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DOTT.SSA PROMETTE: FARò UN POMPINO CON VENUTA IN BOCCA SE PASSATE L'ESAME DI AVVOCATO
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Da: dott.ssa27/08/2011 12:18:47
meno bella, poco meno bella! ma ho un anoooooooooooooo.....!!!!!!

Da: mistero27/08/2011 12:19:31
allora chiamo il mio amico spaccaculi cosi si diverte un pò

Da: dott.ssa27/08/2011 13:22:58
prima l'abilitazione, poi il servizietto!

Da: x dott.ssa27/08/2011 13:23:51
tra poco dovrai farlo ad un sacco di gente; preparati al bukkake

Roma 26/8/2011. La proposta di anticipare il tirocinio professionale all'interno dei corsi di laurea e la identificazione dell'esame di stato con l'esame di laurea è disastrosa, populistica e velleitaria. Ignora che oggi gli studenti riescono con fatica a completare il curriculum degli studi nei tempi stabiliti, e che molti , non riuscendo nell'intanto, debbono iscriversi fuori corso per incapacità di sostenere gli esami alle scadenze previste. Solo chi non conosce il declino degli studi universitari e la reale situazione in cui versano studenti e professori può lanciare proposte così balzane.Il tirocinio è una cosa seria,non un semplice adempimento formale che si può effettuare mentre le forze dovrebbero essere concentrate sugli esami finali e sulla redazione della tesi che sarà discussa dinanzi alla commissione. L'esame di laurea conferisce un titolo che può dare accesso a molti impieghi, e non tutti gli studenti si avviano alle professioni, preferendo un rapporto di lavoro subordinato oppure l'esercizio di una attività d'impresa. Il tirocinio post lauream serve ad acquisire ulteriori conoscenze specifiche e ad effettuare quella esperienza pratica che l'Università non ha potuto fornire. Chi si preparare per entrare nel mondo professionale deve sapere che il tirocinio è l'anticamera di una attività seria, difficile, e che può causare danni gravi ai clienti, se la preparazione non è adeguata. Confondere l'esame di laurea con l'esame di Stato è anche un errore giuridico: si tratta di due valutazioni diverse, con contenuti e finalità diverse. E poi finiamola con l'inserimento di norme balzane nel testo di una manovra che pone già tanti problemi sociali, politici ed economici, e che ha lo scopo di dare un futuro al Paese piuttosto che riformare il corso degli studi. Anche l'Università è una cosa seria, e no si possono acchiappare le idee come le farfalle e distruggere, senza competenza, un patrimonio che abbiamo accumulato con fatica.

Da: duralex27/08/2011 13:39:15
Si... fonte?

Da: x duralex27/08/2011 13:39:43
è Alpla che si lamenta sul sito del CNF

E' disponibile l'App ufficiale di Mininterno per Android.
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Da: duralex27/08/2011 13:41:35
A si vado a vedere :)

Da: duralex27/08/2011 13:45:04
COMUNICATO STAMPA
Manovra, Guido Alpa replica alle osservazioni dell'Autorità Garante della concorrenza
AS864- Disegno di legge AS 2887 di conversione del Decreto legge 13 agosto 2011 n. 138
recante "Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e lo sviluppo"
Roma 27/8/2011.
A S.E. il Presidente del Senato
a S.E.il Presidente della Camera
a S.E. il Presidente del Consiglio dei Ministri
Eccellenze,
nell'esercizio dei poteri assegnati al Consiglio nazionale forense dalla legge professionale forense
mi permetto di sottoporre alla Loro attenzione alcune considerazioni sollecitate dalla lettera a Loro
inviata ieri dall'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. Ciò al fine di precisare alcune
osservazioni contenute nella lettera, che meritano di essere lette nella prospettiva, più ampia,
onnicomprensiva, e quindi più corretta, della disciplina delle professioni intellettuali, e in
particolare della professione forense.
La lettera incentra le sue osservazioni sulla opportunità della scelta legislativa di inserire nel
provvedimento sulla manovra regole dirette a migliorare la libertà di impresa e di iniziativa
economica , con particolare riguardo ai servizi privati e pubblici. Quanto ai servizi privati,
l'Autorità include tra essi le attività professionali, e lamenta l'esistenza di "ingiustificate protezioni
corporative" che si tradurrebbero in limiti alla concorrenza , alla crescita e allo sviluppo. Giustifica
in questo modo il suo intervento, ricorrendo ad alcune semplificazioni che è d'uopo mettere in
evidenza.
Occorre perciò richiamare la Loro attenzione su alcuni aspetti che la lettera volutamente ignora
forse per rendere più persuasive le sue sollecitazioni.
Le professioni intellettuali sono bensì considerate servizi privati dalle direttive comunitarie, ma ciò
non significa che esse siano equiparabili all'attività d'impresa, né che, trattandosi di attività di lavoro
indipendente, esse siano ascrivibili all'area di applicazione dell'art.41 Cost., dovendosi invece esse
ascritte all'ambito di operatività delle regole costituzionali sul lavoro (art.1,4,36 ss. Cost.).
La lettera dimentica di sottolineare che la stessa Carta dei diritti fondamentali del' Unione europea
distingue tra attività di lavoro e attività d'impresa, e che quindi le direttive comunitarie debbono
essere lette alla luce della superiore normativa di livello costituzionale, tenendo conto di questo
criterio interpretativo che impedisce l'estensione tout court di tutte le regole riguardanti i servizi
anche alle attività professionali, o,se del caso, adattandole alla particolare natura che queste attività
rivestono, essendo richiesta per esse una particolare competenza, a fine di tutela degli interessi
pubblici e dei singoli cittadini, come è evidente per lo svolgimento delle attività dirette a tutelare gli
interessi costituzionalmente garantiti, come il diritto di difesa e i diritti in generale per l'attività
forense o la salute come per le attività sanitarie.
La lettera dimentica che tra le direttive che riguardano le professioni vi sono quelle inerenti la
libertà di stabilimento,l'attività di esercizio, le qualifiche professionali: tutte direttive che non
"liberalizzano" le professioni e la professione forense in particolare, ma introducono alcuni principi
comuni conservando tuttavia l'impianto, la disciplina e i valori che sono previsti dagli ordinamenti
di ciascuno Stato Membro in questa materia.
Tali direttive cercano di bilanciare le esigenze del mercato con le esigenze dei diritti dei cittadini,
nella consapevolezza che non ogni limite deve considerarsi un ostacolo al mercato ma che al
mercato si possono imporre regole che consentono di richiedere requisiti e controlli a chi esercita
determinate attività producendole con l'intelletto e non con con apparati industriali, sempre al fine
di proteggere i diritti e gli interessi dei cittadini diversi da quelli squisitamente economici.
La lettera dimentica ancora che la categoria dei servizi non è monolitica: in particolare lo ricorda la
Raccomandazione del Parlamento europeo del 23 marzo 2006, ove si precisa che la disciplina del
libero mercato non può incidere sui valori essenziali della professione forense, a cui si riconosce il
ruolo fondamentale di assicurare la difesa dei diritti e quindi di essere costitutiva dello Stato di
diritto. In tal modo si riconosce la possibilità, in ragione dell'interesse pubblico, di assegnare alle
professioni e in particolare alla professione forense una disciplina appropriata e non confondibile
con quella dei servizi in generale.
Sorvolando quindi su queste distinzioni, e non tenendo conto neppure della giurisprudenza
comunitaria che ha legittimato con tante decisioni le regole dell'ordinamento italiano in tema di
tariffe professionali, la lettera dedica molto spazio delle sue osservazioni alla storia recente, al
decreto legge del 4 luglio 2006,n. 223 (salutato a suo tempo con grande plauso da parte della stessa
Autorità) e alle ragioni che avevano suggerito al legislatore dell'epoca di sopprimere le regole sulla
vincolatività delle tariffe.
Non si debbono seguire le eccessive semplificazioni che la lettera suasivamente introduce nelle sue
argomentazioni , peraltro così spontaneamente offerte alle Loro Eccellenze: la soppressione della
vincolatività si è risolta nel peggioramento della situazione che si voleva invece migliorare, cioè la
situazione dei consumatori (che peraltro l'Autorità dovrebbe istituzionalmente tutelare) e
nell'agevolazione di quanti invece hanno saputo abusare del loro potere contrattuale per imporre
compensi irrisori, deprimenti della qualità dell'attività svolta dai professionisti. Si aggiunga che il
testo del decreto oggi alla attenzione del Parlamento non ripara affatto i mali del decreto del 2006 ,
perché non ripristina la vincolatività delle tariffe, non ripristina il divieto del patto di quota lite , ma
si limita a conservarle soltanto come indice di riferimento. Le parti ben possono derogarvi, come
aveva già previsto il decreto del 2006 e come ribadisce il decreto attuale.
Non si dovrebbe ignorare - né sottacere - che le tariffe di riferimento costituiscono una garanzia per
i clienti e un indice di valutazione che il giudice ha a disposizione nel momento in cui è chiamato a
liquidare il compenso del professionista. Esse innanzitutto operano in modo egalitario, poi
escludono la discrezionalità eccessiva, e in ogni caso implicano una valutazione del pubblico
interesse - proprio quell'interesse di cui si fa scudo l'Autorità per argomentare in senso contrario -
valutazione che è riservata non all'Autorità di Garanzia della Concorrenza , bensì al Ministro della
Giustizia.
L'Autorità , indipendente politicamente e tecnicamente, si è voluta occupare di materie che sono di
competenza del Ministro della Giustizia, al quale la legge riserva ogni decisione in materia di
professioni civili e di tariffe professionali.
L'Autorità si è voluta occupare anche di materie di competenza del Ministro della Istruzione e dell'
Università, prodigando suggerimenti sul tirocinio anticipato.
E neppure si è fatta scrupolo di dare direttive sulla disciplina degli Ordini, dei percorsi formativi e
persino dei procedimenti disciplinari, ignorando ancora una volta che la materia è oggetto - in linea
generale - del provvedimento in discussione alla Camera sulla disciplina delle professioni e del
provvedimento approvato dal Senato ed ora alla Camera sul riordino della professione forense. La
lettera imputa poi agli Ordini di riservare a sé i corsi di formazione professionale a cui riconosce i
crediti, quasi che gli Ordini volessero monopolizzare il mercato, ma la realtà è tutt'altra : al
contrario di quanto loro imputato, gli Ordini consentono che i corsi di formazione siano svolti da
qualsiasi soggetto che offra affidamento di qualità del servizio, da associazioni professionali e da
singoli privati; gli Ordini offrono corsi a titolo gratuito o chiedendo solo il rimborso spese, per
agevolare gli iscritti e consentire loro di mantenersi in costante aggiornamento, come è richiesto
dalla diligenza professionale e dal codice di deontologia professionale.
La lettera ignora - volutamente - che in ogni Paese la professione forense ha le sue proprie regole;
che l'incisione di membri esterni nei consigli di disciplina, introdotta dalla riforma inglese, ha dato
esiti negativi, essendo solo una scelta di facciata ma non incidendo affatto - per carenza di
competenze degli esterni - sulle decisioni disciplinari.
Corre l'obbligo di segnalare anche che non tutte le professioni nel nostro ordinamento hanno le
medesime regole in materia e che il Consiglio nazionale forense è organo di giurisdizione speciale,
costituzionalmente tutelato, riconosciuto come tale da una consolidata giurisprudenza della Corte
costituzionale e della Corte Suprema di Cassazione, e come tale non può essere modificato nella sua
composizione e nelle sue funzioni con provvedimenti contenuti nella manovra finanziaria .
La sollecitudine con cui l' Autorità ha voluto interferire nell'attività parlamentare, senza esserne
richiesta esplicitamente, esorbitando dalle competenze proprie per assumere posizioni in materia di
disciplina delle professioni, dell'Università, dei procedimento disciplinari non deve quindi fuorviare
le Loro Eccellenze da una valutazione serena, bilanciata, obiettiva della situazione e sopratutto
dall'assumere iniziative che siano conformi con la disciplina comunitaria interpretata correttamente.
Altrimenti si tratterebbe di assumere provvedimenti punitivi, dannosi non soltanto politicamente,
ma economicamente e socialmente: e sopratutto distonici rispetto al diritto costituzionale, al diritto
comunitario e ai modelli degli altri Paesi dell' Unione europea.
Il Consiglio Nazionale Forense nutre fiducia nelle Loro Eccellenze ed è a disposizione per illustrare
in modo approfondito tutte le questioni sopra accennate con i necessari riferimenti normativi e
giurisprudenziali che in queste brevi note sarebbero stati superflui.
Con osservanza
Il Presidente
Guido Alpa

Da: dott.ssa27/08/2011 13:46:36
inetti!!! ancora qui a sperare che vi facciano la grazia!!!!!

campa cavallo !!!!!!

che poveretti che siete ...... non avete la testa proprio!!!!

vi fate prendere in giro da vent'anni con l'abolizione dell'esame !!!!

ma vedere di studiare no??!!!!

ma nascondetevi dalla vergogna!!!!!!!!!

offendere me non vi servirà a nulla!!!

anche perchè di quello che dite me ne frega ZERO!!!!

AJAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHA!!!!


SCHIENE RUBATE AL LAVORO PESANTE AGRICOLO!!!!

ANDATE A RACCOGLIERE I POMODORI IN CAMPAGNA!!!

NON SIETE CAPACI DI FARE ALTRO!!!!!

LAVORI PESANTI!!!!!!!!!!!!!!!

Da: duralex27/08/2011 13:49:29
Stiamo semplicemente riportando dei documenti

Da: segnalazione antitrust27/08/2011 13:51:07
AS864 - DISEGNO DI LEGGE AS N. 2887 DI CONVERSIONE DEL DECRETO LEGGE 13
AGOSTO 2011, N. 138, RECANTE "ULTERIORI MISURE URGENTI PER LA
STABILIZZAZIONE FINANZIARIA E LO SVILUPPO"
Roma, 26 agosto 2011
Presidente del Senato
Presidente della Camera
Presidente del Consiglio dei Ministri
Nell'esercizio dei poteri di cui all'articolo 22 della legge n. 287/90, l'Autorità Garante della Concorrenza e
del Mercato intende formulare alcune osservazioni in merito a talune disposizioni contenute nel decretolegge
13 agosto 2011 n. 138 recante "Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e lo
sviluppo" attualmente in corso di conversione.
L'Autorità ritiene in primo luogo di dover esprimere apprezzamento e condivisione per l'introduzione, in
una norma diretta a promulgare nuove e necessarie disposizioni di stabilizzazione finanziaria ed
economica, di previsioni finalizzate a introdurre incentivi allo sviluppo e alla crescita economica, quali
elementi imprescindibili per contrastare la fase di crisi e garantire una rapida ripresa dell'economia italiana.
Viene in particolare opportunamente riconosciuto che la libertà di impresa e di iniziativa economica deve
essere assicurata al massimo grado, con possibilità di limitazione solamente quando strettamente necessario
per contrastanti esigenze di carattere imperativo.
L'Autorità, ritenendo particolarmente meritevole la decisione di emanare alcune specifiche disposizioni in
materia di riassetto regolatorio del settore dei servizi, pubblici e privati, finalizzate al rilancio del Paese
mediante la definizione di importanti elementi di riforma proconcorrenziale del funzionamento dei relativi
mercati, intende quindi sottoporre all'attenzione del legislatore le seguenti osservazioni, finalizzate a fornire
emendamenti migliorativi delle disposizioni in corso di conversione.
La libertà di iniziativa economica nell'ambito dei servizi privati
Con riguardo al settore dei servizi privati, quale ambito di attività economica che l'Autorità ha spesso
valutato in passato come afflitto da diffuse, indebite restrizioni regolamentari e talvolta da ingiustificate
protezioni corporative, le nuove disposizioni appaiono andare nella giusta direzione di eliminazione di
vincoli all'iniziativa privata, di apertura dei mercati e di creazione di nuove opportunità di accesso
all'attività, e quindi di crescita e sviluppo.
Specifica rilevanza, in tal senso, appaiono assumere le disposizioni di cui all'art. 3 del decreto, che
proseguono il percorso di liberalizzazione dell'accesso e dell'esercizio delle attività economiche di servizio
che ha registrato da ultimo un'importante tappa nella promulgazione del decreto legislativo n. 59/2010 di
attuazione nazionale della Direttiva n. 123/2006/CE (Direttiva Servizi), con il quale il legislatore italiano ha
inteso conformare il quadro normativo interno ai principi comunitari in materia di libera circolazione e
prestazione dei servizi.
Se, in particolare, l'opera legislativa compiuta con il predetto intervento era valsa a operare un necessario
alleggerimento degli oneri amministrativi gravanti sui soggetti che intendono avviare un'attività di servizio,
è solo con le disposizioni del presente decreto, e segnatamente con l'abrogazione delle restrizioni
all'accesso e all'esercizio delle attività economiche individuate espressamente dall'art. 3, che si può
considerare istituito un nuovo approccio regolatorio effettivamente improntato alla libertà di iniziativa
economica, in cui, conformemente ai principi comunitari in materia, gli eventuali vincoli regolatori
rispondano rigorosamente ai requisiti della necessità in termini di tutela dell'interesse generale, di
indispensabilità e di minima distorsione possibile.
2
Il decreto in commento definisce quindi certamente un quadro di norme di principio che, laddove
correttamente interpretate nella loro concreta declinazione, potrebbero portare ad una effettiva
modernizzazione e a maggiore concorrenza nell'offerta di moltissimi servizi privati in Italia; si pensi alla
effettiva abrogazione delle norme restrittive dell'accesso in alcuni mercati caratterizzati da tetti numerici
allo svolgimento dell'attività, casi in cui tali limitazioni, definite in via amministrativa , in ragione
dell'assenza di una giustificazione in termini di motivi imperativi di interesse generale, dovrebbero
certamente venir meno con l'attuazione della nuova disciplina.
Analogamente, la caduta dei presupposti necessari per l'applicazione di regolamentazioni restrittive della
libertà di esercizio di numerose attività economiche potrebbe determinare l'effettiva liberalizzazione degli
orari di vendita, l'incremento della possibilità di vendita di diversi prodotti nello stesso esercizio.
Per ottenere gli effetti concreti di liberalizzazione qui prospettati, tuttavia, è necessario che la norma in
commento non presenti profili di ambiguità che possano consentire una sua interpretazione riduttiva rispetto
agli obiettivi dichiarati.
In tal senso, l'Autorità sottolinea la necessità di eliminare talune ambiguità formali nel dettato normativo, in
base alle quali, ad esempio, potrebbe determinarsi la mancata abrogazione (se non anche la nuova
introduzione) di regolazioni all'accesso in cui il numero delle autorizzazioni venga determinato,
direttamente o indirettamente, sulla base della popolazione o di altri criteri di fabbisogno, caso
espressamente contemplato dal disposto di cui all'art. 3, comma 9, lettera a).
A tale riguardo, l'Autorità ricorda che una restrizione quantitativa quale quella richiamata potrebbe, in
assenza di motivi imperativi di interesse generale, costituire un vincolo ingiustificatamente restrittivo della
libertà di concorrenza, non conforme ai principi comunitari e nazionali di liberalizzazione.
Eventuali eccezioni all'abolizione generalizzata di tali restrizioni potranno comunque giustificarsi sulla base
dei criteri e con le procedure di cui al comma 11 dello stesso art. 3, da interpretarsi sulla base di quanto
detto più avanti.
Analogamente, con riguardo alla disposizione di cui all'art. 3, comma 9, lettera h), che abroga le restrizioni
relative "all'imposizione di prezzi minimi o commissioni per la fornitura di beni o servizi
indipendentemente dalla determinazione, diretta o indiretta, mediante l'applicazione di un coefficiente di
profitto o di altro calcolo su base percentuale", l'Autorità sottolinea in primo luogo la necessità di
riformulare il suddetto comma al fine di evitare che il dettato normativo possa essere erroneamente inteso
come abrogativo unicamente dell'imposizione di prezzi minimi o commissioni la cui determinazione,
diretta o indiretta, non sia stabilita mediante l'applicazione di un coefficiente di profitto o di altro calcolo su
base percentuale.
In linea più generale, l'Autorità ricorda come la citata direttiva comunitaria 123/2006/CE, all'art. 15,
comma 2, lettera g), individua fra i requisiti di cui gli Stati hanno l'obbligo di valutare l'eventuale
ammissibilità in termini di necessità, non discriminazione e proporzionalità "le tariffe obbligatorie minime
e/o massime che il prestatore deve rispettare".
In considerazione della riconosciuta capacità di un sistema di tariffe massime di costituire un benchmark
per fissazioni collusive dei prezzi sui mercati di riferimento, l'Autorità segnala quindi la possibilità, in
quanto compatibile con il dettato comunitario, e l'opportunità, per i possibili effetti anticompetitivi del
mantenimento di una regolazione di tariffe massime, di indicare fra le restrizioni oggetto di abrogazione
anche quelle che impongono prezzi massimi, e ciò in quanto in un contesto realmente concorrenziale, quale
quello che si intende promuovere, sarà il meccanismo competitivo di mercato e generare endogenamente un
effetto di calmiere alla eventuale definizione di condizioni economiche non eque nell'offerta dei servizi.
Nuovamente, il mantenimento di regimi di prezzi massimi potrà essere attuato sulla base del comma 11, per
i motivi più sotto richiamati; in ogni caso, l'Autorità riconosce comunque l'importanza delle esigenze di
tutela dei consumatori dall'imposizione di prezzi eccessivi o gravosi.
In linea più generale, l'Autorità ritiene opportuno ribadire che un eventuale processo di valutazione della
possibilità di esclusione dalle abrogazioni previste per alcune attività economiche, quale quello del
comma 11 dell'art. 3 del decreto, non potrà che seguire l'indirizzo individuato dal diritto comunitario, in
base al quale, nel rispetto dei criteri di non discriminazione e proporzionalità, la necessità della restrizione
3
deve discendere da motivi imperativi di interesse generale, tassativamente e unicamente da ricomprendersi
in ragioni di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di sanità pubblica e di tutela dell'ambiente.
Con riguardo alle disposizioni di cui all'art. 5 del decreto, relative specificamente alle norme applicabili alle
professioni liberali, esse appaiono senz'altro apprezzabili laddove prevedono una riforma degli ordini
professionali in senso pro-competitivo, affinché questi garantiscano che l'esercizio dell'attività risponda
senza eccezioni ai principi di libera concorrenza, al fine di assicurare l'effettiva possibilità di scelta degli
utenti nell'ambito della più ampia informazione relativamente ai servizi offerti.
Ci si riferisce in particolare alle disposizioni che affermano la libertà di accesso alla professione, la cui
eventuale limitazione numerica è consentita unicamente laddove essa risponda a ragioni di interesse
pubblico; al riconoscimento in favore del tirocinante di un equo compenso di natura indennitaria,
commisurato al suo concreto apporto all'attività professionale; alla possibilità di svolgere il tirocinio
professionale in concomitanza al corso di studio per il conseguimento della laurea di primo livello o della
laurea magistrale o specialistica, nonché alla previsione di un termine di durata massima del tirocinio, al
fine di accelerare l'accesso al mondo del lavoro; alla previsione secondo cui la comunicazione pubblicitaria
dei professionisti deve poter essere effettuata con ogni mezzo e riguardare, tra l'altro, anche i compensi
delle prestazioni.
Le disposizioni del decreto in materia di tariffe professionali presentano tuttavia alcune criticità
concorrenziali e costituiscono un passo indietro rispetto alla disciplina dettata dal decreto legge 4 luglio
2006, n. 223, che aveva abrogato l'obbligatorietà delle tariffe fisse o minime. La nuova disciplina individua
le tariffe professionali come parametro legale di riferimento per la determinazione del compenso (che deve
essere pattuito per iscritto all'atto del conferimento dell'incarico professionale), pur chiarendo che è
ammessa la pattuizione dei compensi anche in deroga alle tariffe.
La disciplina, così riassunta, pur potendosi trovare una giustificazione per la tariffa massima nella tutela del
consumatore, risulta tuttavia idonea a disincentivare fortemente la determinazione di compensi per l'attività
professionale svincolati dalle tariffe e non sembra né necessaria, né proporzionata, ma piuttosto
contraddittoria e contraria all'obiettivo che intende perseguire, vale a dire la liberalizzazione del mercato
dei servizi professionali. Si ricorda infatti che, secondo consolidati principi antitrust, i tariffari, anche non
obbligatori, possono determinare effetti negativi per la concorrenza alla stessa stregua dei prezzi
obbligatori. Ciò in quanto la mera esistenza di prezzi cui far riferimento si presta, da un lato, a facilitare il
coordinamento dei prezzi tra i prestatori dei servizi e, dall'altro, ad informare non compiutamente i
consumatori in merito alla misura dei livelli ragionevoli dei prezzi. Le tariffe professionali, laddove
assumano la qualifica di parametro di riferimento, costituiscono dunque una grave restrizione della
concorrenza nel settore dei servizi professionali in quanto incentivano gli iscritti agli albi a non adottare
comportamenti economici indipendenti e ad utilizzare il più importante strumento concorrenziale, ossia il
prezzo della prestazione.
La durata massima del tirocinio, fissata in tre anni, appare eccessiva, anche alla luce della prassi instaurata
da alcuni Ordini, che hanno previsto periodi di apprendistato di due anni. Una effettiva accelerazione della
possibilità per i giovani di accedere al mondo della professione dovrebbe in ogni caso andare più in
profondità, coinvolgendo una riforma del sistema degli studi: la possibilità per gli aspiranti professionisti di
svolgere l'intero tirocinio durante gli anni universitari, e addirittura di conseguire lauree che, in
combinazione con l'esame di Stato oggi previsto dall'art. 33, comma 5, della Costituzione, abilitino
all'esercizio della professione, costituirebbe un cambiamento sicuramente più efficace in vista dell'obiettivo
perseguito.
Quanto alla previsione dell'obbligo per il professionista di seguire percorsi di formazione continua
permanente, essa è indubbiamente da apprezzare. Tuttavia, si evidenzia l'opportunità che l'attribuzione agli
Ordini della predisposizione dei percorsi di aggiornamento, formazione e specializzazione dei professionisti
non si traduca nella possibilità per essi di riservare a se stessi la gestione degli eventi formativi ovvero
nell'attribuzione di vantaggi concorrenziali rispetto ad altri organizzatori di eventi formativi.
Con riguardo infine all'istituzione dei consigli di disciplina, le cui funzioni dovranno essere tenute distinte
da quelle di natura tipicamente amministrativa degli Ordini, si sottolinea che, secondo quanto emerge dal
4
decreto, in assenza di indicazione contraria, tali organi dovrebbero essere composti esclusivamente da
professionisti appartenenti all'ordine.
Tale circostanza sembra depotenziare di molto il carattere innovativo del nuovo organo disciplinare, che
continuerebbe a difettare dei requisiti di necessaria terzietà. Per tale ragione, appare opportuno integrare la
composizione dei consigli di disciplina, come avviene in altri Paesi, mediante la partecipazione di soggetti
esterni.
Liberalizzazioni, privatizzazioni ed efficienza nella gestione dei servizi pubblici locali
Analizzando le disposizioni in materia di servizi pubblici, e in particolare dei servizi pubblici locali, l'art. 4
del decreto si pone l'obiettivo di colmare il vuoto normativo lasciato dall'abrogazione dell'art. 23-bis del
decreto legge n. 112/2008, in modo da adeguare la disciplina dei servizi pubblici locali al quadro giuridico
europeo. Per far ciò, esso ripropone nei fini l'impianto preesistente la consultazione popolare dello scorso
giugno, escludendone l'applicabilità al settore idrico, per tenere conto dell'esito del referendum.
In tal modo, l'articolo in esame rilancia meritoriamente il processo di liberalizzazione dei servizi pubblici
locali, avviato sulla base del precedente impianto regolatorio. L'apertura del settore è quanto mai essenziale,
sia per agevolare il processo di crescita del sistema economico, attraverso lo stimolo agli investimenti e
all'iniziativa imprenditoriale in tali attività, sia per ridurre il fabbisogno pubblico da destinare ad esse, sotto
forma di partecipazione diretta alla gestione o di finanziamento per il ripiano di oneri di servizio pubblico.
Tuttavia, l'impianto normativo ora proposto si differenzia da quello precedente per un aspetto di rilievo,
riguardante la scelta tra procedura a evidenza pubblica o affidamento diretto del servizio. Nel precedente
regime, la gara era lo strumento privilegiato, derogabile in presenza di "situazioni eccezionali che, a causa
di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di
riferimento, non permettono un efficace e utile ricorso al mercato", in cui l'affidamento in house era
consentito previa richiesta di parere all'Autorità. Ora viene stabilità una soglia (valore dell'affidamento pari
a 900.000 euro annui) al di sopra della quale la gara è obbligatoria, mentre al di sotto la gara è possibile, ma
non necessaria (comma 13 dell'art. 4).
L'eccezionalità della situazione che non consente il ricorso al mercato viene dunque approssimata da un ben
preciso valore economico del servizio, che però non può sostituirsi in maniera efficace a tutte le realtà in cui
la gara non è esperibile, realtà che presentano necessariamente caratteristiche molto differenziate sotto i
vari aspetti che la formulazione del precedente art. 23-bis aveva colto.
In ogni caso, nell'assenza di precise indicazioni sui criteri di scelta adottati per la definizione della soglia,
l'Autorità osserva che questa appare oggettivamente elevata, tale da poter determinare, per alcuni settori di
attività economica, una sottrazione quasi integrale dai necessari meccanismi di concorrenza per il mercato.
In ogni caso, il sistema di esenzioni dall'obbligo di gara così configurato si presta facilmente a
comportamenti elusivi da parte delle amministrazioni che non intendono procedere agli affidamenti tramite
gara dei servizi pubblici locali: sarebbe sufficiente frazionare gli affidamenti in tante "tranche", ciascuna di
valore inferiore a 900.000 euro annui, per poterle poi attribuire tutte direttamente a controllate in house.
Il sistema ora introdotto appare dunque meno efficace di quello in vigore in precedenza, né sembra possa
essere migliorato con modifiche al ribasso della soglia, data l'arbitrarietà con cui qualsiasi valore verrebbe
eventualmente determinato. L'Autorità ritiene, a tale proposito, opportuna la regola della gara obbligatoria
salvo particolari situazioni locali di cui dimostrare l'esistenza da parte dell'ente affidante.
Il principio dell'obbligo di gara per l'affidamento in esclusiva dei servizi pubblici locali, oltre a rispondere
ai principi concorrenziali, appare fondamentale per garantire la scelta dell'operatore migliore in termini di
qualità efficienza e condizione economiche dei servizi offerti. A tale riguardo, l'Autorità sottolinea
l'opportunità di accompagnare il processo di riforma del settore dei servizi pubblici locali con misure di
garanzia dell'efficienza e della qualità della gestione del servizio, e ciò indipendentemente dalla natura
pubblica o privata del gestore.
Sulla scorta di analoghe esperienze estere, potrebbe ad esempio prevedersi un obbligo di pubblicazione,
direttamente da parte del gestore o anche a cura dell'ente locale affidatario, di alcune misure di performance
(livello qualitativo, prezzo medio per utente, livello degli investimenti effettuati) della gestione del servizio,
le quali, pur tenendo conto delle diverse condizioni di fornitura in termini di aree, popolazione e
5
caratteristiche del territorio servito, potrebbero consentire di effettuare delle prime valutazioni di
benchmarking delle diverse gestioni. I risultati di questa attività potrebbero poi essere utilizzati a fini
normativi, ad esempio stabilendo l'automatica cessazione anticipata dell'affidamento avvenuto in via diretta
(e la successiva messa a gara del medesimo), se il gestore non è in grado di realizzare performance
paragonabili ai migliori standard disponibili per servizi analoghi.
L'Autorità ritiene che il decreto potrebbe essere modificato in tal senso, lasciando a una successiva fase
regolamentare la definizione degli aspetti di dettaglio (definizione dei benchmark, modalità di
pubblicazione dei risultati di gestione da parte di tutti gli affidatari, periodicità dei confronti, ecc.)
Per ciò che concerne le previsioni di cui al comma 11 dell'articolo 4, che commisurano la durata massima
degli affidamenti al periodo di ammortamento degli investimenti previsti a carico del gestore, l'Autorità
ritiene opportuno segnalare i possibili effetti anticoncorrenziali derivanti da un eccessivo prolungamento
della stessa gestione in capo a un unico soggetto, anche alla luce del meccanismo di subentro di cui ai
successivi commi 29 e 30, che garantiscono comunque il recupero degli investimenti effettuati.
Con riguardo poi alle previsioni in materia di regime transitorio per gli affidamenti diretti oggi in vigore,
l'Autorità osserva quanto segue. Il comma 32 dell'art. 4 prevede che gli affidamenti diretti, relativi a servizi
il cui valore economico superi i 900.000 euro annui, cessano improrogabilmente al 31 marzo 2012; per i
servizi di valore inferiore a 900.000 annui vale dunque la scadenza originaria dell'affidamento. Per le stesse
motivazioni esposte in precedenza, appare del tutto inconferente un valore predeterminato del servizio quale
criterio per giustificare la prosecuzione degli affidamenti, effettuati in house, sino alla loro scadenza
naturale. Inoltre, la norma, per come formulata, stabilisce l'esenzione dalla scadenza anticipata per tutti gli
affidamenti diretti, non solamente per quelli in house, ampliando ulteriormente, rispetto a quanto previsto
dal comma 13 per i nuovi affidamenti, la platea dei soggetti che possono continuare a gestire Spl senza aver
vinto alcuna gara.
Allo stesso fine di evitare la permanenza di gestioni da parte di soggetti che non sono stati scelti ad esito di
una procedura competitiva, l'Autorità osserva che i casi di cui alla lettera d), del comma 32, non possono
ricomprendere anche affidamenti oggi in essere in base a rinnovi o proroghe tacite, già definiti dal giudice
amministrativo quali gestioni di fatto, in quanto esercitati sulla base di un titolo illegittimo.
Inoltre, la previsione del comma 33 dell'art. 4, che consente agli affidatari diretti di partecipare a gare
ulteriori, solamente in occasione della prima gara successiva alla cessazione del servizio, svolta mediante
procedura competitiva ad evidenza pubblica, avente ad oggetto i servizi da essi forniti, appare porre
condizioni eccessivamente restrittive. La ratio della norma è condivisibile: evitare le distorsioni derivanti
dalla partecipazione di soggetti avvantaggiati dal beneficiare di un affidamento diretto, e disincentivare il
ricorso ad affidamenti diretti, ostacolando la partecipazione alle gare per i soggetti titolari di tali
affidamenti. Tuttavia, l'esperienza maturata in alcuni settori, quale il trasporto pubblico locale, indica come
la restrizione qui in esame rischi di rendere impraticabile l'intero meccanismo di gara, finendo per limitare
drasticamente il numero degli operatori ammissibili alle procedure di gara, e favorendo l'aggiudicazione al
precedente affidatario, spesso l'unico partecipante alla gara. Si propone dunque di attenuare le condizioni
che consentono agli affidatari diretti di partecipare ad altre gare, consentendo loro di farlo nel caso in cui (i)
i soggetti in questione siano nella fase finale (inferiore ai due anni) del proprio affidamento e (ii) sia già
stata bandita la gara per il riaffidamento del servizio o, almeno, sia stata adottata la decisione di procedere al
nuovo affidamento attraverso procedure ad evidenza pubblica, per il servizio erogato dall'affidatario diretto.
L'Autorità, infine, vede con favore le importanti forme di incentivazione economica per le privatizzazioni
delle società a partecipazione pubblica, ma ritiene sia pressante l'esigenza di garantire che tali procedure si
svolgano nel modo più concorrenziale possibile, privilegiando lo strumento dell'evidenza pubblica.
L'Autorità auspica che le precedenti osservazioni siano di ausilio

Da: dott.ssa27/08/2011 14:12:28
guarda che nn legge nessuno tutta 'sta roba .... nemmeno tu!

Da: dott.ssa27/08/2011 14:22:42
io son troppo impegnata nello spompinare i raga!

Da: dott.ssa27/08/2011 14:24:27
mamma cara


pietà per voi!!!!!!!

Da: dott.ssa27/08/2011 18:09:12
e cazzi per me! dajeeeeeee!!!!!!!!!!!!!!!!

Da: x chi è interessato27/08/2011 19:10:51
dott.ssa ha sostenuto l'esame presso la corte di appello di Brescia.

Dice che sarà interrogata a metà settembre, quindi sarà tra le prime, viste che a Brescia è stata estratta la lettera M.

Prendete l'elenco degli ammessi all'orale, lei dovrebbe essere tra quelli che hanno il cognome compreso tra la lettera M e la lettera R, vedete quali tra queste sono nate nell 81 o nell 82 e magari ha già un parente avvocato e scoprirete chi è.

Questo è l'elenco

http://www.avvocato.it/wp-content/blogs.dir/1/files/2011/06/esame-avvocato-brescia.pdf

Da: x tutti27/08/2011 19:17:19
per me è la restani

Da: dott.ssa27/08/2011 19:52:26
aahahahahahaha!!!!!! si si certo

Da: dott.ssa27/08/2011 19:52:54
aahahahahahaha!!!!!! si si certo.

Da: dott.ssa27/08/2011 21:35:25
voglio solo sucare cazzi! abilitatevi e ditemi dove venirvi a cercare!

Da: Caludia,27/08/2011 22:00:35
no dotti, lascia un po di uccelli anche per me...sono una vera bagasciona

Da: dott.ssa29/08/2011 10:49:12
grazie ragaaaaazzi!

Da: duracell29/08/2011 16:09:42
doooootti, ciaooooooooooooooo! manca poco!

Da: MISTERO30/08/2011 14:15:30
RAGAZZI CHI MI SA DIRE LA TAGLIA DI TETTE DELLA DOTT.SSA??

Da: mister stis30/08/2011 16:12:13
@mistero
posso dirti il diametro della sua bocca! 9 cm!

Da: MISTERO30/08/2011 16:13:26
MINKIA.. E CHI CAZZO è? APERTA CON UN CRIC?

Da: dott.ssa30/08/2011 16:17:07
sono una motopompa orale!

Da: MISTERO30/08/2011 16:58:45
lo vuoi il mio super cazzo?

Da: dott.ssa30/08/2011 18:32:41
prima passa l'esame, poi ti suco tutto il radicone!

Da: Padano31/08/2011 09:08:06
ed io come farò? non diventerò mai avv! sono un cojonazzo!

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