione scritta risale al 3500 a.C. presso i Sumeri, in Mesopotamia. La numerazione posizionale attuale, con nove cifre e lo zero, è stata elaborata in India intorno al V secolo d.C., ma il decimale non era sconosciuto agli Egiziani, ai Babilonesi, ai Cinesi e persino ai Maya. Tuttavia, la prima esposizione sistematica è del matematico indiano Brahmagupta nel VII secolo d.C. Furono poi gli Arabi - con il matematico Muhammad ibn Al-Khwarizimi (780-850) - durante la loro dominazione a utilizzarli (come concetto ma non come scrittura) e solo molto più tardi, con la possibilità di fare risultati di aritmetica pratica, fu Leonardo Fibonacci (11701230) a diffonderli nell'Europa medioevale, con il suo trattato «Liber abaci». Essendo notoriamente "usati" dagli arabi, impropriamente si chiamarono «numeri arabi», invece la scrittura vera e propria era quella indiana. L'arabo Muhammad ibn Al-Khwarizimi intorno all'810 scrisse anche un libro di matematica coniando un termine che in italiano divenne «algebra». La numerazione con nove cifre e lo zero: Si dice «posizionale»
Nozione matematica di primaria importanza, i numeri furono introdotti, più o meno consapevolmente, fin dall'antichità al fine di poter operare su quantità di elementi costituenti insiemi o su quantità esprimenti misure di entità materiali. La prima numerazione scritta risale al 3500 a.C. presso i Sumeri, in Mesopotamia. La numerazione posizionale attuale, con nove cifre e lo zero, è stata elaborata in India intorno al V secolo d.C., ma il decimale non era sconosciuto agli Egiziani, ai Babilonesi, ai Cinesi e persino ai Maya. Tuttavia, la prima esposizione sistematica è del matematico indiano Brahmagupta nel VII secolo d.C. Furono poi gli Arabi - con il matematico Muhammad ibn Al-Khwarizimi (780-850) - durante la loro dominazione a utilizzarli (come concetto ma non come scrittura) e solo molto più tardi, con la possibilità di fare risultati di aritmetica pratica, fu Leonardo Fibonacci (11701230) a diffonderli nell'Europa medioevale, con il suo trattato «Liber abaci». Essendo notoriamente "usati" dagli arabi, impropriamente si chiamarono «numeri arabi», invece la scrittura vera e propria era quella indiana. L'arabo Muhammad ibn Al-Khwarizimi intorno all'810 scrisse anche un libro di matematica coniando un termine che in italiano divenne «algebra». La numerazione con nove cifre e lo zero: Si dice «posizionale»
- Leggere attentamente il brano e rispondere al quesito che segue.
Nozione matematica di primaria importanza, i numeri furono introdotti, più o meno consapevolmente, fin dall'antichità al fine di poter operare su quantità di elementi costituenti insiemi o su quantità esprimenti misure di entità materiali. La prima numerazione scritta risale al 3500 a.C. presso i Sumeri, in Mesopotamia. La numerazione posizionale attuale, con nove cifre e lo zero, è stata elaborata in India intorno al V secolo d.C., ma il decimale non era sconosciuto agli Egiziani, ai Babilonesi, ai Cinesi e persino ai Maya. Tuttavia, la prima esposizione sistematica è del matematico indiano Brahmagupta nel VII secolo d.C. Furono poi gli Arabi - con il matematico Muhammad ibn Al-Khwarizimi (780-850) - durante la loro dominazione a utilizzarli (come concetto ma non come scrittura) e solo molto più tardi, con la possibilità di fare risultati di aritmetica pratica, fu Leonardo Fibonacci (11701230) a diffonderli nell'Europa medioevale, con il suo trattato «Liber abaci». Essendo notoriamente "usati" dagli arabi, impropriamente si chiamarono «numeri arabi», invece la scrittura vera e propria era quella indiana. L'arabo Muhammad ibn Al-Khwarizimi intorno all'810 scrisse anche un libro di matematica coniando un termine che in italiano divenne «algebra». Il termine «algebra»: È di origine araba
Nozione matematica di primaria importanza, i numeri furono introdotti, più o meno consapevolmente, fin dall'antichità al fine di poter operare su quantità di elementi costituenti insiemi o su quantità esprimenti misure di entità materiali. La prima numerazione scritta risale al 3500 a.C. presso i Sumeri, in Mesopotamia. La numerazione posizionale attuale, con nove cifre e lo zero, è stata elaborata in India intorno al V secolo d.C., ma il decimale non era sconosciuto agli Egiziani, ai Babilonesi, ai Cinesi e persino ai Maya. Tuttavia, la prima esposizione sistematica è del matematico indiano Brahmagupta nel VII secolo d.C. Furono poi gli Arabi - con il matematico Muhammad ibn Al-Khwarizimi (780-850) - durante la loro dominazione a utilizzarli (come concetto ma non come scrittura) e solo molto più tardi, con la possibilità di fare risultati di aritmetica pratica, fu Leonardo Fibonacci (11701230) a diffonderli nell'Europa medioevale, con il suo trattato «Liber abaci». Essendo notoriamente "usati" dagli arabi, impropriamente si chiamarono «numeri arabi», invece la scrittura vera e propria era quella indiana. L'arabo Muhammad ibn Al-Khwarizimi intorno all'810 scrisse anche un libro di matematica coniando un termine che in italiano divenne «algebra». Il termine «algebra»: È di origine araba
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Pochi aspetti della vita quotidiana ci appaiono tanto inevitabili quanto la circolazione del denaro. Per decine, se non per centinaia di volte al giorno, cediamo denaro in cambio di beni e servizi o ne accettiamo come compensazione per le più varie prestazioni. L'apparente "naturalezza" di questo meccanismo tende a farci dimenticare che la circolazione - e per la verità l'esistenza stessa - del denaro è una delle più complesse e delicate operazioni di ingegneria sociale mai realizzate dall'umanità. Il denaro è allo stesso tempo, e tra le altre cose, un mezzo di pagamento e una riserva di valore; eppure, non è altro che un rettangolo di carta filigranata la cui unica qualità è appunto quella di essere universalmente accettato come corrispettivo per la cessione di qualunque bene o servizio. In altre parole, il denaro è un classico esempio di convenzione sociale: uno stato di cose abituale, atteso, che si autoalimenta. Il denaro è al tempo stesso: Una riserva di valore e un mezzo di pagamento
Pochi aspetti della vita quotidiana ci appaiono tanto inevitabili quanto la circolazione del denaro. Per decine, se non per centinaia di volte al giorno, cediamo denaro in cambio di beni e servizi o ne accettiamo come compensazione per le più varie prestazioni. L'apparente "naturalezza" di questo meccanismo tende a farci dimenticare che la circolazione - e per la verità l'esistenza stessa - del denaro è una delle più complesse e delicate operazioni di ingegneria sociale mai realizzate dall'umanità. Il denaro è allo stesso tempo, e tra le altre cose, un mezzo di pagamento e una riserva di valore; eppure, non è altro che un rettangolo di carta filigranata la cui unica qualità è appunto quella di essere universalmente accettato come corrispettivo per la cessione di qualunque bene o servizio. In altre parole, il denaro è un classico esempio di convenzione sociale: uno stato di cose abituale, atteso, che si autoalimenta. Il denaro è al tempo stesso: Una riserva di valore e un mezzo di pagamento
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Pochi aspetti della vita quotidiana ci appaiono tanto inevitabili quanto la circolazione del denaro. Per decine, se non per centinaia di volte al giorno, cediamo denaro in cambio di beni e servizi o ne accettiamo come compensazione per le più varie prestazioni. L'apparente "naturalezza" di questo meccanismo tende a farci dimenticare che la circolazione - e per la verità l'esistenza stessa - del denaro è una delle più complesse e delicate operazioni di ingegneria sociale mai realizzate dall'umanità. Il denaro è allo stesso tempo, e tra le altre cose, un mezzo di pagamento e una riserva di valore; eppure, non è altro che un rettangolo di carta filigranata la cui unica qualità è appunto quella di essere universalmente accettato come corrispettivo per la cessione di qualunque bene o servizio. In altre parole, il denaro è un classico esempio di convenzione sociale: uno stato di cose abituale, atteso, che si autoalimenta. Quotidianamente: Scambiamo denaro con beni e servizi
Pochi aspetti della vita quotidiana ci appaiono tanto inevitabili quanto la circolazione del denaro. Per decine, se non per centinaia di volte al giorno, cediamo denaro in cambio di beni e servizi o ne accettiamo come compensazione per le più varie prestazioni. L'apparente "naturalezza" di questo meccanismo tende a farci dimenticare che la circolazione - e per la verità l'esistenza stessa - del denaro è una delle più complesse e delicate operazioni di ingegneria sociale mai realizzate dall'umanità. Il denaro è allo stesso tempo, e tra le altre cose, un mezzo di pagamento e una riserva di valore; eppure, non è altro che un rettangolo di carta filigranata la cui unica qualità è appunto quella di essere universalmente accettato come corrispettivo per la cessione di qualunque bene o servizio. In altre parole, il denaro è un classico esempio di convenzione sociale: uno stato di cose abituale, atteso, che si autoalimenta. Quotidianamente: Scambiamo denaro con beni e servizi
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Pochi aspetti della vita quotidiana ci appaiono tanto inevitabili quanto la circolazione del denaro. Per decine, se non per centinaia di volte al giorno, cediamo denaro in cambio di beni e servizi o ne accettiamo come compensazione per le più varie prestazioni. L'apparente "naturalezza" di questo meccanismo tende a farci dimenticare che la circolazione - e per la verità l'esistenza stessa - del denaro è una delle più complesse e delicate operazioni di ingegneria sociale mai realizzate dall'umanità. Il denaro è allo stesso tempo, e tra le altre cose, un mezzo di pagamento e una riserva di valore; eppure, non è altro che un rettangolo di carta filigranata la cui unica qualità è appunto quella di essere universalmente accettato come corrispettivo per la cessione di qualunque bene o servizio. In altre parole, il denaro è un classico esempio di convenzione sociale: uno stato di cose abituale, atteso, che si autoalimenta. Una convenzione sociale: È uno stato di cose che si autoalimenta
Pochi aspetti della vita quotidiana ci appaiono tanto inevitabili quanto la circolazione del denaro. Per decine, se non per centinaia di volte al giorno, cediamo denaro in cambio di beni e servizi o ne accettiamo come compensazione per le più varie prestazioni. L'apparente "naturalezza" di questo meccanismo tende a farci dimenticare che la circolazione - e per la verità l'esistenza stessa - del denaro è una delle più complesse e delicate operazioni di ingegneria sociale mai realizzate dall'umanità. Il denaro è allo stesso tempo, e tra le altre cose, un mezzo di pagamento e una riserva di valore; eppure, non è altro che un rettangolo di carta filigranata la cui unica qualità è appunto quella di essere universalmente accettato come corrispettivo per la cessione di qualunque bene o servizio. In altre parole, il denaro è un classico esempio di convenzione sociale: uno stato di cose abituale, atteso, che si autoalimenta. Una convenzione sociale: È uno stato di cose che si autoalimenta
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USA, Motorola licenzia 2.500 persone: continuano le difficoltà del secondo produttore al mondo di telefonini dopo la finlandese Nokia, che detiene il 30% del mercato globale. La Motorola, il maggiore produttore di telefoni cellulari americano, è in procinto di interrompere la produzione di telefonini nello stabilimento di Harvard, nello Stato dell'Illinois, circa 100 chilometri da Chicago, e di licenziare 2.500 dipendenti, che rappresentano circa il 2% della forza lavoro totale (130.000 persone in tutto). Ad Harvard resteranno più o meno altri 2.500 lavoratori, ma si occuperanno di altri tipi di produzione. Una settimana fa Motorola, che opera anche nel settore dei semiconduttori, aveva annunciato un taglio generale dei costi necessario a controbilanciare le vendite e i profitti in diminuzione del settore della telefonia cellulare. Due anni fa Nokia (che al momento detiene il 30% del mercato globale) ha superato il colosso americano ed è diventata numero uno mondiale dei telefonini. Motorola è adesso seconda, con il 13%, tallonata dalla svedese Ericsson. I problemi dell'azienda USA sono iniziati con il lancio, rivelatosi fallimentare, del sistema di telefoni satellitari Iridium e da due anni a questa parte il Chief executive officer Christopher Galvin sta cercando di rimettere ordine nei conti. Sei settimane fa è stato annunciato l'outsourcing della gran parte della produzione e assemblaggio di cellulari, con conseguente taglio di 2.870 posti di lavoro in Florida e Irlanda. Nell'ultimo trimestre dell'anno scorso le vendite di telefoni cellulari e altri apparecchi wireless in USA sono cresciute solo dell'1%, assestandosi a quota 3,5 miliardi di dollari e gli ordini, stando a dati di alcune associazione del settore, sono calati del 20%, chiudendo a quota 2,9 miliardi. L'anno scorso Motorola ha avuto ricavi totali per 37,6 miliardi di dollari. La Motorola: Detiene al momento meno del 30% del mercato globale
USA, Motorola licenzia 2.500 persone: continuano le difficoltà del secondo produttore al mondo di telefonini dopo la finlandese Nokia, che detiene il 30% del mercato globale. La Motorola, il maggiore produttore di telefoni cellulari americano, è in procinto di interrompere la produzione di telefonini nello stabilimento di Harvard, nello Stato dell'Illinois, circa 100 chilometri da Chicago, e di licenziare 2.500 dipendenti, che rappresentano circa il 2% della forza lavoro totale (130.000 persone in tutto). Ad Harvard resteranno più o meno altri 2.500 lavoratori, ma si occuperanno di altri tipi di produzione. Una settimana fa Motorola, che opera anche nel settore dei semiconduttori, aveva annunciato un taglio generale dei costi necessario a controbilanciare le vendite e i profitti in diminuzione del settore della telefonia cellulare. Due anni fa Nokia (che al momento detiene il 30% del mercato globale) ha superato il colosso americano ed è diventata numero uno mondiale dei telefonini. Motorola è adesso seconda, con il 13%, tallonata dalla svedese Ericsson. I problemi dell'azienda USA sono iniziati con il lancio, rivelatosi fallimentare, del sistema di telefoni satellitari Iridium e da due anni a questa parte il Chief executive officer Christopher Galvin sta cercando di rimettere ordine nei conti. Sei settimane fa è stato annunciato l'outsourcing della gran parte della produzione e assemblaggio di cellulari, con conseguente taglio di 2.870 posti di lavoro in Florida e Irlanda. Nell'ultimo trimestre dell'anno scorso le vendite di telefoni cellulari e altri apparecchi wireless in USA sono cresciute solo dell'1%, assestandosi a quota 3,5 miliardi di dollari e gli ordini, stando a dati di alcune associazione del settore, sono calati del 20%, chiudendo a quota 2,9 miliardi. L'anno scorso Motorola ha avuto ricavi totali per 37,6 miliardi di dollari. La Motorola: Detiene al momento meno del 30% del mercato globale
- Licia dice il falso solo a Miriam. Nina mente solo a Licia, mentre Miriam dice il falso solo a Nina. Se una delle tre dice all'altra "che bel vestito hai!", ciò è ..... Vero, se Licia lo dice a Nina
- Lisbona : Portogallo = ? : Romania Bucarest
- Logorare è sinonimo di: Usurare
- L'unico cognato del fratello di tua madre è per te: Padre