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Tracce e svolgimento pareri
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Pagina: 1, 2, 3

Da: Yuki14/12/2011 13:11:41
Help!!! Qualcuno può postare il parere definitivo delle tracce? Grazie

Da: Yuki14/12/2011 13:19:17
Ragazzi, il tempo corre.... Postate i pareri. Grazie

Da: Ehi ma...14/12/2011 13:27:13
ANDATE QUI !!!!!!!

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Da: Yuki14/12/2011 13:36:06
stiamo ancora aspettando, presto, presto.Grazie

Da: Yuki14/12/2011 13:44:14
Cari Avvocati, please mandateci la soluzione della seconda traccia.
In cambio una volta aiutato i ragazzi prometto che vi darò lezioni d'Inglese gratis per un mese. Grazie 

Da: BULLO14/12/2011 13:58:57
qualcuno conosce le tracce sul parere di penale???

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Da: ares14/12/2011 15:25:52
TRACCIA1 1
Sempronio, maresciallo della stazione dei carabinieri del comune di Delta, avvalendosi della propria casella di posta elettronica non certificata,con dominio riferito al proprio ufficio e accesso riservato, mediante password, invia all'ufficio dell'anagrafe del comune una e-mail, da lui sottoscritta con la quale chiede che gli siano forniti tutti gli elenchi di tutti gli individui di sesso maschile e femminile nati negli anni 1993 e 1994, precisando che tale inforfazioni sono necessarie per lo svolgimento di un indagine di polizia giudiziaria, indicando il numero di procedimento penale di riferimento della locale procura della repubblica. di tale richiesta viene casualmente a conoscenza il comandante della stazione, il quale intuisce immediatamente, come poi effettivamente si accerterà, che non esiste alcuna indagine che richiede quel genere di accertamento.
Si accerta altresì che Caia, moglie del maresciallo Sempronio è titolare di un'autoscuola, sicchè l'acquisizione dei nominitativi dei residenti nel comune che da poco compiuto o si accingono a compiere la maggiore età è finalizzata ad indirizzare mirate proposte pubblicitarie per i corsi di guida. Di tanto il maresciallo Sempronio rende un ampia confessione mediante memoria scritta indirizzata al pubblico ministero. In seguito temendo le conseguenze penali del fatto commesso, Sempronio si rivolge ad un avvocato.
Il candidato, assunte le vesti del legale, analizzato il fatto valuti le fattispecie eventualmente configurabili redigendo motivato parere.


Cass. pen. Sez. VI, 04/05/2011, n. 20094

ABUSO DI UFFICIO
Abuso di ufficio, in genere

REATI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Delitti - Dei pubblici ufficiali - Abuso di ufficio - Peculato - Elementi differenziali - Fattispecie

Integra il delitto di tentato abuso d'ufficio, e non quello di peculato, la condotta di un ispettore della Polizia di Stato che, utilizzando il "fax" in dotazione dell'ufficio, richieda all'A.C.I. notizie ed informazioni sulle autovetture di lusso immatricolate in una data provincia, al fine di procurare un ingiusto vantaggio patrimoniale al coniuge, procacciatore d'affari presso un'agenzia di assicurazioni, che avrebbe potuto ottenerle solo previo pagamento (evento non verificatosi per l'intervento dei superiori che avevano intercettato il "fax"). (Dichiara inammissibile, App. Trieste, 18/12/2008)


Cassazione penale, sez. VI 04/05/2011 n. 20094 (data dep. 20 maggio 2011)


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GARRIBBA Tito - Presidente -
Dott. MILO Nicola - Consigliere -
Dott. GRAMENDOLA Francesc - rel. Consigliere -
Dott. CORTESE Arturo - Consigliere -
Dott. LANZA Luigi - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
1) M.D. N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 850/2005 CORTE APPELLO di TRIESTE, del
18/12/2008;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 04/05/2011 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. FRANCESCO PAOLO GRAMENDOLA;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Fraticelli M., che
ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udito il difensore Avv. Passeri Isabella che ha concluso come da
ricorso.






OSSERVA IN FATTO E DIRITTO
Con sentenza in data 12/4/2005 il G.I.P. del Tribunale di Trieste assolveva perchè il fatto non sussiste M.D. dal reato di cui all'art. 323 c.p., comma 56, per avere in assenza di qualsivoglia legittimazione, quale ispettore della Polizia di Stato, abusato del proprio ufficio, utilizzando col pretesto di compiere accertamenti afferenti l'ufficio, il fax in dotazione della Sezione, per richiedere informazioni all'ACI di (OMISSIS) sulla autovetture di lusso, immatricolate in provincia di (OMISSIS) al fine di procurare un ingiusto vantaggio alla moglie, assicuratrice, che solo previo pagamento avrebbe potuto acquisire tali notizie, evento non verificatosi, per l'intervento dei superiori che avevano intercettato il fax.
All'imputato era anche contestato il reato di peculato ex art. 314 c.p., oggetto di separato provvedimento di archiviazione, mentre il proscioglimento seguiva dopo che le parti avevano concordato una pena di giorni venti di reclusione sostituita con la corrispondente sanzione pecuniaria e senza la sospensione condizionale.
In motivazione il giudice di primo grado riteneva che il concorrente delitto di peculato rappresentasse violazione più grave dell'abuso di ufficio che, come tale, fosse in quello assorbito, e che in ogni caso una volta ritenuta la insussistenza del peculato per la irrilevanza del danno patrimoniale alla stregua delle motivazioni contenute nel provvedimento di archiviazione, non poteva per ciò stesso rivivere l'imputazione di abuso di ufficio.
A seguito di gravame del P.M. la Corte di Appello di Trieste condivideva le osservazioni dell'organo requirente in ordine alla diversa oggettività giuridica del bene tutelato dalle due norme incriminatici e alla diversità delle persone offese dai rispettivi reati e con la sentenza indicata in epigrafe, ritenuta sussistente l'ipotesi di reato in contestazione, recuperato l'accordo intervenuto tra le parti in sede di indagini preliminari, in riforma della sentenza impugnata dichiarava l'imputato colpevole del reato ascritto e lo condannava alla pena, come in precedenza patteggiata, dichiarandola interamente condonata.
Contro tale decisione ricorre l'imputato a mezzo del suo difensore e ne denuncia con il primo motivo il vizio di motivazione e la violazione della legge penale in riferimento alla errata valutazione dei rapporti tra le fattispecie di cui agli artt. 314 e 323 c.p., insistendo nella tesi sostenuta dal giudice di primo grado in ordine alla identità oggettiva della condotta posta in essere da M., che nella prospettiva accusatoria aveva dato luogo ad una duplice qualificazione giuridica del fatto e alla sovrapponibilità della condotta di abuso in quella di peculato o quanto meno all'assorbimento del primo reato nel secondo.
Con il secondo motivo denuncia la contraddittorietà della motivazione in riferimento alla ritenuta sussistenza del fatto, essendo funzionale ai doveri dell'ufficio il fine prevalente e primario della condotta posta in essere dall'imputato. Lamenta infine con il terzo motivo la contraddittorietà della motivazione, che da un lato aveva ritenuto l'ACI persona offesa del reato di abuso e dall'altro aveva riconosciuto l'attenuante di cui all'art. 62 c.p., n. 6 del risarcimento del danno cagionato dall'utilizzo del fax mediante il versamento di Euro 50,00 alla Polizia di stato.
Il ricorso è inammissibile. Il primo motivo è manifestamente infondato.
Ed invero diversa è l'oggettività del bene giuridico tutelato dalle due norme incriminatici. Mentre nel delitto di peculato la condotta consiste nell'appropriazione di danaro o altra cosa mobile altrui, di cui il responsabile abbia il possesso o la disponibilità per ragioni del suo ufficio - onde la violazione dei doveri di ufficio costituisce esclusivamente la modalità della condotta, cioè dell'appropriazione -, nella figura criminosa di abuso di ufficio - di carattere sussidiario - la condotta si identifica con l'abuso funzionale, cioè con l'esercizio delle potestà e con l'uso dei mezzi inerenti ad una funzione pubblica per finalità differenti da quelle per le quali l'esercizio del potere è concesso, e finalizzate, mediante attività di rilevanza giuridica o comportamenti materiali, a procurare un vantaggio patrimoniale per sè o per altri ovvero ad arrecare ad altri un ingiusto danno (Cass. Sez. 6 16/10/95-10/1/96 n. 607 Rv.203404; 4/6/97-8/6/98 n. 6753 Rv.
211011; 14/11/01-17/1/02 n. 1905 Rv. 220431).
Nel caso in esame esente da vizi logici o interne contraddizioni, oltre che in linea con il suindicato principio, si rivela la considerazione del giudice del gravame, secondo la quale l'abuso, contestato all'imputato, è consistito in realtà nell'avere chiesto indebitamente, simulando una inesistente necessità di informazioni afferenti l'ufficio, e per scopi del tutto privati - per favorire la moglie, procacciatrice di affari per conto di un'agenzia di assicurazioni - utilizzando il fax dell'Ufficio, informazioni all'ACI di (OMISSIS) sulle autovetture di grossa cilindrata immatricolate a (OMISSIS); informazioni che i privati avrebbero potuto ottenere solamente a pagamento.
Non riconducibile ai casi di ricorso previsti dall'art. 606 c.p.p., comma 1 è la censura di cui al secondo motivo, laddove introduce come "thema decidendum" una rivisitazione del "meritum causae", preclusa come tale in sede di scrutinio di legittimità.
Manifestamente infondata è la censura di cui al terzo motivo, concernente una pretesa confusione nella individuazione della persona offesa dal reato, giacchè è del tutto evidente nel caso in esame non solo la diversità del bene giuridico, ma anche della persona offesa dal reato, che nel caso in esame è lo Stato, cui l'imputato ha rimborsato il costo dell'utilizzo del fax, mentre l'ACI è solo persona danneggiata dal reato, avendo subito il danno, conseguente al mancato pagamento del compenso, che sarebbe spettato, ove la richiesta fosse pervenuta dal privato.
Segue alla declaratoria di inammissibilità la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento in favore della cassa delle ammende della somma, ritenuta di giustizia ex art. 616 c.p.p., di Euro 1.000,00.



P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 4 maggio 2011.
Depositato in Cancelleria il 20 maggio 2011


Spunti per la prima traccia

art. 323 c.p. (Abuso d'ufficio)

"Salvo che il fatto costituisca un più grave reato,

il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio

che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio,

in violazione delle norme di legge  o di regolamento,

ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse

proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti,

intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio

patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni".

Così come si evince chiaramente dalla lettura del predetto articolo, i soggetti attivi del delitto in oggetto possono essere soltanto il pubblico ufficiale e l'incaricato di un pubblico servizio. Invece, i soggetti passivi sono la Pubblica Amministrazione ed il privato che dall'abuso abbia a subire un danno ingiusto. Si osserva, altresì, che il reato di abuso d'ufficio finalizzato ad arrecare ad altri un danno ingiusto ha natura plurioffensiva, in quanto è idoneo a ledere, oltre all'interesse pubblico al buon andamento ed alla trasparenza della pubblica amministrazione anche il concorrente interesse delle persone private a non essere turbate nei propri diritti costituzionalmente garantiti dal comportamento illegittimo ed ingiusto del pubblico ufficiale.

Il bene giuridico tutelato dalla fattispecie penale incriminatrice, di cui all'art. 323 c.p., è quello dell'imparzialità, dell'efficienza, del buon andamento e della trasparenza della Pubblica Amministrazione. Più in particolare, l'efficienza deve essere intesa come la capacità di perseguire i fini che la legge assegna alla Pubblica Amministrazione in aderenza all'interesse pubblico. L'imparzialità della Pubblica Amministrazione deve essere intesa come la necessità che venga rispettata la par condicio fra i cittadini nei confronti della P.A.

Il momento consumativo del delitto di abuso d'ufficio si realizza nel tempo e nel luogo in cui si verifica il danno o il vantaggio patrimoniale; il tentativo è certamente configurabile.

Inoltre, in riferimento all'elemento soggettivo del reato di abuso d'ufficio si osserva che viene richiesta la presenza del dolo generico intenzionale, come si ricava dall'espressione"intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale". Pertanto, si deve rilevare che il dolo eventuale risulta insufficiente per integrare l'abuso d'ufficio. Proprio su quest'ultimo punto la Suprema Corte ha precisato quanto segue: "Nel delitto di abuso d'ufficio, per la configurabilità dell'elemento soggettivo è richiesto che l'evento costituito dall'ingiusto vantaggio patrimoniale o dal danno ingiusto sia voluto dall'agente e non semplicemente previsto ed accettato come possibile conseguenza della propria condotta, per cui deve escludersi la sussistenza del dolo, sotto il profilo dell'intenzionalità, qualora risulti, con ragionevole certezza, che l'agente si sia proposto il raggiungimento di un fine pubblico, proprio del suo ufficio". Cassazione penale, sezioneVI, sentenza16maggio2005, n. 18419

L'elemento oggettivo dell'abuso d'ufficio si riscontra in una condotta che viola norme di legge, regolamenti ed omette il rispetto dell'obbligo giuridico di astensione in presenza di un interesse proprio, di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti. Più in particolare, la predetta condotta illecita deve essere eseguita per procurare a sé o ad altri un vantaggio patrimoniale oppure per arrecare ad altri un danno ingiusto. In sintesi, il danno deve essere conseguenza di un atto illegittimo e l'abuso deve presentarsi come contrario all'ordinamento giuridico. In riferimento all'abuso d'ufficio, è da qualificare come"ingiusto"il vantaggiocontrajusossiaquellochenonspetta in base al diritto oggettivoregolante la materia.

Per ciò che concerne il danno non è sufficiente che esso sia la conseguenza naturale della condotta posta in essere dall'agente per un fine diverso, ma è necessario che esso sia la conseguenza immediata ed diretta del comportamento dell'agente. Più in particolare, si osserva che il danno deve essere voluto dal soggetto agente quale obiettivo del proprio operato.

Si osserva, altresì, che la condotta di abuso d'ufficio risulta anche compatibile con un comportamento meramente omissivo del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio. Inoltre, affinché risulti integrato il reato in questione non si richiede la formale adozione di un atto amministrativo. Infatti, il reato può essere integrato anche da atti di diritto privato o meramente endoprocedimentali ovvero da atti materiali.

Restano ancora da analizzare, per completezza espositiva, gli aspetti procedurali del reato di cui in oggetto. Pertanto, si tratta di un reato di competenza del Tribunale in composizione collegiale (art. 33-bis) che è procedibile d'ufficio (art. 50 c.p.p.), dove le misure precautelari dell'arresto e del fermo di indiziato di delitto non vengono consentite. Inoltre, per il reato in questione viene ammessa la sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio, di cui all'art. 289 c.p.p.

In riferimento ai rapporti con altri reati, si rileva che l'art. 323 c.p. ha attribuito all'abuso d'ufficio un ruolo sussidiario e che ne subordina l'operatività alla circostanza che nello stesso fatto non vengano ravvisati i presupposti di un più grave reato contro la Pubblica Amministrazione.

Infine, in ultima analisi, lo scrivente ritiene di osservare che l'abuso d'ufficio è un reato proprio, di danno, di evento ed a forma libera, in quanto può essere realizzato mediante una qualsiasi azione idonea al raggiungimento dello scopo.






















Da: truro14/12/2011 18:02:10
ma cosa fate copiate dalla sentenza ?
oppure vi ispirate dal codice commentato?

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